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  Sull'uso del velo per le donne ortodosse

dello ieromonaco Petru (Pruteanu)

Teologie.net, 14 novembre 2021

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Padre Petru, perché c'è così tanta enfasi in Russia (soprattutto) sull'uso del velo in chiesa sia per le donne che per le ragazze, quando in Grecia la maggior parte delle donne non indossa mai il velo, neppure quando fa la comunione? Non ci sono regole comuni per tutti (I Cor 11:5-6)? Ritiene che la (relativa) libertà che c'è in Romania, dove ogni donna può scegliere se indossare o meno un foulard, sia più corretta?

La domanda non è affatto semplice e la risposta non può essere limitata a una citazione della Sacre Scritture, indipendentemente dal contesto in cui sono state scritte e dal fatto che tale contesto sia cambiato o meno nel tempo. Esaminiamo prima il testo completo di I Corinzi 11:

(4) Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. (5) Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. (6) Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.

(7) L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. (8) E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; (9) né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. (10) Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. (11) Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; (12) come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. (13) Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? (14) Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, (15) mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. (16) Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.

I. Brevi spiegazioni di questo testo biblico

1. [Versetto 13] Come vediamo dal contesto, san Paolo qui non affronta una questione dogmatica, ma una etica e "di buone maniere". L'apostolo non afferma alcuna verità rivelata, ma invita i corinzi a giudicare ciò che è meglio e più naturale [versetto 15] per la loro comunità, nella quale alcuni cristiani provenivano dagli ebrei, ma la maggior parte dai greco-romani. Il consiglio è stato dato principalmente per non offuscare il buon nome dei cristiani che, più di chiunque altro, dovevano mostrare garbo e moralità.

2. Il consiglio si riferisce solo (o specialmente) alla situazione in cui la donna "prega o profetizza" [versetto 5]. Quindi, almeno questo testo biblico non si riferisce all'uso quotidiano.

3. [Versetto 6] Ciò che Paolo dice del velo come "segno di obbedienza al marito" non è una novità cristiana, tutt'altro. Secondo la mentalità e i costumi dell'epoca, compresi quelli greco-romani (più libertini di altri), la donna sposata doveva coprirsi il capo, e in alcune religioni anche il volto, e questo come segno della sua obbedienza al marito - non essendo più libera di sposarsi. Nel cristianesimo, invece, il problema del rapporto tra uomo e donna si poneva diversamente, e san Paolo stesso dice ai cristiani che in Cristo non c'è più uomo né donna, ma tutti sono una cosa sola (cfr Col 3:11, ecc.) e che sono uguali davanti a Dio (cfr. il capitolo 7 di questa Lettera). Ciò portò le donne di Corinto a credere di avere il diritto di non portare più quel velo sul capo, e lo fecero da sole, senza chiedere il consenso dell'Apostolo a riguardo. Di per sé non era una cosa negativa, perché anche san Paolo riduce tutti i suoi argomenti a una questione di "buon senso" [versetto 13], non avendo troppa consistenza gli "argomenti teologici" in questo contesto.

4. San Paolo solleva anche la questione delle "buone maniere" perché a quei tempi le prostitute camminavano a capo scoperto, e talvolta si tagliavano anche i capelli per essere riconosciute (dai "clienti") e distinte dalle vergini non sposate che, nel mondo greco-romano, non erano obbligate a coprirsi il capo, ma non si tagliavano nemmeno i capelli. Per questo san Paolo dice che è un peccato che una donna si rada il capo [versetto 6], perché così sarebbe assomigliata alle prostitute dell'epoca. Si cominciava a crederlo anche di alcune donne cristiane, poiché la sera si recavano a capo scoperto alla Cena del Signore detta "agape", e per i pagani, un pasto comune chiamato "agape-amore" e al quale le donne si recavano a capo scoperto, era percepito come un'orgia elevata a livello di culto, una sorta di "prostituzione sacra", spesso praticata dai romani. La percezione negativa si amplificava se lo stesso marito della donna cristiana era pagano e non capiva perché sua moglie, in nome della libertà religiosa e dell'uguaglianza, non indossava più il velo, ma andava a queste forme di agape. Per questo san Paolo insiste sulla necessità di non cedere alla follia. In ogni cosa si doveva osservare l'usanza del luogo, per non ostacolare la predicazione del vangelo di Cristo.

