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  La Chiesa Ortodossa Britannica lascia la comunione copta

Riflessioni sulla longevità delle giurisdizioni autonome di ortodossi occidentali

Nella foto: papa Tawadros II, patriarca della Chiesa copta, e il metropolita Seraphim di Glastonbury

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Nel 1994 una piccola giurisdizione ecclesiale indipendente, allora nota con il nome "Chiesa Ortodossa delle Isole Britanniche", era riuscita a realizzare il sogno di tanti piccoli gruppi di frangia del vagantismo episcopale: essere incorporata all’interno di una delle Chiese ortodosse (in questo caso, nella comunione delle Chiese non calcedoniane), non come un insieme di singoli convertiti, ma come una diocesi a tutti gli effetti, mantenendo la propria struttura e autonomia amministrativa.

La Chiesa Ortodossa delle Isole Britanniche, guidata dal vescovo Seraphim di Glastonbury (al secolo William Henry Hugo Newman-Norton) era una delle tante “piccole chiese” che proliferano ai margini delle comunioni cattolica, anglicana, ortodossa e antico-orientale, guidate da vescovi che vantano linee di successione episcopale risalenti a vescovi di dette comunioni. La fede di questo gruppo era coerentemente ortodossa, la sua gestione amministrativa – benché modesta – era di una certa serietà, e il livello della sua produzione teologica era assolutamente decoroso, come possono testimoniare gli archivi della sua pluri-decennale pubblicazione, The Glastonbury Bulletin, in seguito rinominata The Glastonbury Review.

Il gruppo era composto da persone che per diversi motivi avevano cercato di accostarsi all'Ortodossia nelle sue varie forme presenti nel Regno Unito (inclusa la diocesi di Sourozh del patriarcato di Mosca), e che sentivano il desiderio di diventare ortodossi a pieno titolo. Al tempo stesso, però, non volevano perdere una loro autonomia di gestione, forse per non rivivere situazioni spiacevoli da loro vissute tentando di integrarsi in strutture ortodosse già esistenti.

Tutte queste istanze furono accolte da papa Shenuda III di Alessandria, che accolse il gruppo nella comunione della Chiesa copta, ordinando il vescovo Seraphim come Metropolita di Glastonbury e assegnandolo come monaco al Monastero dei Siriani (Deir el-Suriani), da dove viene anche il vescovo copto Barnaba di Roma.

Alla Chiesa Ortodossa Britannica (British Orthodox Church, nuovo nome assunto dalla diocesi) fu concessa autonomia amministrativa come diocesi all’interno del patriarcato copto di Alessandria, con la libertà di determinare i propri piani pastorali e missionari. Questo punto segnò anche il distacco di alcuni gruppi precedentemente affiliati con il vescovo Seraphim, che non si sentivano in sintonia con la sua "svolta copta", e che proseguirono il loro cammino come gruppi indipendenti.

Sulla coscienza della nuova diocesi della Chiesa copta pesava certamente il fatto che la maggioranza dei suoi membri aveva una storia di avvicinamento e di interesse per l'Ortodossia calcedoniana, e per questo aspetto l'integrazione nella famiglia delle chiese non calcedoniane si prospettava difficile: un interessante compromesso fu ottenuto con l'assicurazione, da parte delle autorità della Chiesa copta, che in nessun caso sarebbe stato chiesto alla nuova diocesi un ripudio della cristologia del Concilio di Calcedonia. Prima di parlare di una diocesi di "copti calcedoniani", tuttavia, occorre ricordare che papa Shenuda era un forte sostenitore della soluzione di compromesso che vedeva le due cristologie, calcedoniana e non calcedoniana, come due formulazioni diverse di un'unica fede. Pertanto, non ci sarebbe stata ragione di respingere dei convertiti che aderivano alla "formulazione diversa" della stessa fede.

Questa rassicurazione, e un caldo benvenuto da parte della Chiesa copta nel Regno Unito e altrove, hanno garantito alla Chiesa Ortodossa Britannica tutta la serenità di un rapporto sereno e profondo con la Chiesa madre.

Sebbene non sia mai cresciuta significativamente (non ha mai contato più di una quindicina di preti, molti dei quali – incluso lo stesso metropolita Seraphim – non hanno mai avuto un luogo di culto permanente), la Chiesa Ortodossa Britannica si è integrata molto bene nella Chiesa copta, come dimostrano oltre vent'anni di notizie e rapporti positivi di cooperazione fruttuosa in molti campi. Non di rado, il metropolita Seraphim e i rappresentanti della sua diocesi hanno potuto essere il "volto britannico" della Chiesa copta di fronte ai media, offrendo un ruolo importantissimo di mediazione culturale.

Tutto è sembrato procedere bene, tanto a lungo che era ben difficile, dopo ben 21 anni di continua attività, aspettarsi questo annuncio congiunto:

(5 ottobre 2015)

La Chiesa copta ortodossa (CCO) è presente in Gran Bretagna fin dagli anni '60, e attraverso il suo ministero si è resa nota alla Chiesa Ortodossa Britannica (COB). Successivamente, nel 1994, la COB si è avvicinata alla CCO, con l'obiettivo di diventare parte del Patriarcato Copto Ortodosso di Alessandria, e dopo l'accettazione e l'accordo di questo nuovo rapporto, è stato firmato un protocollo nel 1994; da allora la COB è stata parte a titolo pieno ed effettivo del Patriarcato.

