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  Padre Sofronij (Sakharov) e la comprensione ortodossa della redenzione

dal blog del sito Orthodox England

24 aprile 2018

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Padre Sofronij (Sakharov) era nato in una famiglia borghese di Mosca nel 1896, era in tutto e per tutto un intellettuale, in gioventù cadde sotto l'influenza dell'induismo, poi divenne un pittore dell'Art Nouveau, emigrando a Parigi, e diventando in seguito il bibliotecario [1] al monastero di san Panteleimone all'Athos, nonché un filosofo religioso. Tuttavia, ha anche chiaramente imparato la saggezza da semplici monaci durante i suoi due decenni trascorsi sul Monte Athos. Il mio primo incontro con lui avvenne dieci anni dopo che aveva lasciato la Chiesa russa nel 1965, un evento che seguì la sua disputa con il vescovo russo locale (che come lui era un parigino di ricca famiglia russa). Così, incontrai per la prima volta padre Sofronij nel 1975 (non fu mai chiamato anziano in vita sua, e il termine improprio "dell'Essex" [2] gli fu attribuito in seguito dai suoi ammiratori stranieri). Lo incontrai spesso nei successivi otto anni fino al 1983. Morì nel 1993, quando i suoi sacerdoti e il convento da lui fondato erano diventati una calamita per i convertiti intellettuali.

Una delle prime cose che ho capito è quanto padre Sofronij fosse sotto l'influenza del grande rivitalizzatore della teologia patristica (cioè biblica / ortodossa / cristiana), in metropolita Antonij (Khrapovitskij) di Kiev (1864-1936), che fu anche il primo ierarca della Chiesa fuori dalla Russia. In particolare il metropolita Antonij era opposto alla scolastica cattolica romana che infestava le quattro accademie teologiche nella Russia pre-rivoluzionaria ("le tombe dell'Ortodossia", come erano allora chiamate). [3] Divorziata dal monachesimo e dalla pietà popolare, la filosofia latina aveva conquistato le accademie fin dall'inizio. [4] I diplomati delle accademie non sapevano nemmeno ciò che sapevano e che potevano esprimere con parole semplici i contadini ortodossi. Pertanto, anche figure come il vescovo di formazione scolastica (in seguito arcivescovo) Teofane di Kursk non riuscivano a comprendere l'insegnamento patristico sulla redenzione. [5]

Non solo padre Sophrony parlava apertamente con ammirazione della dimensione morale con cui il metropolita Antonij spiegava i dogmi dell'ortodossia ("dogmi" naturalmente nel senso ortodosso di "rivelazioni dello Spirito Santo") [6], ma anche della sua dimensione spirituale. In nessun luogo questo è più ovvio che nella comprensione patristica della Redenzione, ripresa dal metropolita Antonij nella sua opera 'Il dogma della redenzione' [7], e che si diffuse ai suoi discepoli, i futuri santi come sant'Ilarion (Troitskij, + 1926), sant'Alexis della Carpato-Russia (+ 1947), san Nikolaj (Velimirovich) (+ 1956), san Giovanni di Shanghai (+ 1966) [8] e san Giustino (Popovich) (+ 1979). Questa era anche la comprensione quasi bimillenaria di monaci contadini semi-alfabetizzati come san Silvano l'Athonita (+ 1938), di cui padre Sofronij era diventato uno dei discepoli prima di essere espulso dal Monte Athos dopo la seconda guerra mondiale.

Per il metropolita Antonij, la presentazione della sofferenza di Cristo sulla Croce è cattolico-romana, con la sua comprensione giudaica e legalistica di un Dio Padre feudale e adirato che chiede un sacrificio di sangue, e con il suo culto umanistico e morboso della sofferenza corporale e del sangue. Così, si impegnò nel suo energico combattimento contro ciò che chiamò "il monismo morale" della teoria giuridica della redenzione, spiegando la salvezza che proviene dall'amore di Cristo. Ciò che è importante nella storia della redenzione è il sacrificio d'amore di Cristo, che ha preceduto la Croce per tutta la vita di Cristo, culminando nel Getsemani [9] e poi sulla Croce e nella luce accecante della Risurrezione. Questo spiega l'enorme differenza nella comprensione della Croce tra la Chiesa e il Cattolicesimo romano. Per gli ortodossi in ogni momento la Croce è sempre stata il simbolo radioso della vittoria sulla morte, mentre per i cattolici romani è il simbolo morboso della morte e della sofferenza, motivo per cui i protestanti, come gli ebrei dell'antichità, lo hanno respinto.

