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  La Missione Ortodossa in Africa
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Nella foto: Stephen Hayes, autore dello studio sulle missioni ortodosse in Africa tropicale, è un nostro amico e corrispondente di Pretoria (Repubblica Sudafricana); è stato uno dei fondatori della Società Ortodossa di San Nicola del Giappone, e ideatore di diversi mezzi missionari per mantenere i contatti tra i fedeli ortodossi che si trovano isolati in paesi lontani. Ringraziamo Stephen per il suo permesso di diffondere questa traduzione

La maggior parte delle storie delle missioni cristiane in Africa danno importanza scarsa o nulla alle missioni della Chiesa Ortodossa. Una possibile ragione è la relativa novità delle missioni ortodosse, che per la maggior parte sono fiorite solo negli ultimi decenni. Tuttavia, una certa indifferenza al fenomeno può essere dovuta all'arbitraria identificazione di queste missioni con vari movimenti indipendentisti africani, e quindi come una fonte di imbarazzo per le chiese sovvenzionate dagli antichi regimi coloniali. Spesso, il cristianesimo ortodosso africano è stato visto come un problema per le missioni, piuttosto che come una forma di missione a pieno titolo, e talora è stato persino caratterizzato come "paganesimo."

La missione ortodossa nell'Africa tropicale ha avuto i suoi alti e bassi, e la situazione è cambiata rapidamente, con una grande varietà di stili e modelli. Vi si possono trovare esempi di tutti i metodi missionari adoperati nel mondo, in ogni epoca della storia cristiana.

Gli inizi in Kenya

Tutte le chiese ortodosse in Africa cadono sotto la giurisdizione del Papa e Patriarca di Alessandria e di tutta l'Africa. La storia del Patriarcato ha inizio nel primo secolo, ma le sua attività sono state fortemente indebolite, sia con la separazione dei cristiani non calcedoniani (copti, etiopi ed eritrei), e quindi con l'invasione e la dominazione islamica.

Fino agli inizi del Ventesimo secolo, l'attività del Patriarcato di Alessandria si limitò a venire incontro alle necessità spirituali degli ortodossi (in gran parte greci) che, per motivi prevalentemente commerciali, si erano stabiliti in diverse zone dell'Africa, formando comunità culturali e religiose. Il quadro cambiò nella prima metà del secolo, con movimenti autonomi di cristiani africani, scontenti della politica razzista delle loro chiese, alla ricerca di una forma di cristianesimo più autentica e rispettosa delle loro radici.

Il primo di questi movimenti a contribuire alla formazione della missione ortodossa fu la Chiesa Ortodossa Africana (una chiesa indipendente afro-americana che, malgrado il proprio titolo, non era ortodossa, ma vantava una successione episcopale dal notorio vescovo vagante Joseph-René Vilatte).

Il vescovo sudafricano Daniel William Alexander della Chiesa Ortodossa Africana diede inizio nei primi anni '30 a una missione in Uganda e in Kenya. A capo di questa missione stavano due ex-anglicani, Reuben Sseseya Mukasa (in seguito noto come Padre Reuben Spartas, e dal 1973 come Vescovo Cristoforo di Nilopoli) e Obadiah Bassajjikitalo, che erano stati spinti dalle loro letture teologiche verso la Chiesa Ortodossa. Non potendo seguire direttamente i membri della missione ugandese a causa della politica restrittiva del governo sudafricano, il Vescovo Alexander li incoraggiò a entrare in contatto con il Patriarcato ortodosso di Alessandria.

Dopo una visita del Metropolita Nikolaos di Axum nel 1942, i gruppi fondati dal Vescovo Alexander in Uganda e in Kenya furono incorporati nel 1946 come chiese ortodosse canoniche nel Patriarcato di Alessandria. Iniziarono le ordinazioni di preti locali, che avevano compiuto i loro studi teologici ad Alessandria e ad Atene. Tra questi vi era Theodore Nankyamas, attuale Metropolita dell'Uganda.

