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  Perché Svetlana Alexievich ha vinto il premio Nobel per la Letteratura

di Anatoly Karlin

The Unz Review

11 ottobre 2015

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Non ho alcuna pretesa di essere una sorta di letterato di alta classe. Se leggo opere di fiction, si tratta quasi inevitabilmente di fantascienza o fantasy. Sono tristemente ignorante quando si tratta di letteratura "con la L maiuscola", e guardando la spazzatura postmoderna che sembra dominare la scena contemporanea, sono sinceramente contento di continuare a sguazzare nella mia ignoranza.

Quindi, non sono stato molto sorpreso di ritrovarmi completamente ignaro di Svetlana Alexievich quando è stata annunciata come vincitrice del Premio Nobel 2015 per la letteratura. La cosa più sorprendente è che questa ignoranza era largamente condivisa tra i miei conoscenti russi. Non è che i miei conoscenti siano proprio dei trogloditi culturali. Come i giornalisti occidentali hanno recentemente confermato, lei è davvero piuttosto sconosciuta nella russosfera.

Il pathos della situazione di Alexievich è che, mentre alcuni dei suoi libri hanno avuto successo – War's Unwomanly Face, come riferito ha venduto due milioni di copie – oggi, la scrittrice umanista è quasi sconosciuta nella sua patria disumanizzante, ed è di scarso interesse per il suo popolo. Le sue tirature sono modeste. Non ci sono praticamente commenti o voti sui suoi libri su Ozon.ru (link in russo), la risposta della Russia ad Amazon.com, e la maggior parte dei libri non è neppure disponibile. Per contro, i precedenti cinque vincitori di lingua russa del Nobel per la letteratura -  Ivan Bunin, Boris Pasternak, Solzhenitsyn, Mikhail Sholokhov, e Joseph Brodsky, sono tutti nomi molto familiari.

Qui di seguito è riportato un grafico che ho compilato utilizzando Google Trends, confrontando le discussioni on-line su di lei rispetto ad altri scrittori di spicco di lingua russa, provenienti da diversi generi e posizioni sullo spettro politico. Il grafico va dal 2004 al settembre 2015, al fine di evitare il picco artificiale in coincidenza con l'annuncio del Premio Nobel di Alexievich in questo mese di ottobre.

Dmitry Bykov è un poeta e saggista, Viktor Pelevin è un postmoderno, ma fa nel suo genere alcune cose veramente originali e profonde, e Boris Akunin è uno scrittore di bestseller di narrativa poliziesca storica. Forse ancora più importante per il genere di persone a cui decidono di dare premi, tutti e tre sono fortemente anti-Putin e pro-Maidan. L'eccezione è Sergey Lukyanenko, le cui fantasie urbane hanno fatto probabilmente di lui lo scrittore moderno russo più noto internazionalmente.

Ciò che tutti e quattro hanno in comune però è che non in un solo mese hanno avuto i loro nomi menzionati online meno spesso di Svetlana Alexievich. Come si può vedere dal grafico a barre, ciascuno di loro è più popolare in qualunque ordine di grandezza. Nessuno di loro sarebbe stato un premio Nobel indegno. Ci sono decine di altri scrittori di lingua russa ben prima del suo, per non parlare del resto del mondo. Così il suo Premio Nobel di certo non può essere stato il risultato di prominenza e acclamazione popolare.

È stata quindi selezionata sulla base del livello profondo di comprensione e apprezzamento della letteratura russa del comitato svedese dei Nobel? Era lei il diamante trascurato nel fango, la regina non coronata del sottobosco?

Fortunatamente, il blogger (nonché uno dei miei commentatori regolari) Lazy Glossophiliac ha esaminato questo tema in dettaglio, facendo il lavoro che gli ancor più pigri giornalisti non hanno voluto fare. Il libro da lui esamiato era The Chernobyl Prayer: Chronicles of the Future (pubblicato nel 2006), che è disponibile on-line in russo qui:

http://www.lib.ru/NEWPROZA/ALEKSIEWICH/chernobyl.txt

Anche a un genere di persona non letterario – Lazy Glossophiliac è un tecnico – è subito evidente il che la sua opera è di seconda categoria.

