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  La realtà parallela del patriarca Bartolomeo

dell'arciprete Andrej Nikolaidi

Unione dei giornalisti ortodossi, 8 settembre 2019

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Il patriarca Bartolomeo non vede alcun problema canonico nella doppia e perfino tripla gerarchia in Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Quanti canoni sono stati violati dal Patriarcato di Costantinopoli nel creare una giurisdizione parallela in Ucraina.

L'odierna situazione ecclesiastica in Ucraina, provocata dalle azioni del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, appare come una sfida cruciale di fronte alla pienezza dell'Ortodossia mondiale. Un'opzione è accettare il punto di vista di Costantinopoli e infine distruggere il sistema di diritto canonico che si è sviluppato sulla base della visione apostolica della Chiesa. L'altro è rimanere fedele all'ecclesiologia ortodossa e respingere le azioni unilaterali del Fanar.

Nonostante Costantinopoli si posizioni come custode della tradizione apostolica e garante dell'inviolabilità della vera teologia ortodossa, le sue azioni distruggono il modello radicato nei secoli della Chiesa di Cristo e il passo più fatale in questa direzione è la creazione della gerarchia parallela in Ucraina.

L'unità della Chiesa di Cristo come principio fondamentale dell'ecclesiologia è realizzata attraverso l'unità dell'episcopato. In una città c'è un solo vescovo: questo decreto del primo Concilio ecumenico, fissato nel suo ottavo Canone, è stato sempre rigorosamente osservato e l'esistenza di una gerarchia parallela è considerata un segno di scissione.

Ciò è dovuto al fatto che l'unità dell'episcopato è indissolubilmente legata all'unità dell'eucaristia e quindi alla fede nell'unico Signore Gesù Cristo.

L'unico vescovo canonico e legale era il capo dell'assemblea eucaristica per la comunità cristiana locale. Dal punto di vista della Chiesa, non è solo un amministratore, un predicatore o un dirigente, è un attore dei sacramenti, attraverso le cui labbra l'intera comunità offre a Dio le proprie preghiere e attraverso il quale Dio risponde a queste preghiere. Di conseguenza, la presenza di due primati, due vescovi con uguali diritti in una comunità, coinvolge due eucaristie, due corpi e due calici, il che porta inevitabilmente al riconoscimento di due Chiese e due "Cristi". Tale scenario contraddice la fede cristiana, interrompe la connessione interiore e divide la comunità.

Ecco perché, dai tempi apostolici fino al XXI secolo, il principio dell'unità dell'episcopato è stato sempre sacro e irremovibile nell'Ortodossia.

Ma nel 2018 la sede patriarcale di Costantinopoli, che occupa il primo posto tra gli uguali nel dittico delle Chiese ortodosse locali, ha intrapreso una mossa senza precedenti.

Non ha solo riveduto gli eventi storici di trecento anni fa; non ha solo deciso unilateralmente di modificare i confini del territorio della giurisdizione canonica, cosa vietata dal secondo Canone del secondo Concilio ecumenico e dall'ottavo Canone del III Concilio ecumenico; non ha solo cancellato unilateralmente i risultati degli atti giudiziari del Concilio episcopale, la cui correttezza era solito riconoscere; non ha solo considerato significativo l'appello degli scismatici che non riconoscevano l'autorità dei Canoni, cosa proibita dal quarto Canone del Concilio di Antiochia; non ha solo avviato la comunione con gli scismatici deposti, che è proibita dal sedicesimo Canone dei santi apostoli; non ha solo riconosciuto tutte le consacrazioni e le ordinazioni illegali, cosa che contraddice il quarto Canone del II Concilio ecumenico; non solo ha accettato sotto il suo omoforio chierici stranieri privi di una lettera dimissoriale, cosa che contraddice il diciassettesimo Canone del sesto Concilio ecumenico in trullo; non solo ha riconosciuto la consacrazione episcopale di persone prive di successione apostolica, cosa generalmente impensabile.

La sede di Costantinopoli ha gettato le basi per una gerarchia parallela.

Fino al 2018, Costantinopoli, come tutte le Chiese ortodosse, ha riconosciuto l'unica Chiesa canonica in Ucraina – la Chiesa ortodossa ucraina, guidata dal metropolita Onufrij di Kiev, la cui elezione corretta e legittima è stata evidenziata dalle "Lettere di Pace" di tutti i primati ortodossi, incluso il patriarca di Costantinopoli.

Tuttavia, il 15 dicembre 2018, sotto la guida dell'allora presidente dell'Ucraina e dei legati di Costantinopoli, si è svolto il cosiddetto "Concilio d'unificazione", che, sulla base di accordi segreti, bugie e manipolazioni, di fatto ha creato una struttura ecclesiastica parallela, una gerarchia parallela.

