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  Convergenza attraverso la purificazione: il futuro dell'Ortodossia russa post-sovietica e post-emigrazione

dal blog del sito Orthodox England, 16 gennaio 2021

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Introduzione

Dopo la riconciliazione nel 2007 del 90% del mondo ortodosso russo al di fuori della Russia e del ben più ampio mondo ortodosso russo all'interno della Russia, alcuni si sono chiesti come avrebbe avuto luogo la convergenza delle due parti. Dopo tutto, le due parti avevano identità distinte, e non c'è da stupirsi, visti i novant'anni di reciproca separazione. Quella separazione era stata imposta ai fedeli nel 1917 con il rovesciamento della vecchia civiltà imperiale ortodossa basata sulla fede da parte di aristocratici occidentalizzati in cerca di potere e di borghesi amanti del denaro. La parte principale della Chiesa all'interno dell'Unione Sovietica era stata crudelmente perseguitata e la sua organizzazione era stata presa in ostaggio dallo Stato ateo per tre generazioni di prigionia. Quanto alla parte molto più piccola in esilio, aveva sofferto per coloro che avevano poco interesse per il Vangelo di Cristo, della civiltà ortodossa, ma molto interesse per il Vangelo di Mammona, l'Occidente capitalista privo di principi.

Le due parti del passato

Entrambe le parti condividevano ideologie a volte totalmente irrazionali e dominate da riflessi non certo teologici, ma emotivi, folcloristici, psicologici e anche, in alcuni casi, patologici.

Da un lato, la parte post-sovietica poteva mostrare un immenso nazionalismo – al punto incredibile da ammirare il suo persecutore, Stalin – e aveva una mentalità statale centralizzata e burocratica, riflessa negli atteggiamenti indifferenti di qualche chierico retribuito e carrierista che forse non credeva in Dio. Certamente questi mostravano pochi segni visibili di fede. Questo andava di pari passo con gli atteggiamenti degli occidentalisti secolaristi che ammiravano il potere e la ricchezza del Vaticano (un altro Stato-Chiesa, o meglio Chiesa-Stato). Tra il popolo post-sovietico, privato dell'istruzione ecclesiastica per 75 anni, si poteva trovare un'incredibile gamma di estremismi assurdi e di fariseismo, superstizioni basate su una straordinaria ignoranza, che risultavano in incomprensioni e falsi problemi. Questi problemi erano stati risolti da tempo dagli ortodossi che vivevano nel mondo occidentale, e dai quali essi si rifiutavano di imparare, accecati dal loro nazionalismo.

D'altra parte, anche la parte emigrata poteva mostrare un immenso nazionalismo, solo un nazionalismo antisovietico, con una nostalgia culturale e farisaica per un passato scomparso. Si rifiutava di comprendere l'Ortodossia di massa, respingendola, isolandosi in minuscoli ghetti a vivere un'accogliente e introversa vita da club. Rifiutava tutti i non russi, facendo loro richieste assurde. Per citare molti esempi reali, c'erano quelli che preferivano veder chiudere la loro chiesa piuttosto che vederla frequentata da non russi. 'Dopo di noi, il diluvio'. Altri dicevano: 'Chiudiamo la chiesa, presto moriremo e nessuno ne avrà più bisogno'. Un anziano sacerdote disse ai suoi parrocchiani che non aveva senso che egli battezzasse i loro figli, dato che presto sarebbe morto e nessuno lo avrebbe sostituito. Di fatto, presto morì e nessuno lo sostituì. Ho anche sentito 35 anni fa: 'Vorrei vedere la nostra chiesa chiudere piuttosto che sentirvi una parola che non sia in russo'.

Qui e ora

Oggi viviamo in un mondo che è sia post-sovietico che post-emigrato. Entrambi sono morti e sepolti. Chi ha meno di trent'anni capisce a malapena il significato delle parole sovietico ed emigrato, perché vive nel mondo reale.

Nel vero mondo ortodosso vediamo chiese piccole, provinciali, balcanizzate, in altre parole, semplici club nazionalisti. Nelle parole dei membri del Patriarcato di Costantinopoli (compresi i sacerdoti): "Non puoi unirti a noi, non sei abbastanza scuro per essere ortodosso" (=greco). Oppure: "Qui è solo per romeni". Oppure, in una chiesa ucraina: "Se non sei ucraino, vattene". O in una chiesa serba: "Se non sei serbo, puoi entrare, ma non puoi baciare l'icona di san Sava, perché non sei serbo". O, come mi ha detto un prete georgiano: "Dio parla solo georgiano". E un'anziana donna russa, sprofondata nella sua oscura ignoranza, mi ha detto che "Dio capisce solo lo slavonico". Tali chiese non hanno rilevanza spirituale e, come si meritano, moriranno come è già morta la maggior parte di loro. La loro scomparsa non è una perdita, perché la loro esistenza museale non ha alcun significato o giustificazione spirituale.

L'unica Chiesa ortodossa locale che è abbastanza grande e ha l'ampiezza spirituale e intellettuale per superare un nazionalismo così meschino e divisivo, la maledizione delle piccole Chiese locali, è la Chiesa russa. Contando tre quarti dell'intera Chiesa di Dio, solo la Chiesa multinazionale russa ha il potenziale per superare tale ristrettezza provinciale. Il suo passato imperiale, la sua aquila bicipite che si affaccia a est e a ovest e li unisce, è il punto attorno al quale entrambi i gruppi, all'interno e all'esterno della Russia, e le altre Chiese locali, possono convergere. Il periodo sovietico è passato tanto quanto quello dell'emigrazione russa. Noi non viviamo nei libri di storia, noi li leggiamo. Viviamo, e siamo salvati, qui e ora. Oggi, come mai prima d'ora, la Chiesa affronta una sfida globale e può farcela solo mostrando la sua cattolicità, la sua unità nella diversità, la sua unità di fede in ogni tempo e in ogni luogo.

Conclusione

Per superare il nazionalismo, il provincialismo e la ristrettezza parrocchiale di molti e per essere rilevante nel mondo globale di oggi, la Chiesa ortodossa russa deve mostrare la sua multinazionalità. Per superare la sua precedente divisione, deve dimostrare di essere al di sopra di tutte le varianti provinciali. La convergenza di tutti richiede il coraggio della purificazione. E non c'è esempio più grande di questo che il coraggio e la purificazione dell'unica figura che ci unisce all'unanimità, l'imperatore santo, lo tsar Nicola II. Era di origine internazionale, sua madre era danese, parlava cinque lingue e intendeva costruire una chiesa in ogni capitale europea e tradurre i libri di culto nelle lingue europee. Anche la sua imperatrice era una convertita anglo-tedesca. Loro, i loro cinque figli e i loro servi, sono santi. Non abbiamo bisogno di un esempio più grande di ecclesialità multinazionale per il nostro futuro.

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