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  Recensione cinematografica: Тарас Бульба (Taras Bul'ba, 2009)
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Non è facile scrivere una recensione di un film altamente controverso, neppure in una serie di documenti che hanno per scopo dichiarato di parlare di "storia e vicende dei popoli ortodossi". Taras Bul'ba (film parzialmente distribuito con il titolo Il conquistatore) è una produzione cinematografica russa del 2009, diretta da Vladimir Bortko, che tra gli intenditori verrà inevitabilmente vista come remake dell’omonimo film hollywoodiano del 1962 interpretato da Yul Brinner (Taras) e da Tony Curtis (Andrey).

Mentre il conflitto russo-polacco descritto nel film 1612: Cronache del Tempo dei Torbidi è visto come una storia “interna” della Federazione Russa, l’epopea di Taras Bul’ba richiama a ogni passo la questione dell’identità ucraina rispetto alla Russia. Alcuni fatti di base ci aiutano a capire il senso del film e le forti controversie che lo hanno circondato.

1) Il film è stato prodotto in coincidenza con il bicentenario della nascita di Gogol’ (1809-2009).

2) L’Ucraina del 2009 era sotto la presidenza filo-occidentale, anti-russa (e francamente anti-ortodossa) di Viktor Yushchenko.

3) Parte del non indifferente budget del film (stimato intorno ai 20 milioni di dollari) viene da un finanziamento del Ministero della Cultura della Federazione Russa.

La controversia sul film nasce dalla stessa stesura del libro Taras Bul’ba, la storia dell’omonimo capo cosacco del XVI secolo e dei suoi due figli. Originariamente (1835) una novella di carattere decisamente filo-ucraino, fu riscritta dall’autore (1842) in un contesto più in linea con il nazionalismo russo, che si ritrova nelle sue successive opere, tra cui Mertvyja dushi (Le anime morte, 1842), e nella sua corrispondenza personale. Entrambe le opere furono scritte in russo, ma fu l’edizione “filo-russa” del 1842 a divenire un classico della letteratura internazionale, e su questa è basato (in modo sostanzialmente accurato) il film. Una traduzione in ucraino della prima novella di Gogol’ ha dovuto attendere il 2005 (curiosamente, proprio sotto la presidenza di Yushchenko).

Da queste premesse possiamo capire perché due recensioni su tre di questo film puntano sul tasto della “propaganda russa”, anche se nessuno fa notare come lo sforzo propagandistico (palese nel film) può essere una risposta culturale a un’altra, altrettanto forte, pressione propagandistica, quella che vuole a tutti i costi un’Ucraina non solo politicamente indipendente, ma anche culturalmente del tutto divorziata dalla Russia. E che si possa parlare di guerra culturale non c’è dubbio: la leadership politica ucraina ha boicottato questo film con ogni mezzo possibile, fino ad arrivare a far produrre in fretta una versione televisiva in lingua ucraina, finanziata con un budget di mezzo milione di dollari, e proiettata sulla televisione di stato ucraina con tre giorni di anticipo sulla prima del film.

Taras Bul’ba è, prima di tutto, una storia di cosacchi, e nessun film riuscirà mai a rendere giustizia dei complessi giochi di alleanze e di conflitti che hanno coinvolto i cosacchi nella loro storia plurisecolare: la difficile partita a tre con il regno polacco-lituano a occidente e l’impero ottomano a meridione (di fatto la Sich di Zaporozh’e, la fortezza descritta nel film con grande cura di dettagli, non fu distrutta definitivamente dai turchi, ma dallo stato russo sotto Caterina II), il rapporto conflittuale con gli ebrei (bisogna dare atto al regista Vladimir Bortko di avere saputo stemperare le vene antisemite dell’opera di Gogol’, e di avere presentato la figura di Taras Bul’ba come un leader che sa mettere fine all’inizio di un pogrom), e soprattutto, la difesa appassionata e sincera della fede ortodossa: in quest’ottica è impostato il discorso d’apertura di Taras, che parla della Rus’ come di un’unica entità sociale e religiosa.

La descrizione dei costumi dei cosacchi (non solo gli effettivi costumi di scena, anche le attitudini generali) è sorprendentemente precisa. Forse, prima di chiedersi le ragioni della questione russo-ucraina, bisognerebbe chiedere che cosa ne pensano del film i cosacchi stessi. Al fondo di questa recensione, oltre al testo del film, presentiamo un breve filmato dei veri cosacchi di Zaporozh’e di oggi, alla loro festa del 2009 sull’isola di Khortitsa (proprio dove sorgeva la Sich descritta nel film). Un paragone tra i cosacchi autentici dei giorni nostri e quelli fittizi saprà rendere conto dell’accuratezza storica del film.

