Rubrica

 

Informazioni sulla chiesa in altre lingue

Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=205  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=602  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=646  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=647  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=4898 
Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=2779  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=204  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=206  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=207  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=208 
Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=3944  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=7999  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=8801  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=9731  Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=9782 
Mirrors.php?cat_id=32&locale=it&id=11631         
 

Calendario ortodosso

   

Scuola domenicale della parrocchia

   

Ricerca

 

In evidenza

04/10/2023  Scoperte, innovazioni e invenzioni russe  
14/03/2020  I consigli di un monaco per chi è bloccato in casa  
11/11/2018  Cronologia della crisi ucraina (aggiornamento: 3 febbraio 2021)  
30/01/2016  I vescovi ortodossi con giurisdizione sull'Italia (aggiornamento: 21 dicembre 2022)  
02/07/2015  Come imparare a distinguere le icone eterodosse  
19/04/2015  Viaggio tra le iconostasi ortodosse in Italia  
17/03/2013  UNA GUIDA ALL'USO DEL SITO (aggiornamento: aprile 2015)  
21/02/2013  Funerali e commemorazioni dei defunti  
10/11/2012  I padrini di battesimo e il loro ruolo nella vita del figlioccio  
31/08/2012  I nostri iconografi: Iurie Braşoveanu  
31/08/2012  I nostri iconografi: Ovidiu Boc  
07/06/2012  I nomi di battesimo nella Chiesa ortodossa  
01/06/2012  Indicazioni per una Veglia di Tutta la Notte  
31/05/2012  La Veglia di Tutta la Notte  
28/05/2012  La preparazione al Matrimonio nella Chiesa ortodossa  
08/05/2012  La Divina Liturgia con note di servizio  
29/04/2012  La preparazione al Battesimo nella Chiesa ortodossa  
11/04/2012  CHIESE ORTODOSSE E ORIENTALI A TORINO  
 



Inizio  >  Documenti  >  Sezione 8
  La Chiesa al di fuori della Russia propone documenti corretti per la riunione a Creta

dal blog del sito Orthodox England

14 aprile 2016

Clicca per SCARICARE il documento come PDF file  
Condividi:

Si sono diffusamente udite espressioni di grave disaccordo per quanto riguarda i documenti proposti per la riunione dei vescovi ortodossi scelti dalla maggior parte delle Chiese locali nel mese di giugno a Creta (per qualche ragione chiamato 'un grande e santo Concilio pan-ortodosso'). Un fondamentale dissenso è stato espresso in varie Chiese locali, in particolare nelle Chiese di Antiochia, Georgia, Bulgaria, Grecia e Cipro, nonché nella Chiesa russa in Russia, Ucraina e Moldova. Al di fuori delle terre russe, la ROCOR ha ora aggiunto la sua voce al coro popolare. Ora New York aggiunge la sua voce a Kiev e a Chișinău; chiaramente ora va intrapresa qualche azione.

In modo completo e teologicamente fondato, ma costruttivo ed espresso con moderazione, anche la Chiesa fuori dalla Russia ha ora espresso il suo dissenso dai progetti di documenti per la riunione di Creta, che per ovvie ragioni non riconosce come un Concilio allo stato attuale. Essa riflette quindi le preoccupazioni di un numero sempre crescente di vescovi ortodossi, clero e popolo di tutto il mondo verso un processo visto come segreto (segreto che ha anche dato origine a teorie del complotto che poi danno origine a scismi), secolare, burocratico, contraddittorio e, soprattutto, per alcuni, anti-ortodosso. Di seguito riportiamo la dichiarazione dal metropolita Hilarion e del Sinodo dei Vescovi.

* * *

New York – 13 aprile 2016

Al reverendissimo e al reverendo clero, ai venerabili monaci e ai pii fedeli

della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia:

Nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito!

