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  Il malcostume pastorale di predicare l'universalismo

di padre Andrew Stephen Damick

dal blog Orthodoxy and Heterodoxy

23 giugno 2015

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"Lottiamo con tutte le nostre forze per guadagnare il Paradiso. Il cancello è molto stretto, e non ascoltate quelli che dicono che tutti saranno salvati. Questa è una trappola preparata da Satana per non farci lottare".

San Paissio l'Athonita

Abbiamo iniziato qui sul blog Orthodoxy and Heterodoxy una serie sull'universalismo, con un brano di padre Stephen De Young sui dati biblici. Egli ha dimostrato che la narrazione generale della Scrittura impedisce ogni forma di universalismo (in qualunque modo vi si arrivi). Seguiranno altri saggi, che analizzeranno ulteriormente la Scrittura e gli insegnamenti dei Padri.

Oggi, vorrei affrontare il problema pastorale della predicazione dell'universalismo. Questo testo non si occupa della verità o falsità dell'universalismo sulla base delle Scritture, dei Padri o della vita liturgica, ma piuttosto del suo effetto sulla predicazione.

Una cosa è sostenere questi punti di vista in privato, o anche discuterne o parlarne su un blog, ecc. Ma se l'universalismo è davvero la verità, allora dovrebbe essere proclamato ai quattro venti, perché ha un effetto radicale su ogni cosa nella vita spirituale. Deve essere predicato. E se non è universalmente predicabile, allora come può essere vero? Qui non stiamo parlando di dettagli del digiuno o dell'amministrazione ecclesiastica, ma del destino finale di tutta l'umanità. Questo non è qualcosa che può rimanere a livello di opinione privata. Deve essere predicato. Allora, qual è l'effetto della sua predicazione?

L'universalismo è, in sintesi, l'insegnamento che tutti devono essere salvati. Alcuni hanno usato la parola speranza per descrivere la loro particolare versione dell'universalismo, ma questo è un uso in malafede della parola speranza. Sperare in qualcosa non vuol dire che ciò deve accadere. La speranza ammette la possibilità che possa non accadere ciò che desideriamo comunque. Sperare che tutti possano essere salvati è parte di ciò che significa essere cristiani. Insegnare che tutti saranno salvati è universalismo.

Questa è una distinzione di importanza critica, perché in base a essa cambia radicalmente il modo con cui si predica Cristo.

Nell'insegnamento storico della Chiesa, la predicazione si può riassumere con le parole del Signore e dei Suoi santi: "Convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino". La predicazione è essenzialmente un'esortazione al pentimento. È un comando di fare qualcosa – di pentirsi – perché sta succedendo qualcosa: il Regno è in arrivo.

Ma come è possibile inquadrare questa predicazione se l'universalismo è vero?

Partendo dal presupposto che tutti saranno salvati, non importa qual che succede, perché mai la gente dovrebbe essere esortata a pentirsi? Può essere che la vostra varietà di universalismo ammetta qualche tipo di sofferenza che ha luogo prima della salvezza finale di tutti (per esempio, una qualche forma di purgatorio): in tal caso forse il pentimento si limiterà semplicemente a eliminare o abbreviare tale sofferenza.

Ma il problema rimane: Cosa succede se non ci pentiamo in questa vita? Beh, arriveremo ancora comunque al Regno.

Il pentimento è difficile in questa vita, e ogni possibile sofferenza nella prossima vita sembra lontana ed è difficile averne paura. Questo è vero anche per il cristianesimo storico, per non parlare dell'universalismo. Ma nell'insegnamento universalista, ogni sofferenza futura non ha carattere permanente, in ogni caso. Allora, perché soffrire ora che posso godermi la vita, al fine di evitare la sofferenza futura, su cui non avrò alcun potere e che finirà per essere transitoria, in ogni caso?