Il film è in russo e in polacco: certamente, per rendere l’effettiva lingua dei cosacchi, si sarebbe potuto ricorrere a una forma mista di espressioni russe e ucraine per una maggiore obbiettività storica... ma poi si sarebbe dovuto doppiare il film, che sarebbe stato tanto incomprensibile al mondo di lingua russa di oggi, quanto lo sarebbe un film quasi tutto in piemontese diffuso in tutti i cinema italiani. Come in 1612, le frasi in polacco sono immediatamente doppiate in russo, cosa che costringe, giocoforza, i dialoghi in polacco a essere molto brevi e stringati.

Le scene di battaglia e di assedio sono girate in modo eccellente, senza ricorrere a troppi effetti speciali (usati invece per le scene di cavalcate di massa: in tutto il film sono stati impiegati solo 150 cavalli). Le scene girate davvero a Zaporizhzhja e in Polonia rendono il film molto più credibile rispetto al film del 1962, girato in Argentina. La violenza regna sovrana, anche al di fuori delle scene di guerra (la tortura alla fine del film fa sembrare relativamente mite la tortura di William Wallace al termine di Braveheart). Uno dei punti più dissonanti del film (anche dandone per scontata la chiave di lettura propagandistica) è il continuo ricorso a discorsi sulla grande madre Russia e sulla fede ortodossa, messi in bocca praticamente a ogni cosacco morente. Uno o due di questi tributi poetici potrebbero essere comprensibili e in linea con il messaggio del film, ma dopo una serie interminabile di queste scene si perde l’intera credibilità di un film di guerra, e il povero spettatore arriva a chiedersi se c’è un singolo cosacco che possa morire dignitosamente senza aprire bocca!

Bogdan Stupka, l’attore ucraino che interpreta Taras, e che ha ricoperto il ruolo analogo di Bogdan Khmel’nits’kij in Ogniem i mieczem (Con il fuoco e la spada, Polonia 1999) è perfettamente tagliato sulla sua parte: ha tutto, carisma, autorità, una certa qualità grezza che lo rende tale e quale alle tipiche descrizioni di Taras Bul’ba. L’attrice e modella polacca Magdalena Mielcarz, che interpreta la nobildonna Elzhbeta, è di un’assoluta bellezza, ma nel film rimane quasi del tutto muta. Anche gli altri personaggi mancano di spessore di carattere, cosa che li rende poco credibili, o eccessivamente pomposi (la scena d’amore tra Andriy ed Elzhbeta soffre particolarmente di questa visione ideologica); un punto positivo va invece notato a proposito dell’aspetto da veterani induriti di tutti i cosacchi, che li rende realistici non meno dei loro costumi (almeno finché non iniziano le liriche in punto di morte).

Per cercare una conclusione sul tema della propaganda, possiamo far notare che ci sono centinaia di film che impiegano lo stesso punto di vista di fervore patriottico. La cosa insolita è vedere questa tecnica impiegata in un film contemporaneo, e a giudicare dall’apprezzamento popolare, con un notevole successo.

Il regista Vladimir Bortko, in un’intervista, ha detto che il canale televisivo di stato Rossija gli ha commissionato Taras Bul’ba perché il conflitto con Kiev rendeva il tema “politicamente rilevante”. Posto di fronte alla prospettiva che gli ucraini potessero vedere il film come divisivo, ha fatto notare di avere vissuto i primi 30 anni della sua vita in Ucraina. "Ho più diritto di parlare dell'Ucraina del 99 per cento di quelli che dicono il contrario. Ucraini e russi sono come due gocce di mercurio. Quando due gocce di mercurio sono vicine tra loro, si uniscono. Questo l'avete visto. Esattamente allo stesso modo, i nostri due popoli sono uniti". Il film aveva come scopo di dimostrare che "non esiste un’Ucraina separata". Nelle parole di Bortko, "I russi e gli ucraini sono lo stesso popolo, e l'Ucraina è la parte meridionale della Rus'. Loro non possono esistere senza di noi e noi non possiamo farne a meno di loro. Ora siamo due stati, e anche in passato ci sono stati tali periodi. La terra ucraina apparteneva al Granducato di Lituania e alla Polonia. Ma le persone che vivono nei due territori sono sempre state un solo popolo. Gogol' lo capiva bene e ne parlava sempre".

Tutto fa pensare che lo abbiano capito anche gli spettatori del suo film.

 

Il film con i sottotitoli in inglese si può trovare su questo canale YouTube:

http://www.youtube.com/user/bubandot

 

 

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