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  Un chierico dalla Grecia nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": gli scismatici chiederanno l'aiuto dei variaghi greci?

di Kirill Aleksandrov

Unione dei giornalisti ortodossi, 27 maggio 2019

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sembra che il Patriarcato di Costantinopoli invierà più di una manciata di suoi protégés in Ucraina

Che cosa significa "l'ordinazione" di un chierico della Chiesa ortodossa di Grecia come "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e cosa aspettarsi dal Fanar nel prossimo futuro.

Il 26 maggio l'archimandrita Epiphanios (Dimitriou), un chierico della metropolia di Demetrias e Almuros della Chiesa ortodossa di Grecia, è stato consacrato "vescovo di Olvia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Perché un greco è stato ordinato per una "sede" in Ucraina, e cosa può significare questo per l'intero progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Per cominciare, facciamo una piccola escursione nella storia.

Dopo il battesimo della Rus' nel 988, la Chiesa russa fu organizzata come una metropolia speciale del Patriarcato di Costantinopoli; a quel punto era una metropolia molto insignificante e ben poco importante.

Secondo la storiografia tradizionale, il primo metropolita di Kiev fu san Michele (†992), un greco etnico che arrivò nella Rus' da Korsun assieme al santo principe Vladimir. Sotto di lui, la metropolia di Kiev fece i primi passi della sua esistenza storica.

La corretta organizzazione amministrativa con divisione in eparchie avvenne sotto il successore di san Michele, san Leonzio (+1008).

Più tardi, con rare eccezioni, per diversi secoli i metropoliti di Kiev furono eletti e ordinati dal patriarca di Costantinopoli tra candidati greci. Queste elezioni erano coordinate non con i granduchi di Kiev, ma con l'imperatore bizantino.

Come ha scritto lo storico della chiesa Peter Znamenskij, "in Russia, quindi, erano estranei per discendenza, per lingua e per simpatie nazionali e non destavano particolare fiducia né tra i principi né tra il popolo. Allo stesso tempo, è necessario tenere a mente la cattiva reputazione che i greci si sono guadagnata sin dai tempi antichi nella Rus' e che è stata espressa in una nota del cronista: "L'essenza della Grecia è essere untuosi fino a oggi". Inoltre, nemmeno i migliori tra i greci erano mandati nella metropolia russa. Dei 25 metropoliti greci nei primi quattro secoli e mezzo dell'esistenza della Chiesa russa, non più di cinque o sei si mostrarono istruiti e devoti".

 Nonostante la loro origine greca, la dipendenza dei metropoliti di Kiev dal Patriarcato di Costantinopoli era insignificante. Nella vita interna della Chiesa russa, tutte le decisioni erano prese dal metropolita di Kiev, che, se necessario, convocava il Concilio dei vescovi russi.

Per quanto riguarda la composizione etnica dei vescvovi della Chiesa russa, immediatamente dopo il battesimo della Rus' erano tutti greci o bulgari. Ma poi la maggior parte di loro fu scelta tra i russi. Alcuni preti greci, venuti con il loro nuovo metropolita di Kiev da Bisanzio come suo seguito, furono spesso scelti come vescovi.

Questa situazione forniva i suoi vantaggi e aveva notevoli inconvenienti. Gli inconvenienti sono già stati descritti sopra; per quanto riguarda i vantaggi, i greci appena arrivato erano, di norma, lontani dalla lotta politica interna per il potere dei principi russi. Per questo motivo, cercavano di essere al di sopra delle parte nei conflitti principeschi e, se possibile, di riconciliare i principi in guerra. Quindi, l'esperienza storica della permanenza dei vescovi greci nella Rus' kievana e la loro gestione della Chiesa russa è piuttosto ampia.

Ora, aggiungiamo alcune parole sulla politica del personale della Chiesa di Costantinopoli nel secolo scorso. Questo si riferisce alle strutture ecclesiastiche soggette a Costantinopoli. In breve, consisteva in quanto segue: ogni volta che i greci potevano ordinare un vescovo greco in una diocesi greca, lo facevano.

Era così in quasi tutte le Chiese locali: albanese, bulgara, serba, romena e persino in quelle più antiche – Gerusalemme e Alessandria, quando i rispettivi paesi erano sotto l'autorità degli imperi bizantino e poi ottomano. Allo stesso tempo, la vita ecclesiastica fu sottoposta a sostanziale ellenizzazione, fino alla sostituzione della lingua locale di culto con il greco. Ciò diede origine a numerosi conflitti tra l'episcopato e il clero, i laici e le autorità locali.

Una volta che i territori di questi stati ottenevano (o riconquistavano) la loro indipendenza, le strutture ecclesiastiche dichiaravano immediatamente il desiderio di essere indipendenti e gestite dai propri vescovi, piuttosto che da quelli greci.

