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  La guerra dei visti: Costantinopoli apre un nuovo fronte contro i preti russi

di Roman Silant'ev

Orthochristian.com, 18 settembre 2018

foto: whoswhos.org

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Recentemente, è apparso nei media e nelle informazioni sui social network che il consolato greco a Mosca si rifiuta di rilasciare visti ai sacerdoti russi, oppure non offre visti di tre anni, come fa ai turisti, ma visti per un solo mese o anche solo per pochi giorni.

Il primo a scrivere del problema dei visti sulla sua pagina Facebook è stato il rettore della Chiesa universitaria statale di santa Tatiana a Mosca, padre Vladimir Vigiljanskij. Alla fine di maggio ha ricevuto un visto per la Grecia: a sua moglie è stato concesso un visto per tre anni, ma a lui è stato concesso un visto per un solo mese, anche se ha richiesto un visto per tre anni. Allo stesso tempo, gli è stato detto all'ufficio visti che non poteva ricevere un visto di tre anni perché le autorità greche preferivano non rilasciarli ai preti "per certe ragioni". Se avesse richiesto un visto come pensionato o come membro dell'Unione dei giornalisti, allora questi problemi non sarebbero sorti.

Padre Vladimir ha insistito sul fatto che aveva già visitato la Grecia in non meno di quindici occasioni e ha accusato le autorità greche di una "grossolana violazione" della Convenzione europea sui diritti umani e sulla libertà, nonché di discriminazione. Ha affermato che molti sacerdoti russi si erano lamentati del fatto che negli ultimi sei mesi si erano imbattuti in una situazione simile – i visti erano stati rilasciati per un massimo di un mese o erano stati rifiutati del tutto.

Un altro prete, padre Vasilij Biksej di Mosca, ha dichiarato che questa estate aveva programmato di trascorrere le sue vacanze con la sua famiglia in Grecia; tutta la sua famiglia ha ricevuto visti, ma a lui è stato rifiutato. Alla fine di luglio, ancora un altro prete di Mosca, il vicepresidente del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne, padre Aleksander Aleshin, ha avuto anche lui il visto rifiutato.

Padre Vasilij Pliska di Krasnodar ha raccontato di aver richiesto un visto per più ingressi al consolato greco, ma ha ricevuto un visto di breve durata per quarantacinque giorni. Padre Vasilij voleva visitare il Monte Athos, eppure gli è stato detto senza mezzi termini all'ufficio visti che se prima potevano dargli un visto per due o tre anni, ora potevano dargliene solo uno per quarantacinque giorni. Questa è la decisione delle autorità greche.

Il caso che ha causato la maggior parte delle reazioni è stato il rifiuto da parte del dipartimento consolare dell'ambasciata greca di concedere un visto Schengen al membro del Santo Sinodo e cancelliere del Patriarcato di Mosca, il metropolita Varsonofij di San Pietroburgo e Ladoga. Il metropolita Varsonofij aveva programmato di andare in pellegrinaggio al Monte Athos. La cancelleria del Patriarcato di Mosca ha dichiarato che "il metropolita Varsonofij è andato in pellegrinaggio al Monte Athos in autunno per molti anni, ma questa volta gli è stato negato il visto".

Possiamo vedere come questi rifiuti di concedere visti greci al clero della Chiesa ortodossa russa non siano esempi isolati, ma abbiano assunto una natura sistematica.

Da fonti non ufficiali apprendiamo che a coloro che lavorano al consolato greco e agli uffici visti a Mosca è stata inviata una direttiva segreta di prestare grande attenzione alle persone che assomigliano esternamente a sacerdoti ortodossi. Così, una barba e un modo di parlare dolce sono diventati segni di qualcuno la cui presenza in Grecia è indesiderabile.

In agosto il ministero degli Esteri russo ha consegnato una nota diplomatica alla Grecia con una richiesta di spiegare perché sono sorte delle difficoltà con il rilascio dei visti ai sacerdoti della Chiesa ortodossa russa. Tuttavia, il ministero degli Esteri deve ancora ricevere una risposta.