Alla luce della benvenuta pubblicazione dei documenti da prendere in considerazione da parte del prossimo Concilio pan-ortodosso, che si terrà a Creta dal 16 al 27 giugno 2016, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia si è impegnato a esaminare questi testi, insieme a una moltitudine di altri vescovi, clero e laici che stanno facendo la stessa cosa in preparazione per la continuazione del Concilio, e per comunicare con il nostro gregge custodito da Dio e con altri il tipo di suggerimenti che proponiamo, dal momento che i documenti del Concilio sono causa di interesse e discussione per molti. Ci ricordiamo, in questa come in tutte le cose, delle parole del Signore al santo apostolo Pietro, quando ha affermato che il lavoro del futuro del pastore sarebbe stato di pascere le mie pecore (Gv 21:17); e allo stesso modo che il cibo per coloro che lo amano è di preservare diligentemente quello che Cristo ha insegnato loro: se mi amate, osserverete i miei comandamenti (Gv 14:15), e se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola (Giovanni 14:23).

È con zelo per tali comandamenti divini che tutta la pienezza della gerarchia della Chiesa ortodossa russa cerca di applicare il consiglio del giusto re Salomone: porgi l'orecchio alla sapienza, e applica il tuo cuore alla comprensione (Proverbi 2:2), esaminando i documenti che sono stati messi a nostra disposizione con umiltà, diligenza e obbedienza. Questo compito è svolto in uno spirito libero da paura o preoccupazione mondana, Poiché manteniamo con fervore la fiducia che Dio stesso è sempre il timoniere della Chiesa, e come egli l'ha guidata attraverso i secoli fino ai nostri giorni, così continuerà a guidarci e preservarci ora e finché verrà di nuovo. Piuttosto, offriamo riflessioni su alcuni dei testi come mezzo per congiungere il nostro pensiero a quelli di molti altri che stanno lavorando per il bene di tutti i nostri sforzi inter-ortodossi, incluso sua Santità il patriarca e quei membri della nostra Chiesa ortodossa russa che operano con lui in queste preparazioni.

Mentre alcuni dei documenti – che sono stati preparati dalle Conferenze preconciliari per l'esame da parte del Concilio, ma che non sono, naturalmente, testi definitivi e sono necessariamente preliminari – non danno luogo a preoccupazioni nella nostra lettura, e in effetti contengono elementi di utile chiarimento (per esempio, il documento "L'autonomia e i mezzi per proclamarla"), l'impiego in altri di terminologia ambigua, di una mancanza di precisione teologica e di una lingua ecclesiologica estranea alla tradizione sacra della Chiesa, richiedono commenti che possano portare alla loro correzione. Questo è in particolare il caso in due documenti: "Relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano", e "la missione della Chiesa ortodossa nel mondo di oggi"; alcuni problemi sorgono anche con il testo procedurale dal titolo "Organizzazione e procedura di lavoro del Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa".

Il documento "Relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano"

Non possiamo leggere il documento "Relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano" senza notare la misura marcata di incoerenza – sia in termini di lingua sia di concettualità – che lo contraddistingue; ma anche, più dolorosamente, il fallimento del documento nell'adottare una corretta ecclesiologia ortodossa nel modo necessario per il pieno annuncio della verità di Cristo in un mondo diviso. Nella nostra stima questo è il più problematico dei documenti pre-conciliari, che ne richiederà una sostanziale revisione e la modifica durante le sessioni del Concilio stesso, se si tratta di raggiungere una forma adatta per l'adozione.

Le incongruenze nella terminologia ecclesiologica sono evidenti, e sono già state notate da molti (l'eminentissimo metropolita di Nafpaktos e Aghios Vlasios, l'eminentissimo metropolita di Limassol, così come vari dotti chierici e studiosi ortodossi). Mentre il documento si apre identificando la Chiesa ortodossa come "una, santa cattolica e apostolica" (art. 1), che "fonda la sua unità sul fatto che è stata fondata dal nostro Signore Gesù Cristo, così come sulla comunione nella santa Trinità e nei sacramenti "(art. 2), la terminologia utilizzata in tutto il resto del testo rende ambigue queste frasi altrimenti chiare e vere. Non solo l'annuncio della Chiesa ortodossa come la Chiesa "Una" è confuso con l'affermazione che "la Chiesa ortodossa riconosce l'esistenza nella storia di altre Chiese cristiane e confessioni che non sono in comunione con lei" (art. 6) e i ripetuti riferimenti a "varie Chiese cristiane e confessioni" (art. 6, art. 20); il documento manca anche di qualsiasi riferimento al fatto che la Chiesa non è solo "fondata dal" nostro Signore e Dio e Salvatore Gesù Cristo (cfr art. 2), ma è sempre il suo Corpo mistico, sempre una e indivisibile (cfr Efesini 5:30; Colossesi 1:24). Anche se, naturalmente, tutti riconoscono l'esistenza nella storia di gruppi che cercano di seguire il Salvatore al di fuori della Chiesa ortodossa, e che possono per autodefinizione fare riferimento a se stessi come "chiese", l'ecclesiologia ortodosse non permette alcuna pluralizzazione di ciò che è, e deve sempre essere, uno: dello stesso corpo di Cristo. Nell'uso informale tale terminologia (vale a dire di "altre chiese") può a volte essere impiegata per comodità, ma non può avere posto in un documento formale della Chiesa, che deve essere scrupolosamente preciso e dare voce chiara e inequivocabile alle tradizioni che abbiamo ricevuto dai nostri padri, e che essi hanno ricevuto dal Signore.