Con lo stesso spirito con cui questa unione è nata su richiesta della COB nel 1994, ora si concorda, sempre su sua richiesta, che la COB tornerà al suo stato precedente al 1994 per adempiere ciò che vede come sua attuale missione alla luce degli sviluppi e delle mutevoli dinamiche del Medio Oriente e della Gran Bretagna.

Noi continueremo a pregare per le nostre comunità, il nostro clero e il nostro popolo, perché vivano e compiano efficacemente la loro testimonianza cristiana in Gran Bretagna, e servano le loro più ampie comunità in un momento in cui la fedele presenza cristiana è di importanza critica.

+ Seraphim

Sua Eminenza il metropolita Seraphim di Glastonbury

+ Angaelos

Sua Grazia Angaelos, vescovo generale della Chiesa copta ortodossa nel Regno Unito

Il documento da una parte sembra un capolavoro di garbo diplomatico, tanto da far definire questo evento, in un recente dibattito di forum, "lo scisma più civilizzato che abbiamo mai visto in tutta la nostra vita".

D'altra parte, è facile leggere tra le righe che la separazione è stata voluta non dai vertici del patriarcato copto, ma dallo stesso metropolita Seraphim. Non si sa quanta parte del suo clero lo abbia seguito in questa sua decisione (la lista del clero, nel sito della Chiesa Ortodossa Britannica, risulta "in aggiornamento"), e per cercare di avere qualche dato aggiuntivo dobbiamo rivolgerci alle poche informazioni date pubblicamente dall'unico prete della Chiesa Ortodossa Britannica a rimanere fedele alla Chiesa copta, padre Peter Farrington.

Padre Peter era stato trasferito agli inizi del 2015 dalla giurisdizione del metropolita Seraphim alle dirette dipendenze del patriarca copto (allora era solo una questione amministrativa minore, ma poteva già far pensare a una previsione della recente separazione), e può offrire un parere certamente interessato, ma anche molto competente. Inoltre, è da anni una figura molto attiva in rete, e il suo punto di vista si può trovare facilmente, non solo nel sito della sua missione e nel suo blog, ma anche in numerosi interventi di forum di discussione in lingua inglese.

Stando a quanto siamo riusciti a capire dalle affermazioni di padre Peter, la richiesta di distacco è venuta interamente dal metropolita Seraphim, al quale la Chiesa copta ha accordato la separazione con gratitudine per una lunga collaborazione e assistenza, ma non senza la consapevolezza che questo passo significa, dal punto di vista del patriarcato, l'abbandono dell'Ortodossia.

Sempre secondo padre Peter, solo due sacerdoti (non sappiamo quanti diaconi) hanno condiviso la scelta del metropolita, assieme a circa un centinaio di laici. Sulle motivazioni della separazione, oltre a un'assicurazione da parte di padre Peter che la cosa non ha avuto per nulla a che fare con la situazione politica dell'Egitto o del Medio Oriente, non sappiamo null'altro di definito, e possiamo solo fare garbate congetture.

Dando per scontato che la separazione non abbia avuto luogo per motivi politici o amministrativi contingenti, ci viene il sospetto che il metropolita Seraphim non si sia più trovato in accordo teologico con i copti. Ma può essere che ci sia stato nella Chiesa copta un rovesciamento di direzione teologica tale da giustificare una simile frattura?

Purtroppo, alcuni degli ultimi eventi sembrano puntare proprio in questa direzione. Il recente successo di un film girato con la benedizione delle autorità della Chiesa copta ci fa pensare che stiamo assistendo alla riscossa di un partito anti-calcedoniano di una tale virulenza da far sembrare quasi infantili le posizioni degli zeloti athoniti.

Eccovi la versione araba con sottotitoli inglesi di Crown of the Syrians, il film biografico (e fortemente agiografico) del patriarca Severo d'Antiochia, avversario del Concilio di Calcedonia. Chi non ha il tempo per vedere tutto questo film a modo suo molto istruttivo (non solo sulla storia antica, ma pure sulle tendenze contemporanee), può saltare al minuto 1:44:50, dove nel dialogo tra Severo d'Antiochia e l'imperatore Giustiniano sentiamo il primo affermare: "Io so che proprio come il serpente nasconde il suo veleno nella testa, il Concilio di Calcedonia è il sacello della bestemmia"...

Sia quel che sia, siamo distanti anni luce dalle "diverse formulazioni dell'unica fede" con cui papa Shenuda aveva accolto il gruppo dei convertiti inglesi due decenni or sono. Se queste sono le tendenze di cui il metropolita Seraphim ha avuto sentore negli ultimi tempi, allora la sua secessione comincia ad apparire molto più giustificabile.

Come sempre, il tempo e la storia dimostreranno le motivazioni di questo strano avvenimento ecclesiale, e potranno spiegare se e quanto questo "scisma civilizzato" aveva ragione di essere compiuto. A farne le spese, per ora, sono gli occidentali interessati all'Ortodossia, che hanno visto svanire all'improvviso una delle poche e più generose concessioni di autonomia che siano mai state fatte loro da una delle Chiese orientali.

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