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  La sfida dell’Ortodossia russa: la costruzione di nuove chiese locali nella diaspora

di padre Andrew Phillips - dal sito Orthodox England

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L’Ortodossia tornerà in vita in Occidente. Ci sarà l’Ortodossia in Gran Bretagna e in Irlanda, in Francia e in Germania, in Olanda e in Spagna, e anche in America. Ogni lingua e nazione avrà la Santa Ortodossia. Questo è il compito che tocca alla nostra emigrazione russa per il nostro pentimento.

San Giovanni di Shanghai, c. 1962

 

1. Introduzione: facciamo i conti con la realtà

Nel corso degli ultimi venti anni abbiamo scritto più volte che non ci sarà alcuna nuova Chiesa locale o Chiese locali nelle terre della diaspora fino a quando un certo numero di persone locali non solo sarà entrato nella Chiesa, ma soprattutto vi si sarà integrato (e non dis-integrato), vivendo l’Ortodossia come un modo di vita. Nel corso degli ultimi cinquanta anni, da quando San Giovanni disse le parole sopra citate, abbiamo visto molti fallimenti nell’integrazione - sempre per lo stesso motivo. Anche se può sembrare duro far notare questi errori, la vita della Chiesa e quindi l’autentica vita spirituale, come abbiamo tante volte detto in precedenza, non può essere costruita sulla fantasia, ma solo sulla realtà. Notiamo così tre fallimenti recenti nella costruzione di Chiese locali:

a. ‘Il rito occidentale’. Il fallimento del piccolo gruppo di ‘rito occidentale’ è stato particolarmente evidente in Francia. Rifiutando la tradizione e la disciplina della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia perché era troppo attaccato a un rito ricreato, autorizzato a titolo eccezionale per economia pastorale, questo raggruppamento instabile l’ha abbandonata. Cambiando costantemente giurisdizione e passando da una Chiesa locale a un altra, si è alla fine disintegrato nel settarismo dei vescovi vaganti.

b. Parigi. Il fallimento della fazione parigina, la ‘Fraternité Orthodoxe’, nella piccola giurisdizione di Rue Daru, che, volendo fondare una nuova Chiesa locale, ha dimenticato che il Patriarcato da lei scelto non ha mai dato liberamente l’autocefalia ad alcuna Chiesa locale. Ridotta a un solo vescovo da atteggiamenti anti-monastici, anti-clericali e anti-episcopali, questa fazione ha dimenticato che la Chiesa non dipende da dibattiti intellettuali e sogni filosofici, ma da vescovi che appartengono a un Sinodo.

c. La Chiesa Ortodossa in America. Il fallimento della O.C.A., l’esperimento politico fondato a Parigi alla fine della Guerra Fredda, durante la quale l’obbedienza a un patriarca, prigioniero del governo sovietico ateo, era inaccettabile per i cittadini americani. Una volta fondata, l’O.C.A. ha cominciato a frantumarsi a causa degli stessi atteggiamenti anti-monastici, anti-clericali e anti-episcopali visti a Parigi. Senza un’autentica e sana vita monastica, l’episcopato di qualsiasi Chiesa locale si popola di persone inadeguate. Il meglio che un tale gruppo può sperare, così come nel gruppo di Rue Daru, è generalmente che siano disponibili alcuni idonei sacerdoti vedovi che possono diventare vescovi. Come risultato della sua mancanza di vescovi idonei, l’ala rinnovazionista della O.C.A. ha presentato la fantasia di un episcopato sposato, come nella Chiesa episcopaliana, da dove erano venuti molti dei suoi convertiti. Nel proprio isolamento americano, questa fazione ha trascurato il fatto che un cambiamento così radicale avrebbe bisogno dell’accordo di tutte le Chiese ortodosse locali - una cosa impossibile. In questo contesto di vescovi ‘non idonei’, ricordiamo la profezia di San Giovanni di Shanghai: ‘L’America è un grande paese, ma l’avidità e la sensualità sarà la sua rovina’.

