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  Una miscellanea di domande (2017)
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Caro padre Ambrogio,

guardando il calendario ho visto che il giorno in cui inizia la Quaresima che prepara alla Pasqua è caratterizzato dalla totale astinenza dal cibo. Vorrei chiederle qual è il significato di questo digiuno assoluto e se sono incluse anche le bevande. Desidero sapere anche se, a chi fosse abituato a una astinenza completa dal cibo o a chi lavora e va a scuola (e ha bisogno di energia), sia concesso almeno di fare colazione.

Grazie e buona Quaresima!

(D., 2017)

Caro D.,

...vuoi dire che non hai mai saltato una colazione in vita tua? Perché, a ben pensarci, questa mi sembra l'UNICA ragione che ti può spingere a fare colazione proprio in uno dei due giorni dell'anno (l'altro è il Venerdì Santo) in cui ti si chiede di astenerti dai pasti.

Non riesco neppure a capire perché "a chi fosse abituato a una astinenza completa dal cibo" (...abituato? ...con quale cadenza?) dovrebbe essere "concesso" di fare un pasto. Se è "abituato" a non farlo, allora fare un pasto dovrebbe essere un'imposizione che rovina un'abitudine... oppure no?

...e va bene, cerchiamo di fare un passo indietro.

Quelle che leggi sul calendario della Chiesa sono le norme di IDEALE ASCETICO di un cristiano ortodosso. Una di queste norme chiede anche di non usare contraccettivi (che siano "naturali" o meno). Poi, vedendo quanti figli hanno in media i cristiani ortodossi, ti verrà magari un fugace sospetto che vi sia qualcuno che invece la contraccezione la usa abbastanza spesso...? Ora, se qualcuno non arriva a seguire le norme di ideale ascetico, ovviamente si accontenterà di qualcosa di meno, ma questo non significa che dobbiamo abbandonare gli ideali e riempire libri di casistiche in cui sgarrare "è permesso", "è incluso", "si può fare", "per chi lavora", "per chi va a scuola", "per chi non vuole un altro figlio" e così via. Semplicemente, non si raggiunge l'ideale ascetico della Chiesa, e questo è visto con compassione pastorale per la nostra debolezza umana. La prossima volta, si può ritentare con rinnovata energia!

Nota che nel chiedere due giorni di digiuno totale la Chiesa non fa nulla che non sia umanamente possibile alla maggior parte della popolazione. Se passi l'intero Venerdì Santo in chiesa a pregare e il tuo massimo sforzo è aiutare a fare un po' di pulizie e decorare di fiori l'epitaffio, non avrai certo grandi stimoli di fame. Ma se devi passare il Venerdì Santo facendo lavori o attività di studio e poi torni a casa alla sera sentendoti stanco e stremato, allora mangia e bevi qualcosa di semplice! Meglio fare così che andare a letto con una sete che ti divora, e poi saltare la Liturgia del Sabato Santo perché sei rimasto a casa a strafogarti di una colazione "di digiuno", come fanno fin troppi "asceti del venerdì" che non hanno saputo dosare le loro forze, e che quindi, per avere esagerato a fare bene una cosa "secondo le norme", finiscono per fare male due cose.

Buona Quaresima anche a te... ma prima, buona Settimana dei Latticini! Ti ricordo che la settimana prima della Quaresima è il momento giusto per mangiare di tutto (tranne la carne), anche al mercoledì e al venerdì, e anche per ridere e scherzare!

Ho avuto una conversazione in famiglia su argomenti come eutanasia, aborto, suicidio.

Abbiamo parlato in particolare dei casi del bimbo inglese di nome Charlie e di quel rapper italiano che era andato in Svizzera per fare il suicidio assistito... tanto per citarne alcuni.

Dopo aver espresso le mie considerazioni (contrarie a tutto questo), mi sono sentito dare dell'arrogante per aver detto che il suicidio non è una soluzione. La mia arroganza, secondo chi mi accusava, sta nel fatto che io non posso sapere qual è il motivo che spinge uno a suicidarsi. E, per aver detto che la nostra società lavora più per la morte che per la vita, mi sono sentito dire che manco di rispetto agli scienziati che fanno ricerche contro le malattie.