Nel libro altamente intellettuale sulla comprensione della teologia ortodossa di padre Sofronij, compilato dal suo pronipote, si spiega che per padre Sofronij "l'evento del Getsemani non è da meno dell'evento della Croce nel momento redentivo". [10] L'autore spiega anche che per padre Sofronij il Getsemani era un sacrificio interiore e il Golgota era esteriore. Questo porta ancor più a fondo l'insegnamento del metropolita Antonij. Padre Sofronij aveva trovato conferma dell'espressione del metropolita Antonij del dogma ortodosso della Redenzione in san Silvano: "San Silvano suggeriva che la preghiera di Cristo nell'orto del Getsemani includesse l'intera razza umana da Adamo fino all'ultimo bambino nato da donna". [11] Padre Sofronij scrisse pure che "Cristo visse la tragedia di tutta l'umanità... prima della sa preghiera redentiva per tutta l'umanità nel Giardino". E ancora: "La preghiera di Cristo nel giardino del Getsemani è la più nobile di tutte le preghiere con la sua virtù e il suo potere di espiare i peccati del mondo" [12].

Qui è chiaro che padre Sofronij era stato illuminato da san Silvano, ma in seguito trovò la comprensione della sua illuminazione nelle opere del metropolita Antonij, che era già stato illuminato due generazioni prima di padre Sofronij attraverso la tradizione monastica in Russia. La fonte dell'illuminazione di tutti loro era unica e identica: la Tradizione della Chiesa, cioè lo Spirito Santo [13]. Cristo nel Getsemani era davvero "addolorato fino alla morte" (Mt 26:38), perché lì prese su di sé moralmente tutte le sofferenze dei 100 miliardi di membri dell'umanità da Adamo fino all'ultima persona nella storia, e così "sudò grumi di sangue " (Lc 22:44) [14]. Questa redenzione fu poi completata quando Cristo inchiodò i nostri peccati alla Croce, dove terribili sofferenze fisiche furono aggiunte all'immensa sofferenza morale, tale che la morte venne rapidamente, con grande stupore di Pilato (Mc 15;44). La nostra mente non può nemmeno cominciare a comprendere queste cose.

Note:

[1] Nel 1979 il defunto abate Misail di san Panteleimone mi offrì quel posto di bibliotecario, poiché nessuno aveva ancora occupato il posto lasciato vacante da padre Sofronij più di trent'anni prima.

[2] Gli intellettuali dall'estero vengono regolarmente alla chiesa di san Giovanni a Colchester, nell'Essex, alla ricerca di un certo "Essex", come se questo non fosse un'area di 1.300 miglia quadrate, ma un piccolo villaggio! È dubbio che più di poche centinaia del milione e 300.000 abitanti dell'Essex abbiano mai sentito parlare di "padre Sofronij".

[3] Per questa citazione e la decadenza di quell'epoca, si veda S. A. Nilus, Opera Omnia, Mosca 2002, vol. 4, pp. 811-812.

