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  Un viaggio nell'Islanda ortodossa
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Quello che segue è un articolo in due parti: nella prima, lasciamo la parola a padre Andrew Phillips per una descrizione delle radici cristiane ortodosse dell'Islanda; in seguto, daremo uno sguardo sulla situazione attuale dei cristiani ortodossi in Islanda e sulle prospettive del loro futuro.

L'Islanda ortodossa

dell'arciprete Andrew Phillips, dal sito Orthodox England

È un fatto poco noto che l'Islanda è l'unico paese al mondo ad essere stato disabitato fino alla sua scoperta e insediamento per opera di monaci cristiani ortodossi. Infatti i primi abitanti dell'Islanda furono degli eremiti irlandesi intorno alla fine del VIII secolo. Come è successo?

Il cristianesimo ortodosso fu portato per la prima volta in Irlanda dai monasteri del Galles del sud. Il monachesimo gallese a sua volta proveniva dalla Gallia, portato dall'Egitto e dalla Palestina, dove si era sviluppato a partire dall'esempio di san Giovanni Battista e del Vangelo. Tuttavia, il monachesimo irlandese era unico, poiché si basava non solo sul ritiro dal mondo, ma anche sull'esilio penitenziale.

Questo aspetto portò i monaci irlandesi a viaggiare in tutto il mondo, conosciuto e sconosciuto. Li portò a vivere su rocce isolate al largo della costa irlandese o a fare lunghi viaggi nelle isole solitarie del Nord Atlantico, in barche a vela semplici, fatte di pelle tesa su una struttura di legno, il cosiddetto curach o coracle. Il più famoso esempio di questo tipo è, naturalmente, san Brandano, chiamato 'il Viaggiatore'. Su imbarcazioni primitive ma efficaci viaggiarono fino alle isole Ebridi e Orcadi, poi fecero vela per le isole Shetland, le Færøer e l'Islanda, e infine, forse, ancora più oltre, verso la Groenlandia e Vinland (il Nord America). La portata dei loro viaggi si può vedere dalla presenza di toponimi con il termine Pap su queste isole atlantiche, e, in alcuni casi, dalle tracce delle loro abitazioni in grotte e case alveolari.

In lingua norrena un eremita di questo genere era chiamato papi, in irlandese pap o pupa (pobba), dal greco papas, che significa 'padre'. Dalle Ebridi nel sud, all'Islanda, nel nord, vi è tutta una serie di toponimi che ha questa parola come elemento. Molto spesso tali nomi si riferiscono a piccole isole, luoghi inaccessibili lontani dalle rotte regolari: Pabbey nelle Ebridi Esterne; Papa Vestray, una delle più remote e solitarie isole delle Orcadi, Papa Stour nelle Shetland e Papey presso Alftafjordr, sulla costa orientale dell'Islanda, un'isola con scogliere scoscese dove è difficile sbarcare. Quest'ultimo era proprio il tipo di posto dal quale gli eremiti irlandesi erano attratti. Anche altri nomi in Islanda portano testimonianza delle loro abitazioni isolate, di solito in grotte o fenditure della roccia.

Si fa riferimento a questi anacoreti nelle cronache islandesi, Íslendingabók e Landnámabók. Vi si registra che quando i vichinghi approdarono per la prima volta in Islanda, vi trovarono i cristiani, 'che i vichinghi chiamano papar, ma che andarono via perché non volevano restare qui e convivere con uomini pagani'. Si procede a dire che 'lasciarono dietro di loro libri irlandesi, campane e bastoni pastorali; da questo si poteva capire che erano irlandesi'.

