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  Domenica 3 giugno 2012 - Festa di Pentecoste (Giovannni 7:37-52; 8:12)

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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

La Pentecoste è una grande festa cristiana, che a sua volta deriva da una grande festa ebraica: così grande, e così radicata nella Bibbia, che perfino quei cristiani che hanno gettato via quasi tutto il patrimonio tradizionale delle feste hanno mantenuto questo giorno con devozione.

“Pentecoste” è un termine greco che significa “cinquantina”: la grande festa che si faceva cinquanta giorni dopo la Pasqua ebraica celebrava il dono della legge a Mosè, che ebbe luogo cinquanta giorni dopo il passaggio del Mar Rosso.

Così come gli ebrei festeggiano la discesa sugli uomini della legge (compimento della promessa fatta da Dio a Mosè), anche i cristiani hanno una importante discesa da festeggiare oggi: quella dello Spirito consolatore (compimento delle promesse fatte da Cristo al suo popolo).

La discesa dello Spirito, con i miracoli che l’hanno accompagnata, è narrata nel libro degli Atti, nel passo che si legge oggi nel libro dell’Apostolo. Nel Vangelo di oggi, tratto da Giovanni, si racconta come Gesù, “nell’ultimo giorno della grande festa” (quella della Pentecoste, appunto), si mette a parlare dello Spirito santo, paragonato a una “sorgente di acqua viva” che sgorgherà dal seno di quelli che credono in Lui. Vi ricorda qualcosa?

Andate indietro con la memoria a tre domeniche o sono… nel suo incontro con la donna samaritana, Gesù promette a chi lo segue un’acqua viva, e dice chi la beve non avrà più sete, anzi “torrenti di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”: è la stessa immagine! Nel brano di oggi si spiega senza alcuna confusione che questa “acqua viva” non è altro che lo Spirito santo di Dio, che “non era ancora disceso perché Gesù non era ancora stato glorificato”.

Alla discesa, in forma di lingue di fuoco”, dello Spirito sugli apostoli, vediamo confermare una promessa di Gesù, che ci spiega come la continuazione della sua stessa presenza fisica sulla terra ostacolerebbe il lavoro ulteriore che lo Spirito Santo deve compiere nel cuore dei credenti. E qui non solo abbiamo la prova che le parole di Gesù erano vere, ma che la stessa presenza misteriosa e nascosta dello Spirito in noi ci porta verso quella vita divina che ci è stata riaperta dal sacrificio e dalla risurrezione del Figlio di Dio.

Nell’Antico Testamento si parla della discesa dello Spirito di Dio su particolari persone (profeti, re e sacerdoti) e per particolari scopi, attraverso l’unzione rituale con l’olio. Nell’era cristiana il dono dello Spirito è dato a tutti noi, quando attraverso il mistero dell’unzione con il santo Miro dopo il battesimo, riceviamo il “sigillo del dono dello Spirito santo”. Perché a tutti? Perché in tutti noi lo Spirito di Dio deve operare, per fare di noi “una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa” (1 Pietro 2:9)

Dobbiamo ricordare, comunque, che lo Spirito di Dio è una persona, non una forza da manipolare a nostro piacimento! Il suo simbolo è una colomba, un animale noto per la sua pulizia, che non si mischia con il fango e la sporcizia. Allo stesso modo, lo Spirito dimora dove c’è pulizia, o per lo meno, un ardente desiderio di ripulire la nostra vita.

Come aiutare dunque la crescita dello Spirito santo in noi? Nutrendoci di esso! Il mistero della santa comunione, che molto spesso riduciamo, con tutte le nostre scuse più patetiche, a un momento in cui crediamo di essere più puri, è invece proprio il contrario: è il nutrimento di base, che ci permette di crescere verso una vera purezza! Semmai, è proprio la nostra coscienza che non siamo mai, MAI, veramente degni dei doni di Dio, che ci toglie l’illusione di poter essere “a posto” e ci rende, al contrario, veramente assetati di quell’acqua viva che solo Dio può donarci.

Che ci sia un ruolo determinante dello Spirito santo nella santa comunione, i cristiani ortodossi lo sanno senza dubbio: ogni volta che il pane e il vino sono presentati perché siano trasformati nel corpo e nel sangue del nostro Signore Gesù Cristo, è lo Spirito santo a essere chiamato a operare questa trasformazione. Quando termina la comunione, cantiamo: “abbiamo visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste…” Le parole della Liturgia stessa ci confermano che lo Spirito di Dio non è lontano da noi, non appartiene ai soli discepoli prediletti, ma è presente, è qui, è in mezzo a noi, in quel mistero che riceviamo con semplice fiducia, che riceviamo come un bambino che sa che crescerà con il nutrimento che gli viene dato.

Possiamo ricevere la santa comunione nella certezza che questa è l’attuazione del dono di Gesù Cristo per noi, e per obbedire al suo comandamento. Già questa è una buona cosa, ma ancor meglio è capire che attraverso la comunione lo Spirito di Dio si fa presente in noi, ci istruisce, ci conduce alla pienezza della verità, ci porta a diventare a nostra volta “fonti di acqua viva”.

Purtroppo, secoli interi di pratiche devozionali sono riusciti a trasformare la santa comunione, da nutrimento di base dei cristiani, in una specie di “premio per i perfetti”. Se qualcuno osasse applicare lo stesso ragionamento al normale cibo di tutti i giorni (“può mangiare solo chi è già cresciuto”), o all’istruzione (“può imparare solo chi è già sapiente”), diremmo che un simile ragionamento è un’assurda stupidaggine. Cerchiamo di riappropriarci, proprio come cristiani che vogliono lasciare spazio allo Spirito di Dio, della comunione come nostro nutrimento. Facciamo ogni sforzo per evitare la sporcizia nella nostra vita, ma non lasciamo che lo sforzo di lavarci ci blocchi dal dono dello Spirito. Chiediamo a Dio di lasciarci sempre nutrire del dono del suo Spirito santo, affinché da lui guidati, possiamo trasformarci anche noi in fonti perenni di acqua viva.

Amen.

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