Angolo di dialogo curato dal nostro parroco, padre Ambrogio
Răspândește:
Questo è uno spazio di approfondimento delle vostre curiosità e dei vostri dubbi che, a diverso titolo, avete espresso nel corso degli anni dal 2002 al 2004. Nel rinnovare il sito parrocchiale, ci siamo resi conto che i nostri archivi dei messaggi erano letteralmente pieni di argomenti che potrebbero essere di interesse comune. Dato che spesso ci vengono posti quesiti simili, abbiamo pensato di rendere disponibili alcuni dei punti a nostro avviso più interessanti: si tratta in ogni caso di domande di curiosità generale sulla Chiesa Ortodossa e su argomenti ad essa correlati, da cui abbiamo espunto le questioni di confidenza personale. Abbiamo mantenuto in queste domande un rigoroso anonimato, dato che esse sono TUTTE autentiche, così come autentici (e degni di rispetto e di riservatezza) sono i loro autori. Sono stati fatti alcuni adattamenti alle domande (togliendo argomenti non rilevanti, e rendendo certe frasi più leggibili), ma abbiamo cercato di mantenere lo stile (e, speriamo, lo spirito) dei messaggi originali. Se qualcuno dei lettori si riconosce in uno di questi quesiti, e per qualche ragione desidera che la propria richiesta personale sia tolta o modificata, non avrà che da farcelo sapere. Speriamo invece che la lettura permetta di rispondere anche alle domande di ALTRI lettori, e di stimolare in tutti un desiderio di ulteriore comprensione. Per porre altre domande, sarà sufficiente scriverci cliccando QUI
ieromonaco Ambrogio
Domanda Caro Padre Ambrogio,
perché in tante chiese ortodosse si chiedono offerte fisse per le funzioni? Un "tariffario dei sacramenti" non mi sembra una cosa cristiana: non è in contraddizione con le parole del vangelo, "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10:8)?
Lettore Alfredo (13/08/02) Risposta
Caro Alfredo,
anche le parole del Vangelo che ci dicono di tagliarci mani e piedi e cavarci gli occhi che sono occasione di scandalo (Mt 18:8-9) sembrano in contraddizione con la strana scarsità di monchi, zoppi e orbi nelle nostre chiese...
Tuttavia, dato che è vero che in alcune chiese ortodosse (non in tutte) sono in vigore determinati "tariffari" per le funzioni, è il caso di analizzare più a fondo questo tema.
Le funzioni cristiane (e quelle cristiane ortodosse in particolare) richiedono uno sforzo di diverse persone, che non sono indispensabili perché si celebri un certo rito, ma che aiutano a creare un'opportuna atmosfera di preghiera e di rispetto. Un prete celebra la funzione, un lettore legge le officiature, uno o più cantori intonano e cantano gli inni, un sacrestano tiene la chiesa aperta, altre persone aiutano a pulirla, e così via... Se una persona o una famiglia desidera una chiesa aperta per una funzione privata, allora una certa forza-lavoro viene messa a disposizione di quella persona o famiglia, e non c'è veramente alcuna ragione teologica, biblica o psicologica perché detta persona o famiglia non debba pagare il giusto per l'impiego di tale forza-lavoro. Se chi lavora all'interno della chiesa lo fa volontariamente e senza compenso, questo è ancor più nobile, ma nessuno deve presumere che i servizi della Chiesa siano a propria disposizione "di diritto" e senza alcuna forma di compenso.
Quando Cristo istruisce i discepoli a dare gratuitamente, lo fa per quelle cose che non sono affatto quantificabili in termini lavorativi: la predicazione del Regno di Dio, i miracoli, la grazia divina. Se leggi con attenzione il decimo capitolo del Vangelo di Matteo, vedrai che i discepoli che "danno gratuitamente" devono per lo meno ricevere l'ospitalità delle persone tra le quali operano i prodigi descritti dal Signore. Una qualche forma di dono è comunque necessaria, e per questo non c'è da biasimare l'abitudine della Chiesa di richiedere contributi ai propri fedeli.
Certo, si può obiettare che i contributi dovrebbero essere del tutto volontari, e non legati a funzioni o momenti particolari. Ma non si può allo stesso modo presupporre in tutti un medesimo livello di responsabilità. Un ideale biblico dichiarato è la decima delle proprie entrate, ma dove li vediamo oggi, in una chiesa ortodossa, i fedeli abituati a versare alla Chiesa il dieci per cento dei loro introiti? Quando la situazione è meno che ideale, non dobbiamo stupirci che i rimedi siano anch'essi meno che ideali.
Bisogna anche valutare un altro aspetto dei tariffari delle funzioni: non si tratta di iniziative private delle singole parrocchie né dei parroci, ma per lo più di decisioni sinodali che impegnano tutta una chiesa locale (spesso in occasione di situazioni di bisogno particolare, come è il caso delle chiese in ricostruzione nell'Europa orientale post-comunista).
Dato che stiamo parlando delle funzioni ortodosse, è opportuno fare una distinzione con alcune obiezioni analoghe che si levano di tanto in tanto nel mondo cattolico romano. Non intendo giudicare qui la tradizione latina, ma vorrei notare che vi sono profonde differenze nel modo di richiedere una funzione "a pagamento". Per esempio, "far dire una Messa" in suffragio di un fedele cattolico defunto significa per lo più fare inserire la recitazione del suo nome in una Messa che (nella gran maggioranza dei casi) viene comunque celebrata. Invece, la richiesta di una funzione funebre privata in una chiesa ortodossa significa richiedere a un prete (e a uno o più cantori, e a un sacrestano, etc.) una presenza supplementare in chiesa, che può durare anche fino a un'ora. Mi sembra evidente che in questi due casi una parrocchia non impegna la stessa quantità di tempo e di energia.
Credo sia inutile girare attorno al problema delle tariffe per le funzioni idealizzando una ipotetica società perfetta: finché i fedeli non hanno tanto a cuore la loro chiesa da poter far vivere dell'altare quanti servono all'altare (1 Cor 9:13-14), è necessario trovare qualche sistema perché le funzioni possano sempre essere celebrate, e con decoro, quando ce n'è bisogno.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
le sarei grato se potesse indicarmi qualche testo sul tema della reincarnazione nel cristianesimo, sulla scorta di improbabili ma preoccupanti riferimenti a interpretazioni scritturistiche viziate da incomprensioni linguistiche e contenutistiche. Non può indicarmi il punto di vista ortodosso contro le teorie fumose che affermano la presenza nel cristianesimo della dottrina della reincarnazione?
G. (29/11/02) Risposta
Caro G.,
abbiamo trattato il tema su questo sito, nella sezione dei documenti relativa al dialogo e ai confronti: si tratta del testo di una conferenza che avevo tenuto molti anni fa in un ambiente piuttosto singolare: c’era una platea composta a metà da reincarnazionisti convinti, e a metà da cristiani molto dubbiosi sulla proponibilità di questa dottrina. Ho dovuto giocoforza essere un po' "soffice" e dialogico, e credo che questo trasparirà dal testo. Noterà anche che non ci sono argomentazioni specificamente cristiano-ortodosse, ma solo un generico impianto di verità cristiane di base. Spero che comunque il testo valga la lettura, se non altro per avere qualche spunto di riflessione pacata.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
la chiesa ortodossa considera validi i sacramenti amministrati dalla chiesa anglicana alta, dalle chiese orientali separate a Calcedonia e dai vetero-cattolici?
F. (10/12/02) Risposta
Caro F.,
i requisiti della validità dei sacramenti non sono sempre gli stessi per ogni tradizione ecclesiale cristiana, e talvolta possono essere anche cambiati a seconda di particolari contingenze storiche. Se ci limitiamo ai quattro requisiti della teologia latina, ovvero i tre requisiti esteriori della materia, forma e ministro, più il requisito più esoterico e impalpabile dell'intenzione (la volontà di fare "quod facit ecclesia"), già notiamo che non tutti i cristiani li considerano allo stesso modo. Chi è per esempio il ministro del matrimonio? Il prete o vescovo officiante (concezione della Chiesa antica oggi mantenuta da ortodossi e cattolici orientali) oppure gli sposi stessi (concezione giuridica tardomedioevale, presente tra i cattolici di rito latino e il mondo riformato)? Oggi i dati essenziali sulla validità dei sacramenti variano addirittura all'interno della stessa chiesa! (Per cui un matrimonio celebrato da un diacono cattolico latino è valido, mentre quello celebrato da un diacono cattolico orientale non lo è. Buffo, no?) Partendo da queste premesse, il discorso sulla validità si fa davvero complicato. Tipicamente, se ne parla solo nei casi di passaggi di chiesa, nei quali lo status dei sacramenti ricevuti nella chiesa di partenza è valutato in base ai parametri vigenti nella chiesa in cui si entra. Per quanto riguarda la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa Ortodossa, rimando al lungo e dettagliato articolo di Padre Amvrosij Pogodin sul nostro sito parrocchiale. Per una risposta immediata alla domanda originale - se ci limitiamo alla tradizione della Chiesa Ortodossa Russa - potrei dire che all'ingresso nella Chiesa Ortodossa non si reiterano (e quindi, in senso lato, si "convalidano") i sacramenti:
- delle Chiese ortodosse non calcedoniane e cattoliche orientali (sempre);
- della Chiesa Cattolica Romana e dei vetero-cattolici (sempre, con una questione ancora aperta riguardo alla reiterazione della cresima);
- della Chiesa Anglicana e delle chiese protestanti storiche (per quanto riguarda il battesimo, e con uno spiraglio storico ormai praticamente chiuso riguardo alle ordinazioni anglicane).
Domanda Caro Padre Ambrogio,
mi hanno portato in regalo da San Pietroburgo un bel volumetto, "Calendario ortodosso": ogni giorno indica i santi, le letture, gli eventuali digiuni, e pensieri spirituali – mi piace seguirlo, imparare, confrontare, ma ci sono abbreviazioni che mi mettono in difficoltà, alcune sono intuitive, una per me è priva di significato: nelle indicazioni delle letture c'è un numero seguito da 'zac', mi potrai dire cosa indica?
T. (4/01/03) Risposta
Cara T.,
la sigla 'zac' indica l’inizio delle sezioni delle Sacre Scritture nella suddivisione originaria (per letture giornaliere), che è di gran lunga antecedente alla suddivisione per capitoli e versetti (risalente al secondo millennio); purtroppo, si tratta di un'indicazione praticamente inutile se non hai una versione delle Scritture che riporta a margine i punti di inizio delle letture giornaliere.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
qual’è la posizione della Chiesa Ortodossa sulla Massoneria?
M. (5/01/03) Risposta
Caro M.,
la posizione riguardo alla Massoneria è molto critica (le ragioni sono più o meno le stesse che si ritrovano nel Cattolicesimo romano), e quasi invariabilmente si chiede a un candidato alla ricezione nella Chiesa Ortodossa, se è massone, di farsi mettere in sonno. C'è chi si rifiuta di farlo, ma gli esempi di chi cerca di vivere una "doppia vita" di ortodosso e massone sono - le parlo per conoscenze personali - disastrosi. E' un campo nel quale si mette alla prova la nostra disponibilità a farci guidare dall'esperienza millenaria della Chiesa, invece che pretendere di "avere qualcosa da insegnare" alla Chiesa...
Domanda Caro padre Ambrogio,
che lei sappia, non ci sono nella provincia di (…) chiese ortodosse di lingua italiana?
Essendo italiano e conoscendo solo la lingua italiana preferirei seguire una liturgia in lingua italiana... ma se ciò non è possibile, mi darò da fare per capire al meglio la liturgia che offre la chiesa locale.
A. (21/03/03) Risposta
Caro A.,
la risposta alla tua domanda - per dirla in un monosillabo - è no, ma come per tutte le cose, il discorso sulle lingue delle celebrazioni non si esaurisce qui.
Se vuoi funzioni in italiano, va' in qualsiasi chiesa ortodossa e CHIEDILE. Beninteso, se ti trovi in compagnia di altri due italiani e di trenta persone appena arrivate dall’Europa dell’Est, rifletti a cosa andrebbe incontro l'assemblea dei fedeli se si venisse incontro alla tua richiesta…
Un'altra cosa: il "devo capire" è di solito una razionalizzazione proveniente da un'attitudine intellettualista della vita liturgica. Se in chiesa si va per "capire", allora si dovrebbe far di tutto per tenere i bambini lontani dalle funzioni (non molto in linea con quanto il Signore stesso diceva, a proposito dei piccoli...)
Domanda Caro Padre Ambrogio,
la Bibbia utilizzata dagli ortodossi è la stessa indicata dalla CEI? Mi spiego meglio, ci sono in una o nell’altra modifiche, tagli, interpretazioni differenti o altro che le rende diverse? E le varie Chiese Ortodosse hanno edizioni differenti ancora? Infine, potresti indicarmi un sito internet dove trovare una Bibbia ortodossa (sempre che sia differente da quella cattolica)?
G. (24/3/03) Risposta
Caro G.,
la Bibbia ortodossa non è differente tra le varie chiese locali (se non per l'infinità di lingue...), ed è più vicina a quella cattolica che a quella protestante, dato che include i testi deuterocanonici dell'Antico Testamento. Sarebbe preferibile per l'AT una traduzione basata direttamente sul testo dei Settanta (LXX), piuttosto che una delle traduzioni basate sul testo masoretico ebraico. Ciò detto, per la lingua italiana il testo CEI è valido dal punto di vista dell'aderenza testuale, anche se non è superlativo da usare in chiesa, dato che il suo stile è volutamente "piatto" e meramente narrativo.
Per le traduzioni ortodosse storiche, il "Textus Receptus" greco dovrebbe essere reperibile su tutti i maggiori siti di download di versioni bibliche (attenzione che sia proprio il testo tradizionale, e non una delle versioni "ricostruite" da esegeti tramite la comparazione di diverse fonti manoscritte; non che queste non siano serie, ma non sono esattamente uguali al testo in uso nella Chiesa).
Allo stesso modo, dev'esserci la "Versione Sinodale" della Bibbia slavonica. Per le edizioni in italiano, credo che vi siano traduzioni parziali di singoli libri della Bibbia in lingue occidentali (per esempio il Salterio, e una nuova versione del Pentateuco), ma essendo coperte da copyright, forse non si trovano in Internet.
Per ulteriori approfondimenti, puoi vedere il testo “Qual’è la Bibbia della Chiesa Ortodossa?”, nella sezione dei documenti di questo sito dedicata ai confronti tra i cristiani.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
vorrei chiederle qualche suggerimento pratico circa il digiuno quaresimale.
Da quando sono ortodosso è la prima volta che lo sto osservando in modo stretto. Per una scelta personale ho, da sempre, una alimentazione priva di carne e pesce. Rinunciare però al latte, al vino, alle uova e al formaggio mi mette non poco in difficoltà. Alcuni fratelli nella fede mi hanno consigliato prodotti alimentari a base di soia o dietetici, compatibili con l'impegno quaresimale. Visto però il prezzo un po’ elevato di alcuni di questi articoli sorge nella mia anima una inquietudine: sarà il mio un percorso ascetico autentico? O, più probabilmente, inficiato da farisaica ipocrisia? Che senso ha astenersi da certi cibi se poi in alternativa compro alimenti raffinati e forse poco "virili" da ragazzina con l'ansia di sfondare nel "bel mondo della moda"?
Vorrei cercare di capire per dare un senso a quello che faccio e rispondere così appieno a quello che la Santa Chiesa mi chiede.
A. (24/3/03) Risposta
Carissimo A.,
I consigli che hai avuto riguardo ai cibi da digiuno non sono ipocriti. Il punto basilare del digiuno "selettivo" è proprio quello di privarsi di determinati alimenti che sono pesanti dal punto di vista della ricezione di influenze spirituali. Diciamo che in tal modo si "affinano", per così dire, i sensi dell'anima, liberando il corpo da nutrimenti troppo ricchi di sostanze che possono danneggiarlo. Pertanto, un prodotto a base di soia (o anche qualche banale derivato di legumi nostrani) non viola lo spirito del digiuno, anche se può essere difficile da trovare, o magari costoso. La moderazione, poi, è un'altra cosa... e nessuno dice che non bisogna osservarla anche nei periodi liberi da digiuno! (Ergo, non strafogarti di budini di soia in Quaresima, ma neppure di gelati dopo Pasqua…)
Domanda Vorrei sapere quali categorie usate per esprimere la realtà della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia.
È vero che gli ortodossi non vedono bene le spiritualità che sottolineano la Kenosis?
D. (6/04/03) Risposta
Caro D.,
la categoria per esprimere il mistero eucaristico è "trasformazione" (metabole); nessun ortodosso parlerebbe di "presenza di Gesù" nell'eucaristia, ma piuttosto di presenza dello Spirito Santo (si veda a proposito il testo dell’inno di ringraziamento dopo la comunione: "Abbiamo visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo spirito celeste...")
