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  Omelia di san Giovanni Crisostomo arcivescovo di Costantinopoli in occasione del Giorno del Battesimo di Cristo

Traduzione dal francese del prof. Gaetano Miosi

Palermo, dicembre 2011

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1. Oggi, voi tutti siete nella gioia, soltanto io sono triste. In realtà, quando volgo lo sguardo verso l’oceano spirituale, contemplando gli immensi tesori della Chiesa, e poi penso che finita questa solennità, la gente se ne andrà via per i fatti propri, provo un dolore che mi lacera, un’angoscia che mi opprime, perché la Chiesa, madre affettuosa e feconda, non può avere la gioia di vedere numerosi i suoi figli in tutte le assemblee, ma solo nei giorni delle grandi feste. E tuttavia, che grande motivo di gioia spirituale! Che letizia per noi! Che gloria per Dio! Che beneficio per le anime! Se ad ogni incontro vedessimo il tempio così pieno! I marinai e piloti si danno da fare per attraversare le onde e rientrare in porto, noi, al contrario, lottiamo per non lasciare il mare aperto e, sempre travolti dai flutti degli affari mondani, per stare continuamente nei luoghi pubblici e davanti ai tribunali, e facciamo la nostra comparsa qui a mala pena una volta o due all’anno.

Non sapete dunque che Dio ha costruito le chiese nelle città come porti sul mare, affinché coloro che in essa verranno a mettersi al riparo dalle tempeste della vita, vi trovino la piena tranquillità. Qui, infatti, non avete nulla da temere: né la furia delle onde, né le incursioni dei pirati o gli attacchi dei banditi, e neppure la violenza di venti o le sorprese degli animali selvatici. È un porto al riparo da ogni male, porto spirituale delle anime. Voi mi siete testimoni della verità di queste parole. Se qualcuno di voi, infatti, in questo momento interroga la propria coscienza, troverà una grande pace interiore. Non rabbia che lo turbi, non avidità che lo bruci, non invidia che lo divori; l’arroganza non lo gonfia, l’amore della vanagloria non lo corrompe; ma tutti questi mostri si acquietano subito non appena le sante Scritture, simili ad un incanto divino, giungendo attraverso la  lettura alle orecchie di ciascuno, sono penetrate nell’anima ed avranno calmato quei movimenti contrari alla ragione. Davvero sfortunati coloro che, pur avendo la possibilità di acquisire una tale santità di comportamento, non si premurano a frequentare assiduamente la chiesa, nostra madre comune! Potete indicarmi una occupazione più fruttuosa, un incontro più utile? Che vi impedisce di venire qui con noi? Mi addurrete la povertà come ostacolo che vi tiene lontani da questa bella assemblea: ma è solo un vano pretesto. Ci sono sette giorni nella settimana, Dio li ha condivisi con noi e lui non si è riservata la parte maggiore, lasciando a noi la più piccola; e neppure ha fatto le parti uguali, prendendo tre giorni per lui e lasciandocene tre, ma ci ha dato sei giorni e per sé ne ha riservato soltanto uno; e voi in quel giorno non vi degnate nemmeno di astenervi del tutto dalle cose terrene; ma simili a quelli che rubano il tesoro sacro, rapinate questo giorno santo usandolo per le ordinarie occupazioni, presi dall’interesse della vita materiale, abusate di quegli istanti che dovrebbero essere dedicati alle cose spirituali.

