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  La non commemorazione del patriarca russo: uno scisma o una deviazione accettabile

di Kostantin Shemljuk

Unione dei giornalisti ortodossi, 18 aprile 2022

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la posizione del patriarca Kirill sulla guerra in Ucraina scredita la Chiesa ortodossa ucraina e provoca una tempesta di negatività e aggressività nei confronti dei suoi credenti. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Quasi due dozzine di diocesi della Chiesa ortodossa ucraina hanno deciso di non menzionare il nome del patriarca Kirill durante le funzioni. Questa mossa può essere considerata uno scisma?

Dopo un mese e mezzo di guerra della Federazione Russa in Ucraina, quasi due dozzine di diocesi della Chiesa ortodossa ucraina hanno già annunciato la sospensione della commemorazione del primate della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, durante tutti i servizi divini.

I vescovi (o i concili diocesani) hanno spiegato la loro decisione, in primo luogo, con il fatto che la posizione del patriarca Kirill sulla guerra in Ucraina è diversa da quella della quasi totalità dei vescovi e dei fedeli del nostro paese. E in secondo luogo, con la necessità di impedire ai credenti sottoposti a tentazioni di unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", poiché è molto difficile spiegare cosa sta accadendo ora in Ucraina con l'aiuto di argomentazioni ecclesiali.

Il Patriarcato ha ritenuto che tale spiegazione delle ragioni della non commemorazione del patriarca non sia altro che uno scisma. In questa occasione, il patriarca Kirill ha scritto una risoluzione sul rapporto del metropolita Evlogij di Sumy, in cui affermava che "la fine della commemorazione del primate della Chiesa non per errori dottrinali o canonici o per fraintendimenti, ma per incoerenza con alcuni opinioni e preferenze, è uno scisma, per il quale chiunque lo avvii risponderà davanti a Dio e non solo nel futuro, ma anche nel presente".

Come esempio opposto, il capo della Chiesa ortodossa russa ha citato "l'arciprete Grigorij Prozorov, che non aveva smesso di commemorare il nome del metropolita Sergio, e che fino al 1942, cioè fino al suo arresto e alla sua morte, aveva condotto funzioni nell'unica chiesa del Patriarcato di Mosca a Berlino durante la guerra" (si noti che questo non è un esempio del tutto accurato, poiché l'arciprete Grigorij Prozorov stava commemorando il primate di una Chiesa contro il cui popolo era stata condotta un'aggressione militare, non viceversa).

Le parole sullo scisma, a maggior ragione dalla bocca del capo della Chiesa ortodossa russa, sono accuse molto gravi e quindi non possono essere tralasciate in silenzio. Vediamo dunque se la non commemorazione del nome del primate della Chiesa da parte dei vescovi e dei sacerdoti può essere considerata uno scisma.

Canoni

Il primo argomento a cui ricorrono coloro che non commemorano si appellano è quello del diritto canonico. Il fatto è che i canoni della Chiesa non dicono assolutamente nulla sull'obbligo dei sacerdoti di ricordare il nome del patriarca durante i servizi divini.

In contrasto con loro, i sostenitori della commemorazione puntano ai canoni 13, 14 e 15 del Concilio di Costantinopoli dell'861, noto anche come Protodeutero ("primo-secondo"), che affermano che il sacerdote deve commemorare il vescovo (Canone 13), il vescovo – il metropolita (Canone 14), e il metropolita – il patriarca (Canone 15).

Ma una lettura attenta di questi canoni, così come la loro applicazione alla situazione con la Chiesa ortodossa ucraina (che si autogoverna, ha diritti di ampia autonomia e un suo primate), non permette di concludere che i vescovi ucraini, che hanno cessato la commemorazione del patriarca Kirill, siano caduti in uno scisma. Tutti commemorano sua Beatitudine il metropolita Onufrij, che, a sua volta, commemora il capo della Chiesa ortodossa russa (anche se in una versione un po' "riassunta": invece di "padre e presule" solo come "presule"), il che significa che i canoni del Concilio Protodeutero non vengono violati.