Ora, non voglio per niente dire che noi cristiani lottiamo per la salvezza solo perché abbiamo paura di una sofferenza futura. Lottiamo per la salvezza a causa di ciò che significa la salvezza – l'unione con Dio, l'adozione come suoi figli e figlie, la guarigione delle nostre ferite spirituali. Ma vi è certamente un avvertimento: "Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino". Se l'universalismo è vero, questo avvertimento vale ben poco.

Si può dire che la paura è una cattiva motivazione per il pentimento, come fanno alcuni universalisti, ma dire così non fa sfuggire dalla realtà che il Vangelo è un'esortazione a fare qualcosa perché se non lo fai qualcosa di brutto accadrà. E proprio il fatto che la paura potrebbe essere una motivazione "cattiva" non vuol dire che non c'è nulla di cui aver paura. Questo significa solo giudicare i sentimenti di qualcuno piuttosto che affrontare l'oggetto di questi sentimenti. Voler evitare l'inferno è una cosa razionale, anche se non si trema mentre lo si vuole.

Anche se si toglie il timore della dannazione come motivazione per il pentimento, c'è ancora un "oppure" presente. Cioè, anche se la mia motivazione è l'amore per Dio, se non mi pento, allora il mio amore resterà irrealizzato perché non mi sono pentito. C'è ancora una conseguenza permanente per la mancanza di pentimento.

Ma in ultima analisi, l'universalismo porta via tutte le conseguenze.

Ecco perché il recentemente canonizzato san Paissio lo chiama una "trappola di Satana", perché il suo effetto è proprio quello di dire a coloro che ascoltano una predicazione universalista che in realtà non c'è bisogno di lottare. È opzionale. E nell'universalismo assoluto, in cui non vi è alcun tipo di sofferenza nell'aldilà che potrebbe essere dissipato dalla lotta in questa vita, la lotta non è solo facoltativa, ma in realtà è inutile. Perché lottare del tutto, se sai che tutto finirà bene, a prescindere da quello che fai?

E predicare l'universalismo è ancor più insidioso se non è vero, anche se vi è la minima possibilità che non sia vero. Se non è vero, allora dire alla gente che tutti saranno salvati, non importa cosa faranno (o anche che possono essere salvati a prescindere) significa incoraggiarli a peccare, e quindi gettarli nell'inferno. Questa realtà deve essere affrontata da coloro che dicono di "sperare" che sia vero. Se c'è anche una piccola possibilità che non sia vero, allora predicarlo è la cosa più dannosa che si può fare.

Se avete intenzione di predicare, desiderate che quello che state dicendo sia sostenuto da tutto il peso della tradizione della Chiesa, soprattutto nelle Scritture e nella vita liturgica. Eppure ovunque nella Scrittura e nella nostra vita liturgica – soprattutto, per esempio, nel corso della Grande Quaresima e in particolare nella Domenica del Giudizio – vediamo gli avvertimenti che ci dicono di pentirci perché la fine si avvicina. Vediamo avvertimenti su un "fuoco eterno", anche nel servizio funebre (un luogo in cui ci si potrebbe aspettare di vedere la "speranza" universalista scritta alla grande).

Nell'universalismo, non vi è alcun rischio ultimo nel modo in cui vivete la vostra vita. Il giudizio alla fine sarà lo stesso per tutti: "non colpevole". Non ci sono le capre, ma solo le pecore. Quando Cristo dice: "allontanatevi da me, perché non vi conosco", non sta parlando proprio a nessuno. Non c'è assolutamente nulla di cui preoccuparsi.

La preghiera è inutile. L'ascesi è inutile. Il battesimo è inutile. L'elenco potrebbe continuare – alla fine, tutta la vita spirituale è ridotta a una "spiritualità" il cui unico scopo è quello di dare una sorta di consolazione in questa vita, ma non ha alcun effetto critico sulla prossima. Perché preoccuparsi di curare le proprie ferite in questa vita se c'è una guarigione totale per tutti, proprio dietro l'angolo nella prossima? Predicare l'universalismo è come un medico che racconta ai suoi pazienti di non preoccuparsi di prendere le loro medicine o di mantenersi in esercizio, perché non potranno mai morire.

