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  Sull'uso del velo da parte delle donne ortodosse

Ieromonaco Petru (Pruteanu), teologie.net

27 maggio 2014

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Domanda: Padre Petru, perché in Russia (soprattutto) si pone così tanta enfasi sul fatto che le donne e le bambine indossino il velo in chiesa, mentre in Grecia la maggioranza delle donne non indossa il velo, neanche quando si comunica? Non ci sono regole comuni per tutti (I Corinzi 11:5-6)? Considera corretta la libertà (relativa) che si incontra in Romania, dove ogni donna sceglie se vuole o non vuole indossare il velo?

Risposta: La questione non è affatto semplice, e la risposta non può essere limitata solo alla citazione delle Scritture, senza considerare il contesto in cui sono state scritte, e se il contesto è cambiato nel tempo. Vediamo prima l'intero testo di I Corinzi, cap. 11:

"(4) Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. (5) Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. (6) Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. (7) L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. (8) E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; (9) né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. (10) Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. (11) Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; (12) come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. (13) Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? (14) Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, (15) mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. (16) Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio. (17) E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio."

I. brevi spiegazioni del testo biblico

1. [Versetto 13] Come si vede dal contesto, san Paolo non affronta un problema dogmatico, ma uno di etica e di "galateo". L'apostolo non stabilisce alcuna verità rivelata, ma chiede ai corinzi di giudicare ciò che è meglio e più naturale [versetto 15] per la loro comunità, in cui alcuni cristiani erano di provenienza ebraica, ma la maggior parte era greco-romana. I consigli sono rivolti principalmente a non infangare il buon nome dei cristiani che, più tutti gli altri, dovevano dare prova di buon comportamento e moralità.

2. I consigli si riferiscono solo (o soprattutto) alla situazione in cui la donna "prega o profetizza" [versetto 5]. Perciò, almeno questo testo biblico non si riferisce all'abbigliamento quotidiano.

3. [Versetto 6] Le parole di san Paolo sul velo come "segno di sottomissione al marito" non sono una novità cristiana, al contrario. Secondo la mentalità e i costumi del tempo, tra cui quelli greco-romani (più rilassati degli altri), la donna sposata doveva coprirsi il capo, e in alcune religioni, anche il volto – come segno di sottomissione al marito – perché non era più libera. Nel cristianesimo, la questione del rapporto tra l'uomo e la donna si poneva diversamente, e lo stesso san Paolo diceva ai cristiani che in Cristo non vi è più maschio né femmina, ma tutti sono uno (cf. Colossesi 3:11, ecc) e che sono uguali davanti a Dio (cf. il cap. 7 della presente lettera). Questo ha fatto sì che le donne di Corinto credessero di avere il diritto di non indossare il velo sul capo, e lo facessero di propria iniziativa, senza chiedere in questo il permesso dell'Apostolo. Di per sé, non era un male, e anche san Paolo riduce le sue argomentazioni a una questione di "buon senso" [versetto 13]; gli "argomenti teologici" non avevano troppa coerenza in questo contesto.

4. San Paolo pone il problema della "decenza", e considerando che in quel momento le prostitute camminavano a capo scoperto e, talvolta, si tagliavano i capelli per essere riconosciute (dai "clienti") e per distinguersi dalle ragazze nubili, che nel mondo greco-romano non erano obbligate a coprirsi il capo, ma non si tagliavano i capelli. Questo è il motivo san Paolo dice che tagliarsi i capelli è una vergogna per una donna [versetto 6], perché in questo modo sarebbe stata vista come una delle prostitute di quel tempo. E si cominciava davvero a credere questo di alcune donne cristiane che di sera andavano a capo scoperto alla Cena del Signore detta "agape"; per i pagani, un pasto comune chiamato "agape" (amore) a cui le donne andavano a capo scoperto era vista come un'orgia elevata a livello di atto di culto, una sorta di "prostituzione sacra" praticata spesso dai romani. La percezione negativa era amplificata se il marito di una donna cristiana era pagano non capiva perché sua moglie, in nome della libertà e dell'uguaglianza religiosa, non indossava il velo, ma andava all'agape. Questo è il motivo per cui san Paolo insiste sulla necessità di non dare occasione di scandalo. Si doveva rispettare in tutto l'abitudine locale, per non ostacolare la predicazione del Vangelo di Cristo.