Più gravi sono le carenze in questo testo per quanto riguarda la distinzione essenziale che cerca di affrontare: vale a dire, la Chiesa e i suoi rapporti con quelli al di fuori di lei. Mentre i nostri cuori fanno eco al sentimento del santo ieromartire Ilarion (Troitskij) che osservava la frattura nel mondo cristiano: "Quale cristiano consapevole non prova dolore nell'anima quando vede l'inimicizia e la divisione tra le persone che dovrebbero essere unite nella loro fede, tra le quali deve regnare la pace lasciata e data da Cristo ai suoi discepoli, e l'amore riversato nei cuori dei cristiani per mezzo dello Spirito Santo" – riconosciamo al tempo stesso che l'avvento di tale pace tra coloro che sono divisi può venire solo attraverso la proclamazione dell'unico vero cammino verso l'unità: la vita di salvezza offerta nella Chiesa; e che la comprensione di come ritornare alla Chiesa indivisibile inizia con una giusta comprensione della separazione. Qui il documento è molto poco chiaro. In nessun punto il testo indica l'esempio dei santi Padri, dei Concili e dei Canoni della Chiesa per identificare la divisione tra popoli cristiani come una derivazione dallo scisma e dall'eresia (termini che, in modo quanto mai sorprendente, non appaiono affatto nel testo); vale a dire, in termini di gradi crescenti di separazione e dipartita dal Corpo di Cristo e dalla verità. [1] Al contrario, il documento segue l'approccio para-ecclesiologico di localizzare la divisione all'interno di un ampio concetto di "unità dei cristiani" (cfr art. 4), che diventa essa stessa una frase ambigua usata per implicare una "unità dei credenti in Cristo" di primaria importanza (ibid.), che si estende al di là della Chiesa "una, santa cattolica e apostolica" e incorpora molte altre confessioni. [2]

È in questo contesto di una para-ecclesiologia eterodossa che il documento procede a parlare di unità dei cristiani come qualcosa che è stato "perso" (art. 5), e del "ristabilimento dell'unità dei cristiani", come uno degli obiettivi persistenti della Chiesa (art. 4, 5, 12, 24). Tali dichiarazioni contraddicono la proclamazione altrimenti valida che "l'unità con cui la Chiesa si distingue nella sua natura ontologica è impossibile da infrangere" (art. 6). Inoltre, mescolare la giusta proclamazione che la Chiesa offre testimonianza "a coloro che sono al suo esterno" (ibid.) con il suggerimento che opera con questi organismi al fine di ottenere "l'unità perduta dei cristiani, sulla base della fede e della tradizione dell'antica Chiesa dei sette Concili ecumenici "(art. 5), rende chiaro che "l'unità" di cui si parla è un'unità in cui la Santa Chiesa ortodossa di questi Concili non è che una parte o un componente, piuttosto che l'intera unità indivisa che Cristo ha sempre conservato come sua sposa (cfr Efesini 5:25-26:32). In tutto questo, non solo si implica un'ecclesiologia eterodossa nel progetto di una dichiarazione potenzialmente pan-ortodossa, ma si trascura una straordinaria opportunità pastorale. La vera disunione presente tra i popoli cristiani oggi è la perdita di unità dei cristiani eterodossi con la Chiesa ortodossa; e il percorso di guarigione che può rendere veramente unita l'umanità divisa è la dipartita penitente dallo scisma e dall'eresia, e il ritorno alla Chiesa Una la cui unità non è mai stata spezzata. [3] È per la conservazione divina di questa unità interiore che abbiamo pregare quando chiediamo "l'unione di tutti" nei servizi divini, mentre allo stesso tempo portiamo nel cuore la speranza del ritorno di coloro che sono divisi. Una dichiarazione pan-ortodossa che non riesca a proclamare questa speranza evangelica nel mondo perde occasione di portare rettamente il  messaggio della salvezza.