5. [Versetto 10] Nelle preghiere della comunità, ma soprattutto quando si manifestava in alcuni cristiani il carisma della glossolalia (cfr capitolo 12 e soprattutto 14), si credeva che gli angeli fossero presenti e anche se la donna si considerava libera (in Cristo) di fronte a suo marito, doveva mostrare obbedienza almeno a quegli angeli che erano invisibili nella preghiera. E questo argomento ha più a che fare con la retorica che con la teologia, perché, dopo tutto, gli angeli ci accompagnano in tutte le circostanze della vita, compreso quando facciamo il bagno, e questo non ci impedisce di spogliarci in loro presenza, né diminuisce il rispetto a loro dovuto. Naturalmente, non può essere accettata nemmeno l'idea dei popoli pagani che gli angeli sarebbero tentati dalla bellezza delle donne.

6. [Versetto 14] La nostra natura in realtà non ci insegna nulla sui capelli corti o lunghi dell'uomo, poiché gli uomini dei popoli del nord, per esempio, fino non molto tempo fa portavano solo capelli lunghi, cosa che era considerata molto naturale per loro. Qui san Paolo si riferisce piuttosto a ciò che era "naturale" in quel tempo e in quel luogo (Grecia antica), sottolineando la distinzione a tutti nota tra l'uomo dai capelli corti e scoperti rispetto alla donna dai capelli lunghi e coperti. Ora, per esempio, alcuni monaci, secondo l'usanza dei nazirei nell'Antico Testamento (cfr Num 6:5 e seguenti) si lasciano crescere i capelli, mentre invece i sacerdoti, seguendo un'altra prescrizione dell'antico testamento, dovrebbero obbligatoriamente radersi il capo (cfr Ez 44:20) e lasciare intatta solo la barba (cfr Lev 21:5). Tuttavia, troviamo che il potere di queste prescrizioni "è stato diluito" nel tempo e la loro osservanza non può essere considerata un dogma.

7. [Versetto 17] Si tratta del raduno dei corinzi durante la cena del Signore, durante la quale si verificavano vari disordini (cfr. il capitolo 11 della stessa epistola). Alcuni di quei disordini erano causati dal fatto che le donne sposate non indossavano il velo.

II. Altre osservazioni storiche ed etiche

1. A differenza della società ebraica (e semitica in generale), in cui tutte le donne, comprese le ragazze non sposate, ma anche gli uomini (!) portavano il capo coperto la maggior parte del tempo, nella società greco-romana gli uomini si coprivano il capo solo quando lo richiedevano le condizioni climatiche, e le donne indossavano il velo solo quando andavano a certi eventi pubblici in cui erano presenti anche gli uomini, e la regola si riferiva solo alle donne sposate e alle vedove che non desideravano più sposarsi. Per il resto, le donne portavano i capelli lunghi, li intrecciavano in vari modi e li lasciavano visibili, e questo era probabilmente fatto dalle donne cristiane provenienti da fuori della Palestina, che nel loro abbigliamento non differivano dalle altre donne (pagane). Nella prima lettera a Timoteo (2:9-10), l'apostolo Paolo consiglia alle donne di andare in giro "con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce (!) e ornamenti d'oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà". Il testo mostra chiaramente che le donne greco-romane portavano i capelli in bella vista e cercavano, attraverso l'uso di trecce, di apparire al meglio, e l'Apostolo condanna le trecce o, nel linguaggio moderno, l'acconciatura (o forse anche la tintura) dei capelli.

