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  Una difesa biblica delle icone

di Jay Dyer

dal blog The Soul of the East

26 agosto 2016

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Nell 'immagine: icona del VII concilio ecumenico

L'accusa standard del protestantesimo classico è che l'Ortodossia è "idolatra" a causa della tradizione di venerare icone, immagini, reliquie e santuari. Se l'Ortodossia pensasse che questi canali di grazia sacramentale fossero idoli magici, sarebbe un'accusa valida. In realtà, come ho sostenuto trattando i pensatori islamici ed ebrei, ciò che noi chiamiamo il principio "dell'incarnazione" è qualcosa a cui aderiscono tutte le religioni monoteiste, anche se in modo incoerente. Per esempio, nel giudaismo ha imperversato a volte il dibattito sul fatto che la Torah o varie manifestazioni temporali del divino siano di fato la divinità che si manifesta. La riverenza che gli ebrei hanno per le pagine della Torah indica questo stesso principio. Per l'islam il concetto è simile, visti i dibattiti classici se le parole di Allah nel Corano sono eterne. Per entrambe le fedi, così come per la nostra, la questione teologica ha il suo centro intorno alla relazione di Dio con l'ordine creato, il tempo e lo spazio.

Per il protestantesimo, tuttavia, i problemi sono ancora più confusi, perché i protestanti confessano storicamente la convinzione che Dio si è fatto uomo nell'Incarnazione, ma a causa dei loro vari pregiudizi e presupposti filosofici, non riescono a vedere le implicazioni di questa dottrina. Per esempio, l'incarnazione del Logos significa che l'intero ordine creato è rinnovato, come descritto in Romani 8. L'umanità di Cristo è di carattere universale, e costituisce la base metafisica per la risurrezione di tutti gli uomini (1 Cor 15). Tutte le cose sono rese nuove nella ricapitolazione di Cristo, mentre tutta la creazione attende la promessa della divinizzazione (Col 1) pienamente realizzata nell'ultimo giorno e nello stato eterno. La risposta al giudaismo e all'islam è simile qui – se Dio può creare, e se Dio può comunicare in qualche modo sacramentalmente attraverso l'ordine creato con segni, parole, simboli ed eventi, allora Dio può anche diventare incarnato.

Tuttavia, la ragione biblica per le immagini sacre è travolgente quando si prende quanto sopra in considerazione. Inoltre, per coloro che nel cristianesimo rispettano la tradizione, la questione è stata risolta dal settimo Concilio ecumenico (Nicea II, nel 787), a cui molti protestanti sostengono di aderire (anche se in realtà non lo fanno per nulla).

Nicea II ha basato la sua argomentazione sugli scritti e sulle argomentazioni dei santi Teodoro Studita, Germano di Costantinopoli, e Giovanni di Damasco. Il famoso trattato di san Giovanni di Damasco In difesa delle sante icone è la base generale per gli argomenti che seguono. Vorrei anche includere alcune citazioni da vari Padri che hanno difeso le immagini:

L'argomento contro le icone e le immagini è quasi esclusivamente di un tipo: la posizione protestante è il secondo comandamento. I protestanti sostengono che non devono essere fatte immagini fatte di Dio, o di qualsiasi cosa in cielo o in terra, in base alla lettera del testo. In risposta a quest'accusa, è importante notare che la posizione protestante è piuttosto incoerente e impossibile. In primo luogo, la formulazione letterale del Comando vieta tutte le realizzazioni di eventuali immagini di qualsiasi cosa in cielo, terra, mare, ecc. Il famoso teologo riformato Charles Hodge, per esempio, parla di un suo collega riformato a Princeton, che rifiutava anche di utilizzare mappe che raffiguravano cose come montagne, laghi, ecc. Questo è almeno un tentativo di essere coerente nella realizzazione della posizione protestante, ma deve essere preso in giro per il suo infantilismo.

Due punti confutano questa posizione: il comandamento menziona specificamente cielo, terra, mare, ecc. Dio sta specificamente contrastando il tipo di culto che gli israeliti incontravano presso i loro vicini pagani come l'Egitto, Babilonia, la Filistea, Canaan, ecc. In altre parole, "cieli" significa l'astrologia, "terra" significa l'animismo e il culto della natura, e "mare" significa varie forme di idolatria acquatica, come il culto del Nilo. Dio non inveisce contro il male insito di un'immagine, ma contro le pratiche dei vicini d'Israele, che comprendevano una forma sopra descritta o tutte quante. Siamo in grado di dare un'ulteriormente prova con il secondo punto: Dio stesso comanda che molte immagini sacre siano posizionate all'interno del Santo dei Santi. 1 Re 6 descrive quanto fosse ornato all'interno il santo dei santi, pieno di immagini di cherubini e serafini, e naturalmente l'arca in sé aveva due enormi cherubini d'oro sul suo coperchio. Se le immagini fossero intrinsecamente malvagie, il tabernacolo / tempio non ne sarebbe pieno. Così, il secondo comandamento non può significare una proibizione assoluta di immagini religiose. Si proibisce l'idolatria pagana, e chiaramente il culto del tempio, che aveva immagini, non era idolatria.