Riguardo all'aborto mi sono limitato a citare una frase di Tertulliano: "uno che sarà un uomo è già un uomo".

...Ah, dimenticavo il piccolo Charlie: di lui si è detto che se alla fine i genitori hanno deciso di "staccargli la spina", è stato meglio per lui perché si è posto fine alle sue sofferenze e i genitori hanno dimostrato di essere egoisti ostinandosi a tenerlo in vita (come un vegetale).

Una cosa peò mi ha fatto riflettere, cioè la questione della sofferenza, fisica e psicologica, delle persone affette da malattie rare che, ahimè, decidono di suicidarsi. E mi ha fatto riflettere anche, per quanto riguarda i neonati, questa domanda che mi è stata posta: "ti sembra umanitario lasciar 'vivere' una persona condannata a un'esistenza d'inferno perché i polmoni e i tessuti gli si ristringono giorno dopo giorno?"

Il problema è che non si può stare a parlare con chi ragiona in questo modo, dell'anima spirituale e immortale e tanto meno del fatto che la vita che una donna porta in grembo non è sua ma di chi l'ha tratta dal nulla all'essere. Io mi sento debole, impotente, schiacciato da queste affermazioni, soprattutto quando mi si dice che è dovere dello stato tutelare i diritti umani, quindi anche togliere la vita a chi soffre, soprattutto se si tratta di bambini. Qual è il modo per far capire a questa gente che la Verità esiste e che non si può continuare con il relativismo, che insegna che "ognuno può fare quel che vuole, basta che non disturbi gli altri", "la vita è mia e posso farci quello che voglio, anche togliermela", o ancora "l'utero è mio e me lo gestisco io". Come si convincono queste persone che quello che sembra bene, in verità è male e quella che sembra libertà in verità è prigionia? Per me è importante saperlo, soprattutto dopo aver sentito da mio padre che "vorrebbe farla finita prima di diventare vecchio e rincretinito, per non rovinare la vita a chi gli sta intorno".

Discussioni di questo genere hanno una tendenza a terminare in litigi, perché di solito partono da partiti presi, e nella quasi totalità dei casi sono fatte da persone che non hanno MAI dovuto staccare una spina a un malato terminale. Mia madre ha dovuto prendere la decisione di staccare il respiratore a sua sorella che si stava consumando per un tumore, e ti garantisco che chi ha dovuto passare realmente per drammi del genere è molto meno dogmatico (sia in positivo che in negativo) sui temi del fine vita.

Di solito chi accusa gli altri di arroganza farebbe bene a guardarsi allo specchio: pretendere di decidere sulla vita e la morte di un essere umano (anche se si tratta di noi stessi) a me sembra già in partenza un tantino arrogante a prescindere...

Detto questo, chi fa DAVVERO ricerche sulle tematiche del fine vita ha occasione di imparare molte cose: "staccare una spina" è un termine che si riferisce alla cosiddetta "eutanasia passiva", e che a sua volta ha un'importante suddivisione in due sotto-categorie: un ritiro di strumenti artificiali (per esempio un respiratore) che possono qualificarsi come "accanimento terapeutico" quando non ci sono più vere speranze di guarigione, e un ritiro di funzioni naturali (per esempio l'alimentazione attraverso un sondino) che di per sé non fanno altro che sostenere un corpo in piena capacità di restare in vita. In questi casi, il ritiro degli strumenti artificiali NON è moralmente condannato da una visione cristiana (anche se la Chiesa cattolica ha messo tutto in un fronte unico, come per la contraccezione), mentre la sospensione del rifornimento di acqua e cibo (pensa al caso di Eluana Englaro in Italia, o a quello di Terry Schiavo negli USA) è visto come una riprovevole omissione di un dovere di assistenza basilare (cfr. Mt 25:42: "ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere").