Ha una spensierata indifferenza verso i fatti. Fa numerose affermazioni audaci che sono o infondate o evidentemente e statisticamente false. Alcune sono di calibro piuttosto minore (dice che la Belarus' è un paese a maggioranza rurale, in realtà ha smesso di esserlo a metà degli anni '70). Altri sono cardinali, come per esempio la notevole affermazione che le radiazioni di Chernobyl sono state la ragione più importante per il declino demografico della Belarus'. In realtà, non sono state la prima ragione e neppure la decima in ordine di importanza. In Belarus' come in Russia e in tutta l'Unione Sovietica, la mortalità è rimasta relativamente bassa fino alla fine degli anni '80 – ricordate che Chernobyl è esplosa nel 1986 – a causa della campagna anti-alcolica di Gorbaciov. In Belarus' come in Russia e in tutta l'Unione Sovietica, la mortalità è salita dopo il 1991 – cioè, 5 anni dopo Chernobyl – mentre l'economia crollava e lo Stato perdeva il suo antico monopolio sulla produzione di vodka.

Tali peccati possono essere perdonati a uno scrittore veramente "letterario", ma lei è espressamente una scrittrice di saggistica. La prima di questa categoria, del resto, ad aggiudicarsi un premio Nobel dal tempo di Winston Churchill, che nel 1953 ha ottenuto il Premio Nobel per la letteratura, tra le altre cose, la sua "padronanza della descrizione storica e biografica". Io non ho letto Churchill, ma Immagino che i suoi fatti storici fossero riportati fondamentalmente esatti.

Forse ha compensato queste mancanze con una bella, sublime prosa?

Sentiamo Lazy Glossophiliac su questo.

All'inizio della sezione successiva, Alexievich ci dice che l'incidente di Chernobyl è stato "l'evento principale del XX secolo, a dispetto di tutte le terribili guerre e rivoluzioni per il quale verrà ricordato quel secolo". Questo lo attribuirei a una logica da ragazzina. Segue una certa quantità di assurdità pseudo-profonde. Sono finalmente davanti alla voce stessa del premio Nobel di quest'anno. È noiosa e pomposa: "Chernobyl è un segreto che dovremo ancora scoprire. Un segnale non letto. Forse un mistero per il ventunesimo secolo... Una sfida ad esso". Certo qui non parla di niente di tecnico – è tutta aria calda.

"I fatti semplicemente non erano più abbastanza, si era spinti a guardare al di là dei fatti, per entrare nel significato di quanto stava accadendo." Oh, ma davvero? L'incuria che ha mostrato con i "fatti" che ha citato all'inizio di questo libro suggerisce invece che lei ne sia semplicemente annoiata.

Dice che Chernobyl ha lasciato tutti confusi perché nel corso dei secoli la misura dell'orrore era la guerra. "Siamo in una nuova storia, è cominciata una storia di catastrofi". Eè una persona del tutto priva di qualsiasi senso di prospettiva storica. Inondazioni, terremoti, uragani, epidemie – non hanno mai avuto luogo. Continua a parlare della novità rivoluzionaria dell'invisibilità delle radiazioni, ma anche i virus sono sempre stati invisibili, e molto più letali.

E non è neppure Brodskij, Pasternak, o Solzhenitsyyn. Questi ultimi potevano essere antisovietici, e a buona ragione, ma hanno prodotto tutti dei veri e propri capolavori letterari (beh, nel caso di Solzhenitsyn, solo Un giorno nella vita di Ivan Denisovich, ma anche questo è ancora uno in più di quanto Alexievich abbia mai scritto, a quanto so).

E poi... QUANTI PUNTINI DI SOSPENSIONE USA?... Una ricerca con Ctrl-F ne rivela 4.196... su 78.000 parole... non ce la faccio nemmeno io!... Questo è all'incirca... PIÙ DI UNO OGNI VENTI PAROLE!

Come ho detto, io non pretendo di essere un esperto di qualsiasi tipo sul senso dello stile. In realtà, in questo io sono assolutamente orribile. (Basta guardare quante cose metto tra parentesi. E come inizio le frasi con "e").