In tutti questi tre casi, il fallimento nel fondare una nuova Chiesa locale può essere attribuito alla stessa causa - la mancata trasmissione della Tradizione ortodossa a gruppi che non comprendono più la lingua ortodossa originale della Tradizione. In altre parole, i gruppi hanno versato il vino perché non avevano un recipiente per contenerlo. Ora che questi eccessi del passato, che una volta erano alla moda, possono essere lasciati da parte, anche alcuni all’interno dei gruppi di cui sopra stanno realizzando la necessità fondamentale di una Chiesa madre. Un bambino prematuro o immaturo è incapace di costruire qualcosa senza la sua mamma. Solo l’adolescente orgoglioso e ribelle immagina di poter stare da solo, mettendo il carro davanti ai buoi. È chiaro che attualmente è necessario il bilinguismo, per evitare gli estremismi immaturi di ‘purezza’ monolingue, che una generazione fa hanno strappato alla diaspora tante parrocchie. In questo modo, la Tradizione può essere trasmessa con successo dal gruppo originale immigrato al gruppo che la riceve.

In tutti questi tre casi, è stato anche trascurato un altro interrogativo fondamentale: C’è qualche Chiesa locale libera che abbia anche solo il desiderio di fondare nuove Chiese locali, in considerazione del fatto canonico che una Chiesa locale deve consultare le altre Chiese locali prima di fondare nuove Chiese, soprattutto nelle zone di competenza giurisdizionale mista? Dalle riunioni delle nuove Assemblee episcopali inter-ortodosse in molti paesi in tutto il mondo, è chiaro che, proprio come 40 anni fa, non vi è alcun desiderio, in tredici delle quattordici Chiese ortodosse locali, di fondare nuove Chiese locali. A questo proposito, queste tredici Chiese locali possono essere divise in due gruppi, come qui di seguito.

 

2. Sette Chiese locali che non hanno diaspora

Tutte queste Chiese sono piccole, tutte insieme hanno una popolazione di meno di 13 milioni, e non è loro permesso di avere una diaspora, oppure non hanno una diaspora. In ordine di grandezza, cominciando dalle più piccole, si tratta di:

a. Il Patriarcato di Gerusalemme. Questo sta diventando sempre più piccolo, perché il suo gregge arabo ortodosso, come Cristo crocifisso sulla croce tra due ladri, è costretto a lasciare la sua patria dall’oppressione ebraica e musulmana. Soffre anche di una crisi interna, perché i suoi vescovi sono nominati con mentalità coloniale dal Ministero degli Esteri della Grecia. Hanno pochi contatti con il loro gregge, e per lo più non riescono a parlare la sua lingua.

b. La Chiesa di Albania. Questa è per molti versi un prolungamento della Chiesa ortodossa greca, che si estende dalla Grecia in ‘Epiro del Nord’.

c. La Chiesa di Cipro. Avendo perso dopo la seconda guerra mondiale oltre un quarto del suo gregge per l’emigrazione in Inghilterra e il 40% del suo territorio per l’invasione turca, rappresenta un piccolo paese, che sopravvive in gran parte grazie al turismo e ai prestiti russi.

d. Il Patriarcato di Alessandria. Amministrato in gran parte dal ministero degli Esteri greco, non si è mai completamente ripreso dalla defezione nel passato dei copti in Egitto e degli etiopi, di mentalità nazionalista e anti-greci. Oggi ha la possibilità di prosperare, grazie al battesimo di centinaia di migliaia di africani neri in un continente di un miliardo di persone. Con vescovi africani, invece che greci, avrà un’opportunità di crescere.

e. La Chiesa di Grecia. Fondata circa 200 anni fa, questa è l’unica tra le prime sette Chiese ad avere un gregge di oltre un milione.