In Kenya dopo la Seconda Guerra Mondiale si intensificò la lotta contro il dominio coloniale. Durante l'emergenza dichiarata dalle autorità nel 1952, la Chiesa Ortodossa fu bandita e le sue scuole e templi chiusi dal regime coloniale. Molte chiese furono bruciate dalle forze armate, e il clero fu messo nei campi di concentramento. La Chiesa Ortodossa in Kenya, che dopo la guerra era cresciuta rapidamente, fu trattata dal regime coloniale britannico nello stesso modo in cui la Chiesa Ortodossa in Russia era stata trattata dal regime bolscevico. I missionari cattolici romani e protestanti, visti dagli ortodossi come collaboratori del regime, cercarono di screditare e sminuire la Chiesa Ortodossa, conducendo propaganda ostile (un tipico approccio era sostenere che l'Ortodossia predicata da Padre Reuben Spartas non era altro che una sua invenzione o nuova eresia, e che nessun uomo bianco seguiva una simile religione).

Un sollievo inaspettato venne dalla visita dell'Arcivescovo Makarios di Cipro, che dopo l'anno di esilio a cui era stato sottoposto dal governo inglese, passò per il Kenya nell'Aprile 1957, celebrando la Divina Liturgia a Nairobi e predicando contro il colonialismo. Questo fu un enorme incoraggiamento per i leader indipendentisti kenyoti, molti dei quali a quel tempo erano ancora in carcere (assieme al clero ortodosso). Questo episodio può spiegare non solo l'amicizia che si sviluppò tra l'Arcivescovo Makarios (primo presidente di Cipro indipendente nel 1960) e Jomo Kenyatta (primo presidente del  Kenya indipendente nel 1963), ma la loro cooperazione nella fondazione del primo seminario ortodosso nell'Africa sub-sahariana. Il presidente Kenyatta offrì un terreno a Riruta, alla periferia di Nairobi, e l'Arcivescovo Makarios raccolse i fondi per la costruzione degli edifici, donati al Patriarcato di Alessandria nel 1971 (anche se il seminario non divenne operativo fino al 1982). A Kagira e Nyeri, dove il Vescovo Alexander aveva compiuto visite e predicato circa 40 anni prima, l'Arcivescovo Makarios battezzò nella sua visita diecimila persone.

Nel 1958 il Patriarcato di Alessandria creò una sede metropolitana a Irinoupolis (Dar es Salaam) per i fedeli in Tanzania, Kenya e Uganda. Il Metropolita Nikolaos si trasferì a Kampala, visitando da lì le altre nazioni. Nel 1970 l'Archimandrita Crisostomo Papasarantopoulos, che aveva lavorato dieci anni a Kampala, iniziò una nuova missione nello Zaire. A quel tempo vi era grande bisogno di missionari esterni in Africa Orientale, anche se continuavano le ordinazioni di preti locali.

Negli anni '70 vi fu poco progresso visibile, e anzi si ebbero alcuni problemi, quando il Vescovo George Gathuna (uno dei primi convertiti di Daniel Alexander), deposto dal Santo Sinodo del Patriarcato, non accettò la deposizione e si affiliò a un gruppo vecchio-calendarista in Grecia. Il Vescovo Kigundu, succeduto alla morte di Gathuna nel 1986, fu a sua volta deposto dai Vecchi Calendaristi quando questi scoprirono che egli si era sposato in segreto, contrariamente ai canoni. La maggior parte dei preti ordinati da Gathuna e Kigundu dopo lo scisma sono rientrati in seno alla Chiesa ortodossa.

