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  Mosè fu davvero l'autore del Pentateuco?

di Andrej Desnitskij

da Pravmir

15 agosto 2014

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Il normale lettore ortodosso della Bibbia non pensa a domande quali la paternità o la datazione dei singoli libri. I primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco di Mosè? Naturalmente, il profeta Mosè li ha scritti - dopo tutto, così si chiamano, ed è così che insegnano la Scrittura e la Tradizione insegna. E chi non è d'accordo, è un empio ateo.

Ma poi questo lettore ortodosso potrebbe incontrare le argomentazioni dall'altro lato. O le respingerà immediatamente, partendo direttamente dalle conclusioni senza preoccuparsi degli argomenti, o ... le considererà e concorderà con alcuni di essi. Questo allora significa che la Scrittura e la Tradizione sono inaffidabili? Alcuni traggono questa conclusione.

Fermiamoci e pensiamoci. La tradizione è una cosa complessa e diversificata; in essa si possono trovare tutti i tipi di diverse dichiarazioni (per esempio, sulla terra piatta, sul sole che gira intorno alla terra, e sugli ibridi tra le iene e le murene), ma solo alcune di di queste dichiarazioni sono di fatto di importanza dottrinale. La questione della paternità dei libri biblici non è chiaramente una di loro.

Ma per quanto riguarda il nome "Pentateuco di Mosè"? Non si indica un autore? Non necessariamente. Così, il Salterio porta il nome del re Davide, ma Davide sicuramente non ha scritto il Salmo 136, "Sui fiumi di Babilonia", semplicemente perché è morto molto prima della cattività babilonese. È improbabile che Giona, Rut, e Giobbe abbiano scritto i libri che portano i loro nomi. E il profeta Samuele di certo non ha scritto i due libri che portano il suo nome nella tradizione ebraica (primo e secondo libro dei Re nella Settanta), semplicemente perché è morto a metà del primo libro.

Questo spiega in parte la situazione del Libro dei Proverbi di Salomone. Così si chiama l'originale: sembrerebbe completamente e interamente scritto dal re Salomone! Ma no! In primo luogo, al termine di questo libro ci sono i detti di altri due, Agur e Lemuel. E anche questa non è la cosa principale: il capitolo 25 inizia con queste parole: Anche questi sono proverbi di Salomone, copiati dagli uomini di Ezechia, re di Giuda [Proverbi 25: 1]. Cioè, il re Salomone ha detto i proverbi, ma questi sono stati messi in forma di libro solo sotto il re Ezechia, due secoli più tardi! Per tutto quel tempo sono esistiti in forma di tradizione orale. Il libro dei Proverbi risale a Salomone, che ne è il protagonista principale, ma chiaramente non l'ha scritto lui nella sua forma attuale.

Che dire del Pentateuco? Indubbiamente, Mosè è l'eroe principale di quattro dei suoi cinque libri, e il primo, la Genesi, è essenzialmente la preistoria dell'Esodo sotto la guida di Mosè. In primo luogo, il testo stesso non indica da nessuna parte la paternità di Mosè. In nessun punto è scritto: "Io, Mosè, sono andato qui, ho fatto queste cose, e poi ho scritto tutto questo". Al contrario, di Mosè si parla solo in terza persona.

Ma ci sono argomenti contro la paternità di Mosè nel testo? Ci sono, e la cosa più interessante è che ci sono voluti letteralmente secoli (!) perché fossero riconosciuti da un pubblico di pii ebrei e cristiani pii, e neanche da tutti loro. Si può leggere di più su questa storia in Who Wrote the Bible? (Chi ha scritto la Bibbia?) di Richard Elliott Friedman. Qui noteremo solo i punti principali.

Nella Spagna (allora) islamica dell'XI secolo, il medico ebreo Isaac ibn Yashush sottolineava che Genesi 36 elenca i re di Edom, vissuti dopo Mosè. La conclusione è che, come minimo, questi nomi sono stati aggiunti al libro dopo la sua morte. Nel secolo successivo, il suo connazionale Abraham ibn Ezra, che pensava che il libro di Isaac avrebbe dovuto essere bruciato, ha richiamato l'attenzione su altri versetti simili che descrivono luoghi dove Mosè non era mai stato, in cui si usavano espressioni che venivano chiaramente da un altro tempo, e i luoghi generali in cui si parlava di Mosè in terza persona. La conclusione di ibn Ezra fu la seguente: "se capite, apprenderete la verità." Ma lui stesso non trasse le sue conclusioni ad alta voce.