Lo stesso documento contiene altri errori che non possono essere trascurati. I suoi commenti nel ventitreesimo articolo sulla necessità di un dialogo teologico tra cristiani (di per sé uno sforzo buono e potenzialmente fruttuoso) che "escluda qualsiasi pratica di proselitismo o di eventuali manifestazioni oltraggiose di antagonismo interconfessionale" (art. 23). La libera associazione del termine "proselitismo" con "antagonismo interconfessionale" è problematica, perché il Signore comanda la predicazione attiva (che porta al battesimo) a "tutte le nazioni" (cfr Matteo 28:19-20) e assicura la Chiesa della sua speciale tutela di coloro che divengono proseliti – una realtà a cui inneggiamo nei Salmi Tipici della Divina Liturgia (κύριος φυλάσσει τοὺς προσηλύτους, Salmo 145:9). Proibire categoricamente il "proselitismo", propriamente inteso, da parte degli ortodossi verso gli eterodossi è una tacita accettazione di una "uguaglianza delle confessioni" (cosa che il documento stesso dice giustamente che non può essere accolta; cfr. art. 18), in quanto equivale ad avallare l'idea che gli eterodossi sono già uniti al corpo di Cristo (la Chiesa) e, pertanto, non devono essere attirati verso di essa tramite una conversione penitente.

Presumiamo tale divieto chiaramente anti-evangelico non è ciò che intende il testo, che accoppia il "proselitismo" con le "manifestazioni oltraggiose di antagonismo interconfessionale"; e, invece, presumiamo che stia usando il termine nella volgarizzazione comunemente riconosciuta per riferirsi a tattiche subdole e spesso disoneste impiegate nella predicazione del Vangelo, piuttosto che alla predicazione del Vangelo stesso (allo stesso modo interpretiamo l'impiego di questo termine nella recente dichiarazione congiunta di sua Santità il patriarca di Mosca e del papa di Roma della Chiesa cattolica romana [4]). Tuttavia, mentre l'uso informale del termine per riferirsi a perversioni di comportamento può essere ammesso in documenti non impegnativi, non può essere ammesso in una dichiarazione ecclesiologica formale.

Il documento "La missione della Chiesa ortodossa nel mondo di oggi"

I problemi contenuti nel documento "La missione della Chiesa ortodossa nel mondo di oggi" sono più sottili e teologici di carattere rispetto a quelli del testo sulle relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano, ma proprio per questo motivo meritano attenzione speciale. Sua Eminenza il metropolita di Nafpaktos e Aghios Vlasios ha già accuratamente delineato le basi dei difetti antropologici che sottendono tutto questo testo, che rendono la sua altrimenti nobile attenzione all'opera dell'Ortodossia nel promuovere la pace, nell'avversione della guerra, nella lotta contro la discriminazione, ecc, profondamente problematica fino a quando non saranno corretti.

