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  Perché non digiuniamo durante la settimana del pubblicano e del fariseo, e altre domande

dello ieromonaco Iov (Gumerov)

da Pravoslavie.ru

2 febbraio 2005

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Buon giorno, padre! Perché non osserviamo il digiuno al mercoledì e al venerdì durante la settimana del pubblicano e del fariseo? Grazie! Con rispetto, Olga.

La parabola del pubblicano e del fariseo dà un'immagine della verità spirituale che Dio resiste ai superbi, ma dà la grazia agli umili (Gc 4:6). I farisei erano i rappresentanti della tendenza sociale-religiosa in Giudea nel corso del II secolo a.C. La loro caratteristica distintiva era uno zelo intenso nell'osservare la Legge di Mosè. La vita religiosa richiede che una persona sia attenta a se stesso, che abbia sensibilità morale, umiltà e purezza di intenzioni. Se la persona non dispone di queste doti, una durezza di cuore si insinua a poco a poco nel suo cuore. Poi nasce inevitabilmente una pseudo-spiritualità. Il risultato è la morte spirituale. Se invece dell'umiltà c'è auto-giudizio e orgoglio, invece di amore sacrificale viene l'egoismo spirituale, allora non è difficile per il diavolo circuire una persona e renderla complice delle sue azioni malvagie. Le persone incredule o spiritualmente disattente non sanno nemmeno o non indovinano quanto spesso fanno proprio ciò che il nemico della nostra salvezza vuole che facciano.

Il fariseismo non è una vocazione o un'appartenenza a un qualche tipo di organizzazione religiosa. Il fariseismo è uno stato dell'anima. Si comincia con l'auto-giudizio e l'auto-esaltazione. Non appena l'attenzione di una persona a se stessa e la severità con se stessa si rilassa, appaiono i primi germogli di una pianta pericolosa, i cui frutti possono uccidere l'anima. Ne risulta la morte per avvelenamento con il veleno dell'orgoglio.

La principale caratteristica morale di un fariseo è l'amore di sé e l'egoismo, che dirige ogni movimento della sua anima. Raramente pensiamo a quanto egoismo (e quindi, fariseismo) abbiamo in noi stessi. La nostra insensibilità al nostro ambiente, la nostra freddezza costante, la mancanza di una costante disponibilità al sacrificio del nostro tempo, energia e convenienza per il bene degli altri dimostra quanto siamo lontani dal pubblicano pentito, che con cuore contrito pronuncia solo poche parole, ma esce giustificato.

Annullando il digiuno del mercoledì e del venerdì durante la settimana del pubblicano e del fariseo, la santa Chiesa vuole impedirci un autocompiacimento farisaico, quando l'osservazione formale delle regole della Chiesa (digiuno, regole di preghiera, e frequenza in chiesa) diventa l'obiettivo della vita spirituale. I santi Padri insegnano che tutto questo si deve compiere, ma deve essere visto come un mezzo per acquisire frutti spirituali.

I farisei si consideravano saggi ed eruditi. Ma la sapienza che viene dall'alto invece è anzitutto pura, poi pacifica, mite, e arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. E il frutto della giustizia è seminato nella pace da coloro che operano la pace. (Gc 3:17-18)

Buon giorno! Cristo racconta la parabola del fariseo e del pubblicano nel tempio. Il fariseo dice che fa questo e quello, e dice che digiuna due giorni della settimana. Mi dica, per favore, quali giorni della settimana erano questi, e perché erano giorni di digiuno? Grazie! Evgenij.

