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  La decostruzione della russofobia

di Vladimir Golstein

da Russia Insider, 17 novembre 2014

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• La Russia è il capro espiatorio ideale di chi cerca di incolpare gli altri per i propri problemi

• La Russia non dispone di lobby significative nelle società occidentali

• I pregiudizi culturali si estendono per un periodo di 1000 anni

• La russofobia inglese è stata virulenta per secoli - risale alla concorrenza imperiale

• Il risentimento contro i pogrom degli immigrati ebrei in Occidente ha contribuito e contribuisce a uno stereotipo culturale della Russia

• La Russia deve imparare ad affrontare efficacemente questo pregiudizio corrente nel tribunale dell'opinione pubblica mondiale

Ci sono ragioni oggettive e soggettive per la russofobia. E per oggettive non intendo dire che la Russia fornisca al mondo pretesti per essere odiata (né più né meno di altre grandi potenze), ma piuttosto che la condizione oggettiva dell'Occidente – l'incombente crisi economica e finanziaria – rende necessario trovare i propri capri espiatori.

È molto più facile per i politici e per i loro sponsor incolpare gli altri per i propri fallimenti, e la Russia è un capro espiatorio ideale. Non è così potente e indispensabile come la Cina, né è oscura e insignificante come la Corea del Nord.

Né la Russia ha una lobby significativa nei principali paesi occidentali, come quelle, per esempio, che operano a favore di Israele o della Cina, per cui gli attacchi contro la Russia sono a costo politico zero.

La Russia è il paese che l'Occidente ama odiare e questa è la realtà oggettiva: è allo stesso tempo familiare ed estranea, tanto da essere rappresentata come nemico nefasto e capace; eppure abbastanza debole da non reagire al bullismo e alla retorica del linciaggio, come ad esempio, poteva fare l'Unione Sovietica.

L'Unione Sovietica era un rivale, la Russia è diventata un capro espiatorio. Così, le brutali invasioni sovietiche dell'Ungheria e della Cecoslovacchia hanno prodotto molto meno isteria rispetto all'attuale crisi ucraina.

La soluzione per uscire fuori da questo pantano è del tutto evidente: appena la Russia diventerà veramente forte, prospera, e sicura di sé, per esempio, alla maniera di Israele, questo tipo di russofobia cesserà di esistere.

Ci sono anche ragioni soggettive per questa particolare antipatia per la Russia, che hanno a che fare meno con l'economia e la politica di quanto abbiano a che fare con le realtà culturali. Shakespeare, che ha capito tutto questo, ha commentato in uno dei suoi sonetti [1] il collegamento tra le bugie che accettiamo e le nostre ansie e insicurezze: "Quando la mia amata giura che è fatta di verità, io le credo, anche se so che mente". Perché accade così?

Vi è una adulazione reciproca, un'accettazione reciproca delle rispettive colpe che è disposto a rinunciare per il bene della gratificazione: "Perciò io mento con lei e lei con me, e nelle nostre colpe ci aduliamo con bugie". [2]

In altre parole, nel loro desiderio di essere amati e consumati, i media occidentali non si fanno problemi di lusingare, mentire e arruffianarsi il loro pubblico. A sua volta, il pubblico è disposto a essere ingannato quando i suoi pregiudizi e debolezze sono coccolati, piuttosto che sfidati.

I pregiudizi anti-russi del pubblico accolgono con entusiasmo le bugie fabbricate dai media. Il punto di vista ignorante sulla Russia come paese straniero, barbaro, arretrato e crudele, l'esatto contrario del prospero occidente, viene riconfermato – con soddisfazione di tutti.

L'idea comune: i russi sono barbari

I pregiudizi anti-russi del pubblico hanno un lungo pedigree storico. Il sospetto religioso nei confronti dell'Ortodossia, che si è manifestato già al tempo della Quarta Crociata (1204) è stato chiaramente amplificato dai polacchi che, essendo stati eclissati dalla Russia nel XVII secolo non sono mai riusciti a riconciliarsi con quest'idea.

Per inciso, la parola "Ucraina" è di origine polacca e significa confine, margine, nel senso di margine della civiltà. Nel pensiero polacco, tutto ciò che è est di Polonia e Ucraina è oltre il bordo, è il caos barbaro. Quindi, dopo aver perso con la Russia, i polacchi hanno cercato di spiegare a se stessi e agli altri che la loro eclissi è stata causata dalla barbara forza russa, piuttosto che da qualche realtà oggettiva, o dai loro stessi errori. Ho il sospetto che allo stesso modo gli antichi greci non abbiano mai potuto accettare la loro eclissi per opera dei romani.