Tutte le suddette Chiese di orientamento greco sono in realtà estensioni del Patriarcato di Costantinopoli, che si occupa dei loro emigrati nella diaspora. In questo senso, possono essere trattate tutte come una Chiesa locale. Infine, ci sono due altre Chiese locali, anche queste con un gregge molto piccolo, che non hanno una diaspora. Queste sono:

f. La Chiesa delle Terre Ceche e di Slovacchia. Essenzialmente popolata da carpato-russi (russini ​​o, in latino, ruteni), è stata molto potenziata negli ultimi anni dall’immigrazione dall’Ucraina.

g. La Chiesa di Polonia. Essenzialmente composta da bielorussi, ucraini e Lemko (carpato-russi che vivono all’interno delle attuali frontiere polacche).

Le due chiese slave di cui sopra sono in realtà, nonostante l’interferenza passata e presente e le pretese del Patriarcato di Costantinopoli, estensioni della Chiesa ortodossa russa. Di fatto, quest’ultimo si prende cura dei loro emigrati della diaspora, nonostante alcune attività missionarie molto limitate dei polacchi ortodossi tra i popoli nativi dell’Europa sud-occidentale. In tal senso, queste due Chiese locali possono essere considerate come parti della Chiesa ortodossa russa.

 

3. Sei Chiese locali che hanno una diaspora, ma nessun desiderio di fondare nuove Chiese locali.

In ordine di grandezza, partendo dalla più piccola, si tratta di:

a. Il Patriarcato di Antiochia. Fino a poco tempo la sua diaspora era molto piccola nell’Europa continentale occidentale, anche se è recentemente aumentata a causa dell’emigrazione e della guerra civile in Siria. Particolarmente negli Stati Uniti e in Inghilterra, è stata caratterizzata da piccoli gruppi di conservatori convertiti dal protestantesimo, alcuni dei quali di ‘rito occidentale’, che vivono in modo piuttosto distinto dalla loro gerarchia araba e in genere non si integrano nella tradizione araba della loro Chiesa madre e nella sua amministrazione centralizzata. Il futuro di questa piccola Chiesa è molto incerto, schiacciata e crocifissa com’è tra islam e uniatismo, tanto più data l’attuale guerra civile in Siria, dove ha risieduto a lungo il suo Patriarca.

b. Il Patriarcato di Costantinopoli. Unico tra le Chiese locali, la maggior parte dei suoi pochi aderenti vive nella diaspora, che non esisteva fino a circa 90 anni fa. In effetti, la creazione divisiva di questa diaspora fu in gran parte una questione di opportunismo politico dopo la rivoluzione russa, quando questo Patriarcato di fatto sostenne apertamente i rinnovazionisti, nemici della Chiesa russa sponsorizzati dai comunisti. Allo stesso tempo, questo Patriarcato ha anche inglobato piccole parti della diaspora russa, principalmente in Francia e in Finlandia, così come parte della diaspora carpato-russa negli Stati Uniti, e ha cercato di fare lo stesso in Polonia e in Cecoslovacchia. Questo opportunismo è continuato dopo la caduta del comunismo e questo Patriarcato si è adoperato per cercare di inglobare parti della diaspora galiziana (ucraina) politicamente dissidente e auto-consacrata, i dissidenti anti-russi in Estonia e in Ucraina occidentale, così come un piccolo gruppo di convertiti anti-russi, soprattutto di provenienza anglicana, in Inghilterra.

Il Patriarcato ha in gran parte fallito in queste misure per crearsi un impero, in quanto non era in grado di camuffare il suo nazionalismo essenzialmente greco (‘filetismo’ in greco), per il quale usava come strumenti la finanza e la politica inglese e poi quella statunitense, e quindi le politiche pro-turche, e, nel modo più scandaloso di tutti, un disastroso compromesso ecumenico. Tuttavia le Chiese non possono essere costruite su intrighi e interferenze politiche. Questo Patriarcato non ha mai dato liberamente l’autocefalia a qualsiasi gruppo etnico, né è stato in grado di fare qualsiasi coerente lavoro missionario nel corso degli ultimi 500 anni. Di conseguenza, ha perso in gran parte i giovani della sua diaspora. Il suo futuro sembra molto fragile, mentre il suo episcopato invecchia e le sue finanze diminuiscono.