5. [Versetto 10] Alle preghiere della comunità, specialmente quando alcuni cristiani manifestavano carismi di glossolalia (vedi i cap. 12 e in particolare 14), si credeva che fossero presenti gli angeli, e anche se la donna era considerata libera (in Cristo) nei confronti del marito, doveva presentare almeno un segno di obbedienza verso quegli angeli, invisibilmente presenti nella preghiera. E questo è un argomento più di retorica che di teologia, perché, in definitiva, gli angeli ci accompagnano in tutte le circostanze della vita, anche quando facciamo il bagno, e questo non ci impedisce di metterci a nudo in loro presenza né sminuisce l'onore a loro dovuto. Naturalmente, non può accettare alcuna idea dei popoli pagani, che gli angeli siano tentati dalla bellezza delle donne

6. [Versetto 14] La nostra natura davvero non ci insegna nulla circa i capelli corti o lunghi degli uomini: gli uomini dei popoli del nord, per esempio, fino a poco tempo portavano i capelli lunghi, e questo era considerato una cosa molto naturale per loro. Qui san Paolo si riferisce piuttosto a ciò che era "naturale" in quel tempo e luogo (la Grecia antica), sottolineando la distinzione tra l'uomo con capelli corti e a capo scoperto e la donna con capelli lunghi e a capo coperto. Oggi, per esempio, alcuni monaci, alla maniera dei nazirei dell'Antico Testamento (cfr. Numeri 6:5, ecc) portano i capelli lunghi, però i sacerdoti, secondo un'altra prescrizione del Vecchio Testamento, dovrebbero obbligatoriamente radersi il capo (cf. Ezechiele 44:20) e lasciare intatta solo la barba (cfr. Levitico 21:05). Notiamo, tuttavia, che la forza di tali prescrizioni si è "diluita" nel tempo, e il loro rispetto non può essere considerata un dogma.

7. [Versetto 17] Si parla della congregazione di Corinto alla Cena del Signore, in cui avvenivano diversi nuovi disturbi (vedi più avanti il capitolo 11 della stessa lettera). Alcuni di questi erano causati in particolare da donne sposate che non indossavano il velo.

II. Altre osservazioni storiche e etiche

1. Diversamente dalla società ebraica (e semitica in generale) in cui tutte le donne, comprese le ragazze non sposate, e anche gli uomini (!) portavano quasi sempre il capo coperto, gli uomini della società greco-romana si coprivano il capo solo quando lo richiedevano le condizioni climatiche, e le donne non indossavano un velo o scialle se non quando andavano a determinati eventi pubblici dove erano presenti anche gli uomini, e la norma si riferiva solo alle donne sposate e alle vedove che non desideravano risposarsi. In caso contrario, le donne lasciavano i loro capelli lunghi, li acconciavano in modi diversi e li lasciavano in vista, e probabilmente facevano così anche le donne cristiane al di fuori della Palestina, dove non si distinguevano per aspetto dalle altre donne rispettabili (pagane). Nella prima lettera a Timoteo (2,9-10), l'apostolo Paolo consiglia alle donne di "camminare in abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce (!) e ornamenti d'oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come si conviene a donne timorate di Dio". Dal testo risulta chiaro che le donne greco-romane camminavano con i capelli in vista e cercavano, con acconciature, di apparire più belle, e l'apostolo condanna proprio le acconciature o, nel linguaggio moderno, lo styling (o forse anche la tintura) dei capelli.

