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  Domenica 13 febbraio 2000 - Domenica di Zaccheo (Luca 19:1-10)


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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

Oggi è la domenica di Zaccheo, una delle cinque domeniche che precedono la Grande Quaresima, e la prima nella quale iniziamo a parlare della preparazione quaresimale. Il vangelo di oggi ci parla della storia semplice di un piccolo uomo. Perché iniziare la preparazione del Grande Digiuno proprio con questo brano? Ebbene, prima di tutto è la storia di un uomo che si pente. È la storia di un'anima che si converte e cambia, ed è proprio questo lo scopo della nostra vita, uno scopo sul quale dobbiamo focalizzarci durante il cammino della Grande Quaresima.

Zaccheo è un uomo piccolo, sia di statura, sia nel rispetto che il suo popolo ha di lui. È un pubblicano (uno dei capi dei pubblicani, secondo l'Evangelista), ed è ricco. Dal racconto, veniamo a sapere che è diventato ricco con la frode (i pubblicani non erano solo gli esattori delle tasse per conto dei romani, ma erano quasi invariabilmente corrotti). E Zaccheo è il peggiore di tutti, ma la sua coscienza lo tormenta. Anche nel mezzo delle sue cattive azioni, qualcosa lo avverte che le sue azioni sono sbagliate. E questi pensieri devono tormentarlo da tempo, visto che ci vuole un bel po' per diventare un capo tra i pubblicani.

Zaccheo è un ebreo, anche se la sua condotta è riprovevole. Conosce la legge, e sa del Messia. Ha sentito parlare di Gesù, e anche nel mezzo della sua depravazione, vuole saperne di più: ed è proprio la sua curiosità per le cose sante che lo conduce alla salvezza, così come, alcuni secoli più tardi, nella stessa terra, la stessa curiosità porterà alla salvezza Santa Maria l'Egiziaca (una figura che ha un posto di primaria importanza nel cammino della Grande Quaresima.)

Così Zaccheo vuole vedere Gesù, ma non ci riesce a causa della folla. Siamo a Gerico, non lontano dal luogo dove la folla aveva causato problemi anche al cieco, di cui abbiamo parlato due domeniche or sono. Zaccheo non grida come il cieco, ma deve trovare un modo per incontrare Gesù: in qualche modo, quando sappiamo che il Signore ci passa vicino, e che questa è la nostra grande occasione, dobbiamo fare in modo di attirare la sua attenzione.

Zaccheo è piccolo di statura, perciò si arrampica. E sceglie, guarda caso, un albero di sicomoro. Questa parola significa "fico selvatico". Il frutto del sicomoro è di aspetto strano, e del tutto inutile come alimento. Come già di un altro albero di fico, quello che Gesù incontra all'ingresso di Gerusalemme (cfr. Mt 21 e Mc 11), possiamo dire di questo che è un "fico sterile". Il sicomoro di Zaccheo è un'immagine della nostra natura selvaggia, che può essere domata e resa fruttuosa soltanto se ci sforziamo di elevarci al di sopra di essa cercando Dio. Questo è precisamente ciò che fa Zaccheo. Salendo sull'albero, eleva i suoi pensieri verso Cristo: usa la sua natura per uno scopo gradito a Dio, e non per dissipazione. Così dobbiamo fare anche noi: dobbiamo usare la nostra natura, anche se è selvaggia, non per lasciarci andare ai nostri desideri, fantasie, orgoglio ed egoismo, ma per contemplare Dio, operare secondo il suo volere e seguire i suoi comandamenti.

Se cerchiamo con serietà e con attenzione di salire sul sicomoro della nostra natura, probabilmente verremo presi in giro, proprio come lo è stato Zaccheo. Potete immaginare che un ometto ricco e grasso appeso a un albero deve essere uno spettacolo piuttosto ridicolo. Anche noi cristiani ci sentiamo esposti sul nostro fico selvatico. Il mondo ci tratta da stupidi. A volte, anche gli altri cristiani ortodossi ci trattano da stupidi. E a volte ci tormentiamo chiedendoci "A che serve, tutto questo?" Ma ci dimentichiamo che, se siamo così esposti, anche Cristo ci vede, e ci è vicino.