c. La Chiesa di Georgia. Si tratta di una piccola Chiesa locale e anche la sua diaspora molto recente e introversa è molto piccola. Quindi, vi è un solo vescovo per tutta l’Europa occidentale.

d. La Chiesa di Bulgaria. Anche questa Chiesa è piccola e anche la sua diaspora molto recente e introversa è molto piccola. Quindi, vi è un solo vescovo per tutta l’Europa occidentale.

e. La Chiesa di Serbia. Anche se la diaspora serba si è stabilita prima della maggior parte delle altre, è sempre stata molto ripiegata su se stessa. Oggi, la Chiesa di Serbia, con gran parte del suo territorio canonico occupato dalla NATO e separato e frammentato da nazionalismi sponsorizzati dall’Unione Europea, è stata forzata ad atti di ecumenismo dal governo serbo pro-Unione Europea. Questa crisi si riflette nella sua diaspora.

f. La Chiesa di Romania. Verosimilmente la seconda più grande Chiesa locale, la Chiesa romena oggi ha un’enorme, anche se in gran parte nuova, diaspora tutta l’Europa occidentale, soprattutto in Italia. Sembra, tuttavia, essere in parte soggetta ad alcuni dei nazionalismi che la Chiesa madre sta vivendo attualmente, incoraggiata dall’Unione Europea.

Le sei Chiese locali di cui sopra sono generalmente caratterizzate da introversione e anche da nazionalismo. È forse simbolico il fatto che le loro forme di canto non ‘si esportano’.

 

4. La quattordicesima Chiesa ortodossa locale

Anche se è di gran lunga la più grande Chiesa ortodossa locale, abbiamo lasciato la Chiesa di Russia per ultima perché è per molti versi unica.

In primo luogo, la Chiesa ortodossa russa, con 164 milioni di membri, comprende circa tre quarti di tutta la Chiesa ortodossa.

In secondo luogo, è di gran lunga la più multinazionale e multilingue delle Chiese locali. All’interno della Federazione russa ci sono le correnti di Mosca, di San Pietroburgo, della Russia Centrale e della Siberia multinazionale. Al di fuori di questo territorio, vi è l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldova, la Lettonia, l’Estonia, la multinazionale Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR), per non parlare della Chiesa ortodossa autonoma giapponese, e di quella cinese che per il momento fatica ad esistere. In tutto ha 62 diverse nazionalità al suo interno e un terzo dei suoi membri vive al di fuori della Russia.

In terzo luogo, è la più occidentalizzata delle Chiese locali, come si può vedere dalla sua musica polifonica (musica, non ‘canto’), spesso cantata da donne. Questa è stata ‘esportata’ con relativa facilità in un gran numero di altre lingue. Ma più di questo, con i confini occidentali della Russia esposti all’Occidente, ha affrontato e risposto ad atteggiamenti e filosofie occidentali in modo ortodosso.

In quarto luogo, ha la storia più missionaria di tutte le Chiese locali, sia a est che a ovest. Storicamente, ha predicato l’Ortodossia sul suo confine occidentale, in Ungheria, Russia carpatica, Slovacchia e Polonia, Carelia, Stati baltici, e più di recente sulle sue frontiere orientali, attraverso la Siberia, tra gli Altai, in Yakutia, in Kamchatka, circa 250 anni fa in Alaska, poi in Cina, Corea, Giappone e più di recente in Thailandia. Non solo ha due Chiese autonome, ma anche una Chiesa auto-governata e politicamente indipendente fuori dalla Russia, la ROCOR, che ha quasi 100 anni. Questa ha missioni in molte lingue in tutti i continenti, in Europa Occidentale, Nord e Sud America, Africa, Pakistan e tra gli aborigeni dell’Australia. Inoltre, la ROCOR è stata rafforzata dall’emigrazione di massa dopo il recente crollo dell’ Unione Sovietica, economicamente sicura, ma religiosamente e politicamente tirannica. A seguito di tale crollo, nuovi emigranti hanno stabilito della diaspora anche parrocchie che per il momento sono ancora attaccate alla Chiesa in Russia. Le chiameremo “parrocchie della ROCORIR’, parrocchie della ‘Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia in Russia’. Questo termine particolare indica il loro stato per il momento particolare.

