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  Sulla confessione e la comunione, la lingua del culto e il monachesimo

Conversazione con l'arcivescovo Mark (Arndt)

Olga Kir'janova, pravoslavie.ru - 20 febbraio 2013

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All'inizio del mese di febbraio 2013 il Concilio dei Vescovi della Chiesa Ortodossa Russa ha preso una serie di decisioni importanti. Il portale Pravoslavie.Ru ha chiesto all'arcivescovo di Berlino, Germania e Gran Bretagna Mark (Arndt) di condividere le sue impressioni sui lavori del Concilio, e sui problemi discussi con fervore nella comunità ortodossa.

 

Vladyka, in che cosa, secondo lei, il Concilio dei Vescovi appena trascorso è stato diverso dai precedenti?

L’arcivescovo di Berlino, Germania e Gran Bretagna, Mark (Arndt). Foto: Патриархия.Ru

Ha avuto due elementi che sono stati abbastanza nuovi. In primo luogo, mai nella storia della Chiesa russa c’è stato un così numeroso Concilio di vescovi. Due anni fa, all'ultimo Consiglio, i suoi membri erano, se non mi sbaglio, circa 220, e ora sono stati 290! Si tratta di un aumento molto serio del numero dei vescovi. In secondo luogo, un grande lavoro di preparazione che è stato fatto tra i due Concili, relativo alle attività del Concilio interinale istituito su iniziativa del patriarca. Le commissioni che hanno operato sotto il Concilio interinale hanno considerato in precedenza una vasta gamma di temi della vita della Chiesa. I documenti alla base del nostro Concilio dei vescovi sono stati elaborati da queste commissioni, quindi abbiamo osservato questi documenti, li abbiamo sviluppati sulla base delle discussioni, li abbiamo riveduti e modificati. Il Concilio dei Vescovi li ha discussi e modificati, ma se non ci fosse stato il precedente lavoro del Concilio interinale, il nostro lavoro non sarebbe stato così fruttuoso.

 

In Russia è stata condotta una discussione pubblica molto attiva a livello ecclesiale e comunitario sulle numerose questioni ancora prima del Concilio. In quale misura questo dibattito ha coinvolto i fedeli e il clero russo all'estero?

I nostri chierici e laici sono stati poco coinvolti in questa discussione. Ciò è in parte dovuto al fatto che guardiamo da un punto di vista diverso tutta una serie di problemi della vita della Chiesa. Ciò è dovuto al fatto che viviamo in una realtà diversa da quella dei credenti in Russia, Ucraina, Moldova e Belarus’.

 

Come si sente all'idea della russificazione dei servizi di culto? Questo tema ha provocato una discussione molto forte durante i lavori del Concilio interinale.

Per noi questo tema, si può dire, non è chiaro. Viviamo nella diaspora con la lingua che ognuno di noi ha ereditato dai suoi antenati. Senza dubbio, le traduzioni di testi liturgici realizzate nel secolo scorso sono, in alcuni punti, "zoppe", troppo orientate al greco originale, che può essere cambiato. Ma noi non lo vediamo come una cosa di fondamentale importanza. Molto più importante per noi è trasferire il culto alle lingue locali europee - tedesco, inglese, francese, ecc, dato che siamo costretti obiettivamente a utilizzare nei servizi di culto altre lingue, oltre allo slavo ecclesiastico. La lingua slava ecclesiastica, per noi, è una solida base su cui ci troviamo, ma sentiamo la necessità di purificarla da un eccessivo grecismo. Ma qui la questione non è la russificazione. Stiamo solo parlando della liberazione della lingua slava ecclesiastica dagli strati che ne impediscono la leggibilità. A volte, è sufficiente modificare l'ordine delle parole. Questo lavoro, ovviamente, deve essere fatto, e condividiamo l'idea.

 

Un’altra domanda: nella fase di preparazione del Consiglio, si è discussa attivamente la relazione tra i sacramenti della confessione e della comunione. Molti partecipanti al dibattito, sulla base dell'esperienza delle Chiese locali di lingua greca, hanno chiesto alla gerarchia di consentire i laici di comunicarsi a ogni liturgia senza l'indispensabile confessione preliminare, come è oggi consuetudine nella Chiesa ortodossa russa.

L’arcivescovo di Berlino, Germania e Gran Bretagna, Mark

Vivendo in Occidente, noi crediamo che una persona dovrebbe partecipare al sacramento della comunione il più spesso possibile. Se mi si chiede quanto spesso è opportuno farla, propongo, per un normale laico, tre volte al mese, magari in due domeniche e in una festività settimanale. Inoltre, i nostri fedeli si accostano raramente al calice senza una confessione, anche se molti hanno questa opportunità. Io, per esempio, benedico che i miei figli spirituali ricevano la comunione senza una confessione preliminare, e nei nostri monasteri abbiamo questa pratica: io confesso i monaci una volta alla settimana, e si comunicano tre volte in sette giorni. Ma sto parlando di piccoli intervalli di tempo. Quando questi spazi tra la partecipazione al sacramento dell'Eucaristia raggiungono le due o tre settimane, una nuova confessione è necessaria. Nessun uomo vive una vita tale da poter essere sicuro di passare tanto tempo, senza commettere alcun peccato.