Secondo la legge di Mosè solo un giorno all'anno era stabilito come giorno di digiuno (in ebraico tsum, che significa trarre fuori), il giorno della purificazione (Yom Kippur): Lev 16:29; Num 29:7. Tuttavia, ogni figlio d'Israele poteva compiere volontariamente un digiuno. Si scrive spesso di tali digiuni nell'Antico Testamento. Un digiuno poteva durare un giorno, o prolungarsi per molti giorni: il profeta Mosè sul monte alla presenza di Dio trascorse 40 giorni senza cibo e acqua (Es 34:28), e il profeta Elia digiunò per lo stesso tempo (3 Re 19: 7-8). Il digiuno per gli ebrei presupponeva una totale astinenza dal cibo. Davide non mangiò nulla per sette giorni (2 Re 12:16-21). Chi digiunava di solito vestiva di sacco, si asteneva dalle abluzioni quotidiane, si cospargeva il capo di cenere (3 Re 21:27; Nem 9:1). Gli ebrei ricorrevano volontariamente al digiuno: 1) prima di eventi decisivi, il cui esito dipendeva dalla misericordia di Dio (2 Re 12:16,21-23; Ef 4:3-16, e altri); 2) per un sincero pentimento e umiltà di fronte a Dio (1 Re 7:6, 3 Re 21:27 Esdr 10: 6; Nem. 9:1); e 3) per raggiungere la piena comunione con Dio (Es 34:28; Dt 9:9,18).

Durante la cattività babilonese, un giorno di digiuno fu istituito per gli ebrei: Il nono giorno del quarto mese (tammuza), come ricordo doloroso della cattura caldea di Gerusalemme (587/6 a.C.), il decimo giorno del quinto mese (ava), in cui la città fu distrutta e il tempio è stato bruciato (Ger 52:12-13), in uno dei giorni del settimo mese (tishri) in ricordo dell'assassinio di Godolia (Ger 41:1-3).

Il fariseo dalla parabola del Signore digiunava due volte a settimana volontariamente, e se ne vantava. I farisei avevano l'abitudine di digiunare il quinto giorno della settimana, quando il profeta Mosè salì sul monte Sinai, e il secondo, quando scese dal monte.

I profeti hanno condannato i digiuni esterni senza il pentimento e l'umiltà. La parabola del pubblicano e del fariseo parla di questo. Tale digiuno porta a orgoglio e cecità spirituale.

Chi sono i farisei?

I farisei (secondo una etimologia, dall'ebraico perushim – i messi da parte) erano i rappresentanti della più influente tendenza religioso-sociale in Giudea. Sono menzionati dapprima nel Vangelo di Matteo (3:7-9). La mancanza di una loro menzione nell'Antico Testamento ci porta a credere che questa setta si sia formata significativamente dopo la conclusione del canone di sacri libri dell'Antico Testamento (circa nel V secolo a.C.). C'è una teoria convincente di alcuni ricercatori che vedono la setta dei farisei come risposta all'ellenismo, la tendenza verso la sintesi storico-culturale tra i popoli del Mediterraneo. Questa tendenza è il risultato delle campagne militari di successo di Alessandro il Grande (356-323 a.C.). L'influenza ellenica sulla società israeliana apparentemente fece nascere questo partito dei difensori zelanti della tradizione nazionale. Giuseppe Flavio parla per primo dei farisei, come una delle tre sette (assieme con i sadducei e gli esseni) nel tredicesimo libro dell'Antichità giudaica (13,5: 9), parlando delle attività di uno dei Maccabei, il sommo sacerdote Gonata (attorno al II secolo a.C.).

I farisei, a differenza dei sadducei, accettavano la risurrezione futura, e l'esistenza di angeli e spiriti. Predicavano una vita rigorosa, la purezza rituale, e l'esatto adempimento della legge. I rappresentanti di questo movimento lottavano contro le influenze pagane sul popolo, e sostenevano l'indipendenza nazionale. Tutto questo attraeva il popolo a loro.

