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  Intervista di Tudor Petcu a Bernard Meunier
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Prima di tutto, le chiederei di parlare un po’ della storia della collezione di “Sources Chrétiennes” spiegandoci qual è la sua importanza per la vita della Chiesa e soprattutto per la sua evoluzione.

La collezione di “Sources Chrétiennes” è nata durante la guerra, nell’inverno del 1942-1943, dopo essere stata ideata e sviluppata nel corso di diversi anni dal maestro p. Victor Fontoynont. Quando il progetto parte, nel mezzo della guerra, è portato avanti da altri due gesuiti, futuri cardinali, i padri Jean Daniélou e Henri de Lubac. Il primo volume (Gregorio di Nissa, La vita di Mosè) appare senza il testo greco a fronte, a causa della scarsità di carta sotto l’occupazione tedesca e della difficoltà di consultare i manoscritti sparsi nelle grandi biblioteche d’Europa. Questo succederà con tutti i primi volumi, che appaiono solo in traduzione: è necessario attendere il 1947, e il volume 17 (Basilio, Sullo Spirito Santo) per vedere stampare, per la prima volta, il testo greco a fronte della traduzione. Il volume seguente, pubblicato nello stesso anno, porta un’altra novità: il primo padre latino pubblicato nella raccolta, cioè Ilario di Poitiers. La pubblicazione dei Padri greci era stata, sin dall’inizio, il primo obiettivo dei fondatori, ritenendo che i Padri greci fossero stati dimenticati più dei Padri latini in Occidente e che fosse quindi più urgente farli conoscere.

La collezione al suo inizio sarà molto ben accolta dal pubblico universitario. I circoli teologici invece, spesso, saranno più lenti ad accettarla e valorizzarla, primariamente perché gli sconvolgimenti della crisi modernista, che avevano scosso l’Europa occidentale e in particolare la Francia, avevano lasciato strascichi e pregiudizi pesanti e reso sospetto il metodo storico; in secondo luogo perché alcuni circoli tomisti influenti a Roma, sospettando che il “ritorno alle fonti” (il cosiddetto “resourcement”) e il desiderio di riscoprire le opere dei Padri della Chiesa fosse un modo di eclissare la teologia scolastica (di fatto quella ufficiale e promossa dal Magistero cattolico), stavano lavorando per diffondere la sfiducia riguardo al movimento di riflessione teologica guidato, tra gli altri, dal padre De Lubac, le cui opere saranno presto oggetto di censura da parte di Roma. Ciò non impedirà alla collana di “Fonti Cristiane” di ingrandirsi gradualmente, con l’aiuto sempre più importante della ricerca scientifica francese, e di imporsi, in ambito accademico, come la raccolta di riferimento per lo studio del cristianesimo primitivo. I testi delle “Sources Chrétiennes” sono pubblicati in nuove edizioni critiche e nei circoli ecclesiali diventano fonte di ispirazione per il rinnovamento della teologia partendo dalle fonti del primo millennio, il tempo in cui la Chiesa era ancora indivisa. Il segno più evidente di questo recupero dei Padri della Chiesa nel XX secolo attuato attraverso la collezione “Sources Chrétiennes” si ritrova nell’elaborazione e nella redazione della Lumen gentium, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa approvata dal Concilio Vaticano II. Essa si ispira chiaramente alle fonti greche allo scopo di rinnovare l’ecclesiologia occidentale, reintroducendo una visione di Chiesa come mistero e non limitandola solo al concetto di “società perfetta”. Conosciamo il fondamentale ruolo svolto da alcuni esperti francesi, come padre Henri de Lubac, uno dei fondatori di “Sources Chrétiennes”, e padre Yves Congar nella complessa gestazione di questo documento.

Possiamo dire che la raccolta di “Sources Chrétiennes” mette in evidenza la vocazione filosofica, o meglio, le radici filosofiche della Chiesa?

