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  San Marco di Efeso: un vero ecumenista

da Pravmir

4 agosto 2017

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Un estratto dal libro “Winds of Change in Roman Catholicism”, dello ieromonaco Ambrose (già padre Alexey) Young.

Ecumenico significa "appartenente o accettato dalla Chiesa cristiana in tutto il mondo"; come tale, questo termine riflette la regola della fede data da san Vincenzo di Lerino: la verità cristiana è quella "che è stata creduta ovunque, sempre e da tutti". Questa è la corretta definizione da vocabolario della parola "ecumenico", nonché la sua unica definizione patristica. Purtroppo, "ecumenico" è venuto a significare qualcosa di molto diverso nell'ultima parte del XX secolo. Sotto l'influenza del Concilio Ecumenico delle Chiese e della politica di aggiornamento nella Chiesa di Roma, "ecumenico" è giunto a significare quanto segue: l'unità della Chiesa di Cristo è stata spezzata nel corso dei secoli; tutte le Chiese cristiane sono praticamente uguali e ciascuna ha una "parte" della verità; pertanto, tutte le denominazioni si devono unire per recuperare la "totalità" che una volta esisteva. Questo è l'ecumenismo moderno.

Un esempio eccellente del primo e originale tipo di ecumenista è san Marco di Efeso, campione dell'Ortodossia del XV secolo, a volte chiamato "La coscienza dell'Ortodossia". Le seguenti informazioni sono condensate da una serie di tre articoli in "The Orthodox Word" (1967), scritti dall'archimandrita Amvrosij Pogodin:

Quando le fondamenta di Bisanzio stavano crollando a pezzi, i diplomatici raddoppiarono i loro sforzi per trovare una possibilità di unione con le potenze occidentali per una battaglia contro l'avversario comune del cristianesimo, l'islam. Si fecero tentativi di concludere trattati con i turchi, ma questi non ebbero successo. L'unica speranza si trovava in Occidente. Per questo era necessario soprattutto fare la pace con il Vaticano.

Nel 1437 fu convocato un Concilio che istituì un comitato di teologi latini e greci con il papa e l'imperatore bizantino come capi. Il papa, Eugenio IV, aveva un'idea molto esaltata del papato e mirava a sottoporre a se stesso la Chiesa ortodossa. Spinto dalle difficili circostanze di Bisanzio, l'imperatore perseguì il suo scopo: concludere un accordo vantaggioso per il suo paese. Pochi pensavano alle conseguenze spirituali di una simile unione. Solo un delegato, il metropolita di Efeso, san Marco, si oppose fermamente.

Nel suo discorso al papa all'apertura del Concilio, san Marco spiegò come egli desiderava ardentemente questa unione con i latini – ma una vera unione, spiegava, basata sull'unità della fede e dell'antica pratica liturgica. Inoltre informò il papa che egli e gli altri vescovi ortodossi erano venuti al Concilio non per firmare una capitolazione né per vendere l'Ortodossia per favorire il loro governo, ma per confermare la dottrina vera e pura.

Molti dei delegati greci pensavano tuttavia che la salvezza di Bisanzio potesse essere raggiunta solo attraverso l'unione con Roma. In numero sempre maggiore divennero disposti a compromettere la verità eterna per preservare un regno temporale. Inoltre, i negoziati furono così inaspettatamente lunghi che i delegati greci non avevano più i mezzi per sostenersi; cominciarono a soffrire la fame ed erano ansiosi di tornare a casa. Il papa, tuttavia, rifiutò di dare loro alcun sostegno fino a quando una "unione" non fosse conclusa. Sfruttando la situazione e comprendendo la futilità di ulteriori dibattiti, i latini utilizzarono il loro vantaggio economico e politico per esercitare pressioni sulla delegazione ortodossa, pretendendo che questa capitolasse alla Chiesa romana e accettasse tutte le sue dottrine e il suo controllo amministrativo.