Infine, la Chiesa ortodossa russa ha fondato anche cinque seminari all’estero. Questi sono il seminario della ROCOR presso il monastero di Jordanville negli Stati Uniti, il seminario e il monastero di San Tikhon, anch’esso negli Stati Uniti (per il momento ancora sotto la giurisdizione in frammentazione della O.C.A.), un nuovo seminario a Parigi, stabilito come rappresentanza ortodossa russa dopo varie difficoltà, così come gli istituti St Vladimir’s a New York e Saint-Serge a Parigi, il futuro dei quali è incerto al di fuori della Chiesa madre russa.

 

5. Difficoltà nella diaspora della ROCORIR. Non nascondiamo le difficoltà della diaspora ortodossa russa - noi stessi ne abbiamo sofferto per quarant’anni. Cerchiamo di affrontare il problema nelle sue due parti, in primo luogo, nella sua parte più piccola, soprattutto quella di recente costituzione e ancora direttamente dipendente dalla Chiesa in Russia. Qui, lo sviluppo è frenato da tre fattori. Questi sono:

a. ‘Eredità’ del rinnovazionismo. Il rinnovazionismo (modernismo) è stato ampiamente superato all’interno della Russia, grazie alle ferme attitudini dei Patriarchi Alessio I, Pimen e Alessio II. Tuttavia, al di fuori della Russia, alcuni stanno lottando con l’eredità dei filosofi “religiosi” (Berdiaev, Frank ecc) e di ideologi eretici illusi, alcuni di rango ecclesiale (Bulgakov e altri parigini, che si sono diffusi nel mondo di lingua inglese), tutti viziati dal razionalismo disincarnato, dall’intellettualismo liberale, e dallo gnosticismo e origenismo esoterico. Purtroppo, tra alcuni viventi c’è ancora un culto dei morti, un culto del passato, di modernisti antiquati e morti, un retaggio del passato, che avrebbe dovuto essere ormai sepolto, in particolare perché il rinnovazionismo era molto dannoso e assolutamente divisivo quando i personaggi in questione erano vivi. È tempo di guardare al futuro (come facciamo in questo articolo), non al passato. I vecchi culti della personalità devono essere sostituiti dall’autentica Tradizione della madrepatria, basata sui nuovi martiri e confessori, sui martiri imperiali, su santi vivi, come San Giovanni di Shanghai, non su filosofi morti. Purtroppo, i rinnovatori, per usare le loro stesse parole, non hanno posto sulle loro pareti per le icone di questi santi di Dio.

b. Vecchie attitudini stataliste. Qui c’è ancora molto da fare per superare il passato sovietico. La vecchia mentalità di conquista, imperialista, sopravvive ancora tra alcuni laici, come se fossero alla guida di carri armati sovietici diretti a Berlino. La centralizzazione, la mentalità di ‘una taglia unica per tutti’, nonostante sia stata chiaramente rifiutata nel presente ‘metropolismo’ della Chiesa russa, attira ancora alcuni. Permangono ancora attitudini stataliste nel culto anti-ascetico del lusso tra alcuni individui che pensano di dover imitare l’aristocrazia anti-ecclesiale dei tempi pre-rivoluzionari. Qui, la Chiesa deve tenere i neo-battezzati lontani da una mentalità del genere, legati al comportamento e alla disciplina della Chiesa ortodossa, pronti a imparare dagli altri. Con l’insegnamento e con l’esempio, soprattutto da parte dei vescovi e del clero, tutto questo è possibile.

c. Mancanza di integrazione e di identità culturale. Infine, vi è la mancanza di conoscenza locale e della lingua locale. Questo è un problema per i figli degli emigrati, che non capiscono la lingua delle funzioni e desiderano, per esempio, confessarsi nella lingua locale, non in russo. Questa mancanza di comprensione culturale, come la mancanza di registrazione delle parrocchie, è qualcosa che la ROCOR ha vissuto due o tre generazioni fa, e ha imparato a conoscere. È un vero peccato che le parrocchie della ROCORIR sembrino non avere il desiderio di imparare, facendo uso di precedenti esperienze ortodosse in Russia, preferendo invece spesso l’isolamento. In questo modo, i vecchi errori potrebbero essere evitati, invece di essere ripetuti.