Una delle caratteristiche più visibili della nuova collezione è stata quella di dare un posto d’onore alla tradizione alessandrina dei Padri, specialmente a Clemente di Alessandria, che ha “fornito” il secondo volume della raccolta. Quest’opera fu tradotta da quello che diventerà il direttore delle “Sources Chrétiennes” per quasi 40 anni, padre Claude Mondésert, che a Clemente aveva dedicato la sua tesi. Ma già il primo volume, la Vita di Mosè di Gregorio di Nissa, mostrava il felice matrimonio della teologia cristiana con la filosofia platonica. Fu uno degli scopi dei fondatori della collana il mostrare questa convergenza raggiunta nei primi secoli cristiani: prima dei secoli medievali, che avevano stabilito un equilibrio duraturo grazie alla sintesi tomista, abbiamo trovato nelle origini un tentativo precoce e fecondo di onorare lo sforzo filosofico nel servizio all’approfondimento della fede. La vocazione della raccolta, infatti, era di servire la teologia, in particolare la teologia spirituale (prerogativa dei gesuiti), e non di illustrare la storia della filosofia cristiana. Il posto della filosofia rimane quindi, inevitabilmente, secondario nei nostri volumi.

Quali sono gli studi più importanti sul rapporto tra fede e ragione che possono essere trovati nella collezione delle “Fonti Cristiane”?

Spicca in maniera particolare l'”Apologia”, un genere letterario molto praticato dai Padri nella seconda metà del II secolo, a causa dell’urgenza di ottenere una legittimazione culturale e religiosa del cristianesimo, allora religione perseguitata nei territori dell’impero romano. I cosiddetti “apologisti” erano preoccupati di dimostrare che la fede cristiana non era un’assurdità e che poteva sedurre anche le menti colte. Lo fecero prendendo un tema già presente nella apologetica ebraica: il primato di Mosè sui filosofi. Tale primato è ciò che ha reso Mosè, prima di Platone, il Campione del Dio unico, che ha dato posto la rivelazione Biblica alla pari di fronte alla filosofia greca. Le apologie del secondo secolo (Aristide, Atenagora, Giustiniano, Teofilo di Antiochia) sono state quasi tutte pubblicate nella collezione, unitamente a quelle di Taziano e Tertulliano, i primi apologisti latini. Altre grandi opere patristiche che riflettono sul rapporto tra fede e ragione, sono poi presenti nella raccolta: gli Stromata di Clemente di Alessandria (solo il terzo, sui sette totali, non è ancora stato pubblicato), il Contra Celsum di Origene, le Divinae Institutiones di Lattanzio, la Praeparatio evangelica di Eusebio di Cesarea, La cura delle malattie elleniche di Teodoreto di Ciro, o il Contro Giuliano di Cirillo di Alessandria (in fase di redazione). Tutte queste opere rappresentano da sole oltre trenta volumi della collezione.

Sappiamo molto bene qual è il contributo della Chiesa cattolica alla raccolta di “Fonti Cristiane”, ma potremmo anche parlare di un piccolo contributo ortodosso a questa importante raccolta?

Uno dei primi curatori della collezione per testi medievali oggi è cristiano ortodosso, ma al tempo della sua collaborazione alle “Sources Chrétiennes” era un monaco della Chiesa cattolica: è il padre Placide Deseille, prima monaco cistercense di Bellefontaine, poi nel monastero di rito bizantino ad Aubazine; egli aveva accettato la responsabilità, all’interno della raccolta, della sottoserie di “Testi monastici dell’Occidente”. Padre Deseille dopo un lungo soggiorno sul monte Athos, è diventato il padre fondatore di due monasteri ortodossi in Francia. La sua collaborazione nella collezione non si è fermata; infatti ha pubblicato gli ultimi due volumi delle Lettere di Adamo di Perseigne, un cistercense.