In generale, rifiutando di commemorare il patriarca, le eparchie ucraine sono tornate alla pratica della maggior parte delle Chiese locali, in cui i sacerdoti commemorano solo il nome del vescovo ordinario, che, a sua volta, commemora il primate. Vale la pena ricordare ancora una volta che il primate della Chiesa ortodossa ucraina è sua Beatitudine il metropolita Onufrij?

Tradizione

In generale, la tradizione di commemorare il patriarca di Mosca in tutte le chiese della Chiesa russa fino alla metà del XVII secolo era praticamente inesistente. Per esempio, un eccellente articolo del sacerdote Mikhail Zheltov recita: "Nel Libro di servizio scritto a mano del XV e XVI secolo, le cui origini sono sia a Mosca e a Novgorod, sia nelle terre della Russia meridionale, la commemorazione del vescovo conserva la sua forma tradizionale, ereditata da Bisanzio: "il nostro arcivescovo (nome da pronunciare)" e solo nel Libro di servizio pubblicato sotto il patriarca Nikon nel 1655, è prescritto di commemorare sia il patriarca che il vescovo locale. Allo stesso tempo, all'esclamazione "Anzitutto ricordati..." (secondo il Libro di servizio del 1655), "il sacerdote deve commemorare solo il patriarca di Mosca, mentre la commemorazione del vescovo locale è posta nel dittico del diacono dopo la suddetta esclamazione".

Naturalmente, nessuno osa affermare che fino al 1655 i sacerdoti della Chiesa russa che non ricordavano il nome del patriarca erano in scisma.

A sua volta, il sacerdote Georgij Maksimov della Chiesa russa, difendendo il punto di vista del Patriarcato, sostiene che i sacerdoti della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa ortodossa ucraina hanno giurato di seguire in tutto la tradizione consolidata. Ciò significa che, poiché nel Libro di servizio è prescritto di commemorare il nome del patriarca, il rifiuto di farlo è una violazione del giuramento di fedeltà.

Tuttavia, tale accusa di violazione della tradizione della Chiesa ortodossa russa suscita numerosi commenti. Per esempio, nella Chiesa russa è consuetudine dire tutte le preghiere eucaristiche su un singolo calice (e solo allora, dopo il "Padre nostro", se necessario, il sangue del Salvatore può essere distribuito in calici aggiuntivi). Ma il metropolita Ilarion (Alfeev), contrariamente alla tradizione, celebra la Liturgia con più calici contemporaneamente (a volte fino a una dozzina) e nessuno del Patriarcato lo accusa di aver violato e infranto il giuramento di fedeltà. Inoltre, durante la pandemia di coronavirus nella Chiesa ortodossa russa, si è deciso di fare la comunione con più cucchiai o immergendo il cucchiaio in una soluzione alcolica. Qui difficilmente si può parlare di osservare una tradizione.

Lo stesso si può dire delle funzioni con le mascherine o degli appelli del patriarca a non frequentare le chiese.

Paura a causa dei giudei?

Aveva assolutamente ragione il primate della Chiesa ortodossa russa quando, al sermone della domenica del Trionfo dell'Ortodossia , il 13 marzo 2022, ha sottolineato che "la dipendenza della Chiesa da una forza esterna, la dipendenza da coloro che hanno potere, è la dipendenza più pericolosa" e che "rispettiamo le autorità secolari, ma ci riserviamo il diritto di essere liberi dalle ingerenze del governo nella vita interna della Chiesa".

Tuttavia, le parole del patriarca sulla codardia dei vescovi ucraini che si sono rifiutati di commemorare il suo nome sembrano molto strane, soprattutto sullo sfondo della guerra in Ucraina e delle decisioni di cui sopra (su cucchiai, mascherine e sul non frequentare le chiese): "Oggi , anche ricordare in chiesa il nome del patriarca diventa impossibile per alcuni per paura dei giudei" (Gv 20:19) e "quando qualcuno, per paura, si rifiuta di commemorare il patriarca, allora questo, ovviamente, è certamente un segno di debolezza, è pericoloso per la vita spirituale di coloro che in piccola misura si discostano dalla verità", poiché se "oggi non ricordiamo il patriarca perché abbiamo paura, domani qualcuno potrebbe pretendere di più".