Proseguendo su questa stessa linea, quando gli israeliti erano nel deserto ed erano morsi dai serpenti, Dio comandò a Mosè di fare l'immagine di un serpente di bronzo e metterlo su un palo e tutto Israele fu chiamato a guardare con fede a quest'immagine. Questo è raccontato in Numeri 21. Ancora una volta, questa è chiaramente un'immagine religiosa perché Gesù la spiega come un tipo mistico della sua crocifissione in Giovanni 3:14-15. Tutti coloro che guarderanno alla sua santa Croce saranno salvati dal morso del vero serpente, il diavolo. Nella teologia cristiana questo è chiamato tipologia, dove l'evento storico indica in precedenza un adempimento successivo: Abbiamo qui una rivendicazione dell'immagine del crocifisso. Questo è anche il motivo per cui san Paolo vede nella croce di Cristo (cfr Colossesi 2:13-15) il potere di disarmare la gerarchia diabolica degli angeli caduti e perché tali croci sono utilizzate negli esorcismi.

La Bibbia stessa è piena è simbolismo, che è semplicemente un'altra forma di utilizzo delle immagini sopra menzionate. Così, lo Spirito Santo appare in forma di colomba al battesimo di Cristo, e nel testo, una colomba è legittimamente utilizzata come immagine dello Spirito Santo. L'agnello pasquale è l'immagine di Cristo come vera e definitiva Pasqua. Dio si presenta a noi nella Scrittura anche attraverso una varietà di immagini o icone. I padri umani, per esempio, sono una debole immagine del nostro Padre celeste. St. Paolo, in Colossesi 1:15, dice che Cristo è l'immagine (in greco è "ikon") del Dio invisibile. Di fatto, gli ebrei erano infuriati per l'affermazione della divinità di Cristo, un'affermazione che ha provocato questo stesso zelo erroneo contro le immagini sacre. Come poteva il Signore invisibile essere incarnato in un'immagine umana? Per i farisei, questa era idolatria. Al contrario, la visione ortodossa dà il dovuto onore all'Incarnazione, riconoscendo la validità e la natura santa delle immagini come parte integrante dell'Incarnazione, e questo fu il ragionamento di Nicea II.

Alcuni protestanti possono accettare la validità delle immagini, ma negano la riverenza data a loro come idolatria. La Scrittura, dunque, fornisce qualche garanzia per riverire qualcosa di creato? Tutte le fedi monoteiste sono d'accordo che l'adorazione deve essere riservata solo a Dio. Ma per quanto riguarda la venerazione, o come greci e latini la chiamavano, la dulia? È lecito offrire un omaggio, una reverenza, anche una prosternazione a una qualsiasi cosa/immagine creata? La risposta biblica è sì, dal momento che vediamo più volte nella Scrittura uomini che occupano posizioni di autorità e che sono riveriti. Per esempio Giuseppe, come governante in Egitto, merita l'omaggio dei suoi fratelli e sorelle, e così essi "si prosternarono davanti a lui con la faccia a terra" (Genesi 42:7). La compagnia dei profeti del Signore si inchinò davanti a Elia in segno di riverenza in 2 Re 2:15. Sicuramente, se fosse intrinsecamente sbagliato inchinarsi davanti a una cosa creata (e Giuseppe ed Elia sono stati creati), essi stessi avrebbero rimproverato chi lo faceva. Ci sono numerosi esempi di questo nella Scrittura. San Paul dice di dare "onore a chi l'onore è dovuto" (Romani 13:7), e se a qualcuno è dovuto onore, questi sono i santi e le loro reliquie.

In Atti 19:11-12, tovaglie e fazzoletti sono toccati da san Paolo, e vengono poi posti sui posseduti, con la conseguente fuga degli spiriti da tali "reliquie". Allo stesso modo, la donna con un flusso di sangue tocca l'orlo della veste di Gesù e "una forza esce da lui" per guarirla. Le ossa di Eliseo risuscitano perfino un soldato morto (2 Re 13). Questi esempi mostrano l'intero principio alla base delle reliquie. Le cose, la materia, gli oggetti possono essere consacrati / santificati per tali scopi e diventare canali delle energie divine. Lo vediamo anche in azione quando Gesù sputa nella sabbia e impasta argilla, mettendola sugli occhi del cieco per guarirlo. Gesù avrebbe potuto semplicemente dire una parola e guarire l'uomo, ma in questo caso ha volutamente scelto di utilizzare del fango, un oggetto, per fare il miracolo. Questo principio dell'incarnazione è lo stesso pensiero che sta dietro ai sacramenti.

Allo stesso modo, ai tempio dell'Antico Testamento, si parlava spesso di certe località come sante, come per esempio il Monte Sinai, il tempio, ecc. Contrariamente al protestantesimo, questa pratica non è respinta nel Nuovo Testamento: In Giovanni 5, c'è una piscina dove un angelo agita l'acqua e il primo a entrare nella piscina guarisce. Questo continuato nel principio ortodosso ce sta dietro ai santuari e alle icone guaritrici. In 2 Pietro 1:16-18, san Pietro chiama "monte santo" la montagna dove ha assistito alla Trasfigurazione e alla luce delle energie divine. Così, anche nel Nuovo Testamento, il principio dei luoghi santi non è abolito.

Anche la visione patristica è molto chiara:

"Noi non rendiamo culto, noi non adoriamo [non colimus, non adoramus], per timore di inchinarci alla creatura invece che al Creatore, ma veneriamo [honoramus] le reliquie dei martiri per meglio adorare colui del quale sono i martiri". Contro Ripario

- san Gerolamo

"Non consideriamo in alcun modo i santi martiri come dei, né siamo soliti inchinarci davanti a loro in adorazione, ma solo in modo relativo e reverenziale [ou latreutikos alla schetikos kai timetikos]". Contro Giuliano

- san Cirillo di Alessandria

E il beato Agostino, Contro Fausto il manicheo:

"Noi, la comunità cristiana, ci riuniamo per celebrare la memoria dei martiri con solennità rituale perché vogliamo essere ispirati a seguire il loro esempio, condividere i loro meriti, ed essere aiutati dalle loro preghiere. Eppure non erigiamo altari ad alcun martire, neanche nelle cappelle sepolcrali dei martiri stessi".

 "Nessun vescovo, quando celebra ad un altare in cui questi corpi santi riposano, ha mai detto, "Pietro, facciamo questa offerta a te", oppure "Paolo, a te", oppure "Cipriano, a te". No, ciò che viene offerto è offerto sempre a Dio, che ha coronato i martiri. Lo offriamo nelle cappelle dove riposano i corpi di coloro che egli ha coronato, in modo che i ricordi legati a quei luoghi possano suscitare le nostre emozioni e incoraggiarci a un amore più grande, sia per i martiri che possiamo imitare, sia per Dio, la cui grazia ci permette di farlo.

Così noi veneriamo i martiri con lo stesso culto di amore e di fraternità che diamo ai santi uomini di Dio che sono ancora con noi. Percepiamo che i cuori di questi ultimi sono altrettanto pronti a soffrire la morte per la causa del Vangelo, e tuttavia sentiamo ancor più la devozione nei confronti di coloro che sono già emersi vittoriosi dalla lotta. Onoriamo coloro che lottano sul campo di battaglia di questa vita qui sotto, ma onoriamo con più fiducia coloro che hanno già raggiunto la corona del vincitore e vivono in cielo.

Ma la venerazione rigorosamente chiamata "adorazione", o latria, cioè, l'omaggio speciale che appartiene solo alla divinità, è qualcosa che diamo a Dio solo e insegniamo agli altri a fare altrettanto. L'offerta di un sacrificio appartiene all'adorazione in questo senso (è per questo che coloro che sacrificano agli idoli sono chiamati idolatri), e noi non facciamo né diciamo ad altri di fare una qualsiasi offerta simile a qualsiasi martire, anima santa o angelo. Se qualcuno di noi cade in questo errore, è corretto con parole di sana dottrina e quindi deve o riparare le sue vie oppure essere evitato.

I santi stessi proibiscono a chiunque di offrire loro il culto che sanno essere riservato a Dio, come emerge dal caso di Paolo e Barnaba. Quando i licaoni erano così stupiti dai loro miracoli da volere sacrificare a loro come dei, gli apostoli si stracciarono le vesti, dichiararono di non essere dei, esortarono la gente a credere a loro, e proibirono di adorarli.

Eppure, le verità che insegniamo sono una cosa, gli abusi imposti su di noi sono un altro. Ci sono i comandamenti che siamo obbligati a dare; ci sono le loro violazioni che ci viene comandato di correggere, ma fino a quando non le correggiamo dobbiamo necessariamente convivere con loro".

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