Uno dei fondatori, padre Daniélou, è stato quasi dall’inizio in contatto attraverso dom Olivier Rousseau (il quale diede, a sua volta, un valido contributo alle “Fonti Cristiane”) con l’abbazia belga di Chevetogne (comunità benedettina a “vocazione ecumenica” ha al suo interno due chiese, una chiesa di rito latino e una di rito bizantino – ndr), che è di per sé un legame tra cattolicesimo e ortodossia. Diversi teologi ortodossi ci hanno dato grandi volumi che sono davvero apprezzati: l’Arcivescovo Basilio Krivoshein (tre volumi di Simeone il Nuovo Teologo), il vescovo Ilarion Alfeev (opere di Simeone Studita), Michel Stavrou (due volumi di Niceforo Blemmydes, la prima prefazione di p. Boris Bobrinskoy, decano onorario dell’Istituto San Sergio a Parigi e, prossimamente, un volume del patriarca Fozio). Una suora ortodossa, Antonia Peleanu, di recente ci ha dato un volume di Giovanni Crisostomo, perciò abbiamo tutte le ragioni per pensare che questa preziosa collaborazione non si fermerà.

Le sarei molto grato se volesse parlare un po’ di come la raccolta di “Fonti Cristiane” evidenzia i punti comuni, e anche il dialogo ecumenico, tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.

L’Institut des Sources Chrétiennes è stato da subito partecipe degli incontri ecumenici con la Chiesa copta ortodossa in Egitto, con la Chiesa greco-ortodossa di Atene... Ciò significa che i contatti ecumenici sono parte della nostra preoccupazione e delle nostre priorità. Ma la nostra prima missione, al di là di questi incontri ecclesiali, è accademica: è permettendo lo studio di autori antichi, che sono la nostra eredità comune, fornendo opere storiche, letterarie, filosofiche e teologiche in edizioni scientifiche e traduzioni accurate, che la nostra collezione contribuisce meglio all’incontro tra Oriente e Occidente. Come ho ricordato in precedenza, tutti i primi volumi di “Fonti Cristiane” sono dedicati ai Padri greci, perché i gesuiti fondatori volevano permettere nuovamente alla loro Chiesa di “respirare con entrambi i suoi polmoni”, secondo l’espressione dell’enciclica Ut unum sint, ispirata al decreto del Vaticano II Unitatis redintegratio, cara a Giovanni Paolo II; quest’ultimo testo diceva che è “fortemente raccomandato ai cattolici di accedere più frequentemente alle ricchezze spirituali dei Padri orientali, che elevano l’uomo intero alla contemplazione dei misteri divini”. E’ in questo spirito che la collezione ha pubblicato sin dall’inizio non solo dei Padri greci, ma anche autori bizantini come Nicola Cabasilas o Niceta Stethatos: due bizantini nei primi dieci numeri! Infine, dobbiamo ribadire che il rinnovamento dell’ecclesiologia in Occidente è dovuto in gran parte alla riscoperta dei Padri greci, ed è questo che oggi consente uno sviluppo della riflessione delle chiese sul ruolo del Papa – ciò che è, ciò che non è – sul fondamento dell’unità e della legittimità di una pluralità di Chiese sorelle, sul corpo mistico di Cristo, sulla sacramentalità della Chiesa e sulla natura e disciplina dei ministeri. Tutti questi cantieri, al centro dei dialoghi tra le diverse confessioni cristiane, ricorrono frequentemente ai Padri che traduciamo e diffondiamo nei nostri volumi. La collezione è presente in molte biblioteche del mondo cristiano-cattolico, protestante, ortodosso e orientale.

Quanto sono stati importanti i contributi dei padri Placide Deseille e Gabriel Bunge alla collezione di “Fonti Cristiane”?

Ho risposto sopra per padre Deseille. Invece p. Gabriel Bunge, noto per i suoi studi su Evagrio Pontico, non ha collaborato alla nostra collezione.

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