Ma perché parlare di un giorno intero? Imitate quello che fece la vedova nella sua elemosina. Diede solo due oboli (Marco 12,42 ss.), e ricevette da Dio una grazia abbondante. Date, anche voi, due ore soltanto a Dio, e raccoglierete per la vostra casa il guadagno di molti giorni. Se avete in disprezzo le mie parole e non volete rinunciare neppure per un istante ai profitti terreni,  badate che non perdiate il frutto di tutti gli anni precedenti. Dio, infatti, usa punire il disprezzo verso di lui facendo disperdere le ricchezze ammassate. Questa minaccia rivolgeva ai Giudei che trascuravano di andare al tempio: Avete ammassato ricchezze nelle vostre case e il mio soffio le ha disperse, dice il Signore (Aggeo, 1,9). Se venite in chiesa solo una o due volte all’anno, vi chiedo, come vi si potrà istruire sulle cose necessarie alla salvezza, come la natura dell’anima e di quella del corpo, l’immortalità, il regno dei cieli, le pene dell’inferno, la misericordia di Dio e la sua bontà, il battesimo, la penitenza e il perdono dei peccati, le creature celesti e terrestri, la natura degli uomini e quella degli angeli, la malvagità dei demoni e le meno per sentimento di devozione che per residuo d’abitudine e in occasione della solennità; perché è proprio a stento se i fedeli che frequentano assiduamente le nostre assemblee arrivano ad imparare ciò che è necessario sapere. Molte persone qui hanno servi e figli. Bene! Quando volete farli istruire, li affidate a maestri che avete scelto per loro, li mandate lontano da voi, date loro vestiti, cibo e tutto ciò di cui hanno bisogno, poi li mandate a vivere con i loro maestri e non lasciate che ritornino a casa, in modo che, attraverso l’assiduità della frequenza, essi profittino meglio, e nessuna preoccupazione, nessuna occupazione estranea ai loro studi li distraggano; e quando si tratta di imparare per voi non una scienza comune, ma la più grande delle scienze, la scienza di piacere a Dio e di acquistare i beni celesti, voi credete che sia sufficiente occuparvene una o due volte per caso? Che assurdità! Avete dubbi sul fatto che questa sia una scienza che richiede molta attenzione? Ascoltate: Imparate da me, dice il Signore, che sono mite e umile di cuore (Matteo 11,29). Altrove, il profeta  dice: Venite, figli miei, ascoltatemi, vi insegnerò il timore del Signore (Salmo 33,12). E ancora: fate attenzione e vedrete che io sono il Dio vero (Salmo 45,11). È necessaria quindi una grande applicazione a chi vuole imparare la scienza delle cose spirituali.

2. Ma non spendiamo tutto il tempo a biasimare coloro che sono soliti essere assenti; ce n’è più che a sufficienza per correggere la loro negligenza; diciamo piuttosto qualcosa sulla solennità di questo giorno. Molti invero celebrano le feste e conoscono le loro denominazioni, ma non conoscono la storia, né la causa  per cui esse sono state stabilite.

Così, nessuno ignora che la festa di questo giorno si chiama Teofania, o manifestazione, ma qual è questa manifestazione? Ce n’è una o ce ne sono due? Fatto che non si sa abbastanza bene, e cosa vergognosa non meno che ridicola, ogni anno si celebra e non se ne conosce il motivo. Occorre iniziare, dunque, col farvi sapere che non c’è una sola manifestazione, bensì due: la prima è quella che noi oggi celebriamo, l’altra non è ancora venuta e dovrà verificarsi con fulgore alla fine dei secoli. Nella Lettera che oggi avete ascoltato di san Paolo a Tito, egli parla di entrambe. Riguardo a quella che celebriamo oggi, dice: La grazia di Dio nostro Salvatore si è manifestata a tutti gli uomini e ci ha insegnato che, rinunciando all’empietà e alle passioni mondane, dobbiamo vivere nel nostro tempo, con temperanza, giustizia e pietà.  —  Ciò che dice dopo si riferisce a quella futura: Restando sempre nell’attesa della sperata beatitudine e della gloriosa venuta del grande Dio nostro e Salvatore Gesù Cristo (Tito 2,11-13). Ed è proprio in quest’ultimo senso che il profeta ha detto: Il sole si muterà in tenebre, e la luna in sangue; prima che giunga il giorno del Signore, giorno grande e glorioso (Gioele 2,31).