Ma anche così, se dovessi mai ritrovarmi a infarcire i miei testi con un ellisse o due a ogni frase alterna, lo prenderei come spunto per concludere le mie incursioni nella scrittura e risparmiare il mondo da ulteriori mie divagazioni rudimentali.

Ma forse ha ottenuto il suo premio Nobel non sulla base della popolarità o anche dello stile, ma a causa delle, ehm, verità umane – '"dice la verità al potere" – "non vivere di bugie" – (inserite lo slogan da dissidente sovietico di vostra scelta) – che ha rivelato nei suoi scritti.

Questo è ciò che Keith Gessen, suo traduttore (e fratello di Masha Gessen, della fama di "Je suis fromage"), si avventura a scrivere nel suo panegirico per Human Rights Watch:

Ma anche se il suo lavoro è spesso caldo di passione e d'indignazione da testimone indipendente, è meravigliosamente privo di ogni fine polemico o attivistico. Non serve alcuna ideologia, solo un ideale: ascoltare abbastanza attentamente le voci ordinarie del suo tempo per orchestrarle in libri straordinari.

Si tratta di un messaggio che a cui ha fatto eco dallo stesso comitato dei Nobel. Apparentemente, è stata premiata per "la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo".

In letteratura, la polifonia, come definita da Mikhail Bakhtin, si riferisce a uno stile di prosa in cui l'autore evita di rendere i suoi personaggi burattini di qualche idea o ideologia. Invece, li fa lottare per il potere e l'influenza in un mondo dove l'unica verità è che non c'è alcuna verità. Dostoevskij è stato l'esempio primario della definizione della polifonia di Bakhtin. Chi può dire quale dei fratelli Karamazov avesse ragione, tra Ivan e Aljosha? George R. R. Martin sarebbe un buon esempio popolare moderno, in cui gli eroi e le eroine principali tendono a rappresentare codici morali e valori distinti, nessuno dei quali è ovviamente superiore a quelli di qualsiasi altro se non nella misura in cui essi sono benedetti da diverse quantità di fortuna, draghi e figli delle ombre.

Bisogna avere un livello molto alto d'intelligenza sociale e astuzia psicologica per essere in grado di scrivere in modo convincente questo tipo di prosa.

Ma non vi è alcuna indicazione che queste siano caratteristiche di Alexievich.

Al contrario, c'è un chiaro intento polemico proprio all'inizio del libro che abbiamo deciso di analizzare. Ecco la mia traduzione del suo secondo paragrafo di apertura:

Per la piccola Belarus' (popolazione: 10 milioni), Chernobyl è stata una catastrofe nazionale, anche se gli stessi bielorussi non hanno una sola centrale nucleare. Questo è ancora un paese agricolo, con una popolazione prevalentemente rurale. Durante gli anni della Grande Guerra Patriottica, i fascisti tedeschi hanno distrtto 619 villaggi bielorussi insieme con i loro abitanti. Dopo Chernobyl, il paese ha perso 485 villaggi e insediamenti... Nella guerra, un bielorusso su quattro è morto; oggi, un bielorusso su cinque vive su terreni contaminati.

Relativizzare gli orrori unici dell'occupazione nazista facendo confronti fragili e iperbolici con la storia sovietica è uno degli approcci preferiti dell'intellighenzia post-sovietica, ma molti pochi russi (e bielorussi) ci cadono, a causa della sua intrinseca selettività e disonestà. E probabilmente neppure così tanto, perché:

I poteri costituiti si comportano come se io non esistessi. Io non vengo stampata nelle pubblicazioni statali, non ho accesso alla radio o alla TV, sono pubblicata solo nei media dell'opposizione.

Pubblicata nei media dell'opposizione? Nessuna meraviglia che sia tornata a vivere in Belarus' nel 2013, dopo un decennio di soggiorni in Europa in cui nessuno dei media – vale a dire, né di stato né dell'opposizione – sembra essersi interessato ai suoi scritti.