Nel XV secolo, nel mondo cristiano, il vescovo Tostado di Avila osservava che il racconto della morte di Mosè alla fine del Deuteronomio non era stato chiaramente scritto da Mosè. Posso subito notare che si possono spesso sentire obiezioni su questo punto: era un profeta e poteva prevedere ogni cosa. Ma anche così, perché allora ha formulato la sua previsione come un racconto di un evento passato?

In questo tempo, era consuetudine ritenere che gli episodi certamente supplementari erano stati aggiunti al testo originale mosaico. O, in ogni caso, questo è ciò che si diceva.

Ma poi arrivò dell'altro. Nel XVII secolo Thomas Hobbes in Gran Bretagna e Isaac La Peyrere in Francia attiraronoo l'attenzione su molti altri problemi meno evidenti. Per esempio, l'espressione "fino a questo giorno" (Genesi 26:33, 35:20, ecc). Essi descrivono la terra di Israele o la Palestina, come era ai tempi degli israeliti e spiegano l'origine di alcuni nomi e di un memoriale di Rachele. Potrebbe averne parlato Mosè, che non era mai stato in quella terra?

Il Deuteronomio inizia così: Queste sono le parole che Mosè disse a tutto Israele oltre il Giordano. Dove si trova "al di là del Giordano"? Il contesto non lascia dubbi: sulla costa orientale, prima che gli Israeliti avessero attraversato il fiume. Ma solo chi viene a vivere a occidente del fiume può dire "oltre il Giordano"! Così, se qualcuno dovesse scrivere che l'Europa è "al di là dell'Atlantico," capiremmo che l'autore vive in America e non avrebbe potuto scrivere così prima della sua scoperta. Così, l'inizio del Deuteronomio non avrebbe potuto essere scritto prima della traversata del Giordano da parte degli israeliti.

Infine, tutto questo fu riassunto dal famoso filosofo Baruch (Benedetto) Spinoza (Olanda, XVII secolo). Ecco un altro esempio, da lui analizzato in dettaglio: Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, con cui il Signore parlava faccia a faccia (Deuteronomio 34:10). Non è che Mosè non avrebbe mai scritto così impudicamente di se stesso, ma piuttosto che l'autore di questi versi chiaramente conosceva la successiva storia di Israele, e aveva qualcosa da confrontare con Mosè.

Spinoza fu scomunicato per libero pensiero, e autori cristiani (cattolici e protestanti in egual misura) si scagliarono contro le sue conclusioni. La paternità mosaica dell'intero Pentateuco era già irrealistica, così la logica, per esempio, del suo critico Richard Simon consisteva in questo: Mosè scrisse tutto, tranne ciò che ovviamente non avrebbe potuto scrivere. Ma anche questo sembrava ai cattolici contemporanei una concessione inaccettabile al libero pensiero, e anche il libro di Simon fu vietato.

Ma la crepa, in un modo o nell'altro, si era aperta: venne fuori che solo il nucleo di questi libri poteva essere attribuito a Mosè, e che i suoi seguaci avevano aggiunto il resto. Rimanendo nell'ambito del buon senso, è già diventato impossibile affermare inequivocabilmente che Mosè ha scritto tutto. Si può, naturalmente, rinunciare alla ragione, e molti lo hanno fatto - ma non tutti possono farlo.

Cosa dovrero fare gli ortodossi? Vorrei suggerire, soprattutto, di non imporci vincoli pesanti confondendo la caparbietà del fondamentalismo protestante con la Tradizione patristica. Per loro, l'autorità della Scrittura si basa su una interpretazione letterale della Rivelazione: Dio ha dettato queste parole al grande profeta Mosè, e quindi sono affidabili. Ma per loro, d'altra parte, non esiste una cosa come la Tradizione.

Nell'autentica comprensione ortodossa, tutto sembra un po' diverso. La scrittura è la parte centrale e principale della Tradizione, ma il confine tra di loro non è affatto impenetrabile. Ricordiamo che anche i Vangeli non sono stati scritti subito dopo la risurrezione di Cristo e sono esistiti per diversi decenni (!) sotto forma di storie orali di testimoni oculari. Solo quando questi ultimi divennero troppo pochi e il pubblico troppo grande tutto fu scritto per un accesso universale.

Più o meno allo stesso modo si sono gradualmente evoluti il Salterio e il Libro dei Proverbi, quindi perché non ammettere che il Pentateuco non è sorto tutto in una volta, all'istante, ma attraverso una sorta di "cristallizzazione" delle tradizioni orali e, possibilmente, di alcuni testi scritti (come, per esempio, i Dieci Comandamenti, giunti fino a noi in due versioni non del tutto identiche: Esodo 20 e Deuteronomio 5)? In tale modello la Scrittura nasce dalla Tradizione come la sua parte più importante ed essenziale.

Questo è come parla di questo processo la famosa "ipotesi documentale", di cui parleremo un'altra volta.

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