Zaccheo era un grande peccatore. Perché il Figlio di Dio dovrebbe avere a che fare con lui? O se per questo, con chiunque di noi? Noi non siamo molto meglio di Zaccheo: promettiamo di non commettere un peccato, e poi lo commettiamo subito dopo. Promettiamo di tentare, e poi non facciamo sforzi. Perché, allora? Perché il Figlio di Dio ha detto che vuole salvarci. Perché "Colui che ha iniziato in voi un'opera buona, la completerà", come dice l'apostolo (v. Fil. 1,6).

Zaccheo ha tutto sommato una grande anima, poiché anche se è depravato, ha il coraggio di fare qualcosa per la sua depravazione, fino al punto di esporsi, e sperare nell'aiuto di Cristo. Dobbiamo fare così anche noi.

Noi abbiamo un vantaggio rispetto a Zaccheo. Egli non era sicuro del risultato della sua ricerca. Noi lo siamo. La Chiesa ce lo dice in ogni momento. Dio riceverà il nostro pentimento se noi cerchiamo di fare uno sforzo. Perciò tutti quei pensieri che ci passano per la testa, tipo "non faccio abbastanza, non vale la pena nemmeno tentare; oggi non ho seguito le regole della chiesa, per cui è inutile darmi da fare per il resto del giorno" sono opera del maligno che cerca di portarci sempre più in basso. Noi invece dobbiamo fare come Zaccheo, che sapeva di essere un grande peccatore, eppure salì lo stesso sull'albero. Saliamo anche noi sull'albero, con speranza nella misericordia di Dio, e Dio ci userà misericordia.

Gesù, vedendo Zaccheo che lo osserva dall'albero, gli dice parole notevoli: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". Questo momento accade anche a noi. Talvolta ce ne accorgiamo, talvolta no. Anche se siamo convinti di non avere fatto progressi, la nostra perseveranza ci porterà in presenza di Cristo.

Zaccheo è preso dalla gioia e prepara una grande festa. Qui la folla torna a mormorare: Che ci fa Gesù nella casa di un peccatore? Ebbene, noi non riusciamo a vedere nel cuore di un uomo, cosa riservata a Dio: ma Dio sa vedere anche il pentimento di un piccolo uomo grasso e ricco. Facciamo attenzione a non giudicare dall'apparenza.

Dopo il pentimento e l'accoglienza della misericordia di Dio, la nostra coscienza ci spinge a fare ancora di più. Zaccheo ha udito le voci contro di lui, e ne soffre. Vuole dimostrare al Signore che è cambiato, e la sua risoluzione è spettacolare: dona metà dei suoi averi ai poveri, e restituisce il quadruplo di quanto ha sottratto con la frode. Vista l'attività fraudolenta dei pubblicani, possiamo dire che Zaccheo si è appena "fatto povero". Ma la sua anima brucia di zelo, e la sua sarà una fervente vita di cristiano. Notate anche come Cristo attenda il momento di questa ferma risoluzione, per dichiarare che la salvezza è entrata nella casa di Zaccheo.

Eccoci così delineati tre aspetti del nostro pentimento, che ci saranno utili nel cammino della Grande Quaresima. Dapprima, dobbiamo sviluppare una coscienza, e cercare di trovare Cristo anche in mezzo alla "folla". Poi, dobbiamo accettare che Dio ci riceva secondo il suo volere. Infine, quando ci sono problemi, dobbiamo continuare con fermezza a vivere una vita in Cristo. Zaccheo ci ha fatto il grande favore di mostrarci tutto il cammino del pentimento in un microcosmo. Impariamo tutti qualcosa da lui.

Amen.  

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