Oggi, i fanarioti amano esemplificare il loro dono dell'autocefalia alle chiese bulgara, serba, romena e altre, ma tacciono su quali siano state le pretese d'autocefalia da parte di quelle Chiese – fino alla rottura delle relazioni canoniche – generate dalla politica, perseguita dal Fanar, di ellenizzazione e di dominio dei vescovi greci nelle chiese slave (e non solo slave).

L'ottenimento dell'autocefalia da parte delle Chiese nei paesi dell'Europa orientale è stata quasi sempre accompagnato dalla cacciata dei vescovi greci e dalla loro sostituzione con vescovi locali. Nel precedente odierno di un "riempimento" di una "sede" ucraina da parte di un vescovo greco, osserviamo la situazione opposta: nella struttura della "chiesa", dove prima non c'erano greci etnici, ora cominciano ad apparire. Questo indica il processo inverso. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non espande la sua "autocefalia", ma, al contrario, la perde (a meno che, ovviamente, ciò che ha la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" possa essere chiamato autocefalia).

Ora, parliamo del motivo per cui il Fanar aveva bisogno di ordinare un chierico greco per la "sede" di Olvia. I greci sono astuti e prevedevano che sarebbe stata fatta una tale domanda. La risposta formale sarà: fornire una guida spirituale ai greci etnici che vivono a Mariupol' e nei suoi dintorni. Secondo l'ultimo censimento, sono 21,923 persone, o il 4,3% della popolazione locale. Pertanto, è abbastanza logico inviare loro un vescovo greco.

Ma il punto, ovviamente, non è nel gregge greco. Prima di tutto, questi greci, molti secoli fa, si sono "slavizzati", la loro identità greca non è così forte da aver bisogno di un vescovo greco. In secondo luogo, la maggioranza assoluta dei greci che vivono a Mariupol' e nella zona circostante appartiene alla Chiesa ortodossa ucraina canonica.

Il compito principale del "vescovo" Epiphanios (Dimitriou) è quello di promuovere il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese ortodosse locali.

Come sapete, una delle ragioni principali del rifiuto di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è la non canonicità e, quindi, l'invalidità delle sue "ordinazioni". Apparentemente, al Fanar hanno deciso di diluire l'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con vescovi apparentemente canonici. Dopo tutto, i rappresentanti del Fanar, in particolare il metropolita Emmanuel di Francia e il metropolita Amphilochios di Adrianopoli, hanno preso parte alla "consacrazione" dell'archimandrita Epiphanios (Dimitriou).

Una "ordinazione" scismatica può essere riconosciuta valida se un vescovo canonico vi prende parte? I teologi del Fanar credono che lo possa essere. Ma l'illegalità può diventare lecita se vi partecipa un vescovo legittimo? La domanda è retorica.

Può un singolo "vescovo" greco nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rappresentare come canonica questa organizzazione religiosa agli occhi delle Chiese locali? Ovviamente, no. Ciò implica che la nomina dell'archimandrita Epiphanios come "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia solo un elemento di prova. I curatori del progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" studieranno la reazione a un simile incarico dalla parte del suo "episcopato", della società ucraina e del nuovo governo ucraino. Se questa reazione non sarà troppo negativa, la nomina dei greci alle "sedi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" continuerà.

Quando la quantità di tali variaghi, cioè "vescovi" greci, raggiungerà un certo livello, il Fanar avrà un'ulteriore carta vincente nei negoziati sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese locali. Costantinopoli sarà in grado di esigere il riconoscimento sulla base del fatto che nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"esiste già un numero sufficiente di vescovi "canonici".

La questione della nomina dei greci può essere collegata al problema delle stavropegie, vale a dire 20-30 monasteri e chiese antiche, che le autorità uscenti si sono impegnati a trasferire al Fanar come tangente per il Tomos.

La pratica della chiesa degli ultimi anni testimonia che i grandi monasteri sono retti da abati dal rango del vescovo, piuttosto che di archimandrita o di igumeno. Di conseguenza, i fanarioti potrebbero richiedere ai loro vescovi di dirigere le stavropegie. Con semplici calcoli, possiamo arrivare a una cifra di 20-30 "vescovi" greci nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – secondo il numero delle presunta stavropegie. Questo sarà il caso se i fanarioti riusciranno ad assicurarsi le stavropegie.

Il fatto che il governo che ha promesso le stavropegie al Fanar sia un governo uscente, gioca contro questa opzione. Petro Poroshenko non è più il presidente in carica. Andrij Parubij, presidente della Verkhovna Rada, che, di fatto, ha promesso un numero approssimativo di stavropegie, si prepara a lasciare il suo incarico tra due mesi, quando si terranno le prime elezioni parlamentari.