Infatti, una lettura delle sue interviste e discorsi (raccolti qui e qui), in particolare dei loro intenti polemici e attivistici, è in realtà l'unico grande indizio sul motivo per cui ha ottenuto il suo premio Nobel. Lungi dal creare qualsiasi tipo di polifonia letteraria, si dimostra abile a riciclare il repertorio di tropi sulla Russia tipici dei dissidenti sovietici degli anni '70-'80, di cui nessuno, a parte una piccola sedicente intellighenzia nella capitale, si preoccupa minimamente. In breve, si tratta di una versione leggermente più sana e molto meno divertente della defunta Valerija Novodvorskaja.

Sono appena tornata da Mosca, dopo aver partecipato ai festeggiamenti di maggio. Per un'intera settimana l'aria è stata piena del rombo dei carri armati e delle orchestre. Sentivo che non ero a Mosca, ma in Corea del Nord.

Russofobia isterica? Aggiudicato.

Un proprietario di un ristorante italiano ha pubblicizzato che i russi non sono i benvenuti nel suo locale. Questa è una buona metafora. Oggi, il mondo comincia ancora una volta a temere ciò che sta in quel buco, in quell'abisso, che unisce in sé armi nucleari, idee geopolitiche folli, e mancanza di rispetto del diritto internazionale. Io vivo con un senso di sconfitta.

Siamo tentati di fare una battuta sul fatto che qui lei sta descrivendo gli Stati Uniti, ma questo non migliorerà certamente le nostre probabilità di ottenere un Nobel.

Dobbiamo preservare questa fragile pace stabilita dopo l'ultima guerra. Stiamo parlando dell'uomo russo, che negli ultimi 200 anni ne ha passati 150 in guerra. E non ha mai vissuto bene. Per lui, la vita umana è inutile, e la sua concezione della grandezza non è che la gente dovrebbe vivere bene, ma che lo Stato dovrebbe essere grande e armato fino ai denti con i razzi. Questo gigantesca paesaggio post-sovietico, in particolare in Russia e Bielorussia, dove hanno mentito alla gente per 70 anni, poi l'hanno saccheggiata per i successivi 20, ha fatto crescere persone molto aggressive, che sono molto pericolose per il mondo intero.

Mi chiedo proprio perché russi e bielorussi non si stiano affrettando a comprare i suoi libri! Deve essere il piccolo Putin dentro tutti loro...

Naturalmente la televisione russa ti corrompe. Ciò che i media russi dicono oggi – per questo devono semplicemente essere incriminati. Per quello che dicono dell'Europa, del Donbass, degli ucraini... Ma questo non è tutto. Il problema è che la gente vuole realmente sentire queste cose. Si può parlare oggi di un Putin collettivo, perché c'è un Putin annidato in tutti i russi. L'Impero Rosso è scomparso, ma la sua gente sil suo popolo è rimasto.

E, naturalmente, questo popolo di vatnik e sovok deve essere dissolto, e ne deve essere eletto un altro, come da Bertolt Brecht e dalla consumata tradizione liberale russa di prenderlo molto alla lettera.

Il Premio Nobel è uno degli equivalenti nel nostro mondo dei draghi e dei figli delle ombre.

Come ucraina etnica con cittadinanza bielorussa che scrive in lingua russa, la cui produzione sembra consistere principalmente di mal celata polemica politica, è uno strumento ideale per proiettare il soft power occidentale nel mondo russo. Non solo la Russia stessa, ma anche Ucraina e Bielorussia, l'ultima delle quali – del tutto a caso, sicuramente – sta avendo le sue elezioni presidenziali a soli pochi giorni dopo l'annuncio del premio Nobel per la letteratura. Da questo punto di vista, è in realtà un'ottima candidata.

Con un Nobel in tasca, una ex giornalista e polemista di seconda categoria sarà in grado di pontificare sui suoi temi preferiti con l'autorità di una profetessa laica.

Non c'è niente da fare su questo, dal momento che né la Russia, né alcun altro potere non occidentale ha soft power o autonomia culturale per offrire un'alternativa credibile al Premio Nobel. Questo conferma tuttavia che, proprio come il Nobel per la Pace, il Nobel per la Letteratura può essere scartato definitivamente dalla lista di ciò che ha a che fare con le vere realizzazioni umane in tale ambito, e può invece essere visto per quello che è: solo un altro strumento dell'influenza politica occidentale.

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