2. Il velo di cui parla san Paolo non è un copricapo qualunque, ma era necessariamente uno scialle che doveva coprire non solo il capo ma anche le spalle e tutta la metà superiore del corpo, tanto più che molte donne nei paesi mediterranei indossavano una tunica, cioè un soprabito senza maniche e spesso scollato. Il velo, quindi, doveva coprire tutte le parti visibili del corpo e non solo i capelli, che di per sé, come abbiamo visto sopra, non erano l'elemento che dava più fastidio. Coprire solo i capelli (in tutto o in parte), ma tenere le braccia, le spalle, il petto o le gambe scoperte non ha senso. Credo che per san Paolo l'idea del velo non fosse puramente simbolica, anche se si invoca questo argomento (cfr 1 Corinzi 11:7-10), ma piuttosto etica e spirituale. Tuttavia, questo simbolo non era valido in Palestina, dove anche gli uomini tenevano il capo coperto, e di conseguenza, il preteso argomento teologico (in riferimento al segno di sottomissione) non aveva un valore generale.

3. L'uso del velo in qualsiasi circostanza e anche da parte di ragazze non sposate è un'influenza orientale, che si è diffusa non solo a causa delle occupazioni islamiche, ma anche per l'influenza del monachesimo femminile, perché le monache (vergini) hanno sempre indossato il velo in segno del loro matrimonio mistico con Cristo. Naturalmente, anche l'immagine della Vergine Maria ha svolto un ruolo speciale nel generalizzare questa usanza, che, soprattutto dopo il terzo Concilio ecumenico, è diventata l'archetipo della donna cristiana. La Madre di Dio, per il solo fatto che viveva in Palestina, ma soprattutto perché rimase incinta e diede alla luce un bambino, doveva apparire agli occhi di tutti come moglie di Giuseppe, altrimenti sarebbe stata lapidata. Perciò, anche se partorì in modo miracoloso e rimase vergine per sempre, non poteva fare a meno di indossare il velo, e questo si rifletté anche nell'iconografia. Le nostre icone, strettamente legate all'ambiente monastico, dipingono con un velo sul capo non solo la Madre di Dio e le sante monache, ma anche le vergini martiri, con l'eccezione delle ragazze più giovani che non avevano ancora raggiunto l'età della pubertà (per esempio Fede, Speranza e Amore, ovvero Pistis/Elpis/Agapis o Vera/Nadezhda/Ljubov). Nella Chiesa russa, invece, nonostante il racconto biblico e la tradizione iconografica, anche alle ragazze più giovani è richiesto di coprirsi il capo, e possono indossare altri vestiti, anche se indecenti, a piacimento ("perché la Bibbia non dice niente di concreto!”). Questa esagerazione si riscontra in altre Chiese ortodosse locali, o almeno in alcune comunità isolate.

4. Con l'avvento dell'islam (VII secolo), l'uso del velo [hijab] divenne obbligatorio sia per le donne convertite all'islam sia per quelle che vivevano nei territori occupati dai musulmani (non in quelli vassalli, come i territori romeni). Non portare l'hijab in presenza di uomini poteva essere severamente punito, ed è per questo che, soprattutto nei Balcani, il velo delle donne era diventato un segno dell'occupazione musulmana. Subito dopo il 1821, quando i greci cominciarono a liberarsi dai turchi, le donne ortodosse cominciarono a non portare alcun copricapo, nemmeno in chiesa, e questo non era solo un segno di liberazione dal giogo islamico, ma anche l'elemento distintivo tra donne cristiane e musulmane. Ecco perché, soprattutto in Grecia, la maggior parte delle donne non indossa mai uno scialle o un velo, nemmeno quando ci si comunica ai santi misteri, e un ritorno alla pratica precedente alla turcocrazia sembra del tutto impossibile. Tuttavia, le donne in Grecia dovrebbero essere consapevoli che la loro pratica è relativamente nuova e, anche se all'inizio era in qualche modo giustificata, oggi è più una manifestazione di liberalismo. Non sono le donne romene o russe che indossano un velo a esagerare per eccesso di zelo (sebbene a volte possano proprio esagerare), ma sono le donne greche, in condizioni difficili, ad aver perso l'antica tradizione dell'abito cristiano di cui san Paolo scrisse loro nella Lettera ai Corinzi. oggi è più una manifestazione di liberalismo.