 

6. Difficoltà nella diaspora della ROCOR.

Naturalmente, ci sono anche le difficoltà della diaspora della ROCOR. Anche in questo caso, tre fattori stanno rallentando la Chiesa. Questi sono:

a. Mancanza di comprensione della religione di massa. Perseguitata per decenni, la ROCOR è stata isolata da altre Chiese locali, in gran parte a causa della pressione da parte dello Stato sovietico. Durante questo periodo della guerra fredda, in modo del tutto naturale, si è sviluppata una mentalità da assedio, e perfino, comprensibilmente, una certa paranoia, e tra alcuni una mentalità di ghetto o settaria. Ma non c’è vita nel ghetto o nella setta, ed è per questo che tutti i ghetti e le sette si estinguono. Questo si è visto chiaramente nel 2007, quando un piccolo numero di parrocchie della ROCOR ha rifiutato di riconoscere il pentimento di coloro che si erano compromessi in Russia sotto il regime sovietico. Questi erano coloro che avevano già ostacolato la causa dell’unità per anni. Come risultato del loro isolamento auto-imposto, si è sviluppato tra di loro un nazionalismo politico di destra. Hanno dimenticato che il motto ortodosso russo è ‘Per la fede, per lo zar, per la Rus’, non in un altro ordine. Hanno dimenticato che gran parte del movimento dei russi bianchi e dell’emigrazione politica non era stato per nulla ‘bianco’, come ricordano le prediche di vescovi della ROCOR come San Giovanni di Shanghai e l’arcivescovo Averkij di Syracuse, bensì puramente politico.

Come risultato di questo isolamento, si sono sviluppati atteggiamenti provinciali ed è stata persa una panoramica internazionale di tutta la Chiesa. È stato in questo modo e in questo periodo che alcuni hanno perso la comprensione che la Chiesa è la Chiesa delle masse - così come prima della rivoluzione. In questo contesto, vi è anche l’equivoco dell’ecumenismo. L’ecumenismo come sincretismo è fortemente e chiaramente condannato da tutta la Chiesa russa. Tuttavia, vi è anche un ‘ecumenismo’, come relazioni di buon vicinato, sia a livello locale che a livello internazionale, e questa è una buona cosa. La riverenza per il passato della guerra fredda e il desiderio di vedere la perfezione negli altri, e non in noi stessi, non fanno parte della Chiesa. Ciò che queste piccole minoranze non sono riuscite a capire è che tutta la Chiesa russa condivide lo stesso ideale, la restaurazione della monarchia ortodossa a beneficio di tutti gli ortodossi, ma abbiamo diversi modi di raggiungere questo nobile scopo. Quindi, dobbiamo lavorare insieme. Noi della vera emigrazione ortodossa bianca manteniamo lo Zar nei nostri cuori come una fonte di fede, non come una fonte di stretto nazionalismo politico di destra.

b. Mancanza di finanziamenti. La ROCOR è povera, priva di sponsor e di aiuti di Stato. Ciò significa mancanza di infrastrutture e mancanza di sacerdoti. I giovani sono scoraggiati dal sacerdozio, poiché sanno che vuol dire povertà e doppio lavoro. D’altra parte, dobbiamo ricordare che troppi soldi distruggono la Chiesa, come si può vedere altrove nel mondo ortodosso. Forse dovremmo vedere la mancanza di fondi come una benedizione sotto mentite spoglie.

c. Mancanza di vescovi. Alla ROCOR mancano vescovi. Tuttavia, dobbiamo ricordare che è meglio avere pochi vescovi di qualità rispetto a molti vescovi, se per la maggior parte non sono adatti a essere vescovi per ambizione di potere o di denaro, o per deviazione o incompetenza. La soluzione per trovare vescovi è sempre la stessa - promuovere un’autentica vita monastica.