Il cuore del problema risiede nell'uso persistente nel documento del termine "persona umana" dove dovrebbe usare "uomo", e nel fondamento della sua discussione umanitaria nelle elaborazioni di questo termine. [5] L'utilizzo del termine "persona" per l'uomo emerge nella discussione ortodossa in maniera notevole solo dai tempi di V. Lossky, che ha riconosciuto egli stesso la novità del suo uso del termine; e mentre è diventato quasi normativo nelle discussioni contemporanee, i santi Padri sono coerenti nell'uso del termine scritturale e liturgico "uomo". Il termine "persona" (Rus. Лицо, Gr. Πρόσωπον) [6] è principalmente utilizzato nel linguaggio ortodosso in riferimento alle Persone divine della Santissima Trinità, nel confessare l'essere ipostatico unico del Padre, del Figlio e del santo Spirito, come pure come la realtà ipostatica singolare del singolo Figlio, nel quale sia la natura divina e umana convivono "senza confusione, cambiamento, divisione e separazione" (definizione del IV Concilio ecumenico). Quasi mai il termine è applicato alla creatura umana (nella quale non esistono queste distinzioni), proprio come un modo di notare la distinzione assoluta tra ciò che è creato e ciò che è increato – poiché mentre l'uomo è "a immagine e somiglianza di Dio", non è in alcun modo paragonabile, nella sua creaturalità, a Colui che non ha inizio.

Questa precisazione, che a prima vista può sembrare eccessivamente sfumata o addirittura pedante, è di fondamentale importanza per la teologia e l'antropologia ortodossa, e dimostra la necessità della più esigente delle attenzioni quando si prendono in considerazione documenti da far circolare in modo capillare (anche in un caso come questo, in cui il testo non pretende affatto di trattare la dottrina trinitaria, ma inavvertitamente propone temi dottrinalmente problematici). L'aumento di un'erronea applicazione del termine "persona" all'uomo nel corso degli ultimi 75 anni ha portato a numerose perversioni del linguaggio teologico nel campo della riflessione dottrinale, tra cui uno dei più noti è il concetto che vi è una "comunione di Persone divine nella Santa Trinità", che è direttamente affermato nel documento (art. 2.I). [7] Le precise discussioni teologiche del IV e del V secolo hanno chiarito che il Padre, il Figlio e lo Spirito sono uniti in un'eterna comunione di essenza (nella generazione del Figlio, nella processione dello Spirito e nella monarchia del Padre), ma non in una comunione di persone. L'errata applicazione del termine "persona" all'uomo ha portato, tuttavia, a considerazioni della comunità del genere umano applicate alla natura della Santissima Trinità in un modo che contraddice il chiaro insegnamento dei Padri e dei Concili ecumenici. Inoltre, tale linguaggio improprio sulla Trinità crea nuovi problemi antropologici che nascono dal vedere "la persona umana" come "una comunità di persone nell'unità del genere umano che riflettono la vita e la comunione delle Persone divine nella Santa Trinità" (art. 2.I – una delle frasi più problematiche del documento). [8] Se è vero che la libertà dell'uomo (il soggetto dell'articolo 2) è un dono derivante dal suo essere creato "a immagine" di Dio, né la sua vita nella vasta comunità della razza umana, né la libertà che esercita al suo interno, sono paragonabili alla libertà delle Persone divine espressa nella loro eterna reciproca comunione.

In molti punti del documento sono presenti segni di quest'antropologia imperfetta, riassunti nel suo desiderio di far avanzare "il riconoscimento generale dell'alto valore della persona umana" (art. 1.III) [9] come fonte per il suo linguaggio della missione. Ma quando l'uomo viene identificato in modo improprio come una persona umana che riflette una concezione impropria di una "comunione di Persone divine" nella Trinità, il suo "alto valore" è elaborato in termini necessariamente imprecisi. il valore dell'uomo è davvero alto, ma il diritto di fondazione del suo valore sta proprio nella sua distinzione creaturale dalle Persone della Trinità, nella cui vita è comunque chiamato e la cui immagine porta ancora misticamente, cosa che lo rende unico in tutta la creazione in quanto può raggiungere la somiglianza di Dio attraverso la divinizzazione della sua natura.

In sintesi, ci preme sottolineare che questo documento sulla missione della Chiesa dice molte cose buone: la sua enfasi sul corretto esercizio della libertà umana, sul perseguimento della pace e della giustizia, sulle lotte contro la discriminazione, sull'identificazione di molteplici problemi con le ideologie secolari e consumistiche della nostra cultura attuale, e così via – questi sono tutti obiettivi lodevoli e graditi a Dio. Ma non devono essere soddisfatti attraverso l'applicazione di concetti antropologici e teologici difettosi. Il termine "persona umana" dovrebbe essere sostituito in tutto il documento con il più soddisfacente termine "uomo", soprattutto in frasi chiave come "il valore della persona umana" (art. 1.III). Allo stesso modo, altri termini antropologici ambigui o non correttamente impiegati dovrebbero essere esaminati con cura e corretti (come ad esempio l'uso di "genere", quando in realtà si intende "sesso"; Cfr Prefazione, art. 5 [ii, iii]).