La Kenosis non è altro che lo "svuotamento" di Cristo: beninteso, si intende lo svuotamento della sua potenza di divinità, nell'assumere la "forma di servo" (si veda l'inno della Lettera ai Filippesi, che parla proprio di Cristo che "svuota se stesso" – eauton ekenosen). Di per sé questo non crea alcun problema, anzi, il concetto di Kenosis nasce proprio con la riflessione teologica dei Padri; se per "spiritualità che sottolineano la Kenosis" intendiamo però dei tentativi di ridurre Cristo a una mera figura umana, questi sono pericolosi perché alterano in modo irreparabile l’equilibrio della divinoumanità del Salvatore.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
dove potrei trovare un komboskini, detto anche corda da preghiera?
T. 12/04/03 Risposta
Caro T.,
la risposta sarà ingenua, ma ci provo: in una chiesa ortodossa! Soprattutto in quelle serbe, dove ci sono molti laici che hanno imparato la tecnica, e intrecciano corde da preghiera come mezzo di sostentamento personale.
In alternativa, si può provare a intrecciarne una da soli: sul nostro sito parrocchiale abbiamo le istruzioni apposite!
In Cristo,
p. Ambrogio
PS. Il termine "komboskìni" (letteralmente, "corda di nodi") è greco; i russi lo chiamano "ciòtki", mentre i vecchi credenti russi ne usano la variante detta "lèstovka" (ovvero "scaletta"); i serbi lo chiamano "broiànitsa" (dal verbo "bròiati", ovvero contare); i romeni lo chiamano "metània" (inchino), o più propriamente "metanièr" (strumento per gli inchini, o prosternazioni)... gli arabi cristiani lo chiamano “masbàhah” (dalla stessa radice di “tasbìh”, o “glorificazione” del nome di Dio: lo stesso nome è usato anche dai musulmani) Paese che vai, definizione che trovi!
Domanda Caro Padre Ambrogio,
in che cosa consiste l' ufficio della GRANDE VEGLIA che celebrate ogni vigilia di festa?
T. 12/04/03 Risposta
Caro T.,
in breve, la funzione nota come “Veglia di tutta la notte” (più comunemente “Veglia”, talora chiamata anche “Grande Veglia”) è la fusione dei due maggiori momenti dell'Officio quotidiano: il Vespro e il Mattutino (uniti alla recitazione finale dell’Ora Prima). Si celebra sempre alla sera prima di una grande festività e - almeno nella Chiesa russa - ogni sabato, in quanto vigilia (Veglia) della domenica.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
c'è una cosa che mi frena dal partecipare a una Liturgia ortodossa. Vorrei sapere se quando viene dato il pane e il vino bisogna bere tutti dallo stesso calice; non sarebbe altrettando valido intingere il pane nel vino? Quando si dà il pane e il vino, il cucchiaio entra in contatto con la bocca di tutti oppure no?, lo so che non dovrei avere paura e fidarmi del Signore anche di fronte alle malattie ma intanto vorrei saperlo…
S. (24/06/03) Risposta
Caro S.,
quello del contatto del cucchiaio con la bocca è il tipico "babau" di chi affronta la Santa Comunione con una mentalità nevrotizzata da tante paure del tutto moderne. Quello che ti posso dire è solo questo: se è andato bene a tutti i cristiani d'Oriente, dalle latitudini tropicali a quelle siberiane, per due millenni, allora credo che potrà andare bene anche a noi.
Comunque, non preoccuparti. Se non sei membro della Chiesa ortodossa, la Comunione non ti verrà data. E questo per una serie di ragioni, che hanno a che fare essenzialmente con la coerenza della propria fede. "Fare" la Comunione significa anche, e soprattutto, "essere" in comunione, ovvero professare una stessa fede. Per usare un piccolo paragone "familiare", se non sei un membro della famiglia non ti danno le chiavi di casa, anche se sei un'ottima persona.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
ho un dubbio che riguarda il baciare le icone e la croce... mancherei di rispetto se non lo facessi? e posso essere ortodosso se non lo faccio?
S. (8/07/03) Risposta
Caro S.,
ci sono scrupoli che talvolta mi sembrano fuorvianti. Cosa significa, per esempio, non voler baciare una croce (che poi significa riverire il nostro Signore morto e risorto per la nostra salvezza), e chiedere se potresti essere lo stesso un cristiano ortodosso? Penso di sì, finché ti astieni da un simile gesto senza avere la pretesa di impedire che gli altri lo facciano, potresti anche essere considerato un cristiano ortodosso, ma un cristiano ortodosso un po' matto (come un marito che metta come condizione del proprio matrimonio il diritto a non baciare mai la propria moglie...)
Domanda Sono un cristiano cattolico.
Innanzitutto voglio farle i complimenti per il sito, purtroppo non posso fare a meno di notare che si avverte in tutta quella parte un forte sentimento di astio nei confronti dei "suoi fratelli cattolici". Mi spiace per lei, purtroppo sono suoi fratelli, e non fratellastri, amati da Dio allo stesso modo, e che lei dovrebbe amare altrettanto.
Differenti comprensioni di quello che è la Verità (non crederà mica che la Chiesa Ortodossa abbia nelle sue mani la completa conoscenza e comprensione della Verità di Dio e del Suo progetto di salvezza, voglio sperare?), non possono di certo portare a un sentimento come quello che lei mostra nei confronti dei cattolici.
F. (10/07/03) Risposta
Caro F.,
grazie per i complimenti per il sito, e mi dispiace che ci siano cose che la colpiscono in negativo. Penso che comunque, almeno su un punto, posso risponderle:
>>non crederà mica che la Chiesa Ortodossa abbia nelle sue mani la completa conoscenza e comprensione della Verità di Dio e del Suo progetto di salvezza, voglio sperare?<<
E se invece fosse proprio ciò che credo, le sue speranze sarebbero deluse? Fuori di metafora, NESSUNO che sia membro della Chiesa Ortodossa può permettersi di credere che nella Chiesa NON ci sia la pienezza della Verità, nonché la pienezza della sua comprensione. E noti che anche la dottrina cattolico-romana dice sostanzialmente lo stesso! Il punto è che stiamo parlando della CHIESA, non di uno qualsiasi dei suoi membri. Stiamo parlando del Corpo Mistico di Cristo e di un veicolo di Verità. In questa prospettiva, l'affermazione "totalizzante" che sembra metterla a disagio non è altro che una semplice costatazione di fatto. E di fede.
Suo fratello (non fratellastro... perché mai?) in Cristo
ieromonaco Ambrogio
Domanda Caro Padre Ambrogio,
spero che possa rispondere ad alcuni spunti presi qua e là nel testo “99 differenze”:
1) "E' pur sempre possibile che vi siano particolari contingenti, sfumature dovute a particolarità locali o a "compromessi marginali" con il mondo…": mi viene in mente la Chiesa Ortodossa di Romania e le liturgie (in particolare i calendari liturgici) adattate in modo da rendere "omaggio" all'ex presidente Ceausescu…
2) Sul punto relativo all'adorazione eucaristica nella chiesa latina mi viene una domanda: per lei l'eucarestia sotto la sola specie del pane è corpo di Cristo si o no? Lo è a metà? Lo è in potenza? Quale genere di peccato si compirebbe adorando solo la specie del pane?
3) Sant’Agostino secondo Lei, non sarebbe un dottore della Chiesa, o padre se preferisce, ma sarebbe semplicemente un buon cristiano in quanto i suoi scritti sono "erronei". Se ciò è vero significa che San Fozio e San Marco di Efeso hanno difeso e in un certo modo avallato gli "errori" di Agostino. Riguardo alla "riduzione del concetto di persona" nella S.S. Trinità Lei davvero pensa che la categoria umana, questa nozione frutto della mente dell'uomo, sia congruente al 100% con l'essere "Persona" del Padre, Figlio e Spirito Santo?
F. (11/07/03) Risposta
Caro F.,
1) Quando parlo di “compromessi marginali”, penso a quelle aberrazioni locali che possono sempre verificarsi, ma che generalmente non corrispondono alla prassi generale della Chiesa, e perciò vengono corrette col tempo. Visto che nomina la Romania, potrei citare la tendenza a non ricevere la Santa Comunione, diffusa nella chiesa romena (assieme a qualche altra chiesa orientale, come quella etiope o la siro-antochena). Le ragioni che spingono a questi comportamenti sono varie, e nessuna parte della Chiesa ne è immune (incidentalmente, anche il Cattolicesimo romano ha avuto questa deviazione con il movimento giansenista). Ovviamente, se si devono "fotografare" i punti di differenza tra due mondi da qualche parte si deve pure incominciare, e pertanto tra i punti in elenco possono essercene anche alcuni di discutibili (non solo su un piano di dialogo ecumenico, ma anche di autocritica interna a una comunione ecclesiale). Quelli che Lei menziona sono certamente esempi spettacolari, ma non li metterei sullo stesso piano. I giansenisti di ieri, o certi ortodossi di oggi, che si astengono dalla comunione frequente, lo fanno per motivazioni teologiche dettate da un sentimento generalizzato di indegnità, e quindi erronee ma pur sempre in una rispettabile prospettiva di fede, mentre chi celebra un dittatore (ne hanno celebrati anche i cattolici) non lo fa certo per una visione teologica. Se non sbaglio, questo degli adattamenti liturgici in Romania era un punto citato da Vittorio Messori in Pensare la storia: quando gli ho scritto chiedendogli qualche lume sulle sue fonti, tuttavia, non me ne aveva citate.
2) Mi permetta - anche se so che non è molto fine - di risponderle alla domanda con un'altra domanda, o un paio di domande. Per Lei, un corpo senza sangue è un corpo? In senso stretto forse sì, ma... è vivo?
Il punto, credo, non è cercare se la comunione sotto una sola specie sia giustificabile (in casi di emergenza, anch'io sono convinto che lo sia), ma piuttosto sottolineare che è la pratica stessa della comunione sotto una sola specie a essere un abuso, e uno sconvolgimento della Tradizione apostolica.
Adorando la sola specie del pane… si compie lo stesso peccato che si compie adorando la specie del vino, o tutte e due insieme. Il Corpo e il Sangue di Cristo ci sono stati dati per nutrimento, non per contemplazione. Se di contemplazione si deve trattare, questa non dovrebbe essere diversa da quella della contemplazione di un cibo che stiamo per mangiare (sa, un po' come quando a tavola diciamo che anche l'occhio vuole la sua parte…). L'adorazione eucaristica disgiunta dalla comunione è stata condannata come pratica iconoclasta (sanzionata in uno dei concili eretici - mi pare quello di Hieria - degli iconoclasti). La lezione della Chiesa Ortodossa in tutto questo è che per l'adorazione applicata alla nostra facoltà visiva sono più che sufficienti le immagini sacre.
Tutto quanto le dico sull'adorazione eucaristica, beninteso, non ha nulla a che fare con il rispetto e la cura per le Sacre Specie, che è più o meno identico tra cattolici e ortodossi.
3) I temi della teologia agostiniana sono un punto controverso a cui occorrerebbe accostarsi con estrema attenzione. E' un campo in cui si rischia facilmente di scivolare su posizioni estremiste. Mi permetta perciò di limitarmi ad alcune osservazioni molto semplici.
Sant'Agostino è considerato, tra i Padri, quello che scrisse più in profondità e con più fervore sul tema della penitenza, e in questo campo non c'è alcuna rimostranza da parte ortodossa. Ovviamente, ci sono punti controversi (io stesso ne nomino alcuni), e su questi sembra di assistere a una curiosa partita, "Agostino contro il resto del mondo". E visto che uno dei criteri per la ricerca dell'autentica fede cattolica è quod ab omnibus creditum est ("ciò che è stato creduto da tutti", come dice San Vincenzo di Lerino), allora questo distacco è veramente importante, e non ci può glissare sopra neppure il più fervente seguace della teologia agostiniana.
Cosa penso io della categoria di persona ha poca importanza; veda, se vuole, un po' di osservazioni di parte ortodossa alla pagina http://digilander.libero.it/ortodossia/triunit.htm
Domanda Caro Padre Ambrogio,
vorrei chiederle una spiegazione riguardo il vostro calendario Giuliano. Ebbene: la festa della Dormizione della Madre di Dio, cade, sia nel Calendario Gregoriano, sia nel Calendario Giuliano, il 15 Agosto, ma, il 15 Agosto Giuliano, se ho capito bene, non è il 15 Agosto Gregoriano, quindi: che giorno cade il 15 Agosto Giuliano nel Calendario Gregoriano? E quindi che differenza c' è tra il calendario Giuliano e quello civile?
T. (10/07/03) Risposta
Caro T.,
molto semplicemente, lo scarto tra i due calendari è di 13 giorni. Perciò, per una festa a data fissa, non abbiamo altro da fare che aggiungere 13 giorni alla data, e troveremo la corrispondenza in cui chi segue il calendario "vecchio" (ovvero giuliano) celebra le feste. Alcuni esempi:
Dormizione - 15 agosto >>> 28 agosto
Natale - 25 dicembre >>> 7 gennaio
Epifania (o Teofania) - 6 gennaio >>> 19 gennaio
Annunciazione - 25 marzo >>> 7 aprile
e così via... (ci si impratichisce col tempo e l'uso)
Domanda La Liturgia dei Presantificati, che tipo di liturgia è? Come si divide? Dove posso trovare i testi?. Quali sono gli attributi dello sposo che compaiono nell' Icona del Cristo Nimfios?
T. (17/09/03)
Risposta
Caro T.,
la Liturgia dei Presantificati combina un Vespro (dalle connotazioni feriali e quaresimali) con la parte post-consacratoria del rito eucaristico (e quindi la comunione, con le particole già consacrate in precedenza). Il testo è contenuto nel nostro Compendio Liturgico Ortodosso, ma orientarsi nelle parti variabili di quel testo è affare da enigmisti liturgici!
I caratteri "matrimoniali" dell'icona del Nymphios (= lo Sposo) sono essenzialmente la corona (quella di spine richiama quella di fiori delle nozze) e gli altri attributi di regalità ad essa collegati (manto e "scettro"), oltre alle corde che legano i polsi, che hanno un parallelo con gli anelli sponsali.
Domanda Nelle domeniche di Quaresima, quante prosfore sono consacrate? Nel tabernacolo viene custodito solo il pane Eucaristico o anche il vino? E nei Presantificati i fedeli si comunicano sotto entambe le Specie?
T. (28/09/03) Risposta
Caro T.,
visto che la Liturgia dei Presantificati si celebra di solito due volte ogni settimana di Quaresima (tre volte nella Settimana Santa), si aggiungono due prosfore (oppure tre) a quella da consacrare nella domenica precedente. In senso stretto, non è la "prosfora" (cioè la forma intera di pane) a essere consacrata, ma piuttosto il cosiddetto "agnello", ovvero la parte cubica di pane che viene tagliata e incisa a froma di croce durante il rito della Presentazione delle Offerte. I Presantificati non si conservano di solito nel tabernacolo, ma restano sull'altare, su un disco o patena ricoperto da un velo: essendo intrisi di vino eucaristico (così come i cubetti più piccoli con cui si dà la comunione ai malati), si può dire che i fedeli si comunicano sotto entrambe le specie.
Per una ulteriore discussione sugli aspetti eucaristici della Liturgia dei Presantificati, si può vedere nei documenti del nostro sito parrocchiale il testo del Vescovo Basilio Krivoshein sugli usi liturgici greci e russi a confronto: ci sono interessanti spiegazioni.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
mi sono imbattuto in un'icona di S. Sisoe il Grande, nell'atto di guardare uno scheletro in una tomba. Saprebbe dirmi chi era, e perché è raffigurato così?
T. (20/11/03)
Risposta
Caro T.,
lo scheletro in questione è quello di Alessandro Magno, e San Sisoe (uno dei padri del deserto egiziano) lo contempla nel corso dei suoi pensieri sulla caducità della gloria terrena.
A differenza degli abbondanti esempi nelle chiese cattoliche, questo è l'unico caso in cui si raffigura uno scheletro in tutta l'iconografia ortodossa (e anzi, assieme al cranio di Adamo sul calvario, l'unico caso in cui si raffigurano ossa umane), dato che l'icona ha il compito essenziale di essere una finestra sulla vita eterna.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
nell' Ortodossia si venera S. Francesco d' Assisi?
T. (22/11/03) Risposta
Caro T.
no, con una eccezione: un gruppo di ex-religiose francescane in Francia, ricevute nella Chiesa Ortodossa, ha avuto il permesso di celebrare (ma solo nel proprio convento) un ufficio a San Francesco che era stato preparato dal loro precedente cappellano (cattolico di rito bizantino).
Domanda Caro Padre Ambrogio,
Cosa vuol dire "Inok"?
G. (8/01/04) Risposta
Carissimo G., Inok (al femminile inokina) è l'antico termine russo per "monaco" (è probabilmente un calco di "monachos"). Il corrispettivo di "ieromonaco", in questo uso, sarebbe sviaschchennoinok. I Vecchi Credenti lo usano ancora di preferenza a monah, monahia, ieromonah, etc.; nell'uso del Patriarcato di Mosca, invece, indica più specificamente i monaci rassofori.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
voi della Chiesa Ortodossa Russa, è vero che la notte del Santo Natale, cioè tra il 6 e il 7 Gennaio, celebrate la Divina Liturgia notturna a mezzanotte?