Ma perché ad essere chiamato Teofania non è il giorno natale del Salvatore bensì quello del suo battesimo? Perché in questo giorno fu battezzato ed egli santificò le acque. In questa solennità, pertanto, verso la mezzanotte, tutti vanno ad  attingere l’acqua che conservano nelle case e custodiscono per l’intero anno in memoria del fatto che, similmente a quel giorno, le acque sono state santificate. E per un miracolo visibile, il tempo non ha alcuna influenza sulla natura dell’acqua, perché dopo un anno, a volte due e persino tre, essa rimane pura e fresca, e malgrado questo lasso di tempo, non la si distingue da quella appena attinta alla sorgente.

Ma per quale motivo questo giorno viene chiamato Teofania? Perché nostro Signore fu manifestato agli uomini, non nel giorno della sua nascita, ma nel giorno del suo battesimo, fino ad allora infatti era quasi sconosciuto. E che non fosse generalmente conosciuto, e che i più ignorassero chi egli fosse, emerge dalle parole di Giovanni Battista: C’è qualcuno in mezzo a voi che voi non conoscete. (Giovanni 1,26). E perché meravigliarsi che gli altri non lo conoscessero, se lo stesso Giovanni Battista fino a quel giorno lo ignorava? Io stesso non lo conoscevo, – egli dice – ma colui che mi ha mandato a battezzare con l’acqua mi ha detto: Colui sul quale vedrete scendere e posarsi il Santo Spirito, è colui che battezzerà nello Spirito Santo. (Giovanni 1,33). Da qui risulta chiaro che ci sono due epifanie. Ma perché il nostro Signore è venuto a farsi battezzare? Questo è ciò di cui parleremo e nel contempo vi faremo conoscere quale battesimo egli ha ricevuto; questi due punti infatti sono di uguale importanza. E, per farvi comprendere meglio il primo, è proprio da quest’ultimo che cominceremo a parlarvi.

C’era un battesimo dei Giudei che purificava dalle impurità del corpo, ma non toglieva i peccati che sono nella coscienza: se uno aveva commesso un adulterio, un furto o qualche altro tipo di misfatto, quel battesimo non li cancellava. Ma chi aveva toccato le ossa dei morti, chi aveva gustato cibo proibito dalla legge, chiunque si era avvicinato a contaminazione, aveva avuto contatto con i lebbrosi, costui lavatosi, era impuro fino a sera, dopo di che era purificato. Laverà il suo corpo in acqua pura, – è detto – e rimarrà impuro solo fino a sera, poi sarà puro (Levitico 15, 5). Non erano questi dei veri e propri peccati o impurità in senso stretto, ma poiché i Giudei erano un popolo rozzo e imperfetto, attraverso l’osservanza minuziosa della Legge, Dio voleva che divenissero più religiosi e alla lunga preparati all’osservanza di comandamenti più importanti.