 

7. Conclusione: la vera rivoluzione russa

È chiaro che entrambe le parti della diaspora russa, la piccola e nuova parte della ROCORIR e la grande e anticamente consolidata parte della ROCOR, hanno bisogno l’una dell’altra: sono complementari. Solo insieme possono formare le fondamenta di nuove Chiese locali. Che sia di gradimento per tutti o meno, resta il fatto che i problemi principali della diaspora possono essere risolti solo da parte della Chiesa ortodossa russa. Solo questa ha la forza dei numeri, una storia multinazionale, le competenze, l’apertura, le infrastrutture, l’esperienza, la finanza, la Tradizione senza compromessi - potenzialmente tutto ciò che serve. Qui c’è la capacità e anche, tra molti, la volontà di fondare nuove Chiese locali. Qui c’è una grande responsabilità per la trasmissione della Tradizione, per trasmettere l’identità ortodossa in tutto il mondo a terre diverse e in lingue diverse.

Questa responsabilità comporta il bilinguismo. Significa superare gli estremi ideologici, sia l’autoaffermazione aggressiva che l’abnegazione aggressiva. La prima conduce al complesso di superiorità del settarismo da ghetto - e alla morte spirituale. La seconda conduce al complesso di inferiorità di assimilazione rinnovazionista - e alla morte spirituale. La prima vuole essere più russa dei russi. La seconda vuole essere più americana (o francese) degli americani (o dei francesi).

C’è un mito che nel 1917 ci sia stata una rivoluzione ‘russa’. Non lo era. Era una rivoluzione occidentale materialista, un anti-rivoluzione russa, che ha avuto luogo in Russia. Così non è stato lo zar russo ad abdicare, ma una parte della Russia, infettata da un’ideologia aliena, ha abdicato da lui. La Terza Internazionale di ispirazione occidentale, come più tardi il Terzo Reich di ispirazione occidentale, volevano schiacciare la terza Roma ortodossa, e diffondere in tutto il mondo il materialismo ateo. Non ci sono riusciti, e la cosa si è conclusa in un disastro. Tuttavia, vi è una vera e propria rivoluzione russa.

Oggi, il completamento della reale rivoluzione russa è possibile. Questa possibilità ha avuto inizio più di trent’anni fa, nel 1981, con la glorificazione da parte della Russia ortodossa libera dei nuovi martiri e confessori. Nel giro di pochi rapidi anni ciò ha determinato il crollo della tirannia atea e il battesimo delle masse. Ma questa era solo la prima tappa. La vera rivoluzione russa ha una seconda fase - che la Russia possa passare dal pentimento di una nominale Ortodossia di massa a un’Ortodossia di massa praticante, e su una scala sconosciuta prima della rivoluzione. Questa seconda fase è ciò che stiamo preparando ora, in questo periodo illogico, in cui in Russia si vede ovunque l’aquila a due teste, ma non c’è uno Zar.

Solo quando questo processo di restaurazione sarà completo potrà avere luogo la vera Terza Internazionale. Solo con l’esempio del pentimento in Russia ci può essere pentimento fuori dalla Russia. La vera Terza Internazionale è infatti l’esportazione dell’Ortodossia senza compromessi, ben oltre le patrie storiche dell’Ortodossia ai quattro angoli della terra, verso la Cina e l’India, l’America Latina, gli Stati Uniti e il Canada, l’Australasia e l’Indonesia, le Filippine, la Thailandia, il Laos, il Nepal e il Pakistan, e l’Europa occidentale. E questa rivoluzione spirituale sarà l’unica vera rivoluzione russa e la diffusione dell’Ortodossia in tutto il mondo sarà l’unica vera Terza Internazionale.

 

Arciprete Andrew Phillips,

Colchester, Essex.

 

Santi Pietro e Paolo, corifei degli apostoli

29 giugno /12 luglio 2012

 

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