Per diversi anni la sede del Metropolita fu tenuta dal Vescovo Anastasios Yannoulatos, uno dei più insigni missiologi ortodossi del ventesimo secolo, attivo fin dagli anni '50 a incoraggiare un risveglio di interesse per la missione nella Chiesa Ortodossa. Il Vescovo Anastasios non era un Metropolita a pieno titolo, poiché non faceva parte del Patriarcato, ma del Sinodo della Chiesa Autocefala di Grecia. Non volendo entrare in permanenza nel Patriarcato di Alessandria, mantenne la sua posizione di professore all'Università di Atene, e di direttore della Apostoliki Diakonia (il dipartimento ufficiale delle missioni della Chiesa di Grecia). Nel 1992 fu nominato Arcivescovo di Albania, per condurvi la ricostruzione della Chiesa locale.

Il seminario a Nairobi aprì al tempo del Vescovo Anastasios, iniziando con 19 studenti. Originariamente era destinato agli studenti dell'Africa orientale, ma nel 1995 iniziò ad accogliere studenti anche da altri paesi africani, arrivando a 42 studenti da sette nazioni - Kenya, Uganda, Tanzania, Camerun, Nigeria, Zimbabwe e Madagascar. Lo scopo è di rendere il seminario un'istituzione pan-africana, e di promuovere un senso di unità nel Patriarcato. Questa decisione non è stata priva di problemi, tuttavia. Gli studenti provenienti dal di fuori dell'Africa Orientale hanno sofferto considerevolmente di shock culturale, trovando difficoltà anche nel cibo locale.

Si dice spesso che la missione ortodossa è centripeta anziché centrifuga: i fedeli sono attratti all'Ortodossia dall'esterno, e non da missionari mandati dalle chiese ortodosse. La crescita dell'Ortodossia in Kenya e Uganda conferma sicuramente questo dato. Fu soprattutto il risultato di persone di questi paesi che cercavano l'Ortodossia, piuttosto che di missionari ortodossi giunti da altrove che cercavano loro. Si può veramente dire che la Chiesa Ortodossa in questi paesi sia di origine africana.

Tanzania e Zimbawe

In Tanzania si può rintracciare lo stesso schema, ma con alcune varianti. Grazie agli sforzi di Padre Nicodemus Sarikas, che si era adoperato perché la Chiesa Ortodossa Africana in Uganda divenisse canonica, si registrarono alcuni sforzi evangelistici, con un certo successo nella parte nord-occidentale del paese: oggi vi è un vescovo a Bukoba, sulle sponde del Lago Vittoria.
Nello Zimbabwe l'Ortodossia, per lungo tempo confinata tra le comunità di immigranti europei, si diffuse tra la popolazione locale con gli sforzi di Raphael Ganda, un giovane di Harare introdotto all'Ortodossia in Grecia, e ora all'opera nella traduzione della Divina Liturgia e degli altri servizi in lingua Shona. Al completamento del corso di seminario a Nairobi, il suo progetto è di diventare missionario rurale.

In questi casi, i metodi missionari somigliano a quelli della Chiesa pre-nicena. Dal quarto secolo in poi, la maggioranza dei missionari ortodossi furono monaci, ma in Africa orientale e nello  Zimbabwe la missione monastica non ha avuto molta rilevanza.

Zaire e Madagascar

In Zaire e Madagascar c'è stato qualche esempio di missione "centrifuga," e anche di missione monastica. L'Archimandrita Crisostomo si trasferì in Zaire all'inizio degli anni '70, e iniziò l'opera missionaria nella capitale. Un giovane collaboratore delle missioni zairesi, Yannis Aslanidis, intraprese il cammino monastico a Monte Athos nel 1978, e in seguito ritornò in Zaire come Padre Cosmas, del Monastero di Grigorìu. Si dedicò a un progetto di sviluppo agricolo, che ebbe un enorme successo e che viene considerato una fattoria modello nella provincia dello Shaba. Così ebbe inizio il coinvolgimento diretto di un monastero del Monte Athos nelle missioni africane, anche se la missione non creò un monastero locale.