Una parola sulle procedure e sull'autorità del Concilio

Infine, resterebbe una parola da dire sulle procedure operative stabilite per il Concilio, in riferimento all'autorità che tutti i documenti che esso può approvare avranno all'interno del mondo ortodosso.

Non siamo i primi a notare l'affermazione ecclesiologica viziata presente nell'articolo 22 del documento "Relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano", che sostiene che "la conservazione della vera fede ortodossa è possibile solo grazie alla struttura conciliare che fin dai tempi antichi è stata per la Chiesa il criterio forte e definitivo in materia di fede". I santi Concili della Chiesa, anche quelli ritenuti ecumenici nella coscienza della Chiesa, non sono mai stati "il criterio forte e definitivo in materia di fede", ma piuttosto lo è stata la conferma guidata dallo Spirito di un criterio di fede che è l'espressa volontà di Cristo. La vera fede ortodossa non si conserva "solo... grazie alla struttura conciliare" della Chiesa, ma attraverso la costante, attiva guida di Cristo sul suo corpo, che i Concili regolarmente costituiti e uniti in preghiera manifestano, piuttosto che determinare.

Questo si realizza attraverso la grazia carismatica, apostolica elargita sui vescovi della Chiesa, che nella preghiera e nella riflessione conciliare palesa misticamente la volontà di Dio che parla nei suoi ministri e attraverso i suoi ministri. Per questo motivo, i concili che sono stati valutati dalla Chiesa come aventi autorità vincolante sulla sua opera e vita sono quelli in cui è conservata la piena libertà di questa grazia episcopale. Ogni vescovo manifesta ugualmente il carisma apostolico, e nel concilio ogni vescovo è liberamente in grado di far sentire la sua voce nella pienezza di quell'assemblea. Solo in tal modo i concili hanno potuto dire, È parso bene allo Spirito Santo e a noi (Atti 15:28) e proclamare autorevolmente la volontà del Signore.

Le decisioni prese durante il processo pre-conciliare e la decisione dei primati delle Chiese autocefale, definite agli articoli 3, 12 e 13 del documento "Procedura per l'organizzazione e il funzionamento del Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa", chiarificano che la riunione pan-ortodossa che si terrà quest'anno non sarà un concilio di questa natura. Ci affrettiamo ad aggiungere, in uno spirito di piena fede e di amore, che ciò non significa in nessun modo che la riunione non possa avere valore e importanza, e in effetti noi preghiamo per un incontro proficuo che permetta un nuovo grado di dialogo inter-ortodosso e di lavoro comune. Tuttavia, un concilio che include solo un numero fisso di vescovi rappresentativi (art. 3.i), in cui il voto sull'adozione dei testi è fatto su un nuovo modello "una Chiesa, un voto" in cui la votazione "si effettua per Chiese ortodosse, non per ogni membro particolare delle delegazioni rappresentate in seno al Concilio" (art. 12.i), in cui viene esplicitamente affermato che" il voto al Concilio di una Chiesa, non di un membro di una delegazione, non esclude la possibilità che uno o alcuni vescovi nella delegazione di una particolare Chiesa autocefala prendano una posizione negativa nei confronti delle modifiche introdotte o di un testo in generale" (art. 12.ii) e respinge qualsiasi voce di dissenso di tal genere come "un affare interno di quella Chiesa alla quale appartengono quei vescovi" (art 12.iii.) – tutte queste cose significano che tutti i documenti approvati in questo Consiglio potranno effettivamente avere "un'autorità pan-ortodossa" (art 13.ii.), ma tale autorità non può essere né dogmatica né dottrinale, ma rappresenterà solo l'autorità delle voci di quei vescovi a cui tali regolamenti consentono di essere presenti, parlare e avere un voto. Mentre siamo soddisfatti dal fatto che l'insistenza sul consenso unanime per eventuali modifiche (art. 11.ii), così come per l'adozione di testi stessi (art. 13.Ho), sia una misura di salvaguardia adeguata  contro la possibilità di imposizione di qualsiasi testo a "maggioranza dei voti", resta il fatto che, anche nei casi in cui le decisioni fossero prese a questo Concilio con il consenso unanime dei presenti, tali decisioni non potranno mai essere considerate testimonianze del consenso della pienezza della Chiesa, e perciò la loro autorità dovrà essere giudicata di conseguenza.

