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  "Il Signore degli Anelli" e il cristianesimo

Jurij Maksimov

27 gennaio 2003

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La versione cinematografica della famosa trilogia di Tolkien ha fatto scoppiare l'interesse per il retaggio del celebre scrittore inglese.

Dal momento che non tutti quelli che hanno sentito parlare di questo libro hanno trovato il tempo di leggerlo, ricordiamo in breve i contenuti dell'opera. Questo libro descrive uno degli episodi storici di un fantastico "mondo pre-storico" abitato da una varietà di creature – elfi, stregoni, esseri umani, nani, hobbit, orchi, ecc. Il Signore Oscuro – Sauron – sta cercando di soggiogare a se stesso tutto il mondo, gettandolo nel caos e nella violenza, distruggendo tutto ciò che è buono e bello. Sta combattendo una guerra, ma per la vittoria finale ha bisogno di ottenere l'anello magico posseduto per caso dallo hobbit Frodo. L'obiettivo di Frodo è di evitare che l'anello cada nelle mani di Sauron o di qualcun altro (compreso lui stesso), perché in quest'ultimo caso il nuovo proprietario cadrebbe sotto il potere del male e diventerebbe un altro Signore Oscuro. L'unica cosa che resta da fare è di penetrare nel profondo del regno di Sauron e gettare l'anello nei fuochi della montagna dove un tempo era stato forgiato – al fine di distruggerlo per sempre.

Il mondo non può essere salvato senza la partecipazione del mondo stesso – tutte le creature sono coinvolte nella battaglia, ma il suo risultato dipende dal successo o dall'insuccesso della missione di Frodo. Questi penetra nella montagna segreta insieme al suo compagno di viaggio di Sam, ma non riesce a sopportare la tentazione; infine, per una felice coincidenza, l'anello cade nei fuochi della montagna.

"Il Signore degli Anelli" si è rivelato un notevole evento culturale della seconda metà del XX secolo, sia per il suo valore artistico sia per la sua influenza sulle menti di non una sola generazione. Non è sfuggito all'attenzione dei lettori ortodossi. Già quando apparve il libro sorsero controversie sul suo significato religioso, con opinioni diverse, anche opposte, e dopo che è stata pubblicata la sceneggiatura della trilogia queste dispute si sono riaccese di nuovo.

Tenendo conto di ciò, e senza avere in alcun modo aspirazioni a produrre qualche opinione nuova o conclusiva sul tolkienesimo, vorrei condividere alcune riflessioni su questo libro, da "lettore comune", e nulla di più.

È ben noto che Tolkien come pensatore e scrittore ha avuto una serie di idee dubbie dal punto di vista del cristianesimo. Il concetto gnostico della creazione presentato nel "Silmarillion" è uno degli esempi. Ma qui non ci mettiamo a valutare tutte le opere di John Ronald Reuel Tolkien, ma vogliamo solo parlare della relazione della sua opera principale con il cristianesimo.

Che cos'è "Il Signore degli Anelli"? "Un'omelia cristiana nascosta" (Maria Kamenkovich, Trojan Horse) o "racconti intrisi di paganesimo e occultismo ben nascosto"(Roman Jolud, Talks around Tolkien)?

Queste due visioni estreme appaiono a un lettore cristiano come due tentazioni intercambiabili durante la lettura. Per ognuna riusciamo a trovare motivi sufficienti nel testo, ma nessuna può essere accettata senza serie riserve.

A nostro parere c'è un altro modo più proficuo: considerare ciò che esiste nel libro, piuttosto che quello che dovrebbe esistere.

E in realtà, sono presenti entrambe le tentazioni. Ebbene, da un lato sarebbe molto strano se nell'opera meticolosamente creata per anni da una persona che si considerava un sincero cristiano non ci fosse nulla di cristiano. D'altra parte non vale neppure la pena aspettarsi visioni puramente dogmatiche al cento per cento da uno scrittore occidentale laico del XX secolo. Così nell'opera di Tolkien ci sono punti di vista vicini e remoti rispetto al cristianesimo. Cominciamo con questi ultimi.

Il primo problema è che emotivamente nel libro il male si presenta molto più vividamente del bene e quindi è più attraente. In sostanza, il male nel libro sembra ed è un potere molto più significativo. È quasi onnipotente, non vi si può sfuggire, non c'è riparo da esso. Dicono che l'amico di Tolkien, C. S. Lewis, avendo finito di leggere la metà de "Il Signore degli Anelli" lo abbia gettato via dicendo: "Non si può scrivere per così tanto sul male" (Tuttavia, abbiamo sentito un'altra versione, secondo la quale Tolkien stesso, dopo aver letto la metà di "Le lettere di Berlicche" di Lewis, le gettò via con le stesse parole). Per potere e grandezza non c'è alternativa alla personalità di Sauron nel mondo de "Il Signore degli Anelli". Ed è difficile considerare tale visione del mondo come cristiana.