San Marco rimase da solo contro la marea crescente che minacciava di rovesciare l'arca della vera Chiesa. Era pressato da tutti i lati, non solo dai latini, ma anche dai suoi confratelli greci e dal patriarca di Costantinopoli. Vedendo il suo rifiuto persistente e vigoroso di firmare qualsiasi accordo con Roma alle condizioni prestabilite, l'imperatore lo scacciò da tutti i dibattiti con i latini e lo mise agli arresti domiciliari. A quel tempo san Marco era molto malato (apparentemente soffriva di cancro dell'intestino). Ma questo uomo esaurito e mortalmente malato, che si trovava perseguitato e in disgrazia, rappresentava nella sua persona la Chiesa ortodossa; era un gigante spirituale con cui nessuno poteva confrontarsi.

Gli eventi si susseguirono in rapida successione. Il vecchio patriarca Giuseppe di Costantinopoli morì; fu prodotto un documento contraffatto di sottomissione a Roma; l'imperatore Giovanni Paleologo prese la direzione della Chiesa nelle proprie mani e gli ortodossi furono obbligati a rinunciare alla loro Ortodossia e ad accettare tutti gli errori, le novità e le innovazioni dei latini in tutti i campi, inclusa la completa accettazione del primato del papa "su tutta la terra". Durante un servizio trionfale dopo la firma dell'unione il 5 luglio del 1439, i delegati greci baciarono solennemente il ginocchio del papa. L'Ortodossia era stato venduta, non solo tradita, perché in cambio della sottomissione, il Papa acconsentiva a fornire soldi e soldati per la difesa di Costantinopoli contro i turchi. Ma un vescovo non aveva ancora firmato. Quando papa Eugenio vide che la firma di san Marco non era sull'atto di unione, esclamò: "Se è così, non abbiamo ottenuto nulla!"

I delegati tornarono a casa vergognandosi della loro sottomissione a Roma. Ammisero di fronte al popolo: "Abbiamo venduto la nostra fede; abbiamo scambiato la pietà con l'empietà! "Come scrisse san Marco:" La notte dell'unione ha ottenebrato la Chiesa". Solo a lui fu concesso il rispetto da parte del popolo che lo accolse con entusiasmo universale quando fu gli finalmente permesso di tornare a Costantinopoli nel 1440. Ma anche allora le autorità continuavano a perseguitarlo. Alla fine fu arrestato e imprigionato. Ma qualunque fossero la sua condizione e le circostanze, continuò ad ardere nello spirito e a combattere per la Chiesa.

Alla fine fu liberato e, seguendo il suo esempio, i patriarchi orientali condannarono la falsa unione e si rifiutarono di riconoscerla. Il trionfo della Chiesa fu compiuto – per mezzo di un uomo esaurito dalla malattia e tartassato dagli uomini, ma forte nella conoscenza della promessa del nostro Salvatore: "…io edificherò la mia Chiesa; e le porte degli inferi non prevarranno su di essa". (Matteo 16:18)

San Marco morì il 23 giugno 1444, all'età di 52 anni. Questo grande pilastro della Chiesa era un vero ecumenista, perché non ebbe timore di viaggiare in Italia per parlare con i cattolici romani, ma cosa ancor più importante, non ebbe paura di confessare la pienezza della verità quando ne arrivò il tempo.

Quella che segue è la sezione conclusiva della lettera enciclica del Santo sull'argomento della falsa unione. Oggi è tanto significativa e vitale quanto lo era 500 anni fa:

"Perciò" scrive San Marco, "In quanto questo vi è stato comandato dai santi apostoli, siate saldi, mantenete fermamente le tradizioni che hai ricevute, sia scritte sia orali, affinché non siate privati ​​della vostra fermezza e non siate portati via dalle delusioni degli iniqui. Che Dio onnipotente faccia comprendere anche a loro la loro illusione; e dopo averci liberati da loro come dalla zizzania malvagia, ci raccolga nei suoi granai come grano puro e utile, in Gesù Cristo nostro Signore, a cui si addice ogni gloria, onore e adorazione, insieme al suo eterno Padre e al suo Spirito tuttosanto, buono e vivifico, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen".

Per le preghiere di san Marco, o Cristo nostro Dio, e tutti i tuoi santi Padri, insegnanti e teologi, conserva la tua Chiesa nella confessione ortodossa e conduci molti alla conoscenza della verità, per tutti i secoli!

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