5. È bene sapere che il velo monastico femminile (in greco: "mandela") indossato principalmente dalle monache della Grecia, della Serbia e della Siria (e che, inoltre, è più bello e comodo di quello indossato dalle monache della Romania o della Russia), è di fatto una copia quasi identica dell'hijab islamico, e la tonaca e persino la riassa e la mantia hanno anch'esse un'analogia nell'abbigliamento femminile in alcuni paesi islamici! Ecco perché le monache in Siria o in Occidente, per non essere confuse con le donne musulmane, sono costrette a portare sempre una grande croce sul petto - cosa insolita per le monache in Romania o in Russia, dove solo la badessa indossa una croce, e solo nelle funzioni o nei momenti ufficiali. Ecco perché, dati gli esempi e le spiegazioni di cui sopra, è bene essere flessibili e più comprensivi di fornte alle pratiche locali, soprattutto se esse non coinvolgono aspetti importanti della vita religiosa. Il vecchio principio di convivenza delle diverse tradizioni ortodosse locali era: "Siamo uniti nelle cose essenziali e diversi in quelle secondarie". Questa è una delle cose che rende l'Ortodossia più bella...

III. Conclusioni

1. Il consiglio del santo apostolo Paolo, pur dato in un contesto leggermente diverso dal nostro, resta valido e normativo. Le donne sposate, almeno quando pregano (non solo in chiesa ma anche a casa), dovrebbero avere il capo coperto. Questo requisito non si applica alle ragazze o alle donne non sposate, che possono restare a capo scoperto.

2. Il copricapo può essere un normale foulard, preferibilmente di colore chiaro (non nero), ma va bene anche un cappello o un velo o scialle. Questo copricapo, come tutti gli indumenti femminili, deve conformarsi al principio esposto nella prima lettera a Timoteo (2:9-10). Indossare un foulard/velo senza coprire altre parti "sensibili" del corpo è piuttosto un compimento farisaico della lettera della Bibbia, che tradisce una mancata comprensione del suo spirito. Se una donna indossa i pantaloni e vuole andare in chiesa, penso che sia meglio che si tolga il velo per avvolgersi i fianchi o le spalle e il busto piuttosto che indossare un foulard esponendo altre parti del corpo.

3. Date le diversità tra le tradizioni locali (diversità che esistevano fin dall'inizio tra Palestina e Grecia antica, per esempio) e non avendo il potere di standardizzarle in una direzione o nell'altra, penso che dobbiamo capire le specificità di ogni paese ortodosso. rispettare la tradizione del luogo, proprio per non giocare a distinguersi e ad apparire migliori degli altri. Ma se le nostre donne ortodosse, andando in Grecia, hanno abbastanza coraggio e forza di volontà per essere le sole a portare il velo, penso che sia meglio indossarlo, ma facendolo con umiltà e senza giudicare le donne che non lo portano. Se infatti una di loro è incline a giudicare quelle che non portano il velo, è meglio se lo che tolga anche lei, perché il peccato del giudizio è maggiore.

4. Nessuna donna può essere espulsa dalla chiesa perché non ha il capo coperto, e se il sacerdote o il personale della chiesa ha abbastanza saggezza e umiltà per spiegare alla donna come è meglio comportarsi, Dio l'aiuterà a capire e a rispettare correttamente le norme della pietà ortodossa.

5. Attualmente i tagli di capelli e le acconciature nelle donne non sono più percepiti come manifestazioni immorali, ma piuttosto come necessità pratiche che, se fatte nei limiti del buon senso, non provocano tentazioni né repulsioni. Invece, radersi completamente il capo o cambiare radicalmente il colore dei capelli può essere classificato come un tentativo da parte delle donne di giocare a essere diverse da come Dio le ha create. E non posso dirlo con certezza, ma temo che questo possa già essere un peccato...

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