Conclusione

Scriviamo quanto sopra per offrire alcune correzioni critiche ai documenti proposti per l'esame da parte del prossimo Concilio, in uno spirito di fraterna collaborazione, accordo e sostegno ai nostri fratelli vescovi e al clero delle altre Chiese ortodosse locali, come per esempio quelli precedentemente menzionati in questa lettera, che stanno contribuendo in modo analogo; e anche al fine di rassicurare il gregge dei fedeli a noi affidati da Cristo della grande attenzione posta sul compito di esaminare questi documenti da parte dei loro pastori. Il processo di risposta alle esigenze pastorali di ogni età richiede sia un'enorme preghiera e devozione ascetica da parte di tutti i cristiani, sia anche un'opera dedicata, deliberata al fine di garantire, in qualsiasi documento che la Chiesa può proporre, la fedeltà al Vangelo che abbiamo ereditato. Tutti questi testi, ora come nel corso della storia, passano attraverso molte fasi di preparazione e di revisione; e il fatto che noi, insieme ad altri, abbiamo identificato gravi problemi in alcuni dei documenti in attesa di esame da parte del prossimo Concilio non dovrebbe essere un motivo di paura né di ansia. Lo Spirito Santo, che guida sempre la Chiesa nell'amore, non è lontano da noi oggi; e la Chiesa non è priva nei nostri tempi, né è mai stata priva, della guida attiva del suo vero Capo, Cristo nostro Dio, e confidiamo con piena fede che egli guiderà il suo corpo in tutta la verità.

Noi imploriamo con fervore le preghiere di tutti i fedeli del nostro gregge, affinché stando saldi sulla roccia della Chiesa, le loro preghiere possano sostenere tutti quei vescovi che lavoreranno per il bene di questo dialogo e assemblea.

firmato,

+ HILARION,

Metropolita dell'America orientale e di New York,

Presidente del Sinodo dei Vescovi.

+ MARK,

Arcivescovo di Berlino e della Germania.

+ KYRILL,

Arcivescovo di San Francisco e dell'America occidentale,

Segretario del Sinodo dei Vescovi.

+ GABRIEL,

Arcivescovo di Montreal e del Canada.

+ PETER,

Vescovo di Cleveland.

+ NICHOLAS,

Vescovo di Manhattan.

Note

[1] Come si dice, per esempio, nel linguaggio chiaro di san Basilio il Grande nella sua Prima Epistola canonica (Epistola 188), così come nel primo canone dello stesso Padre e nel commento allo stesso canone di san Nicodemo della Santa Montagna; e in molti altri elementi della tradizione della Chiesa.

[2] A questo proposito siamo particolarmente grati per la delucidazione di sua Eminenza il metropolita Ieroteo di Nafpaktos e Aghios Vlasios, nella sua Lettera al Santo Sinodo della Chiesa di Grecia (18 gennaio 2016), in cui richiama l'attenzione sulla presenza implicita della cosiddetta "teologia battesimale" richiamata attraverso il riferimento del documento al 7° canone del secondo Concilio ecumenico, e il 95° canone del Concilio Quinisesto; e che come nota sua Eminenza sembra rimettere in discussione la decisione dei patriarchi del 1756, con la quale l'unico battesimo della Chiesa ortodossa è dichiarato come privo di paralleli in altre confessioni.

[3] Siamo grati per la chiarezza su questi punti proposti nella recente lettera di sua Eminenza Atanasio, metropolita di Limassol (datato 11 febbraio 2016), con le cui considerate opinioni siamo d'accordo.

[4] Cfr la dichiarazione congiunta del patriarca Kirill e papa Francesco, 12 febbraio 2016, sezione 24.

