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  OLTR - editoriale di aprile 2015: Un nuovo ordine nell'arcivescovado

di Séraphin Rehbinder, presidente dell'OLTR

dal sito dell'OLTR

3 aprile 2015

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Un nuovo ordine nell'arcivescovado delle chiese ortodosse russe in Europa occidentale (esarcato del patriarca di Costantinopoli)

Il caos che si manifesta attualmente nell'arcivescovado è davvero toccante. Alcuni membri non capiscono cosa succede loro sotto l'autorità di un nuovo, severo arcivescovo, di cui hanno percepito apertamente, più volte, il carattere forte. Il problema sembra essere più esteso: l'arcivescovo, apparentemente sostenuto dal suo patriarca, agli occhi di questi membri presi alla sprovvista, sembra voler distruggere tutto il "capitale" accumulato dall'arcivescovado nella sua storia, e che essi si sforzavano di proteggere contro il presunto autoritarismo del patriarcato di Mosca.

Leggendo commenti pubblicati qua e là, a volte aggressivi oppure offensivi, si capisce che nella mente di molti membri dell'arcivescovado, il capitale era composto da una certa "conciliarità" nel funzionamento delle autorità della Chiesa e nella fedeltà alle prescrizioni del concilio di Mosca degli anni 1917/1918. Queste due caratteristiche dovevano dare all'arcivescovado qualche "superiorità" o "progresso" nei confronti degli altri ortodossi.

Vale la pena di chiedersi, però, se questa "conciliarità" (la scelta di questa traduzione è piuttosto sbagliata) non debba essere solo una co-gestione di quest'entità ecclesiale tra la gerarchia e i laici. Il vescovo co-gestisce la diocesi con il consiglio diocesano, il rettore co-gestisce la parrocchia con il consiglio parrocchiale. Monsignor Gabriel ha detto più volte: "io non posso prendere alcuna misura, perché il mio consiglio si oppone". Una frase del genere ha risