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  Scoprire la verità: i copricapo e l'interpretazione biblica revisionista

dal blog di padre John Whiteford, 19 giugno 2017, e da Pravoslavie.ru, 23 giugno 2017

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Il blog impropriamente chiamato Public Orthodoxy, che spende la maggior parte delle sue energie ad attaccare la tradizione della Chiesa Ortodossa, ha recentemente pubblicato un articolo di Mark Arey, "Submission, Sexism, and Head Coverings" (Sottomissione, sessismo e copricapo), che cerca di minare alla base la millenaria tradizione ecclesiale di chiedere alle donne di coprirsi il capo in chiesa. L'articolo focalizza la sua attenzione su 1 Corinzi 11:2-16, il passo che fornisce la base scritturale di questa tradizione. Il fatto che è più notevole in questo articolo è che non cita un solo Padre della Chiesa a sostegno di una delle sue obiezioni alla pratica in questione – ovviamente perché non ce ne sono da poter citare a questo scopo. Ma oltre a non avere alcun sostegno da parte dei Padri della Chiesa, le interpretazioni presentate da Mark Arey hanno anche scarso sostegno da parte degli studi biblici protestanti.

L'argomento di Mark Arey in questo saggio corre lungo queste linee: prima argomenta che questo passo si focalizza solo sulle donne sposate. Poi afferma che quando san Paolo parla della necessità che una donna abbia "autorità sul suo capo a causa degli angeli", ciò significa che una donna deve avere autorità sul marito (che san Paolo chiama capo della moglie) in un senso analogo all'autorità reciproca che un marito e una moglie hanno sopra i corpi l'uno dell'altra nel matrimonio (1 Corinzi 7:3-4) e che in qualche modo gli angeli si compiacciono di vedere il mutuo equilibrio nella relazione paritaria di marito e moglie. Egli afferma inoltre che san Paolo non sta veramente chiedendo che tutte le donne (sposate o meno) indossino qualsiasi tipo di copricapo, purché abbiano i capelli lunghi, che egli ritiene un copricapo alternativo, secondo la sua lettura di questo passo.

Quindi, diamo qui un'occhiata più da vicino ai meriti della sua linea di ragionamento.

Le donne sposate, o tutte le donne?

Qui Mark Arey traduce la parola "donna" (in greco: γυνή, gynē, da cui viene la parola "ginecologia") come "moglie", senza tenere in alcun conto il fatto che questa è una scelta di traduzione altamente discutibile. Poche versioni fanno questa scelta: l'English Standard Version è un esempio eccezionale, ma la maggior parte (King James Version, Douay-Rheims, Revised Standard Version, New Revised Standard Version, New King James Version, New American Standard Bible, Contemporary English Version, ecc.) non lo fa. Anthony C. Thiselton, nel suo commento piuttosto esauriente su I Corinzi, riconosce che il rapporto marito e moglie è un aspetto importante del contesto di questo passaggio, ma afferma che nondimeno ciò "non giustifica la limitazione della traduzione di γυνή alla moglie (NRSV, NIV, REB, NJB) come se l'enfasi fosse esclusiva" (The New International Greek Testament Commentary: The First Epistle to the Corinthians, Grand Rapids, MI: Eerdmanns Publishing Company, 2000, p. 832).

Mark Arey cita un articolo che sostiene che andare in giro senza velo fosse un'abitudine ebraica per le donne non sposate e quindi cerca di sostenere la nozione che i copricapo fossero obbligatori solo per le donne sposate. Tuttavia, qualunque sia il suo ragionamento, è difficile vedere come questo argomento possa concordare con il suo argomento successivo, che i capelli lunghi possono servire da copertura al posto di un velo. Se è così, allora sta sostenendo che le donne non sposate di quei tempi avevano i capelli corti finché non si sposavano? Se tutto ciò di cui san Paolo era preoccupato era il fatto che le donne avessero i capelli lunghi, perché mettersi a menzionare i copricapo? Ed è davvero probabile che il problema della chiesa di Corinto fosse un gruppo di donne con un taglio maschile di capelli? Non sono a conoscenza di alcun commentario significativo che abbia pubblicato una tesi del genere.

Norme culturali greco-romane, oppure standard cristiani?

È stato spesso sostenuto che in questo passo san Paolo chiedeva semplicemente che le donne mantenessero le norme culturali del tempo e del luogo in cui scriveva, ma il punto della questione è che nella cultura romana e greca non era obbligatorio che le donne si coprissero il capo in pubblico o nelle funzioni religiose. I copricapo non erano certo sconosciuti, ma non ce n'era alcuna necessità culturale. Non ci sono neppure prove che solo le prostitute in quella cultura andassero a capo scoperto. Se si guardano le statue e i dipinti di donne dei greci e dei romani, si trovano sia capi coperti che scoperti. Non erano le norme culturali dei greci o dei romani pagani che san Paolo stava richiedendo, ma piuttosto le norme culturali del pio ordinamento ebraico dell'Antico Testamento, che egli istruiva le donne cristiane a seguire ovunque quando pregavano o profetizzavano. Va anche notato che non si dovrebbe supporre che i costumi ebraici prevalessero nel primo secolo, ma piuttosto guardare alle prove contemporanee di tale pratica. Per esempio, Tertulliano, un romano nord africano che viveva come tempo e pratica in una cultura molto vicina a quella di san Paolo, notava che le donne ebraiche si distinguevano dalla folla perché si coprivano il capo (De Corona 4, v. anche Theological Dictionary of the New Testament, Vol. 3, a cura di Gerhard Kittel, Grand Rapids, MI: Eerdmans Publishing, 1964-1976,, p. 562s), e così le prove effettive indicano un requisito specificamente cristiano, radicato nell'abitudine ebraica.

Ma come possiamo essere sicuri che san Paolo intendesse davvero dire che questo era qualcosa che si aspettava da tutte le donne cristiane, indipendentemente dalle norme culturali della loro società? Per cominciare, egli racchiude questo passo come tra parentesi, con due appelli alla tradizione della Chiesa. All'inizio dice: " Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse". E alla fine di questo passo, affrontando coloro che vogliono contestare questa tradizione, egli afferma nel verso 16: "Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio". La pratica universale della Chiesa (e anche di quei gruppi cristiani maggioritari che sono al di fuori della Chiesa ortodossa) prima che i Beatles apparissero all'Ed Sullivan Show era che le donne si coprissero il capo in chiesa. Io sono cresciuto in un contesto protestante evangelico, ma sono abbastanza vecchio da ricordare le vestigia di questa pratica quando ero ragazzo, anche tra gli "holy-rollers" non liturgici che osservavo. E così sappiamo che questo è ciò che voleva dire san Paolo, perché è così che due millenni di cristiani hanno capito ciò che intendeva dire. È solo a memoria dei viventi (ossia di chi è vissuto dopo la rivoluzione sessuale) che questo tema è improvvisamente diventato un problema per alcuni.

Qui potete vedere una scena del film del 1955 "A Man Called Peter", un film biografico sul ministro presbiteriano (allora) noto a livello nazionale, Peter Marshall. La scena raffigura una funzione in una chiesa negli anni '30 a Washington D.C., e noterete che ogni donna ha una qualche forma di copricapo.

Inoltre, possiamo osservare la nostra tradizione iconografica. È estremamente raro vedere un'icona che raffigura una donna matura senza un copricapo. Santa Maria Egiziaca e la nostra prima madre Eva sono gli unici esempi contrari che mi vengono in mente. Nel caso di santa Maria Egiziaca, questo è perché i vestiti che indossava nel deserto erano caduti a pezzi, e lei indossava solo il mantello monastico stracciato che gli era stato dato da san Zosima. Nel caso di Eva, costei è descritta prima della caduta, in modo da trasmettere il fatto che lei e suo marito "erano nudi e non ne provavano vergogna". E poi, dopo la caduta, è raffigurata con le foglie di fico di cui lei e Adamo si erano rivestiti, o con le tuniche di pelle date loro dal Signore. In entrambi i casi, le loro storie richiedono queste rappresentazioni. Oltre a questi, se esistessero altri esempi, sarebbero estremamente rari, e probabilmente sarebbero aberrazioni dalla tradizione iconografica generale.

Autorità sul capo?

La Bibbia di re Giacomo fornisce una traduzione molto letterale del versetto 10: [1]

"Per questa ragione la donna dovrebbe avere potere sul suo capo a causa degli angeli".

"διὰ τοῦτο ὀφείλει ἡ γυνὴ ἐξουσίαν ἔχειν ἐπὶ τῆς κεφαλῆς διὰ τοὺς ἀγγέλους."

La parola tradotta qui come "potere" (ἐξουσία) è solitamente riferita al potere di un'autorità. E la maggior parte delle traduzioni aggiunge alcune parole per chiarire il significato, per esempio:

"Per questa ragione la donna dovrebbe avere un segno di autorità sul suo capo a causa degli angeli".

Mark Arey rifiuta quest'aggiunta, perché la parola "segno" o "simbolo" non è presente in greco. Tuttavia, spesso quando si traduce da una lingua all'altra si devono aggiungere alcune parole che non sono letteralmente nell'originale per trasmettere l'effettivo senso di ciò che le altre parole (che sono nell'originale) significano in realtà nella loro particolare disposizione in un determinato contesto.

E per i cristiani ortodossi, se abbiamo dubbi sul significato di un testo come questo, il nostro primo ricorso dovrebbe essere ai Padri della Chiesa, e come osserva Thiselton,

"la maggior parte dei commentatori patristici non ha visto alcun problema nella comprensione di ἐξουσία in un senso attivo, come metonimo per un segno di potere. Crisostomo osserva: "Essere coperti è un segno di soggezione e di autorità" [san Giovanni Criostomo Omelia 26:5 su ICorinzi], e Teofilatto esplicitamente comprende il termine come segno metonimico del potere. Ireneo comprende qui il termine κάλυμμα [velo, Contro le eresie 1:8:2]" (Thiselton, p. 838).

A questi tre padri, potremmo aggiungere i seguenti esempi:

"Per autorità si riferiva alla copertura, come per dire: lasciate che mostri la sua sottomissione coprendo se stessa, e non di meno a causa degli angeli, che vigilano sugli esseri umani e ne hanno cura" (beato Teodoro di Ciro, Commentary on the Letters of St. Paul, Vol. 1, tr. Robert Charles Hill, Brookline, MA: Holy Cross Orthodox Press, 2001, p. 205).

"Il velo significa potere, e gli angeli sono vescovi, come si dice nella Rivelazione di Giovanni, dove, poiché sono uomini, sono criticati per non aver rimproverato il popolo, anche se pure il loro buon comportamento è lodato" (Ancient Christian Texts: Commentaries on Romans and 1-2 Corinthians, Ambrosiaster, tradotto e curato da Gerald L. Bray, Downers Grove, IL: Intervarsity Press, 2009, p. 143)

Inoltre penso che sia ovvio dire che nessun Padre della Chiesa ha mai considerato questo passo come se si riferisse a una moglie che ha autorità sul marito, perché se qualcuno lo avesse fatto, quelli che contestano la pratica tradizionale dei copricapo ci avrebbero avvisato di tali dichiarazioni da lungo tempo.

Dobbiamo anche chiederci perché, se di fatto san Paolo affermava l'eguaglianza della moglie e del marito nel versetto 10, avrebbe sentito la necessità di far seguire quel versetto con una dichiarazione che affermava quella stessa cosa, ma che inizia con "Tuttavia" (πλήν):

"Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio" (1 Corinzi 11:11-12).

Chiaramente, questi versetti sono destinati a bilanciare ciò che precede, cosa che sarebbe inutile se ciò che precede dicesse sostanzialmente la stessa cosa. Thiselton, riferendosi al commento di Gordon Fee con approvazione, scrive:

Fee giustamente osserva: "Con queste due serie di frasi, in ognuna delle quali donna e uomo sono in coppie equilibrate, Paolo qualifica l'argomento precedente". La forza di πλήν, "tuttavia", lo conferma (Thiselton, p. 842, enfasi nell'originale).

Ci sono alcuni commentatori protestanti che sostengono che quello che san Paolo dice qui è che una donna dovrebbe mantenere il potere sul suo capo indossando un velo e quindi o proteggersi dagli altri in pubblico (attraverso la sua modestia) o dagli angeli caduti, o da entrambi; e alcuni hanno sostenuto che il velo fosse un segno che una donna era abilitata a profetizzare (Thiselton, p. 837-841). Tuttavia, nessun commento protestante di qualsiasi rilevanza, per quanto ne so, ha mai tentato di presentare un'interpretazione remotamente simile a quella di Mark Arey.

L'idea che una moglie sia in qualche modo sotto l'autorità del marito non richiede un'affermazione che le donne siano inferiori agli uomini, più del fatto che Cristo si è sottomesso alla volontà del Padre suo implichi una disuguaglianza nella divinità. Commentando il significato del "capo" (κεφαλή) in questo passaggio, Thiselton osserva:

"Crisostomo è altamente sensibile alla multivalenza di κεφαλή in 1 Corinzi 11:3. Crisostomo è consapevole del fatto che un parallelo tra uomini/donne e Dio/Cristo non dovrebbe dare motivo agli "eretici" di sviluppare una cristologia di subordinazione. Il certi aspetti un capo denota una specie di primato, ma sia Dio e Cristo da un lato sia uomini e donne dall'altro condividono lo stesso modo di essere. "Se infatti Paolo avesse avuto intenzione di parlare di regole e di sottomissione ...non avrebbe fatto l'esempio di una donna (o di una moglie), ma piuttosto di uno schiavo e di un padrone... Una moglie (o una donna) è altrettanto libera, uguale in onore; a anche il Figlio, anche se si fece obbediente al Padre, era il Figlio di Dio; era come Dio "[Omelia 26: 3 su I Corinzi]. Crisostomo (a) riflette la nozione di Paolo che nel contesto dell'amore tra Dio e Cristo, o tra uomo e donna, l'obbedienza o la risposta è scelta, non imposta; e (b) riflette l'impegno a fare giustizia alla dualità o integrità traa differenza e "ordine" da un lato e reciprocità e reciproca dignità e rispetto dall'altro "(Thiselton, p. 818n).

Per saperne di più sul significato della frase "a causa degli angeli" in questo verso, si veda questo mio commento.

Copricapo o capelli lunghi?

Mark Arey conclude il suo saggio con l'affermazione che San Paolo non è veramente interessato a che alcuna donna, sposata o meno, in realtà indossi un copricapo in chiesa, perché San Paolo parla dei capelli lunghi della donna come copertura. Questa è un'interpretazione assolutamente assente nei Padri. Esiste una minuscola minoranza di protestanti che sostengono tali argomenti, ma ben pochi studiosi seri li fanno propri.

Il punto che san Paolo cerca di sottolineare è che è un peccato che una donna abbia il capo rasato – una punizione talvolta data a donne di cattiva reputazione, quindi è una vergogna per una donna non coprire il capo in chiesa. Qualsiasi altra lettura di questo passo rende senza senso tutto ciò che precede questo punto.

È particolarmente difficile capire come San Paolo potesse avere nella sua mente la nozione che i capelli lunghi sono la copertura che egli vuole che la donna indossi, quando dice:

"Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra" (1 Corinzi 11: 6).

Si dovrebbe credere che stia argomentando che se una donna ha i capelli corti, i suoi capelli dovrebbero essere tagliati corti... e già lo sarebbero. Inoltre è difficile immaginare come i capelli di una donna potessero crescere lunghi, se li tagliava, perché erano corti.

Conclusione

L'argomento più comune portato dai protestanti contemporanei, che cercano di evitare l'ovvio intento di questo passo, è quello di sostenere che san Paolo affronta semplicemente una questione culturale specifica e che il principio che opera in questo passo sarebbe solo quello di non usare la libertà cristiana per sfidare le norme culturali e le distinzioni di genere. N. T. Wright, nel suo commento su I Corinzi, evidentemente sente la debolezza di questo argomento. Dopo aver esposto tutte le ragioni per cui potrebbe essere stata una questione culturale specifica, scrive "Qui c'è un sacco di "forse" (Paul for Everyone: 1 Corinthians, Louisville, KY: Westminster John Knox Press, 2003, p. 140). Poi aggiunge ancora qualche altro "forse", e poi dice:

"Il problema è, ovviamente, che Paolo non dice esattamente questo, e noi rischiamo di" 'spiegarlo' in termini che potrebbero (forse) avere senso per noi ignorando ciò che egli stesso dice" (Ibid, 141) .

Forse, poiché NT Wright è un protestante, noi possiamo essere indulgenti se cerca di accostarsi a questo testo in tal modo, ignorando la storia dell'interpretazione del testo a favore di una che favorisca le sensibilità protestanti contemporanee, ma Mark Arey dovrebbe saperla più lunga.

Su quale base Mark Arey presenta le sue nuove interpretazioni come se fossero la corretta comprensione ortodossa di questo passaggio? Certamente non sulla base dei Padri. Certamente non sulla base di come la Chiesa ha sempre capito questo passo. E non può davvero sostenere di avere molto sostegno per le sue vedute su questo testo negli studi biblici protestanti.

Nel servizio per la ricezione dei convertiti provenienti da altri gruppi cristiani eterodossi, una delle domande fatte al convertito prima di riceverlo è:

"Riconosci che le Sacre Scritture devono essere accettate e interpretate secondo la fede che è stata tramandata dai santi Padri e che la nostra madre, la santa Chiesa ortodossa, ha sempre sostenuto e ancora sostiene?"

La risposta corretta a questa domanda per un credente cristiano ortodosso è "sì", non "no".

Nota

[1] La King James Version, pur fornendo una traduzione molto letterale di questo verso, ha anche una nota a margine che dice: "cioè, una copertura, per segnalare che è sotto il potere del marito".

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