Com'è possibile fare una predica universalista che comprenda il pentimento? "Convertitevi, se volete, ma tutto andrà bene, non importa ciò che fate"? "Convertitevi, perché per ora è una gran cosa, ma anche se non lo fate, nessuno ce l'avrà con voi"? Faccio fatica a vedere la necessità critica del pentimento nell'insegnamento universalista. Non è critica in alcun senso eterno.

Ora, qualcuno potrebbe dire che tutti si pentiranno a prescindere. Così, naturalmente il pentimento è necessario, ma ognuno si pentirà. Ma questo evita ancora una volta la necessità che questo messaggio sia predicato. Perché preoccuparsi di esortare chiunque di pentirsi se lo faranno comunque? Sarebbe come esortare il mio cuore a continuare a pompare sangue. Continuerà a farlo che io lo voglia o no.

In questo, la predicazione universalista è come la predicazione calvinista radicale – un esercizio di futilità. Per quel tipo di calvinista, si pentiranno solo quelli che Dio forzerà a pentirsi, ma per l'universalista vale lo stesso, con l'unica differenza che Dio costringerà davvero tutti a pentirsi. La predicazione diventa semplicemente una previsione piuttosto che un'esortazione.

Qualcuno potrebbe dire che la predicazione dell'universalismo in realtà sarebbe il miglior tipo di predicazione, che il messaggio di salvezza garantito a tutti produrrebbe una grande ispirazione per coloro che ascoltano. Ma è vero? Non è che ci siano grandi denominazioni che insegnano l'universalismo, e non abbiamo idea di quale sia l'effetto della loro predicazione. La loro storia è una storia di declino radicale. Perché? Perché se non vi è alcun rischio, allora non c'è motivazione per pentirsi.

Il pentimento è necessario prima di poter essere motivati ​​dall'amore di Dio. Il pentimento è il primo passo verso la salvezza. Se davvero non c'è bisogno di pentirsi, se la salvezza è un beneficio garantito, allora non c'è motivo di cambiare il proprio modo di vivere. Si tratta di una sorta di benessere spirituale, che ognuno ottiene in ogni caso. Il benessere in questa vita potrebbe essere una garanzia necessaria di sicurezza sociale, ma quando è stata l'ultima volta che avete sentito parlare di un esercito di beneficiari dell'assistenza sociale che combatte spinto da amorevole patriottismo per i propri benefattori? Non è proprio così che si comportano gli esseri umani.

Niente di tutto questo vuol dire che l'insegnamento cristiano tradizionale sulla sofferenza eterna significa che siamo in grado di prevedere chi sarà o non sarà salvato, anche per quanto riguarda tutta l'umanità. Ma la possibilità dell'inferno in realtà esiste. Gesù sta parlando con qualcuno quando li manda alla dannazione, e non sono solo i demoni. Stiamo parlando del giudizio del genere umano.

Il pentimento è un dono di Dio all'uomo. È il dono di essere in grado di cambiare e quel cambiamento farà la differenza nella propria disposizione eterna. L'universalismo porta via quel dono, perché dice che in definitiva è inutile.

Alla fine, anche se l'universalismo fosse vero (e non credo che lo sia), è ancora sbagliato predicarlo. Perché?

Se l'universalismo è vero, e si predica contro di esso, non si fa nessun danno in ultima analisi, anche se tale predica contraria può essere inutilmente dolorosa per alcuni in questa vita. Verranno comunque salvati tutti.

Ma se invece l'universalismo non è vero, e si predica a favore di esso, allora si è resa la porta d'ingresso all'inferno ancora più ampia.

Non facciamo così. Continuiamo a predicare: Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino.

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