Inoltre, i rappresentanti del governo uscente potrebbero essere dietro le sbarre. Sono già stati avviati procedimenti penali contro Poroshenko, che insieme a Parubij sta cercando di mettersi al sicuro minacciando di organizzare un nuovo Majdan.

Naturalmente, in tali condizioni, il Fanar non può aspettarsi che questi politici ucraini mantengano le loro promesse. Tuttavia, ci sono alcune circostanze che consentono ai fanarioti di sperare nel ricevere le promesse stavropegie in Ucraina.

In primo luogo, le stavropegie sono menzionate nel Tomos, non solo occasionalmente ma in grande dettaglio. Inoltre, alla riunione del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", svoltasi il 24 maggio 2019, questa organizzazione ha dichiarato il proprio impegno nei confronti delle disposizioni del documento.

Alla luce delle recenti critiche del Tomos da parte del "patriarca onorario" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Filaret Denisenko e delle parole che non ha intenzione di adempiere ad alcune delle sue disposizioni, il "Sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha scritto in una clausola separata: "Di testimoniare che la Chiesa ortodossa ucraina locale (Chiesa Ortodossa in Ucraina) è guidata dalla Sacra Scrittura e Tradizione, i canoni della Chiesa ortodossa e il suo Statuto, adottato dal Consiglio dell'Unificazione il 15 dicembre 2018 e, rispettivamente, registrato dallo stato, dal Tomos patriarcale e sinodale d'autocefalia del 6 gennaio 2019, nonché dalle decisioni dei propri organi statutari".

In secondo luogo, c'è un'intensa lotta tra il "patriarca onorario" e il "metropolita" Epifanij Dumenko. Il "nonno della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" difende l'idea della sua indipendenza dal Fanar, anche a costo di non vedere questa organizzazione religiosa riconosciuta dalle Chiese locali o persino della possibile revoca del Tomos.

I sostenitori di Epifanij sono molto più fedeli al Fanar e sono pronti a seguire tutte le sue istruzioni. In cambio, i seguaci di Filaret Denisenko li hanno chiamati "giovani turchi", alludendo alla ubbidiente sottomissione di questi "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" alla volontà di sudditi turchi, cioè dei fanarioti.

Finora, il novantenne "patriarca onorario" è riuscito a riunire pochissimi sostenitori sotto la sua bandiera. Ma non intende arrendersi, e ha dichiarato apertamente: "Vedrete! Vedrete cosa farò! Difenderò il Patriarcato di Kiev fino alla fine! ”

Ciò che Filaret, che ha collaborato con il KGB dell'URSS per molti decenni, ha pensato per sua stessa ammissione – lo vedremo nel prossimo futuro. Ma molto probabilmente, la sua è una causa persa. I "giovani turchi" sono forti proprio perché sono "giovani". Nessuno vuole piazzare le sue scommesse su un novantenne.

Pertanto, molto probabilmente, il massimo che Filaret può fare è iniziare un ulteriore scisma. Certamente, sarà un brutto colpo per l'immagine della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ci sarà una contropartita. I "giovani turchi" saranno in grado di prendere completamente nelle proprie mani il potere nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e di guidarla senza riguardo per l'opinione del "patriarca onorario". Di conseguenza, sarà molto più facile per i fanarioti costringere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a tirar fuori le stavropegie in favore del Patriarcato di Costantinopoli.

C'è un altro requisito che i "giovani turchi" possono accettare e che il Fanar può esigere da loro. È la "riordinazione" dell'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questa idea è completamente respinta da Filaret Denisenko, che attribuisce un valore particolarmente elevato al riconoscimento della legittimità di tutti i suoi "riti religiosi".

Ma i "giovani turchi" potrebbero essere molto meno scrupolosi in questa materia. Si può presumere che ai colloqui dei rappresentanti del Dipartimento di Stato americano e del Fanar, che questi conducono apertamente con le Chiese ortodosse locali sulla "questione ucraina", anche questa opzione sia discussa segretamente: che i vescovi del Patriarcato di Costantinopoli tranquillamente, senza pubblicità, ri-ordinino i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e rendano la cosa "un segreto aperto". Quelli che hanno bisogno di saperlo lo sapranno, mentre per gli altri le "ordinazioni" dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" saranno inizialmente riconosciute come canoniche. In questo caso, almeno alcune Chiese locali saranno in grado di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Per attuare questo scenario, i "vescovi" greci, integrati nella struttura della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", possono essere utili.

Il tempo dirà come si svilupperanno gli eventi e quale delle nostre ipotesi sarà corretta. Ma una cosa si può dire adesso: la nomina del "vescovo" greco della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è altro che un'altra mossa tattica nei giochi politici intorno al progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", dettata dalla necessità di salvare questo progetto, che rischia di trasformarsi in fallimento per tutti i suoi partecipanti.

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