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  L'abate Sava di Dečani sull'ingresso del Kosovo nell'UNESCO

Save World Heritage, 1 novembre 2015

Pravoslavie.Ru, 6 novembre 2015

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Padre Sava Janjić, l'abate del monastero ortodosso serbo di Visoki Dečani, il primo sito di patrimonio culturale mondiale dell'UNESCO nel Kosovo, ha rilasciato un video riguardante l'offerta del Kosovo di entrare nell'UNESCO e il pericolo che ciò rappresenta per i tesori spirituali e culturali serbi della zona. Ecco la trascrizione dell'appello:

* * *

Colgo questa occasione per trasmettere le più gravi preoccupazioni che la richiesta del Kosovo di aderire all'UNESCO ha creato nella mia Chiesa e la nostra comunità. Poiché il Kosovo è stato un centro spirituale della Chiesa Ortodossa Serba dal XIII secolo con tombe e reliquie dei nostri arcivescovi nei nostri luoghi più santi, la nostra principale preoccupazione è sempre stata quella di proteggere questi luoghi santi. Ed è proprio a causa di pericolo che i nostri luoghi santi hanno dovuto affrontare negli ultimi 16 anni, che i nostri siti UNESCO di Patrimonio mondiale dell'umanità, che sono tutti e quattro chiese ortodosse serbe, sono anche iscritti sulla Lista del patrimonio mondiale in pericolo. Attacchi regolari e provocazioni verbali in mezzo all'atmosfera generale di intolleranza hanno reso necessario che i nostri siti più importanti in Kosovo rimangano ancora sotto un regime speciale di sicurezza da parte della polizia e delle forze di pace internazionali.

Purtroppo, DOPO la guerra in Kosovo, a differenza delle altre guerre civili in ex Jugoslavia, in particolare in Bosnia, in cui gli atti di vandalismo nei luoghi santi si sono interrotti dopo la fine delle ostilità, 150 chiese ortodosse serbe e quasi 400 cimiteri cristiani ortodossi serbi del Kosovo sono stati distrutti o seriamente danneggiati a partire dall'inizio della missione di pace delle Nazioni Unite in Kosovo nel giugno 1999. Solo in due giorni nel marzo 2004, 34 dei nostri luoghi santi sono stati bruciati da migliaia di rivoltosi albanesi del Kosovo. Non abbiamo avuto nessun aiuto da quel tempo e oggi gli stessi dirigenti del Kosovo e delle istituzioni provvisorie del Kosovo, ad eccezione delle truppe internazionali della KFOR guidata dalla NATO, che hanno protetto i nostri più importanti santuari. Il mio monastero, un sito del XIV secolo, è stato attaccato da granate ben quattro volte dalla fine della guerra del Kosovo nel 1999, e questa è la ragione per cui rimaniamo ancora sotto una stretta protezione della NATO.

Naturalmente, possiamo dire che tutto questo è passato, ma ne sono seguiti continui atti di vandalismo di basso livello delle nostre chiese e cimiteri e finora le autorità del Kosovo non sono state in grado di fermarlo, tra la pervadente atmosfera di sentimenti anti-serbi alimentata dai media e da dichiarazioni irresponsabili. Alcuni giorni fa altre due chiese serbe sono state scassinate. Siamo particolarmente feriti dai tentativi di alcuni intellettuali albanesi del Kosovo che si occupano attivamente di revisionismo storico e che stanno cercando di riscrivere la storia e cambiare l'identità dei nostri siti, anche se numerosi autori internazionali hanno scritto su queste perle di tradizione medievale e cristiana, costruite dai re serbi medievali, che hanno un posto importante nella storia medievale europea. Molti giovani albanesi del Kosovo imparano ancora nelle loro scuole che noi, i monaci serbi che viviamo qui da centinaia d'anni, abbiamo occupato quelli che chiamano monumenti e siti etnici albanesi, cosa che è storicamente assurda e inoltre incita all'odio etnico e religioso.