3. Il lavacro dei Giudei dunque non cancellava i peccati, ma soltanto le impurità corporali. Non è assimilabile a quello nostro di gran lunga migliore e pieno di grazie abbondanti, perché esso rende liberi dal peccato, purifica l’anima e conferisce la grazia del Santo Spirito. Quanto al battesimo di Giovanni, esso era di molto superiore a quello dei Giudei, ma inferiore al nostro; esso era come un ponte tra i due battesimi che li univa e portava dall’uno all’altro. Giovanni non invitava gli uomini ad osservare le purificazioni corporali, anzi li distoglieva da quelle esortandoli ad abbandonare il vizio e praticare la virtù, e a riporre le speranze di salvezza nelle opere buone, piuttosto che in diversi lavacri e purificazioni con acqua. Egli non diceva: – lavate i vostri vestiti, lavate il vostro corpo, e sarete puri, – ma piuttosto – “Fate frutti degni di conversione (Matteo 3,6). Da questo punto di vista il battesimo di Giovanni era superiore a quello dei Giudei, ma inferiore al nostro, perché non donava il Santo Spirito, non conferiva la remissione dei peccati con la grazia. Portava alla penitenza, ma non aveva il potere di rimettere i peccati. Per questo Giovanni diceva ancora: Io vi battezzo con l’acqua, ma lui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco (Matteo 3,11). Dunque, lui, Giovanni non battezzava in Spirito.  Ma perché in Spirito Santo e fuoco? Per ricordarci quel giorno in cui si videro lingue di fuoco posarsi sugli apostoli (Atti 2,3). Che il battesimo di Giovanni non fosse perfetto e non conferisse né la grazia del Santo Spirito né la remissione dei peccati, è quanto risulta dalle parole di san Paolo ad alcuni discepoli che aveva incontrato: “Avete ricevuto il Santo Spirito quando avete abbracciato la fede? E quelli gli risposero: non abbiamo neppure sentito dire che ci sia un Santo Spirito. Egli chiese loro: quale battesimo avete dunque ricevuto? Ed essi risposero: il battesimo di Giovanni. Allora Paolo disse loro: Giovanni ha  battezzato  con il battesimo di penitenza”  – non della remissione dei peccati. Perché mai battezzava? Battezzava – “dicendo alla gente che doveva credere in Colui che veniva dopo di lui, cioè in Gesù”. Avendo sentito questo  si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù. E non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, il Santo Spirito scese su di loro (Atti 19, 2-6). Vedete, come era incompleto il battesimo di Giovanni? Se questo non fosse stato incompleto, Paolo non li avrebbe battezzati di nuovo, non avrebbe imposto le mani su di loro; ma poiché ha fatto entrambe le cose, egli ha proclamato la superiorità del battesimo degli apostoli e l’inferiorità dell’altro. Ora conosciamo la differenza che passa fra i tre battesimi di cui vi abbiamo detto.

Ma perché il Salvatore è stato battezzato e quale battesimo ha ricevuto? Ecco quanto ci rimane da farvi sapere.

Egli non ha ricevuto né il primo, quello dei Giudei, né il nostro, perché non aveva bisogno della remissione dei peccati: questa del resto era impossibile poiché non c’era peccato in lui, secondo queste parole di san Pietro: “Egli non commise peccato, né si è trovato inganno sulla sua bocca” (I Pietro 2,22), ed ancora leggiamo in san Giovanni: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Giovanni 8,46). La sua carne non poteva ricevere in più lo Spirito Santo, poiché possedeva per principio lo Spirito Santo stesso che le aveva dato forma. Se dunque quella carne non era né estranea allo Spirito Santo e neppure soggetta al peccato, per quale motivo battezzarla? Ma cominciamo col dire quale battesimo ha ricevuto il nostro Signore e il resto sarà molto più chiaro. Quale fu dunque questo battesimo? Non fu né quello dei Giudei né il nostro, ma fu quello di Giovanni. Perché? Affinché la natura stessa di questo battesimo ci dicesse che il Salvatore non era stato battezzato a motivo di peccati, né perché mancasse della grazia dello Spirito Santo, poiché questo battesimo, come è stato dimostrato, non possedeva nessuna delle due cose. Per cui è chiaro che Gesù non andò da Giovanni per ricevere la remissione dei peccati, né per ricevere lo Spirito Santo. E affinché nessuno dei presenti immaginasse che fosse andato per fare penitenza come gli altri, ecco come Giovanni ha prevenuto in anticipo questa falsa interpretazione. Lui che gridava a tutti: Fate degni frutti di penitenza (Matteo 3,8) al Salvatore dice: “Dovrei essere io battezzato da te, e tu sei venuto da me” (Matteo 3,14).  Diceva questo per far sapere che il nostro Signore non era andato da lui per lo stesso bisogno degli altri, e che lungi dall’essere battezzato per lo stesso motivo, egli era ben al di sopra di Giovanni Battista stesso ed infinitamente più puro. Ma perché veniva dunque battezzato se non era per penitenza, né per remissione dei peccati, né per ricevere la pienezza dello Spirito Santo? Per due altri motivi di cui uno ci è rivelato dal discepolo, e l’altro detto a Giovanni dal Salvatore stesso. Quale ragione di questo battesimo ci ha dato Giovanni? Era necessario che il popolo sapesse, come dice san Paolo, che Giovanni ha battezzato col battesimo della penitenza, affinché tutti credessero in Colui che doveva venire dopo di lui (Atti, 21,4). Era l’inizio di questo battesimo. Se fosse stato necessario bussare a tutte le porte e fare uscire la gente fuori, per mostrare Cristo dicendo «Questo è il Figlio di Dio», una simile testimonianza sarebbe stata sospetta e assai difficile. Se Giovanni avesse preso con sé il Salvatore e fosse entrato nella Sinagoga per presentarlo, quella testimonianza sarebbe stata ugualmente sospetta. Ma che alla presenza di gente che veniva da ogni città sparsa lungo il Giordano e che si affollava sulle sue rive, sia venuto Egli stesso per essere battezzato, che sia stato raccomandato dalla voce del Padre sentita dal cielo, e che il Santo Spirito si sia posato su di lui, sotto forma di colomba, ecco cosa non permette più di dubitare della testimonianza di Giovanni. Per questo il santo precursore aggiunge “io stesso, non lo conoscevo” (Giovanni, 1), mostrando così che la sua testimonianza è degna di fede.