Attraverso frequenti ondate di emigrazione polacca prima in Francia e poi negli Stati Uniti, la dottrina della barbarie russa ha acquisito una forte presa nell'immaginario di questi paesi.

Bisogna considerare anche la rivalità inglese con la Russia, compresa l'intensa competizione del secolo XIX, il Grande Gioco. Tale rivalità per il predominio in Oriente diede chiaramente forma al punto di vista britannico sulla Russia. Di conseguenza, la Gran Bretagna è stata condizionata a vedere la Russia come una minaccia, ed era disposta a fare di tutto per sfidare la Russia, come fece durante la guerra di Crimea (1855), quando decise che era più conveniente entrare in alleanza con la Francia e la Turchia musulmana, piuttosto che tollerare l'espansione russa.

Inoltre, la cultura russa con il suo accento sul collettivismo e il suo sospetto, formato dalla religione, della legalità e della proprietà è l'esatto opposto del pensiero britannico. Così come nel caso della Polonia, la rivalità storica e politica è amplificata da differenze culturali e religiose.

E, cosa ultima ma non meno importante, c'è anche una dimensione ebraica del problema. Quasi un milione di ebrei lasciarono la Russia zarista nel corso degli ultimi venti anni del XIX secolo, il periodo in cui la parola "pogrom" entrò nelle principali lingue europee. Gli ebrei americani sono in gran parte discendenti di questi esuli, che venivano da tutte le estremità dell'Impero russo. I ricordi di famiglia di essere stati perseguitati e attaccati da quei cattivi russi persistono chiaramente.

Se si guarda a chi forma l'opinione pubblica negli Stati Uniti, sarà molto difficile trovare qualcuno che non sia discendente di uno dei gruppi che hanno i loro rancori (un tempo veri e propri, ma oggi anacronistici) contro la Russia: che si tratti di ebrei, o di europei dell'Est, o di inglesi educati a Oxford e Cambridge.

Di conseguenza, quando uno di quei sapientoni sproloquia nei confronti di una particolare azione russa, a nessuno importa davvero se l'azione sia vera o falsa, dal momento che i russi (sia agli occhi dei mezzi di comunicazione sia al loro pubblico) non possono fare altro che invadere, attaccare, maltrattare, e occuparsi di cose che il mondo civilizzato trova bizzarre. Le accuse recenti ne sono la riprova. La Russia vuole ripristinare l'Unione Sovietica, la Russia vuole rioccupare l'Europa orientale, la Russia vuole abbattere gli aerei civili.

La demagogia dei politici e della stampa mi ricorda la demagogia di Marco Antonio dal Giulio Cesare di Shakespeare, quando incita la folla alla violenza contro gli assassini di Cesare. Quando la folla cattura un uomo di nome Cinna, non importa che questo Cinna non abbia nulla a che fare con Cinna il cospiratore. Primo plebeo: fatelo a pezzi, è un cospiratore. Cinna il poeta: ma io sono Cinna il poeta, non sono Cinna il cospiratore. Quarto plebeo: " Non importa. Si chiama Cinna e basta!

Strappategli dal cuore solo il nome e lasciatelo andare". (Atto III, scena 3)

Allo stesso modo, non importa che Putin non sia Alessandro III, Lenin, Stalin o Brezhnev, che i russi oggi non abbiano nulla a che fare con i pogrom, i gulag, le invasioni dell'Ungheria, l'omicidio di ufficiali polacchi o l'esilio dei tartari dalla Crimea. Sono russi, e questo è sufficiente per la folla –"Strappare loro dai cuori solo la russicità, e lasciateli andare". Questo non vuol dire, che i russi non hanno bisogno di fare i conti con il loro passato spesso ingiusto o violento, ma questo è un compito che ogni paese è chiamato a svolgere per conto proprio, senza un dito puntato dall'esterno.

Mentre il tempo può curare la russofobia soggettiva, man mano che le generazioni più giovani vedono la Russia con i propri occhi e imparano a pensare in proprio, la russofobia oggettiva è molto più difficile da sfatare.

Poiché la situazione economica dell'Occidente è in deterioramento (e finora, non ho visto alcun segno di inversione), la necessità di un capro espiatorio non potrà che crescere. Inoltre, la politica del capro espiatorio, se non controllata, può facilmente trasformarsi in un comportamento aggressivo, mentre la competizione per le risorse, che la Russia ha in abbondanza, crescerà sicuramente.

Note

[1] Sonetto 138.

[2] Shakespeare fa un geniale gioco di parole con il verbo to lie, che significa "mentire", ma anche "giacere", e il verso può leggersi "io mi corico con lei, e lei con me" e allo stesso modo "io mento con lei, e lei con me".

Vladimir Golstein è professore associato di lingue slave presso la Brown University, un'università della Ivy League negli Stati Uniti

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