Siamo seriamente preoccupati per la richiesta del Kosovo di aderire all'UNESCO, non perché siamo contro la promozione della cultura e dell'istruzione in Kosovo, ma soprattutto perché troviamo molto difficile fidarci delle istituzioni del Kosovo. Una forte discrepanza tra le loro dichiarazioni ufficiali che ci promettono piena protezione di fronte ai media internazionali e gli ultimi progetti di legge – assolutamente discriminanti – sulla cultura e la strategia culturale del Kosovo, danno un'idea completamente conflittuale di quello che le autorità del Kosovo potrebbero fare se le fosse accordato un pieno status di appartenenza all'UNESCO. Invece di essere un meccanismo di protezione, l'appartenenza all'UNESCO può diventare facilmente un meccanismo di repressione culturale.

Noi, come Chiesa, non siamo motivati ​​da ragioni politiche, anche se la Serbia e molti paesi che non hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo rimangono profondamente preoccupati che l'ingresso del Kosovo in organizzazioni come l'UNESCO potrebbe essere un grave precedente, che può incoraggiare il separatismo nei loro paesi. Il Kosovo non è ancora riconosciuto da tutti gli stati membri dell'Unione Europea e non è membro di molte organizzazioni internazionali proprio per questo motivo. Dopo tutto, il nostro patrimonio non è solo il nostro patrimonio della Chiesa, ma l'eredità di tutti gli uomini serbi che abbiamo protetto e seguito per secoli, in particolare durante 5 secoli di dominio ottomano nei Balcani.

Ecco perché come Chiesa crediamo che l'appartenenza del Kosovo all'UNESCO debba essere rimandata fino a quando Belgrado e Pristina, nel dialogo promosso dall'UE a Bruxelles, definiranno chiaramente i meccanismi di tutela istituzionale dei nostri luoghi sacri in Kosovo con tutte le garanzie internazionali. Questo dovrebbe essere fatto in modo da evitare che i nostri luoghi sacri diventino un bersaglio di nazionalisti e revisionisti storici, in quanto la legislazione vigente del Kosovo non è abbastanza precisa e può essere oggetto di modifica unilaterale. Rinominare i nostri siti in "monumenti serbi ortodossi medievali in Kosovo" da parte dell'UNESCO può essere un primo passo in questa direzione, per significare chiaramente l'appartenenza religiosa di questi siti, come ad esempio i monasteri armeni in Iran.

Il dialogo di Bruxelles tra Belgrado e Pristina è un processo di cruciale importanza il cui obiettivo è quello di promuovere fiducia e di risolvere tutti i problemi pratici che le nostre comunità stanno ancora affrontando. Dopo tutto, sia Belgrado sia Pristina guardano avanti verso il futuro europeo della regione e noi, come Chiesa, crediamo fortemente che il nostro patrimonio ortodosso serbo in Kosovo non dovrebbe essere una pietra d'inciampo di confronto politico ma piuttosto un ponte tra le comunità e di tutti i popoli di buona volontà che stanno cercando il loro futuro comune in Europa. Dopo tutto, questo è il vero significato dei siti religiosi e culturali in tutto il mondo, promuovere la comprensione e la fiducia, e non il contrario.

La nostra Chiesa guarda verso il futuro, ma tutti noi in Kosovo non posiamo dimenticare le ferite del passato. Poiché il mio monastero ha dato riparo ai profughi albanesi del Kosovo che hanno sofferto durante la guerra, sappiamo fin troppo bene quanto è triste per molti rifugiati serbi che hanno dovuto fuggire dopo la guerra del Kosovo e non sono in grado di ritornare in Kosovo 16 anni dopo la fine delle ostilità. Abbiamo ancora molte chiese in rovina da ricostruire a partire dal 1999, molti cimiteri da riparare e tutti in Kosovo e dintorni da aiutare a vivere in pace e comprensione reciproca. Ecco perché rimaniamo aperti al dialogo. In tale contesto qualsiasi decisione politica che possa mettere a repentaglio le prospettive di dialogo sarà dannosa per tutti.

Con questo messaggio esprimo sincera speranza a nome della mia Chiesa che l'UNESCO rinvii il tentativo del Kosovo di entrare a farne parte, per favorire il dialogo e la protezione del patrimonio culturale, in particolare in questa parte del mondo dove è ancora in pericolo.

Per maggiori informazioni visitate il sito Save World Heritage.

Abate Sava Janjić

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