Tuttavia, il primo riferimento a loro risale circa all'anno 825, quando il monaco irlandese Dicuil, allora residente in Francia, scrisse un libro intitolato De mensura orbis terrae. Qui, parlando delle isole a nord della Scozia e della posizione di Thule, fa un riferimento ai monaci irlandesi in Islanda. Trent'anni prima, attorno al 795, quando Dicuil era probabilmente ancora in Irlanda, i monaci gli avevano raccontato delle loro esperienze nel lontano nord. Gli eremiti gli dissero di un'isola nel Nord Atlantico. Gli dissero che erano stati sull'isola da fine gennaio a fine luglio e che là le notti d'estate erano notevolmente luminose; il sole andava giù, ma solo come se fosse nascosto dietro una collina. Non faceva buio, e si poteva vedere e lavorare tanto bene come in pieno giorno. Si poteva immaginare, continuava, che se si saliva sulla montagna più alta, si poteva forse vedere che il sole non scompariva in quel periodo. Gli raccontavano inoltre, stando a quanto scrive, che non c'era mare aperto in tutto il paese, ma che a nord dell'isola, a un giorno di navigazione, avevano incontrato il mare ghiacciato. Questo è il primo racconto dell'Islanda e conferma quello che ci dicono le fonti letterarie islandesi successive sulla presenza nel paese di anacoreti irlandesi.

Troviamo anche altre tracce primitive di cristianesimo in Islanda. Un certo numero dei primi coloni norreni proveniva dalle zone norvegesi in Irlanda e nelle Ebridi e alcuni di loro erano stati istruiti nella fede cristiana delle popolazioni celtiche tra le quali avevano vissuto. Uno di loro era Helgi il Magro, il progenitore di tutte le famiglie più illustri a Eyjafjordr e nei dintorni, che chiamò la sua fattoria Cristiana – Eyjafjordr Kristnes.

Un altro è un uomo chiamato Orlygr Hrappsson. Secondo il racconto del Landnámabók, era un norvegese che era stato cresciuto da un vescovo irlandese nelle Ebridi. Quando decise di andare in Islanda, il vescovo gli diede della terra consacrata, una campana di ferro, un libro di servizio e altre cose, e gli descrisse il luogo dove avrebbe dovuto costruire sia la sua fattoria sia una chiesa dedicata a san Colombano. Orlygr finì fuori rotta e approdò dapprima nella penisola di Vestfirðir. Da lì navigò verso sud e trovò il posto che cercava a Kjalarnes, sotto il Monte Esja,. Lì costruì la sua casa e una chiesa dedicata a san Colombano, secondo le istruzioni ricevute. Il testo dice che Orlygr e i suoi parenti riposero la loro fede in san Colombano, e una tradizione più tardiva aggiunge che i tesori della sua prima chiesa, la campana e il libro, erano ancora presenti nel XIII secolo.

Ancora un altro colono dell'età pagana, Asolfr Alskik, sembra aver tentato di introdurre cristianesimo irlandese in Islanda. Il racconto di lui nel Landnámabók purtroppo non è del tutto chiaro. Pare che, a causa della sua fede, i pagani lo evitassero e lo scacciassero da un luogo ad un altro, nel sud del paese. Sembra essere stato un uomo tranquillo amante della pace, uno di quelli che preferiscono cedere il passo piuttosto che combattere. Infine, si stabilì ad Akranes e lì finì i suoi giorni lì come eremita, accudito da un amico che era anche lui cristiano.

Maggiori dettagli riguardanti questi primi cristiani in Islanda, e altri come loro, si possono ricavare da fonti letterarie. In conclusione si può dire che questi eremiti devono essere stati influenti in alcune aree, in particolare nel sud e appena a nord di Reykjavik. Tuttavia, la loro fede non fu sufficiente per fare progressi contro i culti pagani organizzati e l'ordine sociale a loro associato. Fu solo nel 999 (tradizionalmente, anche se in modo non corretto, nel 1000), sotto la pressione del re Olaf Tryggvason di Norvegia, che il cristianesimo fu accettato ufficialmente in Islanda. Re Olaf, cresciuto in Russia, battezzato nelle isole Scilly al largo della costa della Cornovaglia e confermato ad Andover nel sud dell'Inghilterra nel 994 o 995 dal futuro sant'Alphege, insisteva sul fatto che tutto il suo popolo divenisse cristiano. Così, nel mese di giugno del 999, 'centotrenta anni dopo l'uccisione di Edmund', l'Althing o assemblea popolare islandese si riunì e accettò ufficialmente le richieste del re norvegese.

