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  Domanda sul vecchio calendarismo

Estratti dal blog di padre John Whiteford

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Come vedete i vecchi calendaristi, che hanno rotto la comunione con il resto della Chiesa?

La storia del movimento vecchio-calendarista greco è triste. La cosa più triste è che si trattava di un problema che avrebbe potuto essere facilmente evitato se il nuovo calendario non fosse stato introdotto nella Chiesa di Grecia (e insieme in molte altre Chiese ortodosse locali) nel modo in cui è stato introdotto.

Nel tumulto che ha fatto seguito alla prima guerra mondiale, dopo il caos portato dai bolscevichi in Russia, e il disastroso tentativo lanciato dai greci di riconquistare ai turchi l'Asia Minore, che portò a un'espulsione di massa della popolazione greca dell'Asia Minore, c'è chi ha colto l'occasione offerta da questo sconvolgimento di spingere per varie "riforme" nella Chiesa, e una di quelle "riforme" è stata quella di cambiare il calendario della Chiesa. In particolare, il Regno di Grecia aveva cambiato il calendario civile sul calendario gregoriano, e quindi ci sono stati quelli che hanno voluto spingere questo cambiamento anche nella Chiesa di Grecia. Nel 1923, si è tenuto un "Sinodo pan-ortodosso" (che aveva rappresentanti di meno della metà delle Chiese) per prendere in considerazione questo cambiamento. Il calendario che è stato approvato era essenzialmente lo stesso del calendario gregoriano, ma conservava il Paschalion (il ciclo che determina la data della Pasqua, e quindi tutti gli aspetti del calendario liturgico legati alla data della Pasqua) del vecchio calendario. Nel 1924, la Chiesa di Grecia ha adottato questo "calendario giuliano riveduto", e in reazione, ha avuto inizio un movimento vecchio-calendarista.

La Chiesa di Grecia, in collaborazione con il governo della Grecia, ha iniziato una politica di repressione dei vecchi calendaristi, che ha aggiunto solo amarezza allo scisma. A poco a poco varie divisioni sono emerse tra i vecchi calendaristi. Molti dei vecchi calendaristi hanno dichiarato "priva di grazia" la Chiesa di nuovo calendario della Grecia, ​​e il grado in cui sono state prese posizioni estreme ha moltiplicato le divisioni tra i vecchi calendaristi.

La storia dei vari scismi vecchio-calendaristi è molto complicata, e dopo aver letto i resoconti contrastanti con le diverse fazioni hanno raccontato la loro storia, è mia opinione che solo Dio sa chi di loro stia dicendo la verità in qualsiasi dato caso, e non c'è una buona ragione per credere che tra loro ci sia qualcuno del tutto veridico. Ma piuttosto che perderci nei boschi a parlare della loro storia, permettetemi di fare alcune osservazioni, per poi arrivare alle questioni chiave di questa domanda:

1. Se il calendario non fosse stato cambiato nel modo in cui è stato cambiato, non ci sarebbe mai stato uno scisma.

2. I vecchi calendaristi hanno sottolineato molti abusi ecumenici, soprattutto da parte del clero sotto il Patriarcato Ecumenico, e molte delle loro obiezioni hanno del merito - anche se i loro argomenti che il resto della Chiesa ortodossa è decaduto a causa di questi abusi non reggono a un esame critico. Tuttavia, i responsabili di questi abusi condividono in qualche modo la colpa della mancata riconciliazione di questi gruppi con il resto della Chiesa.

3. Tuttavia, i vecchi calendaristi hanno generalmente adottato una visione semplicistica dei canoni e della storia della Chiesa nel tentativo di giustificare la loro separazione dalla Chiesa che ha sviato molti, ma che non è giustificata dalla Tradizione e dai canoni della Chiesa.

4. Molti vecchi calendaristi (forse la maggior parte) sono sinceri, ma ci sono anche molti che usano le questioni che motivano i vecchi calendaristi come scusa per lo scisma al fine di fornire un rifugio a coloro che desiderano semplicemente operare al di fuori della portata della responsabilità che avrebbero dovuto affrontare in Chiese ortodosse legittime.

Il nuovo calendario è un'eresia?

Mentre i vecchi calendaristi oggi citano altri problemi, il problema che ha originato lo scisma dei loro gruppi è stato il cambiamento del calendario, e quindi ci si deve fare la domanda: il nuovo calendario è un'eresia? Era una base sufficiente per uno scisma, e per una denuncia della Chiesa di Grecia?

Io non sono di nuovo calendario, e sono contento di non esserlo per due motivi:

1. Non credo che il nuovo calendario avrebbe dovuto essere introdotto, senza che ogni Chiesa locale accettasse contemporaneamente di fare il cambiamento. Quali che siano i vantaggi del nuovo calendario, non valgono la pena di causare una divisione, e in effetti è questa che hanno causato.