2. Il velo di cui parla san Paolo non è una qualsiasi copertura per il capo, ma era necessariamente uno scialle che doveva coprire non solo la testa, ma le spalle e la metà superiore del corpo, soprattutto perché le donne nell'area del Mediterraneo indossavano una tunica, indumento senza maniche e spesso scollato. Pertanto, il velo doveva coprire tutte le parti visibili del corpo e non solo i capelli, che di per sé, come si è visto sopra, non erano un elemento di grande disturbando. Coprire solo i capelli (completamente o parzialmente), ma tenere braccia, spalle, petto e gambe nude è senza senso. Penso che per san Paolo l'idea del velo non fosse puramente simbolica, anche se egli fa appello a questo argomento (cfr. I Corinzi 11:7-10), ma piuttosto etica e spirituale. Tuttavia, questo simbolo non aveva valore in Palestina, dove gli uomini avevano il capo coperto e, pertanto, il preteso argomento teologico (con riferimento al segno della sottomissione) non era sempre valido.

3. Indossare il velo in ogni circostanza e anche tra ragazze non sposate, è un influsso orientale diffuso non solo dalle occupazioni islamiche, ma anche dall'influenza del monachesimo femminile, perché le monache (vergini) indossavano sempre il velo come segno delle loro nozze mistiche con Cristo. Naturalmente, un ruolo particolare nella generalizzazione di questa pratica lo ebbe l'immagine della Vergine Maria che, soprattutto dopo il terzo sinodo ecumenico, è diventata l'archetipo della donna cristiana. La Madre di Dio, semplicemente perché viveva in Palestina, ma soprattutto perché rimase incinta e partorì un figlio, doveva apparire agli occhi di tutti la moglie di Giuseppe, altrimenti sarebbe stata lapidata. Pertanto, anche se partorì miracolosamente e rimase sempre vergine, non poteva non portare il velo, e questo fu riflesso anche nell'iconografia. Le nostre icone, molto legate all'ambiente monastico, raffigurano con un velo sul capo non solo la Madre di Dio e le sante monache, ma anche le vergini martiri, fatta eccezione per le ragazze molto giovani che non avevano ancora raggiunto la pubertà (es. Pisti/Vera, Elpi[da]/Nadezhda e Agapi/Ljubov). Nella Chiesa russa, nonostante il racconto biblico e la tradizione iconografica, anche le ragazze più piccole sono tenute a coprire il capo, e quanto agli altri vestiti, anche se sono indecenti, vengono indossati a volontà ("perché riguardo a loro la Bibbia non dice nulla di concreto"). Questa esagerazione si può osservare anche in altre Chiese ortodosse locali, almeno in alcune comunità isolate.

4. Con l'avvento dell'islam (VII secolo), indossare il velo [hijab] divenne obbligatorio per le donne convertite all'islam, e per quelle che vivevano nei territori occupati dai musulmani (non nei territori vassalli, come quello romeno). Non indossare l'hijab in presenza di uomini poteva essere punito severamente ed è per questo che, soprattutto nei Balcani, le donne che indossano il velo diventarono una sorta di segno di occupazione musulmana. Subito dopo il 1821, quando i greci cominciarono a liberarsi dai turchi, le donne ortodosse iniziarono a non indossare alcun copricapo, neanche in chiesa, e questo non era solo il segno della liberazione dal giogo dell'Islam, ma elemento un distintivo tra le donne cristiane e musulmane. Questo è il motivo per cui, soprattutto in Grecia, la maggior parte delle donne non indossa un foulard o un velo, anche quando si comunica ai santi misteri, e un ritorno alla pratica prima della turcocrazia sembra addirittura impossibile. Tuttavia, le donne greche dovrebbero sapere che la loro pratica è relativamente nuova e, anche se in un primo momento era in certo modo giustificata, oggi è più che altro una manifestazione di liberalismo. Nno sono le donne romene e russe che portano il velo a esagerare per troppo zelo (anche se a volte esagerano), ma sono le donne greche che in circostanze difficili hanno perso l'antica tradizione di aspetto cristiano di cui san Paolo aveva scritto proprio a loro, nella Lettera ai Corinzi.