[5] Notiamo l'attenta precisione che deve essere applicata in questa materia, poiché il documento si avvale sia dei riferimenti corretti per "uomo" (человек, ὁ ἄνθρωπος), sia di riferimenti non corretti per "persona umana" (человеческая личность, τόν ἀνθρώπινον πρόσωπον). Questi ultimi, che sono il nucleo dei problemi teologici in questo documento, si trovano in: Art.1, Titolo; 1.i, iii; 2.i,iii; 3.i; e 6.v). Per coloro che leggono i testi in altre traduzioni, il problema è a volte aumentato (per esempio, la traduzione in inglese ampiamente diffusa, che non è di per sé una traduzione ufficiale delle Conferenze pre-conciliari, confonde regolarmente e ulteriormente la questione, non riuscendo a distinguere tra i diversi termini nel testo ufficiale, rendendo quasi tutti i casi, anche di человек, ὁ ἄνθρωπος come "persona umana" Cfr Prefazione paragrafi 2, 4, art. 1I; più istanze in 2.i; 6.iii, x, più istanze in 6.xii, 6.xv).

 [6] Notiamo qui un' importante distinzione tra l'utilizzo teologico in lingua russa e greca: il russo fa una distinzione tra Лицо (utilizzato in riferimento alle Persone divine, Лицы, della Santa Trinità) e личность, che a volte è utilizzato per l'uomo, conservando una distinzione tra il tipo di persone identificate nella Trinità, e l'essere della creatura umana. Così, nella edizione ufficiale russa del presente documento, la frase in questione è sempre resa человеческая личность e non человеческое лицо; mentre in greco una distinzione del genere linguistica non esiste e quindi la frase è sempre reso con πρόσωπον ἀνθρώπινον, del tutto inaccettabile.

Oltre a questioni di accuratezza teologica, questo introduce anche un problema procedurale nei documenti del Concilio, dal momento che la versione ufficiale del testo russo impiega una differenziazione del vocabolario che non viene impiegata nel greco. Un'ulteriore incongruenza esiste nella versione ufficiale francese del documento, che impiega "la personne humaine" (o una variante) circa 12 volte, rispetto a 7 nelle versioni russa e greca, e spesso la impiega dove il testo greco legge ὁ ἄνθρωπος e il russo legge человек (per esempio, nella prefazione, art. 1.ii.). Così abbiamo tre diversi documenti, che utilizzano diverse distinzioni e sfumature di vocabolario, piuttosto che una triplice presentazione di un singolo testo in traduzione.

Mentre la distinzione russa di лицо / личность può essere meno problematica rispetto ad attribuire la titolarità diretta di "persona" (лицо) all'uomo, è comunque una novità teologica che questo documento non deve promuovere. Ci sembra che la precisione teologica sia meglio mantenuta evitandola, e utilizzando l'apposito человек / ὁ ἄνθρωπος / l'homme per l'uomo in tutti i casi.

[7] Entrambe le versioni ufficiali russa e greca comprendono questa affermazione teologica impropria, che descrive la Trinità come: «общение Божественных Лиц», «κοινωνίαν τῶν θείων προσώπων».

[8] Rus. «И как члену сообщества личностей, в единстве человеческого рода по благодати отражающих жизнь и общение Божественных Лиц в Святой Троице». Gr. «Καί ὡς κοινωνίαν προσώπων ἀντανακλώντων κατά χάριν διά τῆς ἑνότητος τοῦ ἀνθρωπίνου γένους τήν ἐν τῇ Ἁγίᾳ Τριάδι ζωήν καί κοινωνίαν τῶν θείων προσώπων». Ancora una volta vediamo qui la differenza tra l'uso russo, che distingue in questa frase tra лиц e личность, e il greco che usa πρόσωπον in ogni caso.

[9] «Всеобщее признание высокой ценности человеческой личности»; «Ἡ κοινή ἀποδοχή τῆς ὑψίστης ἀξίας τοῦ ἀνθρωπίνου προσώπου». Cfr. art. 6.v, dove è espresso un sentimento simile, ancora una volta usando i termini impropri.

Condividi:
Inizio  >  Documenti  >  Sezione 8