Poiché erano parenti secondo la carne “Elisabetta, tua parente, anche lei ha concepito un figlio” (Luca 1,36), dice l’angelo a Maria parlando della madre di Giovanni, infatti poiché le madri erano parenti è chiaro che i loro figli dovevano esserlo pure: dunque, poiché erano parenti, ad evitare che questa parentela potesse essere motivo della testimonianza che Giovanni rendeva a Cristo, la grazia dello Spirito Santo dispose le cose in maniera tale che Giovanni trascorse la sua prima giovinezza nel deserto e così la sua testimonianza non parve dettata dalla familiarità e in un disegno premeditato, ma ispirata da un avvertimento dall’alto. Ecco perché dice “Io stesso non lo conoscevo” – Dove mai l’hai conosciuto? – “Colui che mi ha mandato a battezzare con l’acqua, mi ha detto” – E cosa ha detto? – Colui sul quale tu vedrai lo Spirito Santo discendere come una colomba e posarsi, è colui che battezzerà in Spirito Santo (Giovanni 1,33). Come vedete, il testo sacro parla del Santo Spirito non come se dovesse scendere per la prima volta su Gesù Cristo, ma come per presentarlo, indicandolo per così dire col dito e farlo conoscere a tutti. Ecco perché il nostro Signore venne a farsi battezzare.

C’è ancora un’altra ragione che indica lui stesso. E qual è? Siccome Giovanni aveva detto “Devo essere io battezzato da te e tu invece vieni da me”, ed egli gli rispose “Lascia fare, è bene che compiamo così ogni giustizia” (Matteo 3,15). Avete notato la modestia del servo? L’umiltà del maestro? Cosa significa compiere ogni giustizia?  Per giustizia s’intende l’adempimento di tutti i precetti di Dio, come in questo passo: “Erano tutti e due giusti dinanzi a Dio e camminavano sulla via di tutti i comandamenti e di tutti gli ordini del Signore, in modo irreprensibile (Luca, 1,6). Tutti gli uomini dovevano compiere questa giustizia, ma non ci fu nessuno fedele né la compì; per questo è venuto Cristo, per compiere questa giustizia.