Agli slogan molto crudi che mi hai citato puoi rispondere in modo altrettanto crudo: "quando uno fa quel che vuole, è praticamente CERTO che disturberà qualcun altro", oppure "l'utero sarà pure tuo, ma quel che c'è dentro è SUO, non è tuo. Fattene una ragione: non ha neppure il tuo stesso codice genetico...". A papà puoi bonariamente dire che in certi modi ti sta già rovinando la vita, ben prima di essere vecchio e rincretinito, ma che tuttavia tu non senti il desiderio che la faccia finita...

Adesso invece mi vorrei soffermare ancora sul tema dell'omosessualità, di cui ieri ho avuto un'altra discussione. Mia sorella sostiene che l'omosessualità è perfettamente normale perché è sempre esistita e che non solo non è giusto odiare una persona solo perché è omosessuale (e su questo sono d'accordo anche io) ma è sbagliato anche considerare l'omosessualità come una malattia o una distorsione della natura. Io ho provato a spiegarle che in una prospettiva ortodossa le unioni omosessuali non sono riconosciute come matrimoni perché il matrimonio (tra un uomo e una donna) è fatto in vista della creazione di una famiglia, della procreazione e quindi della propagazione della società. Lei ha replicato che ci sono anche coppie etero (sterili) che non possono avere figli, dunque non dovrebbero essere riconosciute nemmeno loro. Io ho cercato di dire che ciò da cui si deduce che l'omosessualità è una deviazione della natura è il fatto che sia più l'eccezione che la regola, e che spesso è causata da un blocco della crescita (come mi aveva spiegato lei), ma la sua risposta è stata: "dire che una cosa non è normale solo perché si differenzia dalla maggioranza è sbagliato. È un po' come se tu mi dicessi che sono malata o contro natura solo perché ho l'incarnato più pallido rispetto alla maggioranza delle persone di etnia mediterranea. Il fatto che a una persona piacciano le persone del suo sesso non significa che abbia una patologia psichiatrica, è semplicemente una questione di preferenze".

Il problema che mi pongo è questo: come si fa a spiegare che certe cose sono sbagliate, come l'omosessualità, con mitezza e senza sembrare omofobi (come spesso si viene ingiustamente etichettati) piuttosto che fanatici, dal momento che la Bibbia e i santi Padri si esprimono senza mezzi termini riguardo a questo tema? San Paolo addirittura dice che non c'è posto per i sodomiti nel Regno dei Cieli, San Giovanni Crisostomo invece parlava dell'omosessualità come una delle passioni più infami e obbrobriose.

Ora, io so che la Chiesa non ha degli "avvocati ufficiali" ma so anche che è un nostro dovere difendere le verità dell'Ortodossia. Sinceramente sono un po' deluso di me stesso perché mi sembra di non essere stato abbastanza capace di fare questo, visto che chi mi parla è più abile di me nella difesa dell'ideologia "politically correct" che io nella difesa dell'Ortodossia. Se si tocca un'altra volta un argomento come questo, cosa è meglio che io faccia? Partecipo al dibattito o me ne vado via, piuttosto che essere un cattivo difensore dell'Ortodossia? In tal caso, sarebbe un atto di vigliaccheria o, piuttosto, di buon senso?

La prima cosa che va stabilita è da che posizione si vuole parlare. Tua sorella è cristiana, o almeno dice di esserlo? Allora è lei che DEVE confrontarsi con i fondamenti della fede cristiana. Se dice di non esserlo, allora chiedile di definire in modo chiaro ed esplicito i suoi principi, perché non sempre la ragione di uno che non è cristiano è uguale a quella di tutti gli altri. Tu sei in una posizione di vantaggio in queste discussioni, perché non hai altro da fare che dirle di leggersi Romani 1, e tornare a parlarti solo dopo avere letto quel capitolo (sono solo una trentina di versi... non le verrà un'ernia alle pupille, a leggerli).

Ora, dire che una cosa "è perfettamente normale perché è sempre esistita" è quanto meno un'affermazione temeraria: per restare a Romani 1, che parla di omicidio dopo aver trattato di omosessualità (osserva i versetti 27 e 29), anche l'omicidio è sempre esistito, anzi è esistito fin da prima dell'omosessualità (vedere per credere Genesi 4), ma questo non lo rende "perfettamente normale".

Anche "è sbagliato dire che una cosa non è normale solo perché si differenzia dalla maggioranza" è un'affermazione un po' campata in aria. Prosegui il discorso della pelle più pallida, e parla di un cancro della pelle... anche quello "si differenzia dalla maggioranza", ma chi vorrebbe difendere la sua "normalità"? In ogni caso, ti consiglio di non scendere la china di "ciò che si differenzia dalla maggioranza", e di non metterti a parlare di regole e di eccezioni, perché poi obiezioni traballanti come questa te le tiri dietro.

Quanto alle obiezioni delle coppie sterili e cose simili, leggiti con attenzione questo articolo.

Ho guardato un suo video sul tema della meditazione, che ho trovato molto interessante ma non mi sono chiare alcune cose: quando lei dice che chi vuole praticare tecniche come lo yoga o altre di provenienza induista o buddista (cosa che va abbastanza di moda tra quelli che si definiscono "spirituali ma non religiosi") rischia di fare un pasticcio portandosi dietro solo una parte di una religione senza conoscerla e viverla, si riferisce solo a chi prende elementi di altre religioni o anche a chi usa pratiche di altre confessioni ma della stessa religione? Per essere un po' più chiaro, uno che non sa niente dell'induismo ma vuole praticare lo yoga, non sa cosa sta facendo. Ma se, per esempio, un convertito all'Ortodossia dal cattolicesimo decide di continuare la pratica del Rosario per la preghiera individuale, commette lo stesso errore di chi pratica lo yoga?

Un'altra cosa che non capisco è che cosa ci sia di immaginativo nel meditare sugli eventi più significativi della vita di Cristo e della santa Vergine. So che i santi Padri sconsigliavano l'uso dell'immaginazione, ma secondo me sta a noi quando riconoscere quando stiamo fantasticando da quando stiamo veramente meditando. E poi mi pare che ci siano delle opinioni diverse a riguardo. Un sacerdote ortodosso mi ha detto che il Rosario non è poi così in contrasto con la devozione ortodossa (anche perché, poveri cattolici, "non hanno nient'altro", ha detto).

Poi mi interessava sapere questo: le forme di devozione e meditazione hanno sempre avuto un gusto diverso in oriente e in occidente, o è solo nell'XI secolo che l'Occidente ha cominciato a sviluppare una spiritualità più crocifissionista (Via Crucis, devozione alle Cinque Piaghe...) e immaginativa in generale? Io per esempio so che l'utilizzo di una corda per contare le preghiere era comune sia all'Oriente che all'Occidente, solo che, mentre in Oriente era più diffusa la Preghiera di Gesù, in Occidente la sensibilità locale prese un'impronta più mariana e si iniziò a concepire la preghiera con la corda come "una corona di rose offerta alla Madre di Dio".

Il tema dei "pasticci" va visto in una prospettiva di conoscenza e di esperienza. A volte è così difficile capire la propria religione, che illudersi di "integrarla" con elementi di altre fedi è davvero avventato. Poi, certo, se un frate domenicano passa 30 anni a praticare il rosario e i successivi 30 anni ad approfondire il buddhismo zen, potrò avere rispetto per il suo cammino di fede, che sottintende decenni di sforzi. Quel che è più pericoloso è cadere in una commistione di elementi partendo da poche esperienze "da poltrona".

Per quanto riguarda il rosario, distinguiamo il rosario come PREGHIERA (e di solito preghiera pubblica... a differenza dell'Ortodossia, che usa corde con grani solo per la preghiera privata) e il rosario come MEDITAZIONE. Nel primo caso, non c'è molto di cui preoccuparsi: le preghiere in sé (Pater, Ave, Gloria) sono tutte di contenuto ortodosso e nessuna può essere considerata sbagliata. Quanto alle meditazioni sui misteri, non sono generalmente seguite con abbastanza forza mentale per diventare pericolose. Permettimi un filo di ironia nel descrivere una situazione tipica... alla recita del rosario per una persona defunta, un conduttore di preghiera annuncia: "nel primo dei misteri noiosi (*), contempliamo la giovinezza del nostro Signore a Nazaret, in cui non successe nulla di rilevante". A quel punto, alcuni dei partecipanti visualizzano un Gesù adolescente che serve nella bottega del falegname, alcuni visualizzano la tomba del caro estinto, e alcuni visualizzano... ciò che mangeranno a tavola quella sera. In queste condizioni, converrai con me, c'è poco da temere che le meditazioni possano essere fonte di illusione spirituale.

Mettiamo invece (e senza ironia) il caso di un praticante assiduo del rosario che invece di limitarsi a dire quelle preghiere, "medita" costruendosi immagini mentali dei misteri proposti dalla Chiesa cattolica. Grazie al potere dell'uomo di dare alle proprie immagini mentali una vita autonoma, pian piano, nel corso di mesi o anni, quel Gesù visualizzato dal nostro praticante comincerà ad apparirgli in sogno, poi nel corso di visioni da sveglio, e infine passerà a inviargli "messaggi", di solito di provenienza non divina. A quel punto avremo un visionario squilibrato in più e una persona mentalmente sana in meno.

Se "sta a noi quando riconoscere quando stiamo fantasticando da quando stiamo veramente meditando", allora non avremo MAI un criterio di valutazione obiettiva di quando le nostre immagini mentali iniziano a vivere di vita propria. L'unica cosa che sta veramente a noi di fare è di NON iniziare questo percorso.

La spiritualità "crocifissionista" di cui parli corre il rischio reale di scivolare nell'eresia nestoriana (il culto della persona umana separato da quello della divinità), ed è questo il suo pericolo, più che l'uso di certi elementi in sé neutri e comuni a tutti i cristiani.

(*) NOTA: Per adesso, ovviamente, non esistono i "misteri noiosi", ma visto che in questa generazione abbiamo già visto stravolgere il rosario per la prima volta dopo otto secoli con l'introduzione a capriccio dei misteri luminosi, chissà che cosa può riservarci il futuro...

Vorrei parlarle di una cosa che concerne più la Liturgia: per quale motivo i latini, dopo aver usato per qualche secolo il pane fermentato per l'Eucaristia, hanno deciso di passare alle ostie azzime e, soprattutto, di non somministrare più al popolo il Sangue di Cristo (usando vino bianco, per giunta, come se Nostro Signore avesse una strana forma di anemia)?

Io a riguardo ho sentito due versioni: la prima è che fu Carlo Magno a imporre questa usanza per franchizzare la Chiesa d'Occidente. La seconda è che fu papa Vittore I, di tendenza un po' giudaizzante, a introdurre l'uso delle ostie per rifarsi agli azzimi che usano gli ebrei per la Pasqua, da cui Cristo ha tratto l'Eucaristia.

Mentre per quanto riguarda la riforma liturgica del concilio Vaticano II, che ha modificato il modo di celebrare la Messa, è vero che per l'usanza di mettere l'altare in mezzo al popolo in modo che il celebrante stia rivolto verso i fedeli si sono ispirati al rito dei siro-giacobiti (che, come mi è stato detto, i cattolici nelle facoltà teologiche e nei seminari prendono come prototipo di liturgia antica) o hanno scopiazzato ancora una volta i protestanti?

Quel che si può dire è che l'uso del pane azzimo per l'eucaristia è:

1) Piuttosto moderno. Per gli armeni (gli unici che usavano pane azzimo dai tempi più antichi), fu un fattore d'identità per rifiutare il Concilio di Calcedonia, e si cristallizzò attorno al VI/VII secolo assieme all'uso del vino puro (non misto con acqua). Le assenze di commistioni sottolineavano la dottrina della singola natura di Cristo. Nota che questo uso dall'intento polemico non fu seguito dalle altre Chiese non calcedoniane (siri, copti, etiopi). Per i latini, ebbe effettivamente inizio con i teologi carolingi (Alcuino di York, Rabano Mauro, Pascasio Radberto), nonostante la loro cristologia fosse indubbiamente calcedoniana.

2) Piuttosto inappropriato dal punto di vista tradizionale. Come pane pasquale, il pane azzimo è il "pane di afflizione" (Deuteronomio 16:3), che in quanto tale era VIETATO nei sacrifici ebraici nel tempio (i pani delle offerte che stavano nel Santo del tabernacolo e del tempio erano, e dovevano essere, pani lievitati): sembra strano usare un simile pane nel sacrificio eucaristico.

Il vino bianco è favorito dall'uso di lini bianchi sugli altari (ovviamente, le macchie si vedono di meno). Di per sé, dato che le uve sono sia rosse che bianche, è solo una questione di preferenza interna, e non ha alcun valore simbolico (se non quello del colore del sangue... ma se per questo neppure il pane, con o senza il lievito, ha il colore della carne).

Non avevo ancora sentito parlare dell'uso della Chiesa siro-antiochena come ispirazione della Missa contra populum. Senza andare tanto a oriente, i teorici del Movimento Liturgico degli inizio del XX secolo guardavano piuttosto all'uso antico dei celebranti di alcune basiliche romane (per esempio quella di San Pietro) di mettersi dietro l'altare rivolti verso il popolo. Questo uso era indubbiamente vero, ma indicava la necessità di rivolgersi a est (a San Pietro l'altare della basilica è a occidente) per alcune preghiere come il Credo, e probabilmente nei momenti in cui il celebrante guardava a oriente, lo facevano anche i fedeli, dando le spalle al celebrante! Per questo, l'idea di voltare il solo celebrante verso i fedeli nelle altre chiese (che in maggior parte hanno l'altare a oriente) non ha molto fondamento. Il più famoso critico della Missa contra populum è stato un liturgista tedesco, monsignor Klaus Gamber (1919–1989), che ha ispirato alcuni cambiamenti di rotta durante gli studi e il pontificato di Ratzinger.

Vorrei parlare con lei della lettura della Bibbia, in particolare di questo mio problema: quando leggo la Sacra Scrittura mi sembra di farlo con superficialità e in maniera disordinata seguendo l'ispirazione del momento per scegliere le parti da leggere... praticamente "a casaccio".

Così vorrei chiederle se c'è una sorta di calendario delle letture per poter sapere quali sono le letture del giorno, similmente a come voi sacerdoti sapete quali sono i testi del Nuovo Testamento e del Vangelo da leggere nella Divina Liturgia.

Un'altra cosa che desidero sapere è se nell'Ortodossia c'è qualche metodo di studio e meditazione della Bibbia, un po' come la Lectio Divina nella Chiesa Cattolica.

C'è un calendario ben preciso, su base annuale (non triennale come quello dei cattolici), per cui ogni anno si possono sapere con certezza le letture, sia per il ciclo fisso (letture dei giorni di ogni mese), sia del ciclo mobile (legato soprattutto alla data della Pasqua). Se vuoi avere le letture di ogni giorno, le trovi su questo calendario, a cui abbiamo un collegamento sul nostro sito parrocchiale: http://www.holytrinityorthodox.com/calendar/ (versione in inglese)

La Lectio Divina non è altro che un procedimento di lettura, riflessione e preghiera. Non c'è problema se facciamo anche noi la stessa cosa, sia individualmente, sia in gruppo.

Avrei un'altra curiosità riguardo alle letture della Bibbia: perché nella Liturgia e nel calendario di cui lei mi ha mandato il link non ci sono anche le letture dell'Antico Testamento?

In fondo, prima che venissero redatti i Vangeli e gli altri testi del Nuovo Testamento, i primi cristiani leggevano i testi dell'Antico Testamento nella loro Liturgia. Perché, dunque, la Chiesa li ha tolti dalla Divina Liturgia?

Non li ha "tolti" dalla Divina Liturgia... non li ha mai messi!

Le letture dall'Antico Testamento sono al Vespro. Un tempo, soprattutto in ambiente monastico, erano più numerose, oggi sopravvivono solo nei gruppi di letture (dette Paremìe) che si fanno dopo l'ingresso al Lucernale del Vespro.

In ogni caso, NESSUNA tradizione cristiana legge sistematicamente tutto l'Antico Testamento nel culto. Anche le letture della Messa cattolica sono dei meri estratti.

Tuo in Cristo,

p. Ambrogio

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