D'accordo, le accuse contro i vescovi ucraini che non avevano paura del coronavirus, non hanno interrotto le funzioni religiose e non hanno introdotto alcuna innovazione in merito ai sacramenti ecclesiali (anche su pressione delle autorità), sono a dir poco dubbie. Soprattutto se ricordiamo che il 29 marzo 2020 il patriarca Kirill ha esortato i credenti ad astenersi dal visitare le chiese per paura della morte (citazione: "Per grazia di Dio, praticamente nessuno è ancora morto in nessuna famiglia. Ma se ciò accade, in un batter di ciglio, lo immagineranno tutti (che le morti siano dovute al Covid, ndc), inoltre noi cadremo nel panico").

In altre parole, le decisioni del "coronavirus" sono state prese dal patriarca e dal Sinodo della Chiesa ortodossa russa per motivi di "conservazione della salute" sotto la pressione delle autorità e di circostanze esterne. È difficile non tracciare dei parallelismi.

Che cosa dice la storia?

Nella storia della Chiesa, un rifiuto dei vescovi di commemorare il patriarca, che non sia motivato dall'eresia, non è una novità.

Così, negli anni '30, alcuni vescovi della Chiesa ortodossa russa non erano d'accordo con la posizione del metropolita Sergio (Stragorodskij), che si era compromesso con i bolscevichi. Questi vescovi si rifiutarono di commemorare il suo nome durante le funzioni, ricordando solo il locum tenens patriarcale, il metropolita Petr (Poljanskij), che era agli arresti. Tuttavia, non giunsero al punto di interrompere la comunione ecclesiastica con il metropolita Sergio e il Sinodo patriarcale provvisorio sotto di lui.

Il gruppo di questi vescovi è stato definito "i non commemoranti" e, secondo il metropolita Juvenalij (Pojarkov), presidente della Commissione sinodale per la canonizzazione dei santi della Chiesa ortodossa russa , a loro riguardo "non si può intravedere alcun motivo malizioso e puramente personale. Le loro azioni sono state motivate dalla sollecitudine intesa a loro modo per il bene della Chiesa".

In seguito, molti dei "non commemoranti" sono stati canonizzati come santi. Questi includevano il metropolita Kirill (Smirnov), il metropolita Agafangel (Preobrazhenskij), l'arcivescovo Serafim (Samojlovich), i vescovi Viktor (Ostrovidov), Damaskin (Tsedrik), Afanasij (Sakharov) e altri.

Allo stesso tempo, nessuna delle misure imposte dal metropolita Sergio ai "rinnegati" (termine coniato dal metropolita Sergio) che si separarono da lui fu formalmente abolita.

Si può anche ricordare che già nel 1990 il patriarca Alessio, in un incontro con i chierici delle eparchie occidentali della Chiesa ortodossa ucraina alla Lavra di Pochaev, li benedisse a non menzionare il nome del patriarca durante i servizi se questo fosse stato respinto. Ciò era giustificato dall'economia per il bene della santa Chiesa. E da allora nessuno ha denunciato come scismatici i chierici della Chiesa ortodossa ucraina che si sono rifiutati di commemorare il nome del patriarca. Nessuno ha chiamato scismatico il vescovo Longin (Zhar), che già nel marzo 2016 aveva accusato il patriarca Kirill di eresia dell'ecumenismo e si è rifiutato di commemorare il suo nome alle funzioni.

Inoltre, negli ultimi 30 anni, abbiamo visto il patriarca di Costantinopoli smettere di commemorare l'arcivescovo di Atene, il patriarca di Gerusalemme rifiutarsi di commemorare il patriarca di Antiochia e viceversa. Dopotutto, non ci sono informazioni che il patriarca Kirill abbia interrotto la commemorazione del patriarca Bartolomeo, del patriarca Teodoro, dell'arcivescovo Hieronymos e dell'arcivescovo Chrysostomos a causa di una loro caduta nell'eresia. Tutti questi casi possono essere qualificati come scismi? No, certo che no.