Nella Settimana Santa consento la comunione tutti i giorni fino al Lunedi della Settimana Luminosa ai miei figli spirituali, che sono venuti alla confessione al Sabato di Lazzaro. Allo stesso modo consiglio di fare ai miei sacerdoti. Ma posso farlo solo per quelli che conosco bene.

La confessione rara nelle chiese di lingua greca è un fenomeno vizioso. Essa è sorta a causa del fatto che i preti ortodossi che hanno prestato servizio nel XIX secolo sotto il giogo ottomano, erano in maggioranza analfabeti. Pochi di loro avevano la benedizione di confessare i fedeli, e, quindi, il rapporto tra i due sacramenti è andato perduto.

Stiamo ancora parlando della crescita spirituale dell'individuo, e la comunione non può servire per questa come un mezzo automatico. Deve essere una manifestazione della maturità spirituale del credente. Ci rendiamo conto che una persona può crescere spiritualmente sia se si accosta regolarmente alla rivelazione dei pensieri, sia se si accosta alla confessione, per cui è impossibile separare completamente questi misteri.

La Chiesa russa in passato ha regolato in modo molto severo la frequenza alla comunione, e aveva le sue ragioni. Noi non ci leghiamo in modo così forte a questo regolamento, ma d'altra parte, non lo respingiamo interamente. So che i parrocchiani della Chiesa Ortodossa in America possono non confessarsi per mesi, ma si comunicano molto spesso. Penso che questo sia un fenomeno vizioso, che non è giustificato.

 

Come si sente di fronte alla pratica corrente in alcune diocesi di non amministrare la comunione ai laici a Pasqua e a Natale?

Quando ne ho sentito parlare per la prima volta, sono rimasto scioccato. Come non ricevere la Comunione in una splendida festa? Per questo si leggono le parole di san Giovanni Crisostomo, dove tutto è spiegato chiaramente, eppure non si permette alla gente di accostarsi al calice! In epoca sovietica questo era probabilmente giustificato. Ho sentito da anziani sacerdoti che allora, in effetti, succedevano eventi molto spiacevoli, a causa dei quali si comportavano in tal modo. Oggi la situazione è completamente diversa. Ma, ancora una volta, ogni vescovo e sacerdote dovrebbe comportarsi secondo la propria coscienza e la propria esperienza pastorale, e non posso criticarli. Posso parlare solo per me.

 

L'ordine del giorno del Consiglio dei vescovi ha dato un posto speciale alle domande su vari aspetti della vita monastica. Ora sente spesso parlare dell'impoverimento dei cristiani che oggi si dedicano al servizio di Dio, cosa che riduce il numero delle vocazioni monastiche. È d'accordo con questo?

I monasteri rispecchiano sempre gli stati d'animo o le discordie presenti nella società circostante. Se quelli che ricevono il monachesimo provengono dal mondo contemporaneo - sono i suoi prodotti. Dobbiamo gioire per il fatto che dopo tanti anni di giogo bolscevico è nuovamente ripresa la vita monastica. Non si può dire che ora, in linea di principio, ci sono meno monaci. Parlando di numeri, in tal caso sì, sono di meno, ma c’è pure un piccolo numero di persone veramente introdotte alla vita della Chiesa. Non si tratta solo di chi è battezzato e crede di essere ortodosso, è chiaro che molte persone si considerano come se non fossero nemmeno battezzate. La domanda è questa, quanto una persona è coinvolta nella vita della Chiesa, quanto è disposta ad accettare Cristo con tutto il cuore senza ripensamenti.

Nei monasteri nella mia giurisdizione, vi è ora una chiara tendenza all'aumento del numero dei monaci. Ora sono anche più di dieci anni fa, e sono per lo più giovani.

 

In occasione del Consiglio, sua Santità il patriarca ha esortato i vescovi della Chiesa a essere nelle loro diocesi, non solo amministratori, ma anche pastori. Come vede il suo ministero pastorale?

Penso che la cosa principale sia parlare con le persone di Dio. Cerco di visitare il più spesso possibile le parrocchie della mia diocesi, prendendo come regola di servire una domenica alla Cattedrale, e la successiva da qualche parte in provincia, coprendo in tal modo il massimo numero di parrocchie. Oltre alla predica durante la funzione, ho sempre modo di parlare con i parrocchiani al pasto e in seguito, condivido con le persone insegnamenti, pensieri ed esperienze su varie questioni della vita della chiesa, e rispondo alle loro domande.

 

Che cosa, come vescovo, la rende oggi felice, e che cosa la rattrista?

Mi fa piacere vedere che le persone sono attratte da Cristo, e mi rattrista che spesso non viviamo in modo che la nostra vita possa convincere tutti che questa è la strada giusta.

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