Il problema successivo è che in generale la vita di tutte le creature di Tolkien (elfi, nani, umani, hobbit, ecc.) sembra piuttosto insensata. Lottano eroicamente, con descrizioni molto vivide e mozzafiato, ma tutti sognano una vita pacifica, lottano per essa e muoiono. Nella loro lotta c'è un senso, ma la vita tranquilla come loro scopo sembra estremamente pallida e senza senso, come una vecchia foto sbiadita attaccata sulla parete. Creando il suo mondo "prima di Cristo", Tolkien ha creato un mondo "senza Cristo" e per un cristiano è piuttosto oneroso immergersi in questo mondo, anche se non nella misura di altri autori di fantasy, per esempio Tad Williams, con la sua aperta parodia del cristianesimo.

Ora, passando a rilevare i pensieri cristiani ne "Il Signore degli Anelli", ricordiamo che non prenderemo in considerazione in generale i momenti buoni e positivi, ma solo quelli che possono essere chiaramente specificati come cristiani e non "umanistici".

Innanzitutto, è cristiana l'idea principale del libro. L'anello è l'allegoria del male, o del peccato. E si può sconfiggerlo rifiutandolo personalmente. L'idea principale della trilogia è senza dubbio cristiana, e contraddice tutte le tradizioni fantasy dopo Tolkien. Il male non può mai essere utilizzato per il bene. Se lo si utilizza si cade sotto il suo potere, e questo non fa che moltiplicare il male generale nel mondo.

E se seguiamo il contenuto del libro si vedrà che non solo l'idea è cristiana, ma anche il suo sviluppo. Frodo non può, alla fine, superare il desiderio di possedere, e resistere al potere dell'anello, il male. Gli esseri umani non hanno la forza di respingere il peccato in sé. E il bene vince come se fosse per un caso fortunato. Ma per chi appartiene alla cultura cristiana (per i quali Tolkien scrisse i suoi libri), va da sé che non esiste il caso, ma solo la Provvidenza di Dio. Per coloro che non lo capiscono, lo si dice nel libro con le parole di Gandalf: "Era stato preparato per lui..." Ma da chi?

Rispondendo a questa domanda dobbiamo ritornare alle prime righe del libro – il suo titolo. Chi è il Signore degli Anelli? A chi è dedicata l'intera opera? E 'evidente che non è Frodo, né alcuno dei saggi, e nemmeno Sauron – perché nessuno di loro ha mai posseduto tutti gli anelli magici. E ulteriori riflessioni ci danno l'unica risposta: il Maestro, o, più precisamente, il Signore, degli Anelli è Colui che li ha sempre posseduti, in quanto Egli possiede tutto, senza essere posseduto da nulla.

Il prossimo profondo pensiero cristiano nel libro è l'atteggiamento verso i nemici. Gli orchi, in modo invisibile a tutti, sono elfi, che erano le più belle di tutte le creature nel mondo di Tolkien, ma sono stati mutilati dal male. Seminando orrore ovunque, vi sono i migliori campioni del genere umano che meritavano di diventare portatori dell'Anello, ma non hanno vinto la tentazione del male e sono stati catturati dal potere del Signore Oscuro. Saruman, l'anziamo caduto, era uno dei più saggi. Tolkien insegna a vedere il nemico alla luce della sua tragedia personale e attraverso questo modo ci avvicina all'atteggiamento sempre possibile verso il nemico: la compassione. Nella trilogia si sottolinea più volte l'idea che la vittoria finale del bene sul male è diventata possibile grazie al gesto di misericordia fatto da Bilbo verso il suo nemico.

Ma Tolkien non si limita a ricordare che il cattivo ha una preistoria nella sua caduta. Il nemico può provare pentimento e cambiare. L'esempio più lampante nel libro è Gollum, lo stesso accade per Grima, ma ancor più profondamente si è esprime nel corso dell'ultimo colloquio con Saruman, quando Frodo, impedendo al suo amico di uccidere il mago caduto, dice: "No, Sam! Comunque non lo dovremmo uccidere! Tanto più perché giace in un male nero Una volta era un grande, è uno di quelli contro i quali non abbiamo il diritto di alzare la mano. Ora è caduto ora ma non sta a noi giudicarlo: chi lo sa, può darsi che tornerà a essere un grande di nuovo..."

E il merito del grande Tolkien è che nel suo libro ha spiegato con un linguaggio artistico comprensibile ai contemporanei uno dei comandamenti di Cristo più difficili da comprendere: l'amore verso i nemici. E non solo lo ha spiegato, ma ha rivelato la sua grandezza e saggezza.

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