In Madagascar la chiesa ortodossa greca della capitale Antananarive, costruita nel 1953, fu chiusa nel 1972. Non fu che nel 1994 che l'Archimandrita Nectarios Kellis, giunto come prete missionario dall'Australia, soccorse la comunità greca, conducendo nello stesso tempo un'attività evangelistica in città e villaggi dell'isola. Oggi vi è già un prete nativo, seminaristi, diverse comunità, attività di traduzione in lingue locali, e Padre Nectarios è stato da pochi mesi consacrato vescovo per il Madagascar.

Africa occidentale

In Ghana e Nigeria esistevano già gruppi indipendenti non canonici, legati, come la Chiesa Ortodossa Africana, alla successione episcopale del Vescovo Vilatte. Vari fattori (tra cui la lettura del libro del Vescovo Kallistos Ware, The Orthodox Church) li spinsero a cercare la comunione della Chiesa Ortodossa. Uno tra i primi convertiti ghanesi, Padre Joseph Kwame Labi, fu formato negli USA al St Vladimir's Orthodox Seminary.

L'Arcivescovo Ireneo, che ha il titolo di Metropolita di Accra, risiede a Yaunde, nel Camerun, e la sua arcidiocesi copre 22 paesi dell'Africa occidentale. Sotto l'Arcivescovo Ireneo, dal 1976, l'Ortodossia in Camerun si è estesa alla popolazione locale: si contano 8 parrocchie tra le tribù Tuburi, lungo il confine con il Ciad, e le attività missionarie si sono estese anche in quest'ultimo paese. L'attuale Papa e Patriarca di Alessandria, Pietro VII (Papapetrou), era in precedenza Metropolita del Camerun.

Osservazioni generali

Mentre la Chiesa Ortodossa è piuttosto statica nell'Africa settentrionale e in Sudafrica, vi è stata una crescita significativa nell'Africa tropicale in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, quando il Patriarcato di Alessandria accolse i membri della Chiesa Ortodossa Africana in Kenya e Uganda. Seguirono quindici anni di persecuzioni di cristiani ortodossi in quei paesi, con chiusura di chiese da parte dei governi. La creazione di un arcivescovado nel 1958, e l'independenza di Kenya e Uganda, sollevarono queste pressioni. Dal 1980 la crescita è stata rapida, ed è stata caratterizzata da una stupefacente varietà di attività e di metodi missionari. Nelle missioni ortodosse dell'Africa tropicale, si possono infatti trovare esempi di tutti i metodi e approcci missionari che siano mai stati tentati in ogni epoca e parte del mondo.

Forse il metodo più comune è il metodo pre-niceno di "pettegolezzo del Vangelo." Le persone sentono parlare della Chiesa Ortodossa da amici, familiari o colleghi, e il loro interesse si risveglia, e viene passato ad altri. Un esempio è quello del capo locale del popolo dei Nandi del Kenya, che incontrò l'Ortodossia tra i Luah del Kenya occidentale, che a loro volta l'avevano ricevuta dall'Uganda. Il capo divenne un lettore e catechista della Chiesa Ortodossa, che nell'area è il gruppo cristiano predominante. Ciò ricorda in qualche modo la conversione del Principe Vladimir di Kiev e del suo popolo nel decimo secolo.

Alcuni sono entrati nella Chiesa ortodossa a partire da denominazioni diverse. Un insegnante anglicano Luo aveva un problema con alcuni studenti ossessi nel suo liceo. Un evangelista ortodosso, Charles Omuroka, basato a Kakamega nel Kenya occidentale, andò alla scuola e pregò per i ragazzi, che furono guariti. Tali metodi sono solitamente associati a missionari pentecostali, piuttosto che a quelli ortodossi. A Konyabuguru, presso Bukoba in Tanzania, Padre Sosthenes Kiyonga arrivò nel 1974 a insegnare la fede ortodossa. Gli abitanti del villaggio dovevano fare 8 chilometri per portare l'acqua. Il prete pregò, e nel villaggio sgorgò una sorgente, che finora non si è seccata. Ciò fece convertire molti all'Ortodossia, tra cui pagani, anglicani e cattolici romani. Tali metodi sono di solito associati ai missionari celtici del settimo secolo, piuttosto che a quelli africani del ventesimo.