La gloria dell'Islanda è quindi il fatto di essere l'unico paese al mondo i cui primi abitanti erano monaci cristiani ortodossi. Tuttavia, è anche la tragedia dell'Islanda il fatto che è giunta ufficialmente alla Fede ortodossa solo all'inizio del secondo millennio, proprio mentre quella Fede stava cambiando rotta e così si stava spegnendo in Europa occidentale. Tuttavia, oggi, all'inizio del terzo millennio, una chiesa ortodossa russa è prevista a Reykjavik. Resta da vedere se gli islandesi saranno in grado di comprendere l'Ortodossia russa degli emigrati e trovarvi lo stesso spirito che ha entusiasmato i primi colonizzatori dell'Islanda, i monaci irlandesi del primo millennio. Lo spirito di san Colombano e quello di san Serafino sono davvero una cosa sola. Se islandesi giungeranno a questa comprensione, troveranno in questo le loro radici ortodosse e così il rinnovamento spirituale.

Santi Colombano e Serafino, intercedete presso Dio per il popolo islandese!

L'Ortodossia in Islanda oggi

La Chiesa ortodossa in Islanda conta una comunità non molto numerosa (circa 600 immigrati dai paesi dell'ex Unione Sovietica e dall'Europa dell'Est, oltre a ortodossi islandesi nativi), ma che nell'ultimo decennio è cresciuta tanto da diventare l'organizzazione religiosa a crescita più rapida in percentuale in tutto il paese.

Dopo alcune visite episcopali (il Metropolita Pitirim di Volokolamsk nel 1995 e l'Arcivescovo Longin di Klin nel 2001), il Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca ha deciso di fondare a Reykjavik una parrocchia stavropigiale dedicata a san Nicola. Nel dicembre 2004 è arrivato un sacerdote permanente, l'arciprete Timofej (Timur) Zolotuskij.

Dopo alcuni anni di negoziati, è stato assegnato un posto per la costruzione di una chiesa, e il 12 maggio 2011 c'è stata la cerimonia di consacrazione della prima pietra della chiesa per mano dell'arcivescovo Mark di Egor'evsk. Il progetto, che ha avuto alcuni ritardi a causa di opposizioni logistiche, prevede uno stile evidentemente russo, ma integrato con elementi ornamentali tipicamente scandinavi e motivi scolpiti tratti dai primi secoli cristiani dell’Europa nord-occidentale.

La parrocchia ha un sito internet con un blog piuttosto attivo, e una pagina Facebook che offre una dettagliata rassegna di notizie e fotografie degli eventi e della vita quotidiana della comunità. Occupandosi di tutti gli ortodossi in Islanda, la parrocchia di san Nicola ha un carattere piuttosto internazionale, che si riflette nella moltitudine delle lingue di culto (le funzioni sono tenute in diverse lingue slave, in romeno, greco, inglese e islandese). Per ora l'unica parte degli ortodossi in Islanda ad aver indicato il desiderio di sviluppare una sua vita autonoma è la comunità serba, che sta formando una parrocchia sotto il vescovo Dositej di Gran Bretagna e Scandinavia. La comunità serba non ha però ancora un prete residente, e il sacerdote Goran Bosić viene in Islanda a celebrare per due volte all'anno. Per il resto del tempo, padre Timofej si prende cura dei fedeli serbi.

L'arrivo (o, potremmo dire noi, il ritorno) della Chiesa ortodossa in Islanda è stato salutato con un certo entusiasmo e incoraggiamento (affiancato da offerte di amicizia alla Russia da parte islandese che sono state tanto sincere quanto inaspettate), e si può tranquillamente prevedere un cammino di un certo sviluppo dell'Ortodossia nel paese.

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