Molti chierici della Chiesa ortodossa russa si recano in Grecia non con l'intento principale di prendere il sole sulle spiagge greche, ma di visitare il luogo santo del mondo ortodosso situato in Grecia, cioè la montagna santa dell'Athos. Tuttavia, per arrivarci, è necessario avere non solo un visto greco o un visto di uno dei paesi Schengen, ma anche avere un permesso speciale sotto forma di un diamonitirion, che viene rilasciato dall'ufficio dei pellegrinaggi della Montagna Santa a Salonicco. Va ricordato allo stesso tempo che l'Athos è sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli, che ha intrapreso un aperto conflitto con la Chiesa ortodossa russa. Il problema di un diamonitirion dipende completamente dalla volontà di Costantinopoli: se questa vuole rilasciare un visto, lo farà; se no, non ha senso cercare di convincere l'ufficio a Salonicco. Il Fanar (l'area di Istanbul dove si trova la residenza del Patriarca di Costantinopoli) ha deciso di chiudere l'Athos a pellegrini provenienti dalla Russia rifiutando di rilasciare il documento che dà il permesso di visita. Per inciso, questi documenti non sono rilasciati ai sacerdoti da Mosca ormai da diversi mesi. Secondo la scala temporale, ciò avviene contemporaneamente agli ostacoli relativi ai visti. È una coincidenza? Sembra ben poco probabile. Piuttosto, tutto punta a un accordo segreto tra il Patriarcato di Costantinopoli e le autorità greche.

Tutta questa "guerra dei visti", iniziata nell'aprile-maggio di quest'anno, coincide stranamente con l'appello di aprile del presidente ucraino Petro Poroshenko, dei deputati della Verkhnova Rada, e di rappresentanti di gruppi scismatici al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, di concedere l'autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina e quindi creare in Ucraina una "Chiesa ortodossa locale indipendente ", così come con la determinazione del Fanar di iniziare il processo di concessione dell'autocefalia. Il Fanar, naturalmente, si è reso conto che tali azioni avrebbero significato l'inizio di un conflitto diretto con il Patriarcato di Mosca, e quindi ha iniziato uno "conflitto dei visti in prima linea" contro i sacerdoti russi.

Possiamo porre la domanda: in che modo la Chiesa di Costantinopoli, il cui centro amministrativo si trova in Turchia, e le autorità greche sono collegate?

Va notato che la solidarietà greca svolge un ruolo importante (il patriarca Bartolomeo e i vescovi, i sacerdoti e il gregge del Patriarcato di Costantinopoli sono principalmente greci), sostenuto dalle autorità di Atene. Bisogna anche aggiungere un fattore esterno, cioè che il patriarca Bartolomeo e la sua Chiesa sono tutt'altro che indipendenti: sono uno strumento nelle mani delle forze globaliste, il cui centro è rappresentato dagli Stati Uniti d'America.

La discriminazione dei chierici della Chiesa ortodossa russa (menzionata nei media greci) è legata alla circostanza che due anni fa uno degli autori dell'Euromaidan ucraino, Geoffrey R. Pyatt, è stato nominato ambasciatore degli Stati Uniti in Grecia. Poco dopo la sua nomina ha visitato il Monte Athos, ma non in pellegrinaggio; piuttosto, in funzione di "controllo".

C'è il sospetto che durante questa visita l'ambasciatore americano abbia chiesto apertamente che cessasse la cooperazione tra i monasteri athoniti e la Chiesa ortodossa russa. Dovremmo aggiungere a questo che attualmente in Grecia c'è una campagna di propaganda organizzata contro la Russia e la Chiesa russa. Così, di recente, il pubblico greco ha scoperto con grande sorpresa da un certo numero di affermazioni totalmente infondate dei media che la Russia starebbe inviando in Grecia "spie in tonaca".

Siamo costretti a concludere che dietro al progetto dell'autocefalia ucraina, su cui insiste il Patriarcato di Costantinopoli, le élite americane agiscono attraverso i loro agenti d'influenza vicini alla leadership all'interno del Fanar. Gli Stati Uniti mostrano più apertamente il loro ruolo nel portare a compimento il progetto dell'autocefalia ucraina, il cui scopo è quello di approfondire la divisione tra Ucraina e Russia.

Costantinopoli, promuovendo aggressivamente la sua supremazia nel mondo ortodosso, sta agendo in modo inescusabile e sfacciato, umiliando i suoi fratelli vescovi e sacerdoti provenienti dalla Russia. Questa politica di aperta discriminazione legale-giurisdizionale ci conduce in un vicolo cieco, per uscire dal quale sono necessari tempo e grandi sforzi. Impone alla Chiesa ortodossa un conflitto interno, divide e indebolisce l'Ortodossia. È ancora più triste che ciò che sta accadendo non sia un errore, ma una scelta consapevole del Fanar.

***

Roman Silant'ev è ricercatore in campo religioso, dottore in scienze storiche e direttore del Centro per i diritti umani dell'Assemblea popolare russa.

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