2. Modificare le date fisse al nuovo calendario, ma continuare a utilizzare il vecchio calendario per determinare la data della Pasqua provoca caos liturgico. Il Typikon non è stato scritto con un tale strano miscuglio in mente. Personalmente, penso che avrebbe molto più senso cambiare l'intero calendario, perché il Typikon funzioni ancora. Così com'è, ci sono celebrazioni quaresimali che si verificano prima della Quaresima (come ad esempio la festa dei 40 martiri di Sebaste), e celebrazioni pasquali che si verificano durante la Quaresima (come ad esempio la festa di san Giorgio). Anche il digiuno degli Apostoli finisce spesso prima di iniziare, com'è successo quest'anno.

Ma nonostante questi problemi, non si può sostenere con successo che il nuovo calendario sia un'eresia, e secondo i canoni, è solo l'eresia, predicata in modo chiaro e inequivocabile, a essere una base sufficiente per la separazione dal proprio vescovo legittimo, o per la separazione di un vescovo dal suo sinodo legittimo.

I canoni

Se chiedete a un vecchio calendarista la base canonica del suo scisma, vi indicherà il canone 15 del Primo e Secondo Concilio (Il Concilio Protodeutero) di Costantinopoli, tenuto nell'861, che recita in parte:

"Ma quanto alle persone, d'altra parte, che, a causa di qualche eresia condannata dai santi Concili, o dai Padri, si ritirano dalla comunione con il loro vescovo, che predica l'eresia pubblicamente, e l'insegna sfacciatamente in chiesa, tali persone non solo non sono soggette ad alcuna pena canonica per essersi separati da ogni e qualsiasi comunione con colui che è chiamato vescovo prima di essere stato sottoposto a qualsiasi verdetto conciliare o sinodale, ma, al contrario, essi sono considerati degni di godere l'onore che si addice loro fra i cristiani ortodossi per aver sfidato, non vescovi, ma pseudo-vescovi e pseudo-maestri; ed essi non hanno scisso l'unione della Chiesa con alcuno scisma, ma anzi, sono stati diligenti a salvare la Chiesa da scismi e divisioni".

Un'altra base a cui ci si appella spesso è l'esempio di san Teodoro Studita, che ha rotto la comunione con il Patriarca di Costantinopoli, perché ha permesso all'imperatore di entrare in un quarto matrimonio... che era certamente in contrasto con la tradizione consolidata della Chiesa. Questa polemica è nota come la polemica Moechiana (dalla parola greca "μοιχός", che significa "adultero", perché san Teodoro considerava questo matrimonio niente di più che un'adulterio). Durante questa polemica, san Teodoro Studita si separò brevemente da due patriarchi che sono anch'essi santi della Chiesa. Il fatto che egli si sia separato da due santi della Chiesa suggerisce che l'esempio non è uno tanto netto da poter basare molto su di esso.

A parte questo, pochi decenni dopo il riposo di san Teodoro, il primo e secondo Sinodo fu convocato a Costantinopoli, e mentre da una parte disse che un vescovo che predica sfacciatamente l'eresia nella Chiesa è motivo di scisma, d'altra parte ha sottolineato in modo molto chiaro che i peccati personali o le violazioni canoniche non sono una base sufficiente per uno scisma.

Il canone 13 del Concilio afferma:

"Il maligno, dopo aver piantato il seme della zizzania eretica nella Chiesa di Cristo, e vedendo questa zizzania tagliata fino alle radici con la spada dello Spirito, ha scelto un corso diverso di inganno, tentando di dividere il corpo di Cristo per mezzo della follia degli scismatici. Ma, controllando anche questa sua trama, il santo Concilio ha decretato che d'ora in poi ogni presbitero o diacono che, sulla presunta base che il suo vescovo è stato condannato per alcuni crimini, prima sia stata fatta un'udienza e un'indagine conciliare o sinodale, oserà separarsi dalla comunione con lui, e non ricorderà il suo nome nelle preghiere sacre dei servizi liturgici secondo l'usanza tramandata nella Chiesa, è soggetto alla deposizione immediata dalla carica e deve essere spogliato di ogni onore prelatizio. Infatti chiunque è stato istituito nel rango di presbitero e previene il giudizio del metropolita, e, giudicando le questioni prima che sia stato tenuto un processo, nella misura del suo potere condanna il proprio padre e vescovo, non è nemmeno degno dell'onore o del nome di presbitero. Coloro che, d'altra parte, si schierano con lui, nel caso qualcuno di loro sia tra i membri dell'ordine sacro, anche a loro siano prescritti i propri diritti d'onore, o, nel caso in cui siano monaci o laici, che siano assolutamente scomunicati dalla Chiesa fino al momento in cui rigetteranno e rinunceranno apertamente ogni connessione con gli scismatici e decideranno di tornare al proprio vescovo" (D. Cummings, trad., The Rudder of the Orthodox Catholic Church: The Compilation of the Holy Canons Saints Nicodemus and Agapius (West Brookfield, MA: The Orthodox Christian Educational Society, 1983), p 469).