[4] A Parigi negli anni '70 mi fu detto che negli anni '30 c'erano dei "teologi" russi all'Istituto San Sergio che discutevano di teologia in latino. Questo era considerato un complimento! L'Istituto San Sergio ha purtroppo ereditato la decadenza filosofica e teorica delle Accademie pre-rivoluzionarie, che, purtroppo, ora sta facendo rivivere sia dentro che fuori la Russia. Si veda il mio articolo sulla "Teologia di Shanghai": http://www.events.orthodoxengland.org.uk/why-shanghai-theology-will-conquer-the-world/

[5] L'arcivescovo Teofane finì la sua vita nel 1940 in una grotta in Francia, pentendosi per aver ingannato ingenuamente Grigorij Rasputin, con una calunnia che aveva portato al suo sadico assassinio da parte di spie britanniche nel 1916 e poi al colpo di stato noto come "rivoluzione russa"; il suo pentimento mi fu raccontato in Francia negli anni '70 da coloro che lo avevano conosciuto.

[6] Traduzione inglese, 'The Moral Idea of the Main Dogmas of the Faith', Synaxis Press, Canada, 1984

[7] Traduzione inglese, Monastery Press, Montreal 1979

[8] Si veda specialmente il testo di san Giovanni "Per cosa pregava Cristo nell'orto del Getsemani" (apparso in russo in Church Life, n. 4, 1938), che appoggia pienamente l'insegnamento sulla redenzione del suo grande abba, il metropolita Antonij.

[9] Si veda la p. 113 di "The Moral Idea of the Main Dogmas of the Faith", Synaxis Press, Canada, seconda edizione, 2015.

[10] "I love therefore I am", St Vladimir's Press, Crestwood, 2002, pp. 176-77. In modo allarmante, la sovraccoperta di questo studio accademico piuttosto inaccessibile (che deve il suo titolo a un filosofo francese eterodosso!) afferma che "la teologia di padre Sophrony (sic!) trasmette il messaggio che il cristianesimo non è solo una disciplina accademica"!!! Questo vorrebbe dire che in realtà ci sono persone che immaginano che il cristianesimo sia una disciplina accademica?!

[11] https://www.johnsanidopoulos.com/2015/10/an-interview-with-elder-sophrony-about_8.html

[12] "His Life is Mine", pp. 39 e 91, Ristampa, Crestwood.

 [13] Ovviamente, qui ignoriamo le incomprensioni polemiche californiane quasi contemporanee (in particolare dell'allora recente convertito, lo ieromonaco Seraphim (Rose) in Orthodox Life del 1973, "On the New Interpretation of the Dogma of the Redemption", a cura del defunto Gleb Podmoshensky). Questa nuova interpretazione non era quella del metropolita Antonij, ma quella dello stesso padre Seaphim, che in qualche modo aveva immaginato che il metropolita Antonij avesse rifiutato la croce. Questo è stato poi ripetuto da alcuni a Crestwood, dove è stato pubblicato il libro sulla comprensione di padre Sofhronij della Tradizione ortodossa (!), dove si afferma che il metropolita Antonij era uno "stavroclasta" (!), cioè uno che ha rigettava la croce. Se ciò fosse vero, allora anche padre Sofronij era uno "stavroclasta"! Chiunque abbia visto il metropolita Antonij inchinarsi umilmente davanti alla Croce alla terza domenica di Quaresima o all'Esaltazione della Croce nella chiesa russa di Belgrado alla fine della sua vita (e io ho conosciuto persone che l'hanno visto), saprà che questo malinteso potrebbe essere diventato una calunnia per l'autogiustificazione di passioni personali. Se il metropolita Antonij era uno stavroclasta, lo erano anche san Nicola di Zhicha (che ben conosceva san Silvano l'Athonita) e i suoi amici san Giovanni di Shanghai e san Giustino di Chelije, padre Sofronij (Sakharov) e, se per questo, tutti i Padri della Chiesa! L'origine di tale incomprensione è nel condizionamento cattolico romano inerente alla "teologia" scolastica o accademica e al fraintendimento (purtroppo, talvolta deliberato) degli scritti del metropolita Antonij.

[14] Si veda in particolare Sant'Ilario di Poitiers, Sulla Trinità, libro X, sezione 36 e seguenti e le pp. 49, 113-114, 171, 174, 206 e 266 del sopra citato 'The Moral Idea of the Main Dogmas of the Faith', Synaxis Press, Canada, II ed., 2015.

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