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  Un'obiezione cristiana ortodossa al suicidio assistito

del sacerdote Philip LeMasters

Pravmir

29 settembre 2015

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I cristiani ortodossi non cercano la sofferenza per se stessa, ma sanno che vivere fedelmente in un mondo di corruzione richiede spesso dolore e lotte di vario genere.

Ho sentito qualcosa alla radio nazionale del mattino, che l'altro giorno che ha ottenuto la mia attenzione. Un rapporto su un disegno di legge sul suicidio assistito in California ha dichiarato che la proposta di legge avrebbe permesso ai malati terminali di porre fine alla loro vita. Quel modo di presentare le cose oscurava totalmente il fatto che tale normativa avrebbe coinvolto medici, e presumibilmente altri operatori sanitari, a prendere misure per porre intenzionalmente fine alla vita dei loro pazienti. In questo modo la pratica della medicina sarebbe radicalmente distorta dal perseguire la salute dei pazienti a perseguire la loro morte in nome del porre fine alla sofferenza. A volte, terminare la sofferenza richiede il terminare la vita del malato, e questa non è semplicemente parte della pratica della medicina, così come la conosciamo nella cultura occidentale.

No, questa non è un'affermazione filosofica astratta, ma qualcosa che nasce da quello che medici, infermieri e altri guaritori fanno ogni giorno. Per esempio, quando vado dal mio medico, ho fiducia che sia unilateralmente focalizzato sulla mia salute. Se si limita ad aiutarmi a commettere suicidio, non avrei più fiducia in lui perché la sua identità morale e il nostro rapporto cambierebbero profondamente. Quando i medici prescrivono farmaci letali o comunque agiscono intenzionalmente per facilitare la morte dei loro pazienti, anche su richiesta del paziente, non praticano più la medicina così come l'abbiamo conosciuta.

Per esempio, i medici non somministrano iniezioni letali per la pena di morte, perché questo è antitetico all'arte della guarigione. Se la nostra società perde l'identità morale unica dei medici, perderemo molto. Un seria vocazione richiede lo sviluppo di un carattere distinto attraverso una pratica distinta. Contrariamente alle tendenze popolari, non tutto e non tutti possono essere ridotti a individui autonomi che servono i desideri di altri individui autonomi. Il cliente non ha sempre ragione, tranne che in una società materialistica depravata in cui le persone diventano poco più che unità economiche anonime o fasci di diritti senza volto che non servono nulla di più profondo dei propri desideri immediati. E se il cliente non ha sempre ragione, certamente ne ha ancora meno il paziente che entra in ua struttura orientata alla salute, e non necessariamente a tutto ciò che desidera il paziente.

Il suicidio assistito invita all'abuso di anziani, malati e morenti da parte di coloro che stanno per ereditare le loro proprietà. Queste sono spesso le stesse persone che giocano un ruolo dominante nell'influenzare le decisioni di trattamento dei pazienti debilitati. Allo stesso modo, non dovrebbe sorprendere nessuno che enti governativi, compagnie di assicurazione e istituzioni sanitarie saranno probabilmente inclini a trovare soluzioni per ridurre le loro spese per i pazienti alla fine della vita, incoraggiando le soluzioni letali per porre fine alla loro sofferenza e risparmiare denaro sui loro bilanci. Probabilmente a questi sviluppi seguiranno maggiori aspettative della società, causando un'aspettativa sociale che i nostri vicini più deboli esercitino la loro libertà di uccidersi. I nostri cittadini più vulnerabili saranno considerati scomodi e incoraggiati a porre fine alla loro sofferenza mettendo fine alla loro vita. Le competenze di cura paziente per i malati e gli aziani diminuiranno di conseguenza. Il culto dei giovani e sani fiorirà in nome della liberazione a scapito degli anziani e malati. No, non è una bel quadro.

Il movimento degli hospice, i praticanti di cure palliative, e altri intimamente coinvolti nella cura dei malati e morenti sanno che il trattamento per dare più conforto possibile ai malati terminali è sottosviluppato nella medicina americana. Siamo appassionati di tecnologia di trattamento ad alta sostegno vitale, anche se è abbastanza gravosa e fa ruotare l'intera esistenza di un paziente intorno alle procedure mediche. Sicuramente, molti pazienti che vogliono il suicidio assistito non vi ricorrono se hanno ricevuto adeguate cure palliative per aiutarli a vivere più comodamente possibile i loro ultimi giorni. E se sono a casa loro, sostenuti dai loro cari in ambienti familiari, saranno molto più propensi ad abbracciare le lotte di questo ultimo segmento del loro viaggio di quanto lo sarebbero in un contesto istituzionalizzato con priorità diverse dalla comodità.

Forse alla base di questi dibattiti è il significato della sofferenza. L'atteggiamento dominante oggi sembra essere che la sofferenza è un affronto inutile alla propria dignità. Beh, per quelli che si formano nella nostra cultura sempre più individualistica e edonista, questa  non è una conclusione sorprendente. In netto contrasto, i cristiani ortodossi non cercano la sofferenza per se stessa, ma sanno che vivere fedelmente in un mondo di corruzione spesso richiede dolore e lotte di vario genere. Queste sfide ci danno l'opportunità di crescere in dipendenza da Dio, in umiltà e amore per i nostri vicini, compresi quelli che ci hanno a cuore quando siamo malati e deboli. Sono opportunità di prendere la nostra croce, seguire Cristo, e crescere nella santità.

Anche se dovremmo rifiutare le cure mediche che rendono la nostra esistenza semplicemente una funzione di tale trattamento come se fosse un falso dio, dovremmo accettare le cure che ci aiutano a offrire la nostra vita al Signore e al nostro prossimo al meglio possibile, date le circostanze che abbiamo di fronte. Per coloro che adorano un Signore che ha guarito i malati, ha risuscitato i morti, ed è risorto vittorioso sull'Ade il terzo giorno, questo non potrà mai significare scegliere la morte come fine a se stessa. Vorrà dire, tuttavia, rifiutareo le forme eccessivamente onerose e, in definitiva, inutili di trattamento al fine di prepararsi a una partenza tranquilla, indolore, e irreprensibile da questa vita.

Quanto più i nostri familiari e medici conoscono le nostre intenzioni a questo proposito, tanto meglio per tutti gli interessati. E quanto meno la pratica della medicina viene danneggiata dalla ricerca intenzionale della morte, tanto meglio sarà per tutti gli interessati, in particolare per i pazienti.

Padre Philip LeMasters è il parroco della chiesa ortodossa di san Luca ad Abilene, Texas. È autore di diversi libri e tiene conferenze introduttive sulla Chiesa ortodossa, e gestisce il blog Eastern Christian Insights

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