Il canone 14 dice:

"Se qualche vescovo, partendo dal presupposto che vi sono accuse di crimini contro il proprio metropolita, si separa o apostata da lui prima che o sinodale sia stato emesso contro di lui un verdetto conciliare, ed evitando la  comunione con lui, non menziona il suo nome secondo la consuetudine nel corso della mistagogia divina (cioè, la celebrazione liturgica del mistero eucaristico), il santo Concilio ha decretato che egli deve essere deposto dalla carica, se separandosi semplicemente dal suo stesso metropolita egli creerà uno scisma. Tutti dovrebbero conoscere i propri limiti, un presbitero non dovrebbe trattare il proprio vescovo con scherno o con disprezzo, né un vescovo dovrebbe trattare così il proprio metropolita" (Ibid., p. 470).

Essenzialmente, questo canone dice che ciò che vale per diaconi e sacerdoti, vale anche per un vescovo nei rapporti con il suo metropolita.

E poi abbiamo il canone 15:

"Le norme stabilite con riferimento a presbiteri e vescovi e metropoliti sono a maggior ragione applicabili ai patriarchi. In tal modo qualsiasi presbitero o vescovo o metropolita che osa separarsi o apostatare dalla comunione con il proprio patriarca, e non menziona il nome di quest'ultimo nel modo debitamente fissato e ordinato nella mistagogia divina, prima che sia pronunciato un verdetto conciliare di condanna contro di lui, e crea uno scisma, il santo Concilio ha decretato che questa persona deve essere ritenuta aliena da ogni funzione sacerdotale, se si può dimostrare che ha commesso questa trasgressione della legge. Di conseguenza, queste regole sono state sigillate e ordinate riguardo alle persone che con il pretesto di accuse contro i propri presidenti stanno in disparte e creano uno scisma, e sconvolgono l'unione della Chiesa. Ma quanto alle persone, d'altra parte, che, a causa di qualche eresia condannata dai santi Concili, o dai Padri, si ritirano dalla comunione con il loro vescovo, che predica l'eresia pubblicamente, e l'insegna sfacciatamente in chiesa, tali persone non solo non sono soggette ad alcuna pena canonica per essersi separati da ogni e qualsiasi comunione con colui che è chiamato vescovo prima di essere stato sottoposto a qualsiasi verdetto conciliare o sinodale, ma, al contrario, essi sono considerati degni di godere l'onore che si addice loro fra i cristiani ortodossi per aver sfidato, non vescovi, ma pseudo-vescovi e pseudo-maestri; ed essi non hanno scisso l'unione della Chiesa con alcuno scisma, ma anzi, sono stati diligenti a salvare la Chiesa da scismi e divisioni" (Ivi, p. 470F).

E così quello che è stato detto nei canoni precedenti sulla separazione da vescovi e metropoliti è tanto più applicabile al proprio patriarca. C'è una sola eccezione qui data, e cioè quando ci si separa dal proprio vescovo, metropolita o patriarca, sulla base eresia insegnata pubblicamente e "sfacciatamente" nella Chiesa. Il canone non dice che la separazione è giustificata solo per il fatto che un vescovo detiene un'opinione eretica. Inoltre non dice che è giustificato che un siffatto parere eretico si possa desumere dalle sue azioni o dichiarazioni vaghe. È solo quando si tratta di un'eresia che è stata condannata dai padri o dai concili, e viene insegnata pubblicamente, e "sfacciatamente".

Questi canoni, proprio perché sono venuti sulla scia delle polemiche moechiane, sono stati chiaramente progettati per garantire che non si verifichi un'altra controversia del genere. Essi definiscono chiaramente l'unica base per uno scisma prima di un verdetto conciliare, e tale base è la chiara predicazione dell'eresia. Inoltre, anche questo canone non prevede la creazione di giurisdizioni parallele prima di un verdetto conciliare. In altre parole, ci si può separare dalla comunione con un vescovo che predica l'eresia, ma fino a quando la Chiesa mette a posto la questione, non c’è base per stabilire sinodi rivali, come hanno fatto i vecchi calendaristi greci.

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