E qui, dal punto di vista di Costantinopoli, inizia una doppia personalità, una schizofrenia canonica: in Ucraina esiste già una struttura canonica riconosciuta con vescovi, clero, monasteri, scuole teologiche e laici. Ma a seguito del "Concilio", sorge improvvisamente una nuova struttura.

Questo stato di cose è completamente contrario al diritto canonico e al pensiero ecclesiologico. Ma questo non disturba Costantinopoli, e i suoi legati legalizzano lo scisma, accettando inoltre tutti gli scismatici "alla rinfusa" nel loro rango esistente, senza esaminare gli aspetti canonici della loro consacrazione. A peggiorare le cose, "elegge" lo scismatico Epifanij Dumenko alla Sede di Kiev contro Onufrij, l'attuale metropolita di Kiev legittimo e universalmente riconosciuto.

Tale atto contraddice completamente il sedicesimo Canone del Concilio di Costantinopoli dell'861 (celebrato nella chiesa dei santi Apostoli), secondo il quale è impossibile eleggere e nominare un vescovo presso una sede il cui attuale vescovo è vivo e conserva il suo rango.

Al tempo del cosiddetto "Concilio d'unificazione" e fino a oggi, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina è stato un legittimo vescovo della sede arcivescovile della capitale e il primate della Chiesa ortodossa ucraina. Non è stato condannato, deposto o sospeso nel suo ministero. La sua dignità canonica è impeccabile e riconosciuta dalla pienezza dell'Ortodossia. Di conseguenza, secondo i canoni, è impossibile eleggere un altro metropolita di Kiev.

Tuttavia, il Fanar ci prova, violando gravemente i canoni. E anche questo risulta non essere sufficiente: nella struttura appena creata rimane un vescovo che continua a portare il titolo di "Kiev" - il "patriarca" Filaret. Questo significa che non DUE ma TRE vescovi riconosciuti da Costantinopoli si trovano in una città.

E anche questo non è abbastanza. In uno dei primi incontri del "Sinodo", la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" forma un'altra diocesi per le parrocchie di Kiev - di Perejaslav-Khmelnitskij, mettendo parte delle parrocchie situate nella capitale e nei suoi dintorni sotto l'omoforio dell'ex metropolita Aleksandr (Drabinko).

Così avviene non solo a Kiev. In quasi tutte le città ci sono diversi "vescovi" ortodossi ucraini con titoli simili o addirittura identici, i confini delle cui diocesi si sovrappongono, così come il vescovo della Chiesa ortodossa ucraina, la cui dignità canonica non è contestata ed è riconosciuta dal pienezza dell'Ortodossia. E i fanarioti, definendosi custodi della tradizione canonica, inghiottono con calma questo flagrante stato anti-canonico.

Analizzando la logica di tali fenomeni, si dovrebbe ricordare che nella stragrande maggioranza gli attivisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono cresciuti spiritualmente nello scisma, quindi la loro coscienza ecclesiologica è distorta. Per loro, la Chiesa "colonna e fondamento della verità" (1 Tim. 3:15), la "sposa dell'Agnello" (Efesini 5: 25-27) e il "corpo mistico di Cristo" (1 Cor 12 : 12-27) si trasforma in un'istituzione umana, un'organizzazione secolare. E tali organizzazioni, dal punto di vista della gerarchia scismatica, possono essere tante quante si vuole e possono competere tra loro.

Quindi possiamo ascoltare la retorica teologicamente delirante sulla "inimicizia della Chiesa russa" e sulla canonicità delle "transizioni" da un'organizzazione ecclesiale all'altra.

Per la prima volta, tali nozioni sono state espresse dal famigerato ex archimandrita Viktor Bedja, che ha giustificato la sua transizione verso la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" per il fatto che aveva semplicemente cambiato giurisdizione e non era più sotto la giurisdizione della sua Chiesa iniziale. Per lui, questo equivaleva a cambiare lavoro.

Più tardi, un tale modello eretico di atteggiamenti nei confronti della Chiesa è stato ripreso dalle strutture ufficiali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e il suo "Sinodo" ha espulso alcuni tra i suoi vescovi senza alcuna analisi canonica delle loro azioni e senza sospenderli dal sacerdozio.

Tale visione della Chiesa è chiamata ecclesiologia "bedesca" e continua a fiorire nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Quanto al trono di Costantinopoli, per non perdere la sua faccia canonica, deve accettare con calma gli eccessi della sua progenie, sopportare una "doppia" gerarchia, spingendosi ulteriormente nell'angolo di un dilemma canonico.

Ma la via d'uscita da questo dilemma è molto semplice: revocare il cosiddetto "Tomos" e tornare sulla straa del sistema canonico stabilito da Dio, che consentirà all'interno dell'Ortodossia ucraina, senza l'influenza di forze esterne e politici di parte, trovare il modo di superare la crisi provocata dalle azioni inette e non canoniche del patriarca Bartolomeo.

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