4.  Che giustizia c’è ad essere battezzati, chiederete? Obbedire ai profeti era giustizia. E, come il nostro Signore fu circonciso, offrì il sacrificio, osservò il sabato e celebrò le feste dei Giudei, così aggiunse qui ciò che restava da compiere sottomettendosi al profeta che battezzava. Era pure la volontà di Dio che tutti ricevessero il battesimo, come Giovanni ci dice “Colui che mi ha inviato a battezzare con l’acqua” (Giovanni 1,3) e come Cristo stesso si esprime “Il popolo e i pubblicani sono entrati nel disegno di Dio, ricevendo il battesimo di Giovanni, ma i Farisei e gli Scribi hanno scartato il consiglio di Dio nei loro riguardi, rifiutando il battesimo di Giovanni” (Luca, 7,29). Se dunque è giustizia obbedire a Dio e se Dio ha inviato Giovanni per battezzare il popolo, il nostro Signore ha compiuto questo punto della Legge come tutti gli altri. Comparate, se volete, i comandamenti della Legge a duecento denari: occorreva che il genere umano pagasse questo debito. Noi non l’avevamo pagato e la morte ci teneva stretti sotto il peso delle prevaricazioni. Il Salvatore, giunto e trovatici legati, ha pagato lui il nostro debito, ha saldato quanto dovevamo e ha liberato coloro che non avevano come saldare. Per questo egli non dice: conviene che facciamo questo o quest’altro; ma bensì “che noi compiamo ogni giustizia”. È come se dicesse: conviene che io il Maestro paghi per coloro che non hanno nulla. Questo è il motivo del suo battesimo, la necessità di far vedere che si compiva ogni giustizia e questo motivo va aggiunto a quello che è stato dato sopra. Per questo lo Spirito Santo scese sotto forma di colomba, che è la forma con cui l’uomo spirituale dovrà essere innocente e semplice e allontanarsi dal male, secondo la parola di Cristo: Se non vi convertite e diventate simili ai fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 18,3). La prima arca è rimasta sulla terra dopo il cataclisma, ma la nuova arca divina, il nostro Signore, è tornato in cielo quando il corruccio divino è stato placato e adesso il suo corpo innocente e puro è alla destra del Padre.

Ma ora che abbiamo accennato al corpo del nostro Signore, dobbiamo un attimo soffermarci, prima di terminare.