Ma quanto più il tempo li separava dalla fonte della verità rivelata di Dio, tanto più forte si manifestava un'origine puramente umana nei loro insegnamenti e azioni. Il formalismo iniziò a crescere. Il Signore per mezzo di Mosè proibì l'introduzione di nuovi comandamenti e l'abrogazione di quelli già dati: Non aggiungerete nulla alla parola che vi dico, e non ne toglierete nulla: osservate i comandamenti del Signore vostro Dio, che io vi comando (Dt 4:2). Nonostante questo, introdussero 613 nuove regole: 248 comandamenti (pari al numero di ossa del corpo umano) e 365 divieti (pari al numero di giorni dell'anno). Attribuivano più importanza alle innovazioni da loro create che ai comandamenti di Dio. Il Salvatore li rimproverò per questo: Perché voi trasgredite il comandamento di Dio con la vostra tradizione? (Mt 15:3); Mettendo da parte il comandamento di Dio, voi seguite la tradizione degli uomini (Mc 7:8). Tipicamente trattavano con disprezzo i peccatori, i pubblicani, e i popoli non del libro: Ma questa gente, che non conosce la legge, è maledetta (Gv 7:49). Anche se c'erano molti peccatori nella società israeliana al tempo del Salvatore, il Signore non rimproverò nessuno come i farisei. Ma guai a voi, farisei! poiché pagate la decima della menta, della ruta e d'ogni erba, e trascurate la giustizia e l'amore di Dio: queste cose dovreste fare, senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei! Perché voi amate i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché siete come quei sepolcri che non si vedono, e gli uomini che camminano su di loro non ne sono a conoscenza (Lc 11:42-44). Gesù Cristo rimproverò il formalismo senz'anima dei farisei e scribi, che accusava il Salvatore di violare il sabato guarendo persone gravemente malate. Senza abbandonare la legge, il Signore ha messo le opere di amore e di misericordia per le persone sofferenti al di sopra delle opere rituali: Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato (Mc 2:27).

L'orgoglio e l'auto-giudizio sulla loro rettitudine portarono i farisei alla cecità spirituale e li resero incapaci di accettare umilmente chiunque fosse più alto, più puro, e più giusto di loro. I miracoli del Signore, i suoi insegnamenti che sbalordivano il popolo per le loro altezze morali, e la sua mitezza, evocavano tutti collera nei rappresentanti di questa setta. Questo è stato il motivo principale per cui non hanno visto in Gesù Cristo il Messia promesso dai profeti, e, insieme con i sadducei, hanno chiesto la sua crocifissione.

I migliori rappresentanti dei farisei, che avevano una fede viva e non erano attutiti dal formalismo, divennero cristiani: l'apostolo Paolo, il giusto Nicodemo, Gamaliele e altri.

Il nostro Signore Gesù Cristo mise in guardia i suoi discepoli contro il lievito dei farisei (Mt 16:11). Il fariseismo come stato spirituale è un pericolo per qualsiasi credente. Si comincia quando una persona prega formalmente, con le labbra e non con il cuore, per abitudine, e pensa di essere gradito a Dio. "Le persone che stanno cercando di condurre una vita spirituale a volte combattono la battaglia più sottile e difficile attraverso i loro pensieri ogni momento della vita, una battaglia spirituale. Bisogna avere un occhio brillante su tutto in ogni momento, al fine di notare i pensieri che scorrono dentro l'anima da parte del maligno e deviarli. Tali persone devono sempre avere un cuore ardente di fede, umiltà e amore; altrimenti, l'inganno diabolico si deposita facilmente in loro, e dopo l'inganno viene la mancanza di fede o l'infedeltà, e quindi anche ogni tipo di male, da cui non ci si può purificare presto neanche con le lacrime. Pertanto non consentite al vostro cuore di essere freddo, specialmente durante la preghiera, ed evitare del tutto la fredda indifferenza" (san Giovanni di Kronstadt, La mia vita in Cristo). L'orgoglio spirituale, la garanzia della propria giustizia, la pietà ostentata e l'ipocrisia sono tutti esempi di fariseismo. La Santa Chiesa nella sua lotta contro il pericolo di cadere in questo stato ci propone l'esempio del pubblicano pentito. Con la sua umile preghiera noi cominciamo le nostre preghiere quotidiane al mattino: "Dio, sii misericordioso con me peccatore".

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