5. È bene sapere anche che il velo monastico femminile (in greco: "mandela") indossato principalmente dalle monache in Grecia, Serbia e Siria (che, per inciso, è più bello e più comodo di quello indossato dalle monache in Romania o Russia), è in realtà quasi una copia carbone dell'hijab islamico, e la tonaca e anche il raso e la mantia hanno anche loro analogie con l'abbigliamento femminile in alcuni paesi islamici! Pertanto, le monache in Siria o in Occidente, per non confondersi con le donne musulmane, sono costrette a indossare in ogni momento una grande croce sul petto – cosa insolita per le monache in Romania o in Russia, dove solo la badessa porta la croce e solo nelle funzioni o in eventi formali. Ecco perché, tenuto conto degli esempi e delle spiegazioni di cui sopra, è bene essere flessibili e comprensivi con le pratiche locali, soprattutto se queste non sono aspetti importanti della vita religiosa. Il vecchio principio di coesistenza di diverse tradizioni ortodosse locali era il seguente: "siamo uniti negli elementi essenziali e diversi in quelli secondari." Questo è un aspetto che rende l'Ortodossia ancor più bella...

III. Conclusioni

1. I consigli di san Paolo, anche se sono stati dati in un contesto un po' diverso dal nostro, continuano a rimanere validi e normativi. Le donne sposate, almeno quando pregano (non solo in chiesa, ma anche a casa), è bene che abbiano il capo coperto. Questa limitazione non si riferisce anche alle ragazze e alle donne non sposate, che possono stare a capo scoperto.

2. La copertura del capo dovrebbe essere una sciarpa normale, preferibilmente di colore chiaro (non nero), ma può andar bene un cappello o un foulard / scialle. Questa copertura, e tutti i vestiti della donna, devono corrispondere al principio enunciato nella prima lettera a Timoteo (2:9-10). Indossare il velo senza coprire e altre parti "sensibili" del corpo è piuttosto un compimento farisaico della lettera della Bibbia, che tradisce un fraintendimento del suo spirito. Se una donna è vestita in pantaloni attillati e vuole entrare in chiesa, penso che sia meglio togliere il velo dal capo e coprirsi i fianchi o le spalle e il busto, piuttosto che indossare un velo, ma esporre altre parti del corpo.

3. Date le diverse tradizioni locali (che esistevano fin dall'inizio tra Palestina e Grecia antica, per esempio) e non avendo il potere di unificarle in un senso o nell'altro, penso che abbiamo bisogno di capire le caratteristiche specifiche degli ortodossi di ogni paese e di rispettare la tradizione locale, proprio per non primeggiare e crederci migliori degli altri. E se le nostre donne ortodosse che vanno in Grecia avranno abbastanza coraggio e volontà di essere le sole a indossare il velo, penso che sia meglio indossarlo, ma farlo con umiltà e senza giudicare le donne che non lo indossano. Infatti, se qualcuna ha la tendenza a giudicare coloro che non indossano il velo, è meglio che non lo portui lei stessa, perché il peccato del giudizio è maggiore del peccato del capo scoperto..

4. Nessuna donna deve essere cacciata fuori dalla chiesa perché ha il capo scoperto, e se il sacerdote o il personale della chiesa avranno la saggezza e l'umiltà sufficiente a spiegare alla donna ciò che è giusto, anche Dio l'aiuterà a capire e rispettare correttamente la regola della pietà ortodossa.

5. Attualmente, il taglio e la pettinatura dei capelli nelle donne non sono più percepite come manifestazioni immorali, ma piuttosto come una sorta di necessità pratica, se effettuata entro i limiti del buon senso, senza arrivare alle tentazioni né al rifiuto. Invece, la rasatura della testa o un radicale cambiamento di colore dei capelli può essere classificato come un tentativo di avere un aspetto diverso da quello dato da Dio. Non posso dirlo con certezza, ma temo che questo potrebbe già essere un peccato...

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