Io so che tra di noi un gran numero di persone si avvicinano alla mensa santa, per abitudine, per la solennità. Bisognerebbe, come spesse volte vi ho detto, prendere in considerazione ben altro che l’occasione per comunicarsi, la purezza della coscienza e non la solennità di tale o tal altro giorno che dà il diritto di accostarsi alla santa comunione. Perché chi è in colpa o impuro, non deve, neppure nei giorni di festa, accostarsi a questa carne santa e adorabile; mentre chi è puro ed ha lavato le sue colpe con una rigorosa penitenza è degno, nei giorni di festa ed in ogni altro tempo, di partecipare ai divini misteri e di godere dei doni di Dio. Tuttavia, siccome alcuni, non so perché, non prestano a questo nessuna attenzione e molti, malgrado i numerosi misfatti di cui si sono macchiati, allorché c’è una festa sono come sospinti a partecipare ai santi misteri che il loro stato di peccato non permetterebbe neppure di contemplare con gli occhi, senza riguardo per nessuno scarteremo coloro che sappiamo essere indegni, lasciando al giudizio di Dio, il quale conosce i segreti degli uomini, coloro che a noi sono ignoti.         Ma c’è una colpa che tutti commettono apertamente e di cui cercheremo di correggervi. Qual è questa colpa? È che noi non ci accostiamo con timore, ma con gran rumore di piedi, pieni di malumore, parlando ad alta voce, ingiuriandoci, colpendoci, accalcandoci gli uni sugli altri, con gran fracasso. Vi ho detto questo varie volte, e non cesserò di ripetervelo. Osservate cosa accade nei giochi olimpici. Quando il presidente avanza in seno all’assemblea, con il suo paramento, una corona sulla testa ed una verga in mano, che docilità e che ordine quando l’araldo ordina a tutti di fare silenzio e stare quieti. Non vi sembra strano che il buon ordine regni nelle pompe del demonio, e ci sia invece fracasso là dove Cristo chiama a sé?  Silenzio nei luoghi pubblici e clamori dentro le chiese! Tranquillità sul mare, e tempesta nel porto! Perché questo rumore, chiedo ancora una volta? Chi vi pressa? Vi chiama la necessità degli affari! E non vedete dunque come affare importante ciò che fate in questo momento? Pensate dunque soltanto alla terra che vi porta via? Credete di stare ancora nella società degli uomini? Non è indizio di un cuore di pietra immaginarsi ancora sulla terra in questo momento e non di essere trasportati in mezzo agli angeli insieme ai quali avete fatto salire al cielo l’inno mistico, insieme ai quali avete cantato a Dio il cantico del trionfo? Il nostro Signore ci ha chiamati aquile, quando ha detto: in qualunque posto si trovi il corpo, le aquile vi si raduneranno (Luca, 17,37). Questo per farci capire che dobbiamo salire al cielo ed elevarci in alto, portati sulle ali dello Spirito; ed invece come rettili strisciamo a terra, mangiamo la terra. Occorre dirvi da dove viene questo rumore? Dal fatto che durante l’ufficio divino non vi teniamo le porte chiuse, e che vi permettiamo di andarvene e rientrare nelle vostre case prima dell’ultima azione di grazie, ed è una irriverenza profittarne così. Perché in fondo, vediamo un po’ cosa fate. Di fronte a Cristo, in presenza dei santi angeli, dinanzi alla mensa santa, mentre i vostri fratelli partecipano ai divini misteri, voi ve ne andate, lasciate tutto. Ma quando siete invitati a una festa, benché vi saziate per primi, finché i vostri amici sono a tavola voi non osereste separarvi da loro. E quando si tratta dei santi misteri del nostro Signore, quando ancora questo sacrificio santo ancora si compie, voi dimenticate ogni rispetto e ve ne andate! Chi potrebbe dire che questa condotta sia perdonabile? Chi potrebbe giustificarla? Occorre dirvi cosa fanno quelli che se ne vanno prima che tutto sia interamente finito e prima di offrire gli inni di ringraziamento dopo la Cena? Ciò che dirò indubbiamente sembrerà duro, ma è necessario per via della negligenza della maggior parte. Quando nell’ultima cena e in quell’ultima notte, Giuda ebbe mangiato, si precipitò fuori e si ritirò, mentre gli altri apostoli erano a tavola. Sono i suoi imitatori che se ne vanno prima dell’ultima azione di grazie. Se non fosse uscito, non avrebbe tradito; se non avesse lasciato i suoi fratelli, non sarebbe perito; se non si fosse allontanato lui stesso dal pastore, non sarebbe divenuto preda della bestia feroce. E invece se ne andò con i Giudei mentre gli altri apostoli uscirono con il Signore dopo il canto di ringraziamento. Vedete come l’ultima preghiera che facciamo dopo il sacrificio richiama l’inno che cantarono gli apostoli? Ora dunque, carissimi, pensiamo a queste cose, riflettiamoci sopra e temiamo la dannazione che seguì quella colpa di Giuda. Dio vi dà la sua propria carne e voi in cambio non gli parlate neppure? Non lo ringraziate per ciò che avete ricevuto? Quando avete mangiato il vostro nutrimento corporale, dopo il pasto, voi pregate; ma quando avete partecipato al nutrimento spirituale, infinitamente al di sopra di ogni creatura visibile ed invisibile, malgrado la vostra bassezza ed il vostro nulla, non vi prendete neppure la briga di testimoniare la minima riconoscenza sia con parole che con azioni. È forse questo esporvi agli ultimi supplizi? Vi dico queste cose, non soltanto per invitarvi a ringraziare Dio, e ad evitare rumori e vocio, ma perché all’occasione il ricordo delle nostre esortazioni vi renda più modesti. Si tratta qui di misteri reali; e chi dice mistero dice anche silenzio più assoluto. Dunque, partecipiamo a questo sacrificio santo al fine di meritare una maggiore misericordia di Dio, di purificare la nostra anima ed ottenere i beni eterni.

E così sia per grazia e misericordia del nostro Signore, a cui si addicono gloria, regno e adorazione, con il Padre e il Santo Spirito ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

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