Ci sono stati diversi casi (incluso quello originale di Padre Reuben Spartas) di persone che hanno letto libri sulla fede ortodossa, e che quindi si sono messi in viaggio, spesso con grande spesa personale, per incontrare la Chiesa dal vivo. Questo può essere descritto come "evangelismo letterario," anche se la maggior parte della letteratura in questione non era stata scritta con intenti evangelistici.

Alcuni gruppi linguistici distinti sono stati interessati da attività di evangelismo e di traduzione condotti dal seminario ortodosso di Nairobi. Si tratta di un approccio simile alla conversione di certe popolazioni, con la differenza che il seminario cerca consapevolmente di essere multinazionale e inter-tribale. Quando gli studenti vanno in missione o a visitare parrocchie, lo fanno in gruppi che comprendono differenti nazionalità o gruppi linguistici, e questo è posto all'attenzione delle congregazioni: la Chiesa non è Luo, Kikuyu, Haya, Turkana o Greca, ma è composta di gente di ogni nazionalità e cultura. Vi è un'enfasi considerevole sull'idea della Chiesa come comunione inclusiva. Uno dei maggiori ostacoli alla missione ortodossa negli ultimi secoli è stata l'insularità etnica degli stessi cristiani ortodossi, e pertanto qui si fa un deliberato tentativo di reazione.

L'approccio che è meno in evidenza è quello che altrove è stato il più prominente: la missione monastica. Non ci sono monasteri ortodossi nell'Africa tropicale. Eppure diversi monaci e monache sono stati inviati dai propri monasteri a lavorare in diverse parti dell'Africa e in Madagascar. Un altro aspetto della missione, ovvero la missione come liberazione, è strettamente collegata con la storia della Chiesa in Kenya.

Si possono anche trovare i metodi "classici" usati dai missionari cattolici romani e protestanti: servizi educativi e medici. in molti luoghi in Kenya, Tanzania e Uganda sono state costruite cliniche e dispensari. E non sono mancati progetti di sviluppo comunitario, come l'opera di sviluppo agricolo nello Zaire e e l'ambizioso programma di ricostruzione avviato nel 1988 dalla Chiesa Ortodossa d'Uganda dopo le devastanti guerre civili degli ultimi 25 anni. In tali progetti, si è avuta l'assistenza delle Chiese Ortodosse di Finlandia, Grecia e Cipro, e dell'Orthodox Christian Mission Center negli USA. Gruppi di volontari sono giunti da questi paesi per aiutare le popolazioni locali a costruire ed equipaggiare cliniche, dispensari, scuole e chiese.

La missione ortodossa nell'Africa tropicale è stata iniziata da persone di ogni tipo: un arcivescovo nel Camerun settentrionale, un evangelista nel Kenya occidentale, un prete nella Tanzania nord-occidentale, e molti altri in ogni tipo di situazione. La missione è stata sia centripeta che centrifuga. Pur nella sua grande varietà di metodi e approcci, è stata in larga misura frutto di un'iniziativa africana, e si differenzia dalle missioni occidentali per la rapida ordinazione e la predominanza del clero africano. A parte il seminario a Nairobi, e poche cattedrali costruite dai greci in alcune grandi città, vi sono ben poche infrastrutture elaborate, o grandi investimenti in edifici ed equipaggiamenti, che si trovano in molti corpi missionari occidentali, tanto visibili in città come Nairobi. Un'ampia percentuale di studenti del seminario è composta da figli di contadini, e molti membri del clero sono essi stessi contadini, che risiedono nelle comunità dove hanno sempre vissuto.

(Questo articolo condensa il saggio ORTHODOX MISSION IN TROPICAL AFRICA, di Stephen Hayes)

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