Una misura disciplinare e un grido dal cuore

La decisione di cessare la commemorazione del patriarca Kirill durante le funzioni non è stata motivata da considerazioni politiche o timori delle autorità, ma dal dolore per la Chiesa, le persone, la terra e la Patria. La Chiesa ortodossa ucraina è sempre stata con il suo popolo e non ha mai diviso i fedeli secondo preferenze politiche o nazionali. Allo stesso modo, si è sempre opposta all'azione militare nel Donbass, ha invitato le parti in conflitto a risolvere pacificamente il problema e, allo stesso tempo, ha sottolineato la necessità di rispettare l'integrità territoriale dell'Ucraina. La Chiesa non ha cambiato i suoi principi nemmeno dopo il 24 febbraio 2022.

È per questo motivo che il popolo della Chiesa ucraina ha reagito con particolare dolore alla mancata condanna dell'aggressione contro l'Ucraina da parte del patriarca della Rus'. Dopotutto, se è il "padre" dei credenti ucraini, dovrebbe reagire come un padre, non come un funzionario statale. È chiaro che se si fosse pronunciato contro la guerra, questa affermazione non avrebbe fermato gli "Iskanders" e i "Tulip". Ma avrebbe fermato il desiderio di molti credenti della Chiesa ortodossa ucraina di prendere le distanze non solo dal patriarca ma dalla Chiesa ortodossa ucraina nel suo insieme. E dove andranno i credenti? O nealla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o in un'altra struttura priva di uno status canonico.

Inoltre, la posizione della Chiesa ortodossa russa e del patriarca Kirill sulla guerra in Ucraina non solo contraddice completamente la posizione della Chiesa ortodossa ucraina, ma scredita anche la Chiesa nel nostro paese e provoca una tempesta di negatività e aggressione nei confronti dei suoi credenti. E molto spesso gli iniziatori di questa aggressione sono rappresentanti della Chiesa greco-cattolica ucraina. Per esempio, la deputata Oksana Savchuk (greco-cattolica) ha registrato un disegno di legge per mettere fuori legge la Chiesa ortodossa ucraina. A Horodok e Drohobych, nella regione di Leopoli, le autorità hanno bandito la Chiesa ortodossa ucraina su richiesta degli uniati locali. Nell'ultimo mese, ci sono stati diversi casi noti di uniati che hanno sequestrato luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina nell'Ucraina occidentale.

In questo contesto, i credenti della Chiesa ortodossa ucraina non possono che rimanere disorientati dai contatti attivi dei rappresentanti della Chiesa ortodossa russa con la Chiesa cattolica, di cui i greco-cattolici sono fedeli. I fedeli della Chiesa ortodossa ucraina sono perplessi: cosa può avere in comune la Chiesa ortodossa russa con il Vaticano, che nel corso della storia della Chiesa ha cercato di sottomettere il nostro popolo al Trono romano? E, a quanto pare, finora non ha abbandonato tali tentativi.

Infatti, nonostante i contatti ecumenici della Chiesa ortodossa russa con Roma, l'aggressione degli uniati contro le comunità della Chiesa ortodossa ucraina non fa che aumentare. Questo è il motivo di molte domande e smarrimento dei nostri credenti riguardo a tali contatti.

* * *

Il rifiuto di commemorare il nome del primate della Chiesa russa durante i servizi divini è dettato dal dolore per il popolo ucraino, nonché dal desiderio di preservare il proprio gregge nella Chiesa canonica. Non per paura delle autorità (da 30 anni in qualche modo ci siamo abituati alle continue pressioni da parte loro) ma per paura di perdere le anime dei credenti. E questo non è uno scisma, questo è un appello a far cambiare idea a coloro dai quali vorremmo avere solidarietà e comprensione.

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