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  Domenica 20 Febbraio 2000 - Domenica del pubblicano e del fariseo (Luca 18:10-14)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

Questa domenica, dedicata al pubblicano e al fariseo nella parabola di San Luca, è l'inizio formale della nostra preparazione alla Grande Quaresima: è il primo giorno dell'anno in cui si leggono gli uffici dal Triodio (il "libro delle tre odi", che contiene le officiature del tempo quaresimale). Inizia per noi un periodo di preparazione che durerà ancora tre settimane. La prossima domenica è quella del Figliol Prodigo. Ci saranno quindi la domenica del Giudizio e la domenica immediatamente precedente al digiuno quaresimale: la domenica del Perdono. Il tempo non è molto lungo, e dobbiamo usarlo bene, per riflettere su quanto è necessario per migliorarci. Per questo, la chiesa ci dà il suo aiuto con la storia del pubblicano e del fariseo.

Domenica scorsa abbiamo letto la storia di Zaccheo, un pubblicano. Anche oggi leggiamo di un pubblicano: non si tratta di un evento reale (è per questo che il pubblicano non ha un nome), ma di una parabola che il Signore usa per insegnarci. Tuttavia, assume un significato speciale alla luce della storia di Zaccheo. Di fatto, possiamo paragonare questi due personaggi e trarne un certo insegnamento.

Nell'innologia di questa domenica, la Chiesa ci mostra le differenze tra l'orgoglio del fariseo e l'umiltà del pubblicano. Per capire la lezione dobbiamo vedere come il fariseo non sia completamente nel torto, e come il pubblicano non sia del tutto virtuoso: eppure, quest'ultimo fu giustificato e l'altro no.

Il fariseo non è condannato per aver mantenuto il digiuno, né per avere compiuto azioni buone e giuste. Il pubblicano non viene lodato per la vita che ha fatto. Invece, il fariseo viene condannato per avere giudicato un altro uomo, per avere usato un metro di misura che non era in grado di seguire egli stesso.

E il pubblicano, perché è giustificato? A causa della sua umiltà: certamente, perché non si è permesso di giudicare un alto, ma anche e soprattutto perché è ben consapevole del proprio peccato. Oggi, in modo particolare, è facile perdere questa consapevolezza, e trovare qualche modo per distrarsi ed evitare di essere tormentati dalla nostra coscienza che ci mette il nostro peccato di fronte agli occhi dell'anima. Ecco perché questo pubblicano ci può insegnare molto.

Molti dei nostri vizi sono distrazioni che usiamo per tenerci lontano dalla realtà di quello che siamo e dalla consapevolezza di quanto siamo lontani da un'autentica bontà. Tutti sappiamo cos'è il bene: è scritto nei nostri cuori; è scritto nel nostro stesso carattere. Ma è altrettanto vero che non è facile, e non è piacevole, ammettere che siamo colpevoli di tanti dei mali che ci colpiscono.

Immaginiamo ora che il pubblicano della parabola di oggi sia davvero Zaccheo. Immaginiamo la vita di Zaccheo prima del suo incontro con Cristo. Era il capo dei pubblicani, un grande peccatore, colpevole di avere derubato vedove e orfani, e persino di omicidio (magari non con le proprie mani, ma per avere lasciato donne e bambini a morire nella miseria). Il sangue delle sue vittime era sul suo capo, e al tempo stesso la sua era una vita di lusso e di piaceri sfrenati. Forse noi possiamo dire, senza essere colpevoli di presunzione, di non esserci spinti tanto avanti sulla strada del male.

Che cosa è accaduto a quest'uomo? Come ricorderete dalla scorsa domenica, è stato illuminato da Dio in un modo del tutto inaspettato: allora, ha fatto la promessa di cambiare vita, donando la metà dei suoi averi ai poveri, restituendo il quadruplo di quanto aveva frodato, e ottenendo la piena approvazione di Cristo.

E poi, immaginate Zaccheo il giorno dopo, a ricadere nelle sue brutte abitudini. Certamente è ancora legato al denaro, prova ancora avarizia, e lussuria, e desiderio di vino e di potere. Ha ancora le sue debolezze, nelle quali è possibile che sia ricaduto molte volte. Guardate la vita di Santa Maria l'Egiziaca. Forse nessuno di noi può dire di essere stato tanto sfrenato quanto lei! Eppure, notate ciò che le accadde dopo la conversione. Dopo la sua ferma decisione di cambiare, andò nel deserto e passò 18 anni (DICIOTTO!) a lottare contro le tentazioni della carne, le immaginazioni e le canzoni oscene che facevano parte della sua vita passata. Quanti di noi, dopo un solo anno passato a lottare continuamente contro i desideri della carne, abbandonerebbero ogni sforzo? Eppure, dopo 18 anni Dio rimosse infine dal cuore di Maria ogni pensiero di lussuria e di depravazione.

Perché Maria ha lottato così a lungo, e perché il nostro pubblicano, dopo essere ricaduto nelle sue cattive abitudini, è andato al tempio a chiedere "Dio, sii misericordioso con me peccatore?" Perché nel cuore di entrambi c'è una conoscenza salvifica di Dio (di quanto Egli può fare per noi), e una onesta conoscenza di se stessi (di quelle aree che non sono in accordo con la volontà di Dio), e questa duplice conoscenza li spinge al costante desiderio di cambiare in meglio.

Questo pubblicano, colpevole di furto, di frode, di omicidio, di ogni genere di peccati e depravazioni, tuttavia è una persona che conosce Dio e conosce se stesso, e vuole cambiare. Va al tempio sapendo di essere indegno, ma al tempo stesso sapendo chi è Dio, e con la speranza nel cuore. E per questo, quando entra nel tempio non pensa a nessun altro, a niente altro se non al suo peccato: guarda per terra, e non si occupa della virtù e del vizio di quelli che gli stanno intorno. E viene giustificato, perché ha fede in Dio, perché vive secondo la volontà di Dio? Ma continua a peccare? Cade ancora nella bramosia dell'avarizia? Probabilmente sì: ci vuole tanto tempo per svestirsi completamente dalle passioni. E questa è una lezione dura da imparare. Anche per noi, che crediamo che basti professare la fede ortodossa, o iniziare a vivere secondo i dettami della Chiesa per liberarci dalla difficoltà della lotta con il peccato.

Ma sappiamo che Dio salva, e Dio salverà i peccatori come noi: questo è lo scopo per cui si è incarnato. E il solo modo per avere questa conoscenza è viverla: la salvezza è la vita in Cristo. Viviamo anche noi una vita in Cristo come il pubblicano. Sforziamoci di conoscere Dio (nella pratica del digiuno, nella partecipazione ai Santi Misteri e alle funzioni della Chiesa, nello sforzo di far crescere l'intensità e la profondità della nostra preghiera), e di conoscere noi stessi, per accostarci alla presenza di Dio con timore e tremore. E quando vivremo questa vita in Cristo, allora la salvezza si farà viva in noi.

Amen.

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