T. (8/01/04) Risposta
Caro T.,
Di solito no, ma può ben accadere nelle parrocchie urbane (soprattutto in quei paesi, come l'Italia, dove il 7 gennaio non è festivo, e ci sarebbero problemi lavorativi con una Liturgia al mattino).
Domanda Caro Padre Ambrogio,
ho la necessità di un aiuto.
L' estate scorsa abbiamo ospitato in famiglia una ragazzina proveniente dalla Bielorussia, e avremmo intenzione di proseguire per i prossimi anni. ora i genitori e la bimba ci scrivono lunghe lettere che noi riceviamo con estremo piacere ma.... non conosciamo assolutamente la lingua!
Ho provato a cercare traduttori tramite internet, ma i costi sono veramente proibitivi.
Ci spiace interrompere i rapporti, ma non sappiamo più che pesci pigliare!
G. (12/01/04) Risposta
Cara G.,
qui alla parrocchia ortodossa abbiamo avuto alcuni problemi con traduzioni di lettere simili. Queste sono le due difficoltà più ricorrenti:
1- Il russo corsivo è molto difficile da leggere, se scritto da una persona che non abbia un vero dono di calligrafia. Le lettere si confondono l'una con l'altra, e anche solo leggere le singole parole diventa un tormento.
2- In Bielorussia, in molte aree rurali, la lingua è praticamente un misto di russo e polacco, e chi sappia solo il russo si trova spesso davanti a espressioni incomprensibili (pensate a uno straniero che conosca l'italiano ma non il francese, e si trovi una lettera in italiano piena zeppa di francesismi).
C’è da sperare che la famiglia in questione sia di un sufficiente livello culturale da esprimersi in russo "puro", e che le lettere siano almeno dattiloscritte (o meglio ancora stampate con il computer).
È comunque meglio rivolgersi ai centri culturali russi (ce ne sono molti in Italia), sia perché si tratta di luoghi in cui è facile trovare traduttori di una certa esperienza, sia perché si potrebbe incontrare proprio una persona che proviene dalla stessa zona della famiglia da voi conosciuta, e non ha problemi a comprenderne le espressioni.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
1. Perché la religione ortodossa, e in generale quella cristiana, ha come giorno di riposo la domenica mentre nell`antico testamento è richiesto il sabato? non è un cambio della Legge?
2. Esistono esorcisti nella Chiesa ortodossa?
3. Se è chiaro che le date in cui si festeggiano le festività cristiane sono indicative, per esempio il Natale non è il vero giorno in cui è nato il Signore Gesù perché c`è accanimento sul calendario?
4. Esistono preghiere o riti analoghi al rosario cattolico anche per gli ortodossi?
5. Esiste un omologo del "catechismo della Chiesa Cattolica" anche per le Chiese Ortodosse?
6. Come si pone la Chiesa ortodossa di fronte a problematiche quali l`aborto, l`eutanasia, la pena di morte, i rapporti prematrimoniali, l`omossessualità?
G. (14/01/04) Risposta
Caro G.,
1. La domenica è il giorno della risurrezione di Cristo, e come tale ha iniziato a essere osservata dai cristiani di ogni luogo. I cristiani (per fortuna) sono esenti dall'obbligo di osservare i precetti della legge mosaica, e se anche il comandamento del giorno di riposo è un imperativo etico universale, non ci sono serie ragioni per volere a tutti i costi applicare proprio il giorno della legge mosaica, soprattutto tra i popoli che sono giunti alla fede in Cristo direttamente, e non attraverso il giudaismo.
2. Esistono esorcismi (formule di preghiere esorcistiche di San Basilio e di San Giovanni Crisostomo), ma non "esorcisti" ufficiali a tal fine abilitati. Dato che le preghiere sono contenute nel benedizionale, tecnicamente ogni prete ortodosso le può recitare, anche se di fatto le usano prevalentemente nei monasteri.
3. Perché il calendario non è solo una convenzione, ma è il modello attorno al quale "tessiamo" il nostro anno liturgico, le feste, i digiuni, e così via: ogni riforma del calendario, se non è attuata con la massima competenza (e quelle introdotte negli ultimi cinque secoli non sono state brillanti, a riguardo) distrugge l'armonia interna di questa "icona del tempo".
4. Esiste una corda da preghiera; su di essa, e sui paragoni con il rosario cattolico, rimando alla sezione sulla preghiera dei testi del nostro sito parrocchiale.
5. Esistono catechismi, anche ufficiali, ma senza pretese di universalità.
6. Di nuovo, nella sezione sull’etica dei testi del nostro sito parrocchiale, si può trovare il documento della Chiesa russa sui fondamenti della concezione sociale, che parla di tutti questi temi, e di altro ancora.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
hai detto che non siamo tenuti a seguire la legge mosaica, eppure Gesù ha detto che la legge non deve essere abrogata, anzi chi cambierà un precetto e farà seguire questi precetti cambiati agli altri sarà ritenuto minimo nel Regno dei Cieli; mi potresti dire che valore ha l`Antico Testamento per noi cristiani?
Un’altra cosa che vorrei chiederti è sempre sul calendario, ho sentito che molte chiese ortodosse sono non canoniche proprio per motivi legati al calendario, ma allora perché qualcuno accetta il nuovo calendario e qualcuno no?
G. (15/01/04) Risposta
Caro G.
cer quanto riguarda l'AT e la legge mosaica, bisogna tenere conto del fatto che ai fini della giustificazione ebraica, la legge bisognava osservarla tutta (ma proprio TUTTA, inclusa la circoncisione, il sacerdozio ereditario, i leviti, etc.); è ovvio che nessun cristiano può seguirla tutta, e quindi la nuova alleanza libera dal vincolo della vecchia (ai fini meramente legalistici; ovviamente, per quanto riguarda gli imperativi morali, è ovvio che questi non sono abrogati, perché sono le leggi eterne di Dio nella nostra coscienza). Per quanto riguarda le parole di Gesù, bisogna considerare che sono dette (1) a ebrei osservanti, e (2) a ebrei ipocriti (che cioè mettono in pratica i dettagli delle decime, e poi trascurano la giustizia e la carità verso i bisognosi...)
Non direi che "molte" chiese ortodosse sono non canoniche, oppure non in comunione (è un po' come dire che lo sono "molte" chiese cattoliche, dato che ci sono i lefevbriani, alcuni gruppi sedevacantisti, e qualche antipapa assortito...); ci sono alcuni movimenti di resistenza alle chiese che hanno introdotto il cosiddetto "Nuovo calendario" negli ultimi decenni, e per quanto le loro ragioni siano a volte serie, non sono un movimento unito (sono suddivisi in molte obbedienze rivali, oltre una decina nel solo mondo greco), e sono oggi più che altro fenomeni elitari e intellettuali (con la possibile eccezione dei vecchi calendaristi della Romania, che invece hanno largo seguito popolare). Assommati, credo che siano ancora ben lontani dal costituire l'uno per cento di tutto il mondo ortodosso.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
se da un lato si dice che ancora oggi possono sorgere Padri della Chiesa e parlare per opera dello Spirito Santo, allora perché ad esempio non si accetta il fatto che magari proprio lo Spirito Santo abbia illuminato quelli che parlano di Immacolata concezione? E ancora, come si pone la Chiesa Ortodossa di fronte ai miracoli cattolici, ad esempio il caso di santa Teresa Neumann?
G. (20/1/04) Risposta
Caro G.,
per quanto riguarda il riconoscimento dei Padri più "moderni", un requisito sarebbe che quanto dicono sia almeno in linea con quanto hanno detto tutti gli altri. Se un particolare insegnamento è in contraddizione più o meno aperta con il pensiero patristico, allora è quanto meno sospetto. L'Immacolata concezione nasce come proposta teologica per mettere la Madre di Dio al riparo dalle conseguenze della dottrina agostiniana del peccato originale (dottrina che a sua volta è piuttosto estremista e manichea, e non ha precedenti patristici). Perciò, gli ortodossi direbbero che ci troviamo di fronte a una esagerazione concepita per mettere un freno a un'esagerazione opposta, e di nessuna delle due si è sentito il bisogno.
Possiamo benissimo considerare miracoloso il caso di Teresa Neumann, e certamente la sua fede giocò un ruolo fondamentale nella sua vicenda. Ci sono del resto anche in altre religioni persone che vissero fatti analoghi (per quanto riguarda l'astinenza dal cibo, anche nell'induismo c'è il caso di una donna, contemporanea di Teresa Neumann, che visse quarant'anni senza mangiare). L'obiezione ortodossa al fenomeno delle stigmate è piuttosto rivolta all'idea di eccessiva identificazione personale con le sofferenze di Cristo, che può generare superbia (come se ci sentissimo dei corredentori), ma non al fenomeno in sé (esistono alcuni casi di stigmatizzati anche nel mondo ortodosso).
Domanda Caro Padre Ambrogio,
cercando in internet ho visto che esiste una chiesa ortodossa qui vicino; l`unico inconveniente è che ho letto in altri siti che celebrano in slavofono... che lingua è?
C. (20/1/04) Risposta
Caro C.,
le celebrazioni sarebbero semmai in "slavonico" (l'antenato letterario del russo moderno, che sta un po' al russo come il volgare altomedioevale all'italiano di oggi), piuttosto che in "slavofono" (strano termine che vorrebbe indicare una parrocchia "di lingua slava": ma l'abbiamo mai vista parlare, una parrocchia? E poi, che lingua sarebbe mai lo "slavo"?).
Domanda Caro Padre Ambrogio
vorrei chiederti se esiste una Chiesa Ortodossa autonoma in Italia, oppure è in previsione una sua prossima nascita, e soprattutto come avvengono queste cose?
Sarebbe interessante l`idea di una Chiesa Ortodossa Italiana, anche se immagino che per una cosa simile ci vuole prudenza e tempo...
G. (28/01/04) Risposta
Caro G.,
ovviamente una cosa come una Chiesa Ortodossa autonoma in Italia non esiste (beh, alcuni direbbero che non esiste più...), e perché se ne possa parlare in futuro occorreranno questi requisiti:
- Una continuità di struttura ecclesiale attraverso un periodo ragionevolmente lungo;
- Un sinodo episcopale locale in grado di mantenersi e di rinnovarsi nel tempo (secondo le modalità ortodosse di consacrazione episcopale, questo vuol dire come minimo assoluto tre vescovi con giurisdizione territoriale nel paese, e verosimilmente anche di più);
- Un seminario e/o facoltà teologica in grado di provvedere quanto meno al ricambio dei preti e diaconi delle parrocchie;
- Istituzioni monastiche stabili (anche in previsione di fornire nuovi candidati all'episcopato);
- Santi locali, santuari e centri di pellegrinaggio, fonti di ispirazione spirituale (nel caso dell’Italia, giova ricordarlo, non mi riferisco a memorie dell’antico Occidente ortodosso, ma a veri santi locali contemporanei);
- Un programma adeguato di vita culturale ecclesiale (giornali, pubblicazioni, trasmissioni radiotelevisive, siti internet e/o altre fonti mediatiche).
L'effettivo numero di fedeli, e la quantità e grandezza di parrocchie e monasteri, sono considerazioni secondarie, ma hanno la loro importanza, perché per parlare di una chiesa autonoma locale bisogna che una percentuale significativa (anche l'uno per cento, ma deve esserci!) della popolazione locale sia di fede ortodossa.
Chi, in assenza di questi requisiti, vuole vantarsi di una "Ortodossia italiana", si illude. Come giustamente dici, ci vogliono prudenza e tempo.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
potrebbe spiegarmi l’ecclesiologia Ortodossa, visto che la Chiesa Ortodossa è composta da diversi Patriarcati, e non v'è in seno ad essa una figura centrale come nella Chiesa Cattolica, quale il Pontefice Romano?
P. (18/5/04) Risposta
Caro P,
il tema è complesso: diciamo che il ruolo di capo della Chiesa è riservato al solo Cristo, e che i patriarchi ricoprono ruoli analoghi ai presidenti delle conferenze episcopali cattoliche (con qualche dignità in più, ma in sostanza non molto dissimili). Il fatto che il Cattolicesimo voglia dare a uno dei vescovi un potere speciale crea di fatto un livello gerarchico separato, e da questo si passa naturalmente a certi privilegi (per esempio, se la prima sede giudica le altre sedi: chi giudica la prima sede? Nessuno... ma così si crea una cosa diversa dal tradizionale episcopato). Per gli ortodossi, l'intero ruolo del papato romano è più che un problema nel dialogo: è una seria deviazione
Domanda Caro Padre Ambrogio,
perché, nella Liturgia, all'Apostolo si fa l'incensazione?
G. (22/05/04) Risposta
Carissimo G.,
L'incensazione dovrebbe essere quella... dell'evangeliario, che all'inizio si faceva durante i versetti dell'Alleluia (logico!), e che poi è scoppiata fuori di proporzioni, sia temporali che spaziali. I Vecchi Credenti usano ancora fare quest’incensazione durante il canto dell’Alleluia, ma è vero che hanno un sistema di canto molto lento, che permette di terminare l’incensazione prima della fine dei versetti.
Domanda Caro Padre Ambrogio,
lei è un italiano convertitosi all'Ortodossia?
(P., 26/05/04) Risposta
Caro P.,
se volessi mettermi in satira, potrei dire di essere un italiano che si è convertito a TROPPE cose, e che alla fine di un lungo periodo di ricerca ha deciso di "tirare i remi in barca" nella Chiesa Ortodossa. Non giudico chi fa scelte diverse (non ho né troppo tempo, né troppa voglia di farlo), ma spero che mi sia dato di fare un cammino "verticale" (di approfondimento interiore) dove prima lo facevo più "orizzontale" (di curiosità esteriore). Da grande, mi accontenterò già di cercare di essere un buon cristiano!
Domanda Com'è vista dalla Chiesa Ortodossa la processione del Corpus Domini?
(P.,12/06/04) Risposta
Caro P,
non esiste nell'Ortodossia alcuna forma di processione con il corpo (e il sangue) di Cristo al di fuori del rito eucaristico, e anche le processioni all'interno del rito eucaristico - per esempio l'ingresso dei doni presantificati all'altare - sono piuttosto dei movimenti funzionali. Il senso molto semplice e prosaico di tutto ciò è che le sacre specie si mangiano, invece che venerarle, usarle per benedizioni, portarle in processione. In questo, gli ortodossi credono di adempiere al mandato del Signore, che dice appunto di mangiare e di bere. E compiere questo mandato portando l’adeguata venerazione al corpo e al sangue del Signore… ci dà già abbastanza da fare!
Domanda Caro Padre Ambrogio,
leggo che gli ortodossi fanno digiuno per più di metà dei giorni dell'anno, e che in quei giorni non fanno neanche alcun uso di olio. Questo era sicuramente comprensibile nel Medio Evo, ma oggi, con la situazione che c'è per esempio con i pranzi nelle mense aziendali per chi lavora senza poter fare ritorno a casa, questo precetto non è un po' un segno dell'essere rimasti indietro rispetto ai tempi?
L. (17/06/04) Risposta
Caro L.,
il digiuno sembra sempre ostico (soprattutto quello dall'olio... o dal vino, a seconda dei caratteri!); non credo che ora sia antiquato, anzi, con la varietà e ricchezza di cibo (accessibile a tutti gli strati della società) che abbiamo nei nostri paesi, oggi compiere i digiuni ortodossi è molto più semplice - e più salutare - di quanto non lo fosse secoli addietro!
Domanda Caro Padre Ambrogio,
il grado di archimandrita può essere dato a qualsiasi sacerdote? E che privilegi ha un archimandrita in campo liturgico?
T. (20/08/04) Risposta
Caro T.,
Quello di archimandrita è un grado dato solo ai monaci. Presso i greci, è dato più o meno a qualsiasi prete monaco con qualche anno di esperienza; tra i russi invece è il titolo sacerdotale monastico più elevato, e corrisponde a una lunga carriera (a volte anche 20 anni di onorato servizio); agli archimandriti di particolare distinzione nella Chiesa russa, poi, è concesso l'onore di portare una mitra, come quella dei vescovi (un onore simile è concesso anche ai più elevati in rango tra i preti sposati). Se in una foto di una celebrazione ortodossa in un monastero un certo prete porta la mitra, di sicuro è un archimandrita (a meno che non sia il caso piuttosto singolare di un arciprete sposato di alto rango in visita al monastero...)
Di per sé, i privilegi liturgici dell’archimandrita sono quelli di un prete. Ovviamente, è di un rango onorifico superiore, quindi ha un diritto di precedenza (per esempio nelle processioni, o quando il clero va a fare la comunione), ma non ci sono funzioni specifiche a lui riservate, con una singola, rara eccezione. Se un archimandrita è a capo di una fraternità di monaci (monastero, eremo, etc.), e ha la benedizione del vescovo locale, può effettuare una tonsura al lettorato (si intende, in tal caso, di un proprio monaco o novizio, e non di una persona esterna alla fraternità dei monaci)
Critiche al sito
Domanda Carissimo Padre Ambrogio,
Mi ha molto meravigliato l'articolo del vostro sito sulle missioni ortodosse. La differenza sostenuta dall'autore tra crescita, evangelizzazione e pastorale è sì incisiva, ma è rude e semplicistica. Mi sa tanto di "proselitismo". Chiedo scusa, vi lamentate tanto che i cattolici si impegnano nei paesi dell'Est europeo, perchè "convertirebbero" ortodossi di antica tradizione (ma di nessuna pratica personale), e poi ritenete normale che per far crescere le comunità ortodosse si avvicinino i cristiani praticanti "che non sono spiritualmente soddisfatti delle funzioni di culto delle chiese che frequentano" o "che sono profondamente disturbati dalle politiche di cambiamento delle gerarchie delle proprie denominazioni". Mi sa tanto che si predica bene e...
Non voglio fare una polemica inutile, ma se pensate che non è bene annunciare il Vangelo dove già è stato fatto perchè fare "missioni" nei paesi occidentali ? E perchè queste sarebbero permesse e non quelle cattoliche, che si impegnao in paesi dove l'ateismo comunista ha allontanato dalla fede molte generazioni?
Si usano espressioni quali: "Ora hai bisogno di un programma di missione per raggiungere cristiani non ortodossi". Si parla di marketing, di campagna pubblicitaria, di archivi, è un linguaggio che non mi sarei mai aspettato di sentire da voi ortodossi. Parlate di Tradizione, di padri della Chiesa e poi vi affidate per annunciare Cristo a moderni pubblicitari.
R. (5/11/02) Risposta
Carissimo R.,
Visto che il "rude e semplicistico" autore del testo sulle missioni e le cappellanie ortodosse sono io, credo di poterle offrire su quelle righe un paio di spegazioni "dall'interno", per così dire. Non faccio invece altrettanto sulla guida alla crescita delle missioni ortodosse, perché per capirla appieno bisogna avere vissuto la situazione americana - con la sua elevatissima concorrenzialità tra chiese cristiane - e avere visto la perdita di pratica religiosa di intere generazioni di immigrati, prima che qualcuno corresse ai ripari.
Ma torniamo all'idea delle missioni ortodosse, per lo meno in Italia. Qui mi pare che l'accusa (non solo da parte sua...) sia che ci lamentiamo per ciò che fanno i cattolici in Russia, e poi facciamo lo stesso in Italia: in pratica, ipocrisia.
Ora, per fare considerazioni del genere bisognerebbe che in Russia e in Italia ci fosse un ambiente culturale e storico almeno lontanamente paragonabile. Quando Lei parla dei cristiani non praticanti in Russia, non può omologarli a quelli italiani. Chi non ha praticato in Russia negli ultimi ottant'anni lo ha fatto per pressioni che noi nemmeno riusciamo a concepire, e che non è detto che siano del tutto scomparse solo perché sono caduti i muri. E la Chiesa Ortodossa non ha comunque ancora la possibilità di raggiungere tutti i non praticanti. Chi non pratica in Italia è in una situazione del tutto diversa. Ha parrocchie cattoliche dietro ogni angolo. Anche nella banalità quotidiana, ascolta una quantità di messaggi di evangelizzazione cattolica pari - per un suo equivalente russo – a un'overdose di religione. Spesso ha lasciato la Chiesa Cattolica per cercare una risposta in una serie di messaggi evangelici che vanno dalla contestazione storica della Riforma fino all'ingenuo fondamentalismo del mondo pentecostale indipendente.
Inoltre, la paura dei brutti e cattivi ortodossi che fanno proselitismo in Occidente (al ritmo attuale, in mezzo milione di anni potrebbero addirittura diventare una maggioranza relativa...) non tiene conto del fatto che l'effettiva forza di sostentamento delle missioni ortodosse da queste parti non è neppure un millesimo di quella investita dai cattolici in Russia. Le basti pensare che tra Francia, Italia, Svizzera, Spagna e Portogallo il Patriarcato di Mosca dà uno stipendio a DUE persone (l'Arcivescovo, e il rettore della piccola cattedrale di Parigi). È anche questo un campo nel quale non regge alcun tipo di confronto paritetico.
Quanto poi al lamento di un ortodosso italiano perché le sue parrocchie sono poco missionarie, anche qui c'è bisogno di capire da cosa è generata una simile insoddisfazione. Potrei raccontarle fino alla nausea storie di italiani che hanno bussato per anni alle porte di chiese ortodosse, non per essere promossi a chissà quali gradi, né per desiderio di apparire esotici, ma solo perché sentivano la loro fede in sintonia con quella professata in quelle parrocchie, piuttosto che in quella delle vicine chiese cattoliche o evangeliche. Se Lei avesse vissuto anche una frazione dei rifiuti, dell'indifferenza, della meschinità con cui sono stati trattati questi italiani rei di non parlare lingue orientali e/o di far fare brutte figure a vescovi tutti impegnati a fare sorrisi ecumenici, capirebbe perché si richiede una sacrosanta giustizia per una categoria di ortodossi finora considerati di serie B. Ora, dove mai ha sentito di cattolici russi che siano stati polacchizzati a forza, o considerati feccia perché non parlavano italiano o spagnolo? Ecco un'altra ragione per cui - anche se comprendiamo il loro disagio, visto che siamo pure noi una minoranza – come ortodossi italiani non percepiamo i cattolici russi come una specie a rischio!
Fraternamente suo in Cristo
ieromonaco Ambrogio – Torino
Răspândește:
Invia la tua domanda al nostro sito
(prima, però, dà uno sguardo ai documenti di questa sezione, per vedere se la tua richiesta ha già avuto risposta)
Domande e risposte stampate sul foglio parrocchiale - anno 2008
Răspândește:
Certi fedeli vengono in chiesa chiedendo per i loro cari preghiere "per 40 giorni".
Di che cosa si tratta?
L'usanza di fare una preghiera per 40 giorni ("sorokoust" in slavonico, "sarandismòs" in greco e "sărindar" in romeno) proviene dalla tradizione di pregare per 40 giorni dopo la morte di una persona cara. L'uso si era diffuso tra i primi monaci cristiani, come un cammino che accompagnava la nascita del defunto alla nuova vita del cielo. In questi 40 giorni, che richiamano gli anni dell'esodo di Israele e i giorni del digiuno di Cristo dopo il suo battesimo, le preghiere di quelli che rimangono in questo mondo li fanno sentire vicini a chi lo ha lasciato, e sono offerte come aiuto nel "viaggio" verso la vita eterna.
Oggi, tuttavia, si è radicata l'abitudine di chiedere 40 giorni di preghiera non solo per i defunti recenti, ma anche per tutti gli altri defunti, e persino per i viventi. Pregare per più giorni non è certamente un male, ma, al di fuori del periodo dopo la morte di un proprio caro, non esiste alcuna ragione per chiedere 40 giorni di preghiere, piuttosto che 30 o qualsiasi altro numero.
Per non appesantire troppo il compito del sacerdote o del diacono, che molto spesso sono costretti, durante la liturgia, a tenere più elenchi di persone da ricordare, con il risultato di diminuire spesso l’attenzione verso la preghiera, consigliamo tutti i fedeli di tornare alla più antica tradizione di pregare (e chiedere preghiere) per i defunti nei 40 giorni dopo la morte, e, se desiderano farlo per un periodo più lungo, di non fissarsi su un numero che non ha alcun significato nella nostra vita di fede.
Vogliamo sposarci, e i nostri testimoni di matrimonio
non sono a loro volta sposati. Ha importanza?
Assolutamente no. In alcuni paesi c'è l'usanza di scegliere come testimoni di matrimonio una coppia sposata, che sia un modello per i giovani sposi, ma questa è appunto un'usanza, non una legge della Chiesa.
I testimoni di matrimonio, come dice il nome, si limitano a testimoniare che gli sposi si uniscono liberamente in matrimonio, senza costrizioni e senza inganno. Per questo è bene che siano veri amici, che conoscono bene la coppia degli sposi. Ma la Chiesa non pretende che siano sposati. Anzi, non pretende neppure che siano un uomo e una donna: sono perfettamente regolari per la Chiesa i matrimoni che hanno due uomini, oppure due donne, come testimoni di matrimonio.
L'usanza di mantenere una coppia sposata come "padrini" di nozze non è sbagliata, e anzi può essere un valido aiuto alla vita di una coppia giovane, che avrà sempre come punto di riferimento un'altra coppia con più esperienza di vita familiare. Tuttavia, è importante saper distinguere le cose che la Chiesa ci richiede come regole di base per tutti i cristiani di ogni luogo, e quelle cose che sono state introdotte come usi locali, interessanti e utili, ma non obbligatori per tutti.
Dobbiamo far battezzare il nostro figlio, e sta per iniziare la Grande Quaresima.
È vero che non si possono fare battesimi nei periodi di digiuno?
No, la Chiesa ci permette di celebrare un battesimo in qualsiasi giorno dell’anno. Certo, se si vuole far seguire al battesimo un pranzo festivo con padrini e amici, un giorno di digiuno forse non è il più adatto, ma in questo caso è meglio rimandare il pranzo – e non il battesimo – al termine del periodo di digiuno.
Al termine delle antiche persecuzioni, quando diventavano cristiani grandi numeri di persone, si preferiva fissare i battesimi – se non c’era una necessità di emergenza – in giorni di grandi feste, come la Pasqua, la Pentecoste, l’Epifania, il Natale. Oggi in queste feste è rimasto l’uso di cantare al posto dell’inno Trisagio (“Santo Dio, santo forte, santo immortale, abbi misericordia di noi”) l’inno del battesimo (“Quanti in Cristo siete stati battezzati, di Cristo vi siete rivestiti; alleluia.”) Questo inno ricorda i tempi in cui i nuovi battezzati (spesso un gruppo numeroso) entravano in chiesa per la prima volta come fedeli, nell’occasione di quelle feste.
Quando intere nazioni si convertivano al cristianesimo, e non c’era più bisogno di preparare gruppi di adulti a ricevere il battesimo nelle più grandi festività, allora rimanevano da battezzare solo i bambini piccoli. Per non rimandare a lungo il battesimo dei più piccoli, la Chiesa ha gradualmente permesso di battezzarli in qualsiasi giorno, nel periodo immediatamente successivo alla loro nascita.
Come devo chiedere la benedizione a un prete?
Quando incontriamo un prete (o un vescovo), la pratica della Chiesa ci insegna di chiedere una benedizione. Dobbiamo mettere le mani a croce, aperte verso l’alto:
Possiamo dire al prete “benedici, padre” (“blagoslovi, otce” o “binecuvintează, părinte”), e al vescovo "benedici, presule” (“blagoslovi, vladyko” o “binecuvintează, stăpâne”).
Il prete fa su di noi il segno della Croce e mette la sua mano destra sulle nostre mani aperte. A questo punto, possiamo baciare la mano del prete, come un modo di esprimere a Dio la nostra gratitudine.
San Giovanni Crisostomo diceva che se incontriamo un prete insieme a un angelo, dovremmo chiedere la benedizione al prete e baciare per prima la sua mano, che ha toccato il corpo e il sangue del Signore.
Cosa dobbiamo fare quando i nostri figli si trovano di fronte alla scelta
dell’ora di religione cattolica a scuola?
Per i genitori di una famiglia ortodossa questa è spesso una scelta difficile. In Italia l’insegnamento della religione cattolica è finora l’unica forma di istruzione religiosa diffusa e disponibile in tutto il paese. Anche se questa è una materia facoltativa (i genitori degli studenti possono decidere di non mandare i figli a seguire le lezioni), è pure vero che non ci sono altre serie alternative didattiche.
L’ora di religione cattolica è certamente basata su programmi educativi specifici della Chiesa cattolica, ma chi sceglie di “non avvalersi” di questa materia si avvia spesso verso una totale ignoranza di questioni religiose.
Se una parrocchia ortodossa non può fornire ai nostri figli un programma di insegnamento religioso, spesso l’ora di religione cattolica è l’unico modo per approfondire temi di fede cristiana nella scuola.
Bisogna comunque distinguere l’ora di religone nella scuola (che è parte di un programma didattico) dalle lezioni di catechismo, finalizzate alla prima comunione o alla cresima nella Chiesa cattolica (che sono un programma confessionale per le persone di fede cattolica romana).
I genitori di bambini ortodossi devono ricordare di avere una responsabilità di crescere i propri figli nella fede, e dovrebbero consultarsi con un prete ortodosso per trovare il cammino educativo migliore.
Ci hanno detto che le donne non devono entrare in chiesa o accostarsi a cose sante
durante i giorni del ciclo mestruale: è vero?
Questa abitudine viene da tempi in cui non c'erano le possibilità di igiene femminile che esistono oggi, e c'era un concreto rischio di lasciare tracce di sangue sul pavimento di una chiesa. Ora non esiste alcuna ragione pratica per impedire alle donne di venire in chiesa in tutti i giorni, inclusi quelli del ciclo. La Chiesa NON impone questa usanza.
Nell'anno 601 Papa Gregorio I (a cui è attribuita la Liturgia dei Presantificati, che noi ortodossi celebriamo in Quaresima), risponde in una lettera alle domande di Agostino di Canterbury e dei missionari cristiani in Inghilterra. Tra queste domande c'era proprio quella di cui ci occupiamo: "Durante il periodo della mestruazione una donna può entrare in chiesa e ricevere la Comunione?"
Ecco la risposta: "Non le si deve proibire di entrare in una chiesa; ricordiamo la donna con il flusso di sangue, che toccò umilmente l'orlo della veste del nostro Signore, e fu guarita immediatamente. Così se questa donna può toccare la veste del Signore, e ricevere la sua lode, perché una donna con le mestruazioni non dovrebbe entrare in chiesa? Se una donna durante il ciclo non riceve la Comunione per rispetto al Sacramento, è una cosa lodevole, ma se lo riceve, non deve essere giudicata male. Non ha nessun peccato. La gente vede i peccati dove non ce ne sono. Tutti mangiamo quando abbiamo fame, e senza fare peccato, anche se la nostra fame viene dal peccato del primo uomo. Così le donne durante la mestruazione non hanno peccati: è una cosa naturale." (Gregorio il Grande, Epistola 64, Patres Latini 77, col. 1183-1193)
Che cosa è la nuova vita in Cristo che riceviamo con il battesimo?
Vuole dire che siamo automaticamente salvati?
E cosa accade ai giusti non battezzati?
Nel battesimo (immersione nell’acqua), la Chiesa ci fa partecipare alla vita di Cristo attraverso una morte simbolica (la “sepoltura” nell’acqua) e una risurrezione simbolica (l’uscita dall’acqua verso una nuova vita).
Con la sua morte e la sua risurrezione, Cristo ha fatto un dono di vita a tutto il genere umano. Noi non possiamo descrivere questo tipo di vita (per questo chiamiamo il battesimo un “mistero”, in slavonico tainstvo, in romeno taina), ma possiamo essere sicuri che è un dono che ci riapre la via al paradiso, di cui l’uomo partecipava prima della caduta nel peccato.
Come tutti i doni di Dio, questa vita ci è offerta in regalo, ma non ci è imposta con la forza (altrimenti non sarebbe più un dono, ma un’imposizione), e quindi non possiamo dire che siamo “automaticamente” salvati. Il cammino della salvezza comprende la nostra accettazione dei doni di Dio, la nostra volontà di seguire i suoi comandamenti, e lo sforzo di proseguire per le vie che il Signore ci ha proposto.
Molti, nel corso della storia, si sono chiesti quale sarà il destino di quelle persone giuste, che hanno seguito Dio nella loro coscienza, ma che non hanno ricevuto il battesimo. È interessante a questo proposito leggere le parole di Cristo ai suoi discepoli al termine del Vangelo di Marco: “chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato”. È significativo che il Signore non condanna quelli che non sono battezzati, ma piuttosto quelli che non credono.
Il battesimo è una conseguenza della fede in Cristo, che ci fa accettare i suoi doni e vivere della sua vita. È naturale ricevere il battesimo per chi crede in Cristo e vuole fare parte della Chiesa. Quello che ci fa perdere la vita non è la mancanza di battesimo (che può avvenire per diversi motivi, anche per ragioni di forza maggiore), ma la mancanza di volontà di aprirsi a Dio e al suo progetto di salvezza per tutti gli uomini.
Răspândește:
Domande e risposte - anno 2010
Angolo di dialogo curato dal nostro parroco, padre Ambrogio
Răspândește:
Domanda
Caro padre Ambrogio,
delle preghiere in comune per l'unità, cosa ne dice? Forse mi sbaglio, ma ad esempio, in piena epoca ariana, io non so di "preghiere comuni" tra ariani e Vescovi Ortodossi; anzi, questi non erano in comunione con gli eretici (anche se a volte, a causa dell'Imperatore avevano firmato anche loro vari documenti ariani)! Al primo Sinodo Ecumenico, Ario è stato messo sotto anatema, e pure schiaffeggiato da San Nicola!
Gli ecumenisti cosa direbbero di questo gesto? "Fanatico"... E invece non è così!
I Canoni della Chiesa dicono di non pregare con gli eretici... e invece, cosa accade? Il contrario!
Gli Apostoli e i Santi Padri pregavano con gli "sciamani" e le altre religioni come è successo ad Assisi nell'86? Non credo...
A., 14 aprile 2010
Risposta
Caro A.,
prima di scagliarci contro qualcuno, bisogna almeno conoscerlo. Ario diceva cose molto pericolose per la fede, ma gli fu data ogni possibilità di spiegarsi e di discolparsi (lo schiaffo di San Nicola fu solo un incidente di percorso). Solo quando alla fine rimase indurito nel suo errore si arrivò all'anatema. Ora, non mi sembra che noi oggi seguiamo questo modello. Noi non sentiamo (e NON VOGLIAMO SENTIRE, cosa ancora più grave) le altre voci, ma facciamo dire loro esattamente quello che vogliamo... poi le condanniamo in base a quello che abbiamo detto di loro. E' molto facile comportarsi in questo modo, ma purtroppo è indice di una fallacia logica: il ragionamento circolare. Si crea un problema inesistente per attaccarlo con argomentazioni logiche che non hanno alcun contatto con i fatti oggettivi. Facendo così però violentiamo la verità, e non possiamo dire di seguire Cristo: "la verità vi farà liberi" (Gv 8,32)
Anche nella questione delle "preghiere per l'unità" vedo pericolose derive verso una totale incomprensione. Io cerco di tenermene lontano, ma non perché siano la stessa cosa delle preghiere comuni tra ariani e ortodossi nel quarto secolo. Me ne tengo lontano per un'altra ragione: perché dalle stesse preghiere cristiani differenti credono di ottenere cose differenti. Se fossimo tutti d'accordo che sono semplici espressioni di un legittimo desiderio di ricostruire un'unità tra cristiani separati da molti secoli, questo sarebbe abbastanza accettabile. Per molti protestanti (e purtroppo anche per alcuni cattolici disinformati) queste preghiere sono l'espressione di un'unità già ricostruita (senza una base di fede comune). Se uno vuole pensare così non posso impedirglielo, ma non posso dare il mio assenso a questo modo di credere in una Chiesa fondata su qualcosa di diverso dalla fede apostolica, e per questo non vi partecipo. Non giudico però gli ortodossi che vogliono parteciparvi, perché il loro atteggiamento è quello di persone che vedono in queste preghiere un mezzo, e non un fine.
Ad Assisi non ci sono state preghiere comuni con gli sciamani... questo è un mito. Ognuno, a seconda della sua fede o religione, ha avuto il proprio posto separato per pregare secondo la sua fede e tradizione. Gli unici che potrebbero arrabbiarsi sono i cattolici che hanno visto persone di fedi non cristiane fare le loro preghiere in chiese cattoliche... ma si deve dire che sono stati loro stessi a offrire in primo luogo quelle chiese come luoghi di culto. Gli atti simbolici che si fanno nei momenti comuni di questi incontri (tipo accendere ciascuno una candela per la pace nel mondo) sono gesti così privi di contenuto di fede religiosa da non meritare neppure una considerazione... tanto varrebbe dire di non accendere un braciere all'inizio delle Olimpiadi, o di non osservare un momento di silenzio in memoria di un defunto in un incontro internazionale. Se vogliamo stare lontani da queste cose, nessun problema... ma non facciamolo per timore del tradimento della nostra fede cristiana.
igumeno Ambrogio
Domanda
Ho visitato questa mattina il sito web della parrocchia ortodossa. Sono rimasto sorpreso da alcuni punti: il primo riguarda che la comunione durante la Divina Liturgia non è possibile prenderla per coloro che non sono ortodossi. Ciò vuol dire che io che sono cattolico non posso accostarmi.
Il secondo punto, riguarda il matrimonio dei cattolici che la chiesa ortodossa non riconosce.
Chi scrive è cattolico e prego per l'unità dei cristiani. Fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa. Vorrei capire come mai tra cristiani si arriva a negare la comunione a un cattolico?
Io rispetto la chiesa ortodossa e non nascondo di nutrire un serio rispetto.Per la sua storia, le sue tradizioni e tutto il resto. Ma a volte è troppo intransigente. Credo che anche con i francescani, custodi della terra santa, a volte ci sono state frizioni.
Gradirei una sua cortese risposta.
Le auguro ogni bene in Gesù
M., 22 aprile 2010
Risposta
Caro M.,
grazie per il suo messaggio; vediamo se riesco a darle qualche chiarimento.
Nel nostro sito parrocchiale non c'è scritto che la chiesa ortodossa non riconosce il matrimonio dei cattolici... la questione è più complessa e riguarda che cosa si ritiene essere fondante per un matrimonio sacramentale. Qui è evidente che ci sono due differenti concezioni, entrambe serie e ragionate in base a precedenti biblici, ma anche fondate su premesse che con il tempo sono diventate molto distanti tra loro. Il problema non è "riconoscere" i matrimoni come se si dovessero omologare titoli universitari di diversi paesi, ma piuttosto arrivare a capire cosa si intende per matrimonio, altrimenti può ben darsi che si arrivi a celebrare in una chiesa dei tipi di matrimoni che l'altra ritiene senza fondamento, e viceversa.
Un discorso analogo si può fare per la comunione, che è prima di tutto, per gli ortodossi, espressione di ESSERE "in comunione" con la Chiesa, professandone la stessa fede (niente di più, e niente di meno), e impegnandosi a sostenerne i principi di fede e di dottrina.
Credere in cose "più o meno" simili, o perfino impegnarsi a pregare per l'unità dei cristiani, non è considerato un elemento di comunione di fede. Della Chiesa o si è figli (stando alle regole che la madre detta per i figli), oppure non lo si è. Non ha senso dire di essere "molto vicini" allo stato di un figlio e pretendere di essere trattati come figli. Anche lei - se ha figli - darà le chiavi di casa ai suoi figli, ma non le verrà neppure in mente di darle ai figli dei vicini, anche se sono bravi ragazzi e magari tanto ben educati quanto i suoi figli.
L'affermazione "fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa" è insostenibile sia da parte di un cattolico che di un ortodosso. Tanto varrebbe affermare: "dal 1054 in poi non esiste più un'unica Chiesa". Qualcuno potrebbe potrebbe anche sostenere che è così... ma poi, come la mettiamo con il Credo in cui affermiamo la fede nella Chiesa UNA?
Un augurio in Cristo,
igumeno Ambrogio
Domanda
Salve padre Ambrogio,
mi premerebbe domandarle una cosa padre: cosa succede a colui che "pecca contro lo Spirito Santo"? secondo la visione ortodossa quali saranno le sue condizioni postume, dopo la morte fisica e dopo la "fine dei tempi"?
L'ortodossia crede ancora nella teoria dell'"apocatastasi" , ovvero del ritorno di tutti a Dio alla fine dei tempi ? e quindi anche di un eventuale peccatore contro lo Spirito?
La ringrazio molto per la disponibilità.
Saluti in Cristo,
G., 24 aprile 2010
Risposta
Cara G.,
Non ti nascondo che la questione del peccato contro lo Spirito Santo è una delle più oscure di tutto il panorama teologico, e le spiegazioni che ne sono state date sono spesso insufficienti. Di fatto sappiamo che Gesù ha detto (in Mt 12) che ci sono peccati perdonabili (i più) e peccati imperdonabili, e ha usato per i secondi la categoria di peccati contro lo Spirito Santo. Il guaio è che poi non li ha definiti chiaramente...
Vediamo cosa si può dire, senza preoccuparsi che ci sia una "visione ortodossa" ufficializzata, dato che la questione è nebulosa in qualsiasi approccio cristiano:
- Una semplice infrazione (per quanto grave) nei confronti della terza persona della Trinità non sembra riconducibile alle parole di Gesù. Non si vede perché un'imprecazione contro il nome dello Spirito Santo debba essere oggettivamente più grave di quella contro il nome del Figlio, o contro il nome dello stesso Padre...
- Se consideriamo lo Spirito Santo come la persona trinitaria che abita permantemente in noi, possiamo ipotizzare che Gesù veda un peccato (fino a un certo punto perdonabile) di non accettare un messaggio dato una volta, e uno (senza uscita) di rifiutare in permanenza l'azione divina in noi.
- Una possibilità (pur tragica) di "rifiuto della salvezza" dovrebbe essere una garanzia della nostra libertà, perché se non potessimo rifiutarla, allora non sarebbe un dono, ma un'imposizione, una costrizione indegna di una creatura libera. Per questo la teologia cattolica ha provato a formulare categorie, generalistiche e un po' inadeguate per descrivere il peccato contro lo Spirito santo: tutte però sono riconducibili a questo motivo conduttore di una scelta libera di rifiuto della proposta di Dio.
- Un'altra considerazione si può fare a partire dalla nostra coscienza. C'è una bella differenza tra la nostra tendenza a oscurare la voce della coscienza con sofismi, cercando giustificazioni e scappatoie, ingannandoci nel vedere un male come qualcosa di necessario o di inevitabile... e invece una scelta ponderata e cosciente del male, come se il male fosse il nostro bene.
Nel primo caso la coscienza sarebbe ingannata (indebolita), nel secondo apertamente violata (e potenzialmente distrutta). Questo secondo caso ricorda la condizione del peccato imperdonabile: chi vede spegnersi la voce di Dio ne rimane privo, e questa credo che sia già una punizione abbastanza terribile.
L'apocatastasi è una soluzione facile (forse fin troppo) a un problema complesso, basata sull'apparente sperequazione tra una colpa limitata e una punizione illimitata.
Se vogliamo sperare nella salvezza finale di tutti, nessuno ce lo impedisce, ma la Chiesa non può farne un articolo della propria fede. Sarebbe come condannare Dio a salvare per forza tutti (anche quelli che vorrebbero rifiutare la salvezza), trasformando così le creature di Dio in automi privi di libertà.
Spero che queste spiegazioni ti possano essere di aiuto.
Un caro augurio in Cristo,
igumeno Ambrogio
Domanda
Caro padre Ambrogio,
devo partecipare a un incontro e parlare del tema dei giovani e della fede; in particolare, perché i giovani abbandonano la fede dei loro padri. Che cosa posso dire?
S., 13 luglio 2010
Risposta
Caro S.,
ecco come io imposterei il discorso.
Una recente indagine tra i giovani italiani ha evidenziato come oltre la metà degli intervistati non si identifica (o non si identifica più) con la fede cattolica. In un paese che ha la stragrande maggioranza di cittadini battezzati nella Chiesa cattolica, e che ha uno dei più alti tassi di pratica religiosa tra i paesi europei occidentali, il dato è preoccupante.
Partendo dalla mia esperienza di parroco di una chiesa ortodossa in Italia, posso valutare alcuni aspetti dell’affiliazione religiosa cristiana, sia tra i cittadini italiani che tra gli immigrati recenti. Proverò in base a questi dati a evidenziare i motivi del calo della fede tra i giovani.
Anche se sembra scontato iniziare a parlare di un calo della frequenza religiosa dovuto alla degenerazione dei costumi, è opportuno ricordare i cambiamenti epocali di costume degli ultimi secoli, cambiamenti che hanno visto un aumento esponenziale nell’ultima generazione (contatti globali, rimescolamenti etno-culturali, crisi nelle istituzioni religiose).
L’esperienza religiosa, nella storia umana, viene spesso dalla ricerca di risposte ai misteri della nostra esistenza. Eventuali tensioni si possono avere in presenza di risposte differenti (pluralismo religioso) o in periodi di crisi (mancanza di fiducia nelle risposte istituzionali). L’odierna civiltà dell’informazione è caratterizzata proprio dalla compresenza di un gran numero di risposte, magari sbagliate o superficiali, ma comunque presenti e frequenti. Per di più, l’accesso alle informazioni – soprattutto con le reti informatiche – permette di evitare il contatto diretto con un ambiente religioso formale e sociale, e offre a tutti la speranza (o l’illusione) di arrivare da soli alle verità che prima erano mediate dalle comunità dei credenti.
Al bisogno umano di relazioni costruttive risponde una grande disponibilità di informazioni, e non deve stupirci se un giovane (che magari sa a livello razionale molte più cose sulla religione di quanto uno dei suoi nonni poteva apprendere in una vita intera) non si sente di sottoporsi alla disciplina di lavoro interiore e perferzionamento morale che una tradizione religiosa più sperimentata può offrire. In questi casi l’unico elemento di collegamento rimane l’esempio personale: tra gli esempi di questo tipo, di fondamentale importanza è quello dei genitori.
I genitori che credono di trasmettere la propria fede ai figli con un generico “attaccamento alle proprie radici” hanno già perso in partenza. Oggi attorno a noi c’è un tale pluralismo di “radici” da soffocare chiunque, e finché una tradizione religiosa non è vista come un’ancora di salvezza non sarà altro che una delle tante curiosità della società contemporanea. Da parte dei figli ci si può aspettare un freddo distacco, magari unito a un senso di rispetto per una “debolezza” dei propri antenati.
Non hanno migliore fortuna i genitori che sperano in una trasmissione della fede attraverso l’insegnamento scolastico: la riduzione dell’esperienza religiosa a una materia scolastica come le altre (o come si può vedere, un po’ meno seria delle altre) genera più spesso disinteresse e abbandono, se i primi a non volere fare progressi nella materia non sono i genitori stessi.
I figli che hanno genitori seriamente praticanti hanno davanti agli occhi il migliore correttivo all’indifferenza generata dalla pluralità di risposte e dalla loro superficialità. Attraverso i legami familiari le dinamiche di apprendimento della religione riacquistano quella profondità che la scuola non riesce a dare, e i figli sono motivati ad approfondire qualcosa in cui vedono un valore autentico.
L’esperienza delle comunità di credenti (siano esse chiese, gruppi laicali, movimenti) è indubbiamente di grande aiuto, ma i giovani vi si accostano in genere perché portati per la prima volta dai genitori. Di nuovo, l’impegno religioso dei genitori è il primo modello che forma la vita di un credente. I genitori che per indifferenza (magari mascherata da permissivismo) aspettano che i figli “facciano le proprie scelte” non dovranno poi lamentarsi se le scelte dei figli saranno molto diverse da quelle che essi stessi si aspettavano, e magari più distruttive.
Per una trasmissione efficace della propria fede non sono indispensabili conoscenze particolari, né è richiesto un grado molto alto di impegno nella pratica religiosa. Tuttavia, l’esempio e il contatto personale devono essere sempre tenuti in grande conto. In particolare i cristiani, la cui fede si è diffusa in modo sorprendente attraverso l’annuncio di un messaggio e il coinvolgimento personale, dovrebbero rendersi conto del loro ruolo determinante nel tramandare la loro fede ai propri figli.
Domanda
(da una serie di domande allo staff del sito della nostra parrocchia madre a Milano)
Gentilissimo staff del sito,
Vi chiedo di scusarmi se Vi disturbo con la presente, ma avrei delle domande a cui credo solo voi possiate rispondere (purtroppo la mia conoscenza del russo non è profonda come vorrei, quindi non me la sono sentita di inviare questo messaggio a caselle di posta elettronica che usano quella lingua), devo ammettere che, pur essendo di opinioni laiche, sono sempre affascinato dalla spiritualità bizantina, soprattutto dallo splendore della Liturgia, ma le mie domande non vertono tanto su questo aspetto, quanto su quello organizzativo-amministrativo, esse sono:
a) Ci sono (o ci sono mai stati) casi di parrocchie di rito latino dipendenti da Mosca?
b) La Liturgia per eventuali converiti è in russo (o slavo ecclesiastico) oppure nella lingua dei nuovi fedeli (nel caso dell'Italia dovrebbe essere la lingua di Dante), e in tal caso quale dovrebbe essere il testo da usare, magari una versione dei Sacri Testi redatti in una lingua più arcaizzante?
c) Anche nelle parrocchie ortodosse (e non mi riferisco solo alla realtà italiana o della diaspora, parlo acnhe della Russia propriamente detta) vi sono gli oratori, dove magari vi sono attività ludico e/o sportive o comunque d'intrattentimento, specie per i più giovani?
d) Anche in Russia c'è l'equivalente dell'Avvenire, o organizzazioni che sostengono l'opera della Chiesa Ortodossa in vari ambiti della società (per esempio in Italia c'è la CISL, le ACLI, il Centro Sportivo Italiano ecc.) e se sì che ruolo hanno?
e) Come sono attualmente i rapporti con i vecchi-credenti (i cosiddetti "raskolniki"), so che c'è un dialogo in corso, ma si punta a riassorbirli nella Chiesa chiedendo loro di cambiare rito oppure si vuole lasciarli nelle loro costumanze però riconoscendo il primato del Patriarca, che comunque non dovrebbe essere ben visto perché è il successore di Nikon, colui che introdusse le riforme ellenizzanti nel rituale della Chiesa russa dell'epoca? Il Patriarcato ha mai preso in considerazione l'ipotesi di santificare (come gesto di distensione) l'arciprete Avvakum?
f) Ho saputo che il Patriarcato di Mosca e la ROCOR (la principale chiesa russa dell'esilio, che seguiva il vecchio calendario) si sono riconciliati, ma in cosa consiste l'autonomia della ROCOR, ammesso che ne abbia ancora?
g) Nella Liturgia Ortodossa c'è qualcosa di equivalente ai chierichetti? E le ragazze possono accedervi? Più in generale qual è il ruolo della donna nell'Ortodossia?
Sperando di non averVi disturbato troppo con queste domande vogliate accettare la più profonda espressione dei migliori sentimenti verso di Voi e l'opera che svolgete, che il Signore in cui credete Vi aiuti e Vi assista nel Vostro cammino.
Con Osservanza,
G.
Risposta
a) "rito latino" è una denominazione un po' ampia: include il rito romano, quello ambrosiano, resti di riti ormai estinti (cosiddetti gallicani) o ridotti al lumicino (mozarabico), e in senso lato anche il rito anglicano può essere considerato appartenente alla famiglia rituale latina. Ci sono state parrocchie (sotto Mosca e ROCOR) che hanno ripreso liturgie gallicane, e parrocchie ex-anglicane (in particolare sotto il patriarcato di Antiochia) che hanno mantenuto una variante del Book of Common Prayer. Va notato comunque che le dimensioni di queste parrocchie sono generalmente minimali.
b) non esiste una "Liturgia per eventuali convertiti": esiste la Liturgia per tutti. La lingua non è un problema di principio, ma solo di applicazione pratica e di convenienza di traduzione.
c) ci sono programmi per i giovani, e
d) ci sono organizzazioni di lavoratori,
ma bisogna tenere presente che in Russia hanno in genere meno di due decenni di vita, e ogni paragone con istituzioni secolari dell'Occidente cattolico è totalmente inappropriato.
e) il "dialogo" non ha alcunché in comune con quelli delle commissioni teologico-ecumeniche (anche inter-ortodosse, come quelle tra calcedoniani e non calcedoniani) perché non c'è alcuna divergenza teologica su cui dialogare. Il punto fondamentale è la questione della sopravvivenza del Vecchio Rito una volta che vengano meno i fattori di isolamento cultuale e culturale. Il pericolo sentito dai Vecchi Credenti è quello di essere travolti dalla maggioranza, e di estinguersi per assorbimento. Lasciare la libertà al Vecchio Rito è una politica intrapresa da quasi due secoli, ma la maggioranza delle comunità dei Vecchi Credenti è scettica su queste iniziative. La canonizzazione di Avvakum da parte del Patriarcato non aggiungerebbe in pratica niente a quello che i Vecchi Credenti "in comunione" hanno già da tempo.
f) La ROCOR ha una forte autonomia, completa dal punto di vista amministrativo; mantiene un proprio sinodo, e facoltà di elezione dei propri vescovi, che partecipano alle attività conciliari del patriarcato allo stesso modo con cui partecipano i vescovi di chiese autonome ed esarcati (Ucraina, Moldova, Bielorussia, Giappone) nell'ambito del patriarcato.
L'unica cosa che la ROCOR non ha è l'autocefalia, quindi la nomina del suo metropolita deve essere ratificata dal Patriarcato.
g) il servizio all'altare è aperto a tutti i fedeli secondo diverse tradizioni; nell'uso dei monasteri femminili sono le monache stesse a prestare alcuni di questi servizi, negli altri casi è uso consolidato chiamare al servizio all'altare solo fedeli di sesso maschile, anche se i vescovi possono autorizzare eccezioni: per esempio in un paio di casi negli ultimi due secoli si è reintegrato il servizio delle diaconesse in disuso da secoli.
Domanda
Gia da qualche tempo mi sono avvicinato molto alla spiritualità ortodossa, alle figure e insegnamenti dei suoi santi, fino ai suoi più grandi maestri spirituali, ai Padri della Chiesa e mistici e staretz della Russia, del Monte Athos, della Romania, del Sinai, agli insegnamenti riguardanti la preghiera del cuore, e proprio su questo intendo chiedere il vostro aiuto. E' gia da qualche tempo che imploro al Signore luce e discernimento e soprattutto c'è una grazia che imploro in tutte le mie preghiere, che il Signore Gesù mi dia un "Padre Spirituale", uno "Staretz".
Prima di fare la scelta di passare all'ortodossia ho bisogno di parlare con un Maestro Spirituale, che mi aiuti a capire ciò che nel mio cuore posso confondere e interpretare male.
Da quando ho approfondito la spiritualità ortodossa è come se avessi preso la via giusta; questa è la mia sensazione, aver preso la via giusta, ma che per andare avanti, per procedere nella giusta direzione adesso occorre una guida indichi il percorso per non incorrere in qualche stortura o tranello nel nostro comune nemico.
S., 14 dicembre 1020
Risposta
Caro S.,
a parlare della ricerca di un padre spirituale, rischio di fare il cieco che guida altri ciechi, perché io stesso non ho uno "staretz" in un remoto monastero, ma un ben più prosaico padre confessore, padre Dimitri, che è parroco a Milano e che ha seguito tutto il mio iter di ingresso nell'Ortodossia, il cammino monastico e lo sviluppo pastorale della comunità parrocchiale torinese. Ovviamente una guida è indispensabile, ma spesso si pretende di fare il passo più lungo della gamba... un padre spirituale deve avere ben presente quello che il proprio figlio spirituale può fare davvero.
I padri spirituali - poniamo - di Optina, potevano essere ideali per i russi del XIX secolo (persino per Dostoevskij e per altri grandi letterati), perché parlavano la loro lingua, e perché i loro figli spirituali avevano ben chiara la loro collocazione ecclesiale. Se per paradosso noi fossimo proiettati nel tempo davanti a loro, oltre la difficoltà di capirci avremmo pure quella di mondi culturali piuttosto diversi. Che utilità può avere un grande padre spirituale se il figlio spirituale non è già inserito in un ambiente di fede in cui i consigli del padre possono trovare radici?
Ciò detto, non sono all'oscuro della presenza di persone che si potrebbero ben qualificare come padri spirituali ortodossi, e le potrebbero magari offrire quelle chiavi alla preghiera silenziosa che sta cercando. Credo che però vorrebbero come requisito una serie di scelte, passi e decisioni piuttosto simili a quelle che le ho appena indicato. Prima di lanciare un'automobile a grande velocità, bisognerebbe almeno sapere su che strada e in quale direzione sta andando...
Tenga presente che anche i più seri padri spirituali possono avere i loro problemi (questo è un aspetto che di solito è trascurato nella letteratura sulla paternità spirituale), e in un ambiente come l'Italia possono ben rifiutare di prendersi cura di un nuovo figlio spirituale, magari perché ne hanno troppi e sentono che non sarebbero in grado di aiutare un'altra persona come questa si merita.
Di solito il cammino monastico si sviluppa e si irrobustisce quando l'ambiente cristiano di base (parrocchie, missioni) è consolidato al punto da non offrire più quelle "vie di perfezione" che il monaco cerca nel suo cuore. Oggi si può dire che l'Ortodossia in Italia si trova in una fase pionieristica, di grande attenzione pastorale, un campo in cui ci sono messi abbondanti per tutti i lavoratori seri.
Non è ancora il momento per la "separazione delle vie" che di solito dà l'avvio ai monasteri: ne è testimone lo status modesto e difficoltoso nel quale versano le poche comunità di monaci e monache che esistono oggi tra gli ortodossi in Italia. Ciò non è in contraddizione con la forte anima monastica dell'Ortodossia: vedrà che quando le comunità parocchiali ortodosse si saranno sviluppate appieno, saranno divenute attive e socialmente rilevanti, e magari un po' "imborghesite", allora avremo una fioritura monastica di un certo interesse. Prima di quel momento, tuttavia, potrebbero passare una o due generazioni... con tutto questo non voglio certo scoraggiarla, ma ricordarle che lo Spirito di Dio ha sempre questa tendenza a soffiare dove vuole, con strade e motivi a noi largamente ignoti (ma in ultima analisi sempre a nostro favore), e spetta a noi cercare di capirne il moto e a cercare di seguirlo.
Suo in Cristo,
igumeno Ambrogio
Răspândește:
Che fare per ottenere il massimo dall'esperienza delle funzioni ortodosse?
Una domanda "sempre verde" per i frequentatori della chiesa
Răspândește:
DOMANDA
Cosa posso fare per ottenere il massimo dalla mia esperienza delle funzioni ortodosse?
RISPOSTA
Puoi rendere più profonda la tua partecipazione, sia con un'adeguata attenzione, sia con azioni appropriate. Tralascio qui le regole basilari di comportamento rispettoso (non arrivare in ritardo alle funzioni, mantenere un garbato silenzio in chiesa, etc.) non perché non siano importanti, ma perché dovrebbero essere evidenti a chiunque. Come prima cosa, tuttavia, informati sulle regole di condotta in chiesa, chiedendo alle persone che hanno più lunga esperienza di vita ecclesiale. Questo potrà contribuire a evitare spiacevoli malintesi, e ti farà sentire una maggiore intimità con la comunità dei fedeli.
Eccoti inoltre alcuni consigli generali:
- Mantieni una costante attitudine di preghiera: anche se possono accadere (e di fatto accadono spesso) momenti di distrazione e di pratica meccanica e abitudinaria, non lasciare che la tua presenza in chiesa scada nella superficialità. Cerca di vedere soprattutto il tempo in chiesa come un incontro con il Signore: ricordati che - come ci ha promesso - Egli è in mezzo a noi, e in quel tempo certamente sta mandando messaggi al tuo cuore. Ascoltali!
Ti accorgerai che le funzioni nelle quali hai messo il maggiore impegno di preghiera sono quelle che rimarranno più fisse nella tua memoria (un segno che la preghiera ha davvero un effetto sull'intimo del tuo essere!), mentre una partecipazione anche perfetta sul piano formale, ma fredda su quello della preghiera, tenderà presto a essere dimenticata.
- Offri la tua parte di impegno concreto: ci sono molti modi con cui i fedeli aiutano la chiesa. Tra questi, l'acquisto delle candele e le offerte volontarie sono gli aiuti più tangibili, ma esistono anche molte altre forme di portare un aiuto. Le funzioni sono complicate, e la loro preparazione richiede tempo e fatica. Perché non cerchi anche tu una forma piccola e semplice per essere d'aiuto? Questo ti farà sentire molto più partecipe alla vita della chiesa.
Ti faccio un semplice esempio: uno dei nostri migliori parrocchiani ci porta regolarmente una bottiglia d'olio per le lampade. Si tratta di una spesa davvero contenuta, e di un oggetto non pesante da trasportare. Tuttavia, con questo gesto assicura un rifornimento costante alle lampade votive, e libera i responsabili dei rifornimenti della chiesa dalla preoccupazione di organizzare acquisti di olio. Riesci a immaginare quante altre cose potresti fare con un piccolo sforzo e un poco di inventiva?
- Porta in chiesa amici e conoscenti: il culto cristiano ha una dimensione comunitaria, che potrai sentire in modo più profondo se cercherai di andare in chiesa con le persone che ti sono più vicine. Invita parenti, amici, e persone care alle funzioni; se necessario offri loro un passaggio, e un'occasione di passare un po' di tempo insieme anche dopo la fine della funzione. Oggi molte persone (più di quanti immaginiamo...) hanno problemi di solitudine, e il tuo invito può aprire loro una finestra di luce sulla loro vita. Inoltre, il tuo impegno per portare altre persone alle funzioni le convincerà della serietà del tuo impegno, e in questo modo la tua fede - come ci aveva richiesto il Signore stesso - brillerà davanti agli uomini e sarà loro di buon esempio. Sono sicuro che molti non immaginano nemmeno che questa semplice forma di invito è uno dei più potenti mezzi missionari a disposizione di qualsiasi cristiano!
- Porta da mangiare: le funzioni della Chiesa Ortodossa sono lunghe e complesse, e dopo un'intera mattina passata a celebrare il Signore in chiesa, non c'è modo migliore che continuare a celebrarlo... a tavola! Questo non solo offre la possibilità di conoscersi meglio, rinsaldare legami personali e fare nuove amicizie, ma è anche uno dei metodi migliori per far sentire a casa i nuovi arrivati. Inoltre, organizzare pasti presso la chiesa libera molte persone e famiglie dall'ansia di correre a casa a preparare da mangiare. Ovviamente, occorre un coordinamento tanto più attento quante più sono le persone da sfamare (in questo campo, le donne si sanno muovere di gran lunga meglio degli uomini), e una capacità di assegnare responsabilità per portare cibi e bevande, per non sovraffaticare nessuno.
La mensa comune non si limiterà ad aiutare i fedeli a sentirsi più uniti tra loro; sarà anche una buona occasione per studiare le regole del digiuno ortodosso, e per scoprire le specialità gastronomiche (che sono uno dei tratti significativi della cultura) di vari paesi.
Răspândește:
Una domanda sulle onorificenze dei preti nella Chiesa ortodossa russa
Risposta di padre Andrew Phillips sulla rivista on-line Orthodox England
Răspândește:
Non riesco a trovare qualcuno che mi spieghi il sistema di onorificenze (nagrady) per i preti nella Chiesa ortodossa. Mi potete aiutare?
Quello che segue è il sistema della Chiesa ortodossa russa, che è diverso da quello delle altre chiese locali, anche se alcune altre chiese locali nella diaspora hanno preso recentemente in prestito alcuni elementi della Chiesa russa.
Il sistema della Chiesa russa consiste nel dare un'onorificenza ogni cinque anni, a condizione che il prete continui a celebrare ogni settimana e compia generalmente il suo lavoro in modo corretto. Ci sono undici onorificenze, e sono:
1) Dopo cinque anni: il paramento del confessore (nabedrennik). (In origine, ai preti non era concesso ascoltare confessioni prima di ricevere quest'onorificenza. Forse quest'abitudine dovrebbe essere reintrodotta?)
2) Dopo dieci anni: Il copricapo sacerdotale (kamilavka).
3) Dopo quindici anni: La croce dorata.
4) Dopo vent'anni: Il titolo di Arciprete (Protoierei).
5) Dopo venticinque anni: Il paramento a diamante (palitsa).
6) Dopo trent'anni: La croce ingioiellata.
7) Dopo trentacinque anni: La mitra da prete (leggermente differente da quella da vescovo).
8) Dopo quarant'anni: La seconda croce.
9) Dopo quarantacinque anni: Il diritto di celebrare la Liturgia con le porte regali aperte fino a dopo l'Inno cherubico.
10) Dopo cinquant'anni: Il diritto di celebrare la Liturgia con le porte regali aperte fino a dopo il Padre Nostro.
11) Dopo cinquantacinque anni: Il titolo di Protopresbitero. Oggi (2012) c’è un solo prete con il titolo di protopresbitero in tutta la Chiesa russa, padre Matfej Stadnjuk (n.1925) a Mosca; gli ultimi ad avere portato questo titolo sono i padri Vitalij Borovoj (1916-2008) a Mosca e Konstantin Tivečkij (1925-2012) a Los Angeles (Chiesa russa all'estero).
A un prete si può concedere un'onorificenza in anticipo per qualche merito speciale. D'altro canto, certi vescovi non si attengono ai tempi menzionati sopra e danno onorificenze con molta liberalità. (Capita con alcuni vescovi del Patriarcato di Mosca nella diaspora e in Ucraina, dove ho visto preti al di sotto dell'età minima canonica dei trent'anni, già con la croce dorata!). D'altro canto, altri vescovi sono molto avari e non danno praticamente alcuna onorificenza, finché non accade qualcosa, per esempio una presa di coscienza di quanto sono stati ingiusti o un rimprovero dai propri confratelli vescovi!
Se il sistema è applicato equamente, sembra un sistema molto buono. Sfortunatamente, non capita sempre così. Talvolta un prete 'favorito' è elevato ad arciprete entro pochi mesi dall'ordinazione. Talvolta le onorificenze di un prete sono 'dimenticate' per un paio di decenni, e poi se ne ricevono quattro nell'arco di quattro anni! Talvolta si danno onorificenze per le ragioni sbagliate. Sono tutte cose che capitano, e quando capitano possono causare scandali e divisioni.
Arciprete Andrew Phillips
Adattato da Orthodox England, Vol. 16, n. 2, dicembre 2012
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Dio è giusto? Una risposta di padre Aleksij Uminskij
25 giugno 2012
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Dio è giusto? L’arciprete Aleksij Uminskij, rettore della chiesa della Santa Trinità a Khokhly (Mosca), riflette su questa difficile questione.
La questione della giustizia divina è, naturalmente, molto complessa. Probabilmente è difficile chiamare Dio giusto – forse impossibile – perché non osserviamo nel mondo la giustizia divina. E, in effetti, non cerchiamo qualsiasi tipo di giustizia da parte di Dio. Piuttosto, cerchiamo la sua misericordia e il suo amore.
Dove c’è la misericordia e l’amore, non ci può essere giustizia. La giustizia è una cosa che ci dovrebbe essere in tribunale, dove ci sono giudizio e deliberazione, dove ognuno riceve secondo le sue opere, dove ognuno ottiene ciò che merita. Ma chiedere la giustizia di Dio è semplicemente impossibile. Anche il re Davide dice a Dio nel suo Salmo: Giudicami, o Signore, secondo la mia giustizia, e secondo la mia innocenza (7:9). Non “secondo la tua giustizia,” perché nessuno può sopportare la giustizia di Dio. Perciò non facciamo appello alla giustizia divina, ma alla sua misericordia e al suo amore senza limiti.
Pensare che Dio ci mandi dolori e disgrazie per ripagare la sua giustizia, per così dire, è profondamente sbagliato. Dio non manda il male, dolori, malattie e disgrazie. Come si può anche solo pensare che Dio possa mandare sfortuna a qualcuno? Ciò sarebbe in contrasto con la sua natura divina. Dio non prende piacere neanche nella sofferenza dei peccatori, la sofferenza dei peccatori, anche i più grandi, non compiace a Dio.
Ciò che accade alle persone sulla terra, nei termini dei nostri dolori e sofferenze, non è qualcosa che Dio ci manda. Direi che queste cose si verificano nelle nostre vite, ma non che Dio le invia. Le incontriamo come conseguenza del male e dal peccato dell’uomo, che hanno distorto il mondo. Il mondo è pieno di malvagità. Di conseguenza anche il mondo non ha nulla a che fare con la giustizia. Si potrebbe anche dire che la giustizia è una categoria quasi al di là della nostra portata. Si tratta di una categoria umana elaborata nei nostri termini.
Che cosa è giusto? Occhio per occhio e dente per dente? Questo è giusto, ma solo dal punto di vista di un codice di moralità. Questo accade quando non si può chiedere qualcosa di più. Se se ti cavano uno dei tuoi denti allora, in termini di giustizia, non puoi cavarne più di uno dei loro. Se ti cavano un occhio allora, in termini di giustizia, non puoi pretendere di cavargliene due.
È questo il tipo di giustizia della quale l’umanità è alla ricerca e per cui si impegna? No. Ovunque e in ogni momento, le persone cercano misericordia, compassione e comprensione. La giustizia è assente da tutto questo. Esiste un’ingiustizia brutale, che vediamo intorno a noi, nel governo, nei tribunali – in quegli organi di potere che dovrebbero monitorare la giustizia, ma che sono essi stessi fonte di ingiustizia.
Noi abbiamo i nostri criteri interiori, di cui vorrei dire che qui la gente si sforza sempre più di comportarsi con tutti in buona coscienza. In questo caso la coscienza può, in un certo senso, elevare l’umanità ai concetti di giustizia e di rettitudine.
Consideriamo il Battesimo di Cristo nel Giordano. Si accosta una folla di peccatori: farisei, soldati... Una folla di persone che hanno peccato in vari modi, che in vari modi richiedono pulizia. E l’innocente Cristo si avvicina per essere battezzato.
Gli altri corrono qui per confessare i loro peccati, cioè, per rivelare le loro malattie, le loro ingiustizie, la loro falsità, la loro iniquità. Al fine di essere lavati nel Giordano, di ricevere il perdono, di prepararsi per la venuta del Messia.
Qui appare Cristo, che sembra non avere nulla in comune con loro. Improvvisamente Egli dice a Giovanni il Battista, che si rifiuta di battezzarlo: Lascia che sia così ora: perché conviene che così adempiamo ogni giustizia [Matteo 3:15]. Che cos’è questa giustizia? Che cos’è la giustizia di Dio in relazione a queste persone?
Un debitore in termini di giustizia deve rimborsare i suoi debiti, un ladro che ruba deve scontare la pena, e così via – tutti devono in qualche modo soddisfare la giustizia. Ma Cristo è venuto nel mondo con questo tipo di giustizia? In realtà, Egli prende tutte le iniquità del mondo su di sé. Egli prende su di sé tutto il peccato del mondo, nel momento stesso in cui dice che deve adempiere ogni giustizia.
Possiamo incolparlo per averci inviato sofferenza, sfortuna e dolori? Possiamo dire che è attraverso queste cose che porta a compimento il suo amore? A mio parere, questa è la più grande eresia che si possa esprimere. Si tratta di una cosa diversa quando incontriamo la tristezza, il dolore, la sofferenza e la sfortuna nella nostra vita, e Cristo si trova ad essere al nostro fianco. Se gli diamo l’opportunità di essere presente nei dolori e nelle malattie, allora sarà immediatamente con noi e condividerà con noi tutto l’orrore che c’è nel mondo, in questo mondo di ingiustizia e di malvagità.
Incontriamo la nostra sfortuna nel mondo distorto dal male e dal peccato, e l’amore di Cristo è presente con noi. In questo è la sua misericordia – e, forse, la sua giustizia.
Sfortuna e dolore non capitano nella nostra vita perché qualcuno se li merita. Se così fosse, allora Dio potrebbe effettivamente essere definito un Dio di giustizia. In tal caso i malvagi dovrebbero morire di malattie orribili e i buoni dovrebbero essere felici, ricchi, perfettamente sani, e non morire mai.
Ma questo non può essere, perché se ci fosse la giustizia divina in questo mondo, nessuno potrebbe essere salvato. Perché, in termini di giustizia, in termini di giustizia divina, siamo tutti persone molto peccaminose. Propriamente parlando, le nostre buone azioni, le nostre nature buone, non sono nostri successi, ma semplicemente i suoi doni e la sua misericordia verso di noi.
Di conseguenza, il mondo è ingiusto sia nel senso migliore del termine sia nel senso peggiore: nel migliore, perché si trova nella malvagità ed è governato dal male, dal torto e dall’ingiustizia. In un mondo caduto ci sono le leggi di un mondo caduto. D’altra parte, questo è un bene, perché Dio è misericordioso, e quindi il suo amore copre tutta la verità e tutta la giustizia - perché il suo amore è più alto e molto migliore!
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Un confronto sulla Sindone di Torino
Risposte agli interrogativi posti da un critico greco
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Torino, 14 dicembre 2012
Caro padre Marco,
Cristo è in mezzo a noi!
Ho letto con attenzione il testo che hai postato sul tuo blog l’11 novembre, “Uno scritto interessante sulla Sacra Sindone”, e ho avuto subito il desiderio di rispondere in modo serio e dettagliato a quelle che ritengo una posizione ideologica e una serie di prove del tutto infondate. Può darsi che come torinese io soffra di un pregiudizio positivo sulla Sindone di Torino (condiviso, peraltro, dalla stragrande maggioranza degli ortodossi russi). Quello che è certo è che l’autore del testo che hai postato soffre per essa di un pregiudizio negativo (condiviso, peraltro, dalla stragrande maggioranza degli ortodossi greci).
Potrei tradurre tutto l’articolo dal francese all’italiano, ma per brevità permettimi di riassumere in modo estremamente sommario la tesi dello “scritto interessante”: dato che il costume funerario giudaico richiedeva che il sudario fosse avvolto da bende, con le braccia distese lungo i fianchi, e la Sindone di Torino non presenta questi dettagli, ALLORA la Sindone di Torino è falsa. Come prove collaterali, l’autore presenta alcune immagini dell’iconografia tradizionale con Cristo nel sepolcro, avvolto in un sudario fasciato da bende (come Lazzaro) nel modo “canonico” ebraico, e quindi sostiene che si deve dare credito a Giovanni (che parla di una “sistemazione” del corpo di Gesù), rispetto ai sinottici (che non ne parlano), in quanto Giovanni sarebbe stato testimone oculare e gli altri no.
Quanto sarebbe bello, per alcuni, se in tutto il corpo della Tradizione della Chiesa, le Scritture, la continuità della fede, l’iconografia... ci fossero dati chiari e univoci su questo e su altri temi. Ma non ci sono, e non ha senso nascondere il fatto che si presentano davvero ai nostri occhi dati apparentemente contraddittori. Forse alcuni possono essere risolti con uno studio più approfondito (in questo caso, come ti scriverò qui di seguito, una maggiore conoscenza della tradizione ebraica può essere d’aiuto); in altri casi, temo che debba esserci sempre un elemento di mistero che non riusciamo a chiarire del tutto. Se è così, fenomeni che non possono essere riconosciuti veri al 100% (ma neppure riconosciuti falsi al 100%), dovrebbero essere trattati con un po’ meno di certezza dogmatica.
Quella che l’autore del testo tratto da La Lumière du Thabor, “l’erudito padre Teoclito”, opera con la sua tesi, è una violenza esegetica di prim’ordine. Quando si vuole usare il testo delle Scritture solo per sposare la propria tesi, non si fa altro che degradarlo... e conseguentemente, si degrada tutta la Tradizione della Chiesa.
Per iniziare, tutti gli approcci che dicono “dobbiamo seguire Giovanni e non i sinottici” ci dovrebbero far risuonare un campanello d’allarme. Ti ricordi di come Marcione diceva “dobbiamo seguire Luca e non gli altri evangelisti”?
È ben vero che alcune pratiche della Chiesa sembrano dare ragione a Giovanni rispetto ai sinottici: per esempio, il fatto che si usi pane lievitato nell’eucaristia concorda con Giovanni (per il quale la Cena Mistica è descritta come quella della vigilia dei giorni pasquali, l’ultima in cui si usava pane lievitato) piuttosto che con i sinottici (che alludono al “mangiare la Pasqua”, sicuramente con pane azzimo). Ma qui, la concordanza con Giovanni è corroborata da una bi-millenaria pratica continua della Chiesa, non solo dai particolari di alcune icone del secondo millennio!
Pretendere poi di voler seguire Giovanni “in quanto unico testimone oculare” è puro sciovinismo. Il testo evangelico ci dà Giovanni come testimone all’agonia di Gesù sulla croce, l’iconografia lo vede come testimone alla deposizione dalla croce... nessuna fonte lo vede come protagonista della sistemazione del corpo di Gesù nella tomba. La “preferenza per il testimone oculare” potrebbe addirittura ritorcersi contro se stessa, in quanto i sinottici (scritti prima, quando i testimoni oculari degli eventi erano ancora in maggioranza vivi) possono essere facilmente accreditati di maggior peso testimoniale rispetto al Vangelo di Giovanni (scritto molti decenni più tardi, e palesemente più interessato a offrire un senso mistico degli eventi, piuttosto che a farne una cronaca fattuale).
Ma vediamo un poco di riassumere, per quanto riguarda i dati relativi alla Sindone, che cosa dice ciascun evangelista. Ti prego di perdonarmi se non scrivo i riferimenti versetto per versetto, e cito solo i capitoli. I testi sono abbastanza brevi perché ciascuno se li vada a leggere.
MATTEO (capitoli 27 e 28)
Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo assistono alla crocifissione. Venuta la sera Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di Gesù, lo avvolge in un lenzuolo candido e lo depone nella tomba nuova, scavata per lui nella roccia; rotola poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, e se ne va. Davanti al sepolcro sono Maria di Magdala e l'altra Maria. Durante il sabato la tomba viene sigillata e vi si pone una guardia.
All'alba della domenica, Maria di Magdala e l'altra Maria vanno a visitare il sepolcro. Un gran terremoto è causato da un angelo, che ribalta la pietra e tramortisce le guardie dallo spavento. All'annuncio dell'angelo, le donne corrono a dare l'annunzio ai discepoli.
MARCO (capitoli 15 e 16)
Giunta la sera della vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea chiede il corpo di Gesù. Comprato un lenzuolo, lo cala giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depone in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fa rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses osservano.
Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprano oli aromatici e vanno al sepolcro di buon mattino alla domenica, giungendo al levar del sole; vedono il masso rotolato via, e fuggono senza dir niente per la paura.
LUCA (capitoli 23 e 24)
Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di Gesù. Lo cala dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo depone in una tomba nuova scavata nella roccia. È il giorno della Parasceve e già splendono le luci del sabato. Le donne venute con Gesù dalla Galilea seguono Giuseppe, osservano la tomba e come è stato deposto il corpo di Gesù, poi tornano indietro e preparano aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservano il riposo secondo il comandamento.
La domenica, di buon mattino, le donne si recano alla tomba, portando con sé gli aromi che hanno preparato. Trovano la pietra rotolata via dal sepolcro, e non trovano il corpo di Gesù. All'annuncio di due uomini apparsi in vesti sfolgoranti, tornano ad annunziare tutto questo agli undici e a tutti gli altri. Le donne sono Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo, oltre alle "altre che sono insieme".
GIOVANNI (capitoli 19 e 20)
I soldati danno il colpo di grazia ai tre crocifissi, perché i corpi non rimangano in croce durante il sabato. Giovanni si dichiara testimone del colpo di lancia al costato di Gesù.
Giuseppe di Arimatea e Nicodemo vanno a prendere il corpo di Gesù e portano una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Prendono il corpo di Gesù, lo avvolgono in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Depongono il corpo in un sepolcro nuovo che si trova in un giardino vicino, a motivo della Preparazione dei Giudei.
Maria di Magdala si reca al sepolcro alla mattina della domenica, quando è ancora buio. Vede la pietra ribaltata via dal sepolcro, e avvisa Pietro e Giovanni. Questi, al sepolcro, vedono le bende per terra e il sudario piegato in un luogo a parte.
I racconti sono certamente divergenti, ma come testimonianze di persone diverse, che vedono le cose dai propri punti di vista, sono certamente coerenti tra loro. Per esempio, il numero delle donne e le loro reazioni presentano grandi divari, ma questo non deve stupire: se Giovanni ricorda Maria di Magdala perché fu lei a dargli l’annuncio, non significa che non ci fossero state altre donne, e così via.
Ora, l’autore del testo in francese da te postato si fissa sulla singola esegesi di Gv 19:40, “Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei”, usandolo come testo chiave per confutare la Sindone di Torino. Tutte le testimonianze del contesto, anche quando sono in aperta contraddizione con quello che è scritto in questo verso, sono semplicemente lasciate evaporare. Non occorre che ti dica, padre Marco, come si dice in greco il processo con cui si opera una “scelta” su una dottrina preferita trascurando tutto il contesto? Tu lo sai, ma diciamolo anche ai nostri lettori… si dice αίρεση, da cui l’italiano eresia.
Noi cerchiamo di non essere eretici (in questo senso) e di vedere il contesto. È ben possibile che Giuseppe e Nicodemo avessero preparato tutto, compresi un bel po’ di chili di gel di aloe con mirra, per trattare il corpo “com'è usanza seppellire per i Giudei”, ma il problema è: lo hanno bendato davvero subito, oppure no? Su questo dettaglio sta in piedi oppure cade tutta la tesi sulla falsità della Sindone proposta da padre Teoclito.
Se leggiamo il contesto (la sera della vigilia, la preparazione della Pasqua, le luci del sabato che già splendono) e sappiamo qualcosa delle usanze ebraiche (il divieto di compiere diverse azioni in giorno di sabato, tra cui - importantissimo per il nostro problema - il divieto di legare e fare nodi), abbiamo tutto il diritto di ipotizzare che la procedura della sepoltura si sia arrestata per rispetto del sabato, per riprendere con il resto delle procedure rituali dopo la fine del riposo. Trascinare oggetti anche pesanti (corpi, macigni) non viola il sabato, legare le bende invece sì.
Se inizia il sabato e il corpo non si può fasciare in modo adeguato e senza violare le regole, tutto lascia pensare che Giuseppe e Nicodemo abbiano appena ricoperto il corpo con il lenzuolo funebre (magari lasciando perfino le bende per terra!) e che le donne, vedendo chiudere il sepolcro con la pietra, si siano ripromesse di ritornare alla fine del sabato, riprendendo il lavoro lasciato a metà, e fare la loro opera lavando e ungendo il cadavere. Tutt’altro quindi che considerare, come fa padre Teoclito, che i sinottici si siano “limitati al grande avvenimento, mentre Giovanni, testimone oculare, ci ha donato tutti i dettagli”, dove naturalmente “tutti i dettagli” sarebbero le sole bende, per lui tanto importanti per distruggere la credibilità della Sindone di Torino.
Purtroppo “l’erudito padre Teoclito” non sembra essersi reso conto che insistendo sulla fasciatura di Gesù proprio come quella di Lazzaro, distrugge sì la Sindone di Torino che sembra stargli tanto antipatica, ma al tempo stesso distrugge una ben più importante parte della tradizione cristiana ortodossa: le Mirofore!
Se il corpo di Gesù era già bell’e che preparato e impacchettato, che ragione avevano le donne di preparare aromi per ungerlo? Volevano forse sfasciarlo e rifare di nuovo quello che Giuseppe e/o Nicodemo avevano fatto tanto piamente “com'è usanza per i Giudei”? A che punto deve spingersi la sfacciataggine di un “erudito padre”: trattare le sante Mirofore come violatrici di cadaveri solo per segnare un punto contro l’autenticità della Sindone di Torino?
Concludiamo con “il dettaglio principale” trovato dall’erudito padre, “come nei delitti perfetti”, ovvero la posizione delle mani sulla Sindone, che “da sola è sufficiente a provare, in modo irrefutabile, che siamo davanti a una menzogna su scala mondiale, per non dire un’impostura, a meno di sminuire l’intelligenza, peraltro ben viva, dei teologi del cattolicesimo”. Τίποτα λιγότερο!
Ecco cosa dice l’irrefutabile prova: “Ma l'indice che distrugge tutti gli argomenti insostenibili dei latini, è la posizione delle mani di Gesù nella sepoltura. Come e perché i pii ebrei, preparando il corpo del Signore per la sepoltura, gli avrebbero incrociato le mani sul ventre, secondo una consuetudine propria dei soli cristiani?” ...devo dirti che mi sembra un’argomentazione così patetica da non meritare nemmeno una risposta. Tuttavia analizziamo questo “colpo di grazia agli argomenti insostenibili dei latini” (…e degli ortodossi russi?) e vediamo qualcosa di molto pratico.
Tralasciamo il fatto che se i cristiani incrociano le mani di un morto, di solito le incrociano sul petto o al più sulla pancia, ma non sui genitali (…quanti funerali hai servito, tu stesso, in cui i cadaveri avevano le mani incrociate sul pube?), e cerchiamo di metterci nei panni di Giuseppe o di Nicodemo. Hai messo il corpo nel sepolcro, si accendono le luci del sabato, devi lasciare il lavoro di fasciatura a metà, il resto lo faranno le donne… ecco, se TU dovessi ricoprire un corpo nudo con un lenzuolo, magari non ti verrebbe in mente di posizionarlo in un aspetto che, quando il lenzuolo verrà sollevato (verosimilmente da donne) per il lavaggio e l'unzione, suggerisca per lo meno un po’ di decenza? Con un’idea del genere in mente, ti senti anche tu “menzognero su scala mondiale”, “impostore”, o “dotato di un’intelligenza sminuita”?
Tutte queste cose te le dico non per insistere su un’autenticità quasi dogmatica della Sindone di Torino, ma proprio per sottolineare come non si può essere dogmatici nel negarla. Quando poi si vogliono usare le Scritture come un’arma... ecco, UN versetto di Giovanni SEMBRA sostenere che la Sindone sia falsa, mentre lo stesso verso collocato in tutto un contesto SEMBRA sostenere che sia vera (o quanto meno perfettamente verosimile) ...proprio per i particolari delle cose che dice, analizzati con un po’ più di attenzione e un po’ meno di partigianeria.
Padre Teoclito afferma di avere invitato “i fratelli latini dell’Ellade” a rispondere alle sue argomentazioni, e di non avere avuto, “beninteso”, nessuna risposta. Non so se i fratelli latini in Grecia siano tanto menefreghisti rispetto alla Sindone quanto sembrano esserlo alcuni dei loro fratelli ortodossi, ma quel che è certo è che mi dispiace che “l’erudito padre Teoclito” non abbia potuto chiedere le stesse cose a un fratello ortodosso di Torino. O magari della Russia. Avrebbe trovato pane per i suoi denti.
Tuo in Cristo,
Ambrogio
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Domande e risposte sul calendario
Dell’arciprete Alexander Lebedeff
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Nota: Il seguente materiale è una risposta data da Padre Alexander Lebedeff a domande riguardanti l'uso di differenti calendari nell'anno liturgico ortodosso, apparsa su uno dei gruppi di discussione ortodossi in Internet.
Apprezzo coloro che hanno espresso il loro parere sulla questione del calendario. È incredibile il numero di specchietti per le allodole che si possono presentare, invece di affrontare a viso aperto i veri problemi!
Qui ci sono alcune risposte alle domande che sono state sollevate...
In primo luogo, mi sono interessato a fondo al problema del calendario per oltre trent'anni. Devo tuttora sentire anche una sola ragione impellente, o quanto meno una buona ragione, per l'introduzione del nuovo calendario e la conseguente frattura dell'unità liturgica della Chiesa...
Se posso riassumere le ragioni portate fino a oggi in questo gruppo di discussione:
1) Precisione. Si suppone che il vecchio calendario sia astronomicamente impreciso, e che il nuovo calendario risolva il problema.
Risposta: Tutti i calendari sono in sé astronomicamente imprecisi. I santi padri che hanno stabilito il calendario della Chiesa sapevano perfettamente che assegnare l'equinozio di primavera a una data fissa era astronomicamente impreciso. Eppure, hanno proceduto a fare proprio così.
Il cosiddetto "calendario giuliano riformato" ha un difetto fondamentale che lo rovina. Mantenendo i cicli pasquali tradizionali mentre si varia il calendario fisso, il Tipico viene buttato fuori dalla finestra. Il digiuno degli Apostoli è drasticamente ridotto, e in certi anni finisce addirittura prima di cominciare. Nel corso dei secoli, secondo il "calendario giuliano riformato", la data della Pasqua scivolerà gradualmente in avanti nel ciclo fisso dell'anno, cosicché il giorno di Pasqua (con tutte le feste mobili) coinciderà gradualmente con le feste dei Santi Pietro e Paolo, con la Trasfigurazione, con la Dormizione, e perfino con la Natività (quest'ultima coincidenza avverrà tra circa 35.000 anni, quindi ci si può dire: "Qual è il problema?", ma si verificherà).
Come ho detto prima, gli astronomi non possono utilizzare il calendario gregoriano per i loro calcoli, dato che "manca" dei dieci giorni che sono stati "saltati" nel 1583. I programmatori di computer fanno sempre i calcoli della distanza tra le date utilizzando la "data giuliana." Copernico, tra gli altri astronomi, era fermamente contrario al cambiamento gregoriano del calendario. L’Accademia delle Scienze dell’Impero russo, all'inizio del XX secolo, non ha trovato ragioni scientifiche o astronomiche per l'adozione del calendario gregoriano.
Inoltre, come spiegherò in seguito, la precisione astronomica non era assolutamente uno dei motivi per cui il cambiamento del calendario è stato introdotto dal patriarca Meletios Metaxakis nel 1924.
2) Obbedienza alla propria gerarchia.
Risposta. Questa di fatto è una buona ragione per usare il calendario che i propri vescovi dicono di usare. Non è assolutamente, in alcun modo, una giustificazione per il cambiamento originale del calendario.
Un punto sconvolgente è il fatto che alcune giurisdizioni hanno permesso ai singoli parrocchiani di votare e di scegliere quale calendario desiderano utilizzare! Ecco un chiaro esempio di gerarchi che abrogano la loro autorità di guidare e di insegnare. I parrocchiani laici non hanno un concetto delle questioni liturgiche e storiche riguardanti il calendario, se non hanno avuto un’istruzione teologica. Tuttavia, essi sono chiamati a prendere decisioni in merito all’abbandono del calendario che ha fatto parte della tradizione della Chiesa per sedici secoli!
Non molto tempo fa si è verificato un incidente nella Marina degli Stati Uniti. Il capitano di una delle più grandi navi ha offerto al suo equipaggio la possibilità di votare sul luogo dove volevano trascorrere la loro settimana di congedo a terra dopo una lunga navigazione. Per questo fatto, il capitano è stato sollevato dal comando e degradato - aveva abrogato la sua autorità di comandante della nave, dandola ai suoi subordinati. La stessa cosa viene in mente quando si leggono gli annunci che il Patriarcato di Mosca ha permesso alle proprie parrocchie in Gran Bretagna di scegliere quale calendario desiderano seguire, inclusa anche la data della Pasqua. I parrocchiani hanno davvero l’autorità di ribaltare le decisioni dei Concili ecumenici e locali? A mio parere, si tratta di democrazia impazzita.
3) Noi viviamo secondo il calendario civile, che ci dice in quale giorno del mese ci troviamo, pertanto dovremmo adattare il nostro calendario liturgico, per farlo coincidere con quello civile.
Risposta. Questo mi sembra un argomento terribilmente debole. Certo, le autorità civili adottano parametri di peso e misura, e anche del tempo (è per questo che ci si regola sugli orologi atomici dell’amministrazione civile). Ma pensiamo davvero che sia necessario o addirittura ammissibile che le autorità civili dettino alla Santa Chiesa le regole di quando questa debba celebrare i suoi giorni di festa? Che fine ha fatto la separazione tra Chiesa e Stato? Le autorità civili non dovrebbero mai determinare questioni che riguardano la vita liturgica della Chiesa.
La Chiesa ha vissuto e funzionato sotto un’ampia gamma di autorità civili, con decine di sistemi di calendario. E tuttavia, com’è giusto, ha mantenuto il proprio calendario ecclesiastico. Sì, il calendario ecclesiastico è basato su un calendario civile pagano. Ma una volta che il calendario è stato adottato dalla Chiesa, è diventato qualcosa di diverso. È diventato il calendario ecclesiastico, il meccanismo che regola il "battito cardiaco" della vita liturgica della Chiesa nel tempo - che ci dice quando digiunare, quando fare festa, etc.
In ogni tempo e luogo, le autorità civili possono arbitrariamente cambiare cose quali il calendario. Questo significa che dobbiamo cambiare immediatamente il calendario della Chiesa in pari misura? Penso di no. Gli ebrei, i musulmani, i cinesi e altri hanno mantenuto i propri calendari senza prestare attenzione ai calendari civili dei paesi in cui vivono. Non vi è alcun motivo per cui gli ortodossi non dovrebbero essere in grado di mantenere allo stesso modo un calendario ecclesiastico.
Inoltre, non si sa mai quando lo stato potrebbe introdurre qualche serio cambiamento nel calendario civile. Ora si sta seriamente discutendo l'introduzione di un calendario composto da 13 mesi di 28 giorni ciascuno, più una "giornata mondiale" alla fine dell'anno. Questo assicura, naturalmente, che in ogni anno ogni data cadrebbe lo stesso giorno della settimana, semplificando tutti i tipi di operazioni finanziarie. Se un tale calendario diventa legge, gli ortodossi dovrebbero forse "partecipare" e gettare il loro calendario ecclesiastico per adottare quello civile?
Riepilogo.
Il fatto è che non esisteva e non esiste alcun motivo impellente per il cambio del calendario. Nessuna delle ragioni sollevate da uno qualsiasi dei partecipanti a queste discussioni possono servire come giustificazione per l’abbandono del tradizionale calendario ecclesiastico e per causare una frattura nell'unità liturgica della Chiesa.
Finora, nessuno ha trovato una risposta al perché sia stato consentito di ignorare gli anatemi dei tre sinodi pan-ortodossi tenuti nel XVI secolo, che hanno condannato il calendario papale come eretico.
Finora nessuno ha dato una risposta a chi chiede perché sia bene usare un "calendario giuliano riformato", che riduce drasticamente o addirittura elimina il millenario digiuno degli Apostoli, o che alla fine (anche se in un tempo molto lungo) farà sì che la Pasqua vada alla deriva nel corso dell'anno della Chiesa fino a coincidere con la Natività. E tutto questo invece di un calendario ecclesiastico tradizionale estremamente ben organizzato e brillantemente eseguito, in cui tali aberrazioni sono semplicemente impossibili. L'obiezione che, se si segue il calendario giuliano, alla fine la Pasqua cadrà in autunno non è convincente. Questo accade già nell’emisfero australe. Forse è giusto che alla fine le stagioni si invertano in modo che anche i nostri fratelli e sorelle ortodossi in Sud America, Africa e Australia siano in grado di celebrare la Pasqua in primavera. Anche l’obiezione che l'esistenza di diversi fusi orari impedisce agli ortodossi di celebrare le feste insieme è speciosa, il calendario vede ogni festa come un giorno intero di celebrazione - un periodo di 24 ore da sera a sera - in modo che, anche in fusi orari diversi, tutti stanno concettualmente celebrando insieme.
Infine, con tutte la discussioni di "precisione" astronomico, "obbedienza al proprio vescovo", "non puoi fare del calendario un idolo", "non esiste il tempo in cielo", ecc, la gente dimentica che la ragione per cui il cambiamento del calendario, (con tutte le sue dolorose conseguenze), è stato introdotto in questo secolo è una ragione molto ben nota - e non ha nulla a che fare con tutte queste altre ragioni.
Il patriarca Meletios Metaxakis, l'architetto della riforma del calendario, fu perfettamente chiaro riguardo alla sua ragione: essa serviva per raggiungere l'unità con gli altri cristiani.
Permettetemi di ripeterlo ancora una volta. La ragione per cui è stata introdotta la riforma del calendario fu la promozione dell'ecumenismo. Punto.
Dobbiamo ricordarci che il patriarca Meletios di Costantinopoli (che in precedenza era stato Arcivescovo di Atene e Patriarca di Alessandria, tanto per ricordare l' "indipendenza" di queste chiese autocefale!), massone dichiarato, era un ostinato rinnovazionista. Nel 1923, riconobbe la Chiesa Vivente rinnovazionista della Russia (che aveva vescovi sposati!) e la deposizione del patriarca Tikhon fatta da quel gruppo. Il suo ordine del giorno per un concilio pan-ortodosso doveva includere non solo l'accettazione del calendario gregoriano, ma anche l’abbreviazione e la semplificazione dei periodi di digiuno, dei servizi di culto, l’ammissione del doppio matrimonio dei chierici, e molte idee riformatrici...
Ora, egli può aver avuto anche altri motivi. Certamente il Patriarcato di Costantinopoli dei primi anni ‘20 era in pericolo di annientamento da parte del nuovo governo secolarizzato turco. Il Patriarcato aveva perso la protezione della Russia imperiale, e aveva bisogno del sostegno dell'opinione pubblica mondiale per sopravvivere. Il sostegno al calendario occidentale era il prezzo di questa accettazione? Molto probabilmente.
Quindi, il motivo dichiarato per il cambiamento del calendario è stato quello di avvicinarsi ai cattolici romani e ai protestanti, e nessuna qualsiasi delle ragioni discusse qui sopra. Il cambiamento non è riuscito a portare l’unione con gli eterodossi. È riuscito, tuttavia, a provocare profonde e amare divisioni nella Chiesa ortodossa. E questo è qualcosa che vogliamo sostenere?
Sono stato accusato di fare un appello "emotivo" per il mantenimento e la restaurazione del calendario tradizionale della Chiesa.
Ma è razionale il fatto che ora viviamo in una situazione in cui un non ortodosso, che incontra un cristiano ortodosso, per esempio, per le strade di Los Angeles, e fa una semplice domanda: "oggi è un giorno di digiuno?" non possa avere una risposta diretta? Né può avere una risposta alla domanda "quale santo celebra oggi la Chiesa?".
Le risposte del tipo: "Ebbene, ecco, vedi, alcuni ortodossi sono ancora facendo il digiuno della Dormizione, mentre altri hanno già celebrato la festa," non sono risposte buone o dirette.
È razionale a causare schizofrenia nei nostri vescovi, che, mentre visitano le parrocchie, devono tenere conto di quale calendario seguono queste? O che tali vescovi non possano essere spiritualmente uniti al loro gregge – digiunare o fare festa assieme ai fedeli a causa della questione del calendario? Potrebbero dover celebrare due volte celebrare ogni giorno di grande festa! Non è un modo molto buono di seguire il Tipico! In una parrocchia si digiuna e ci si prepara per una festa che in un’altra è già da lungo tempo passata.
Il vescovo che ha già celebrato la Natività deve tornare a digiunare per altre due settimane? O deve iniziare, non si sa mai, tutti i suoi digiuni due settimane di anticipo? Tutto ciò è ridicolo.
I rinnovatori stessi che hanno portato la riforma del calendario sono affaccendati a prepararne delle nuove. È un fatto che Costantinopoli è attivamente coinvolta in discussioni per raggiungere una data unica della Pasqua per tutti i cristiani, e perfino per discutere la possibilità di una Pasqua a data fissa. Restate sintonizzati. Forse sentiremo qualche giustificazione post-factum di questa riforma come ancor più "accurata".
La questione del calendario è dolorosa e causa divisioni, come si può vedere dai dibattiti che hanno avuto luogo in questo gruppo di discussione. A mio parere, questo è un ottimo esempio del perché la riforma del calendario non avrebbe dovuto aver luogo, soprattutto in un pezzo-pasto moda.
Anche se ho a cuore le tradizioni della Chiesa e considero il calendario ecclesiastico come una tra le più durature e santificate di queste tradizioni, sarei stato meno preoccupato se la decisione di rivedere il calendario fosse stata fatta da un’azione comune di tutti i vescovi della Chiesa ortodossa, con tutte le chiese ortodosse che partecipano alla decisione e alla sua attuazione.
Questo, tuttavia, non si è verificato.
Ovviamente, ci sono tre soluzioni possibili.
Uno, un ritorno da parte di tutti i cristiani ortodossi al Calendario ecclesiastico tradizionale e santificato.
Due, l'accettazione da parte di tutti i cristiani ortodossi di riforma del calendario di papa Gregorio, e conseguenti assurdità sul digiuno degli apostoli e la deriva pasquale, nonché l'accettazione delle mire ecumeniste di Meletios Metaxakis.
Tre, il mantenimento dello status quo, che fa continuare la divisione dell'Ortodossia in tutto il mondo in due gruppi, che non possono neppure celebrare insieme le grandi feste.
Per me è chiaro quale di queste alternative è in linea con l'insegnamento dei Santi Concili e dei Padri, e quali non sono.
Spero sia chiaro anche per gli altri.
Con amore in Cristo,
P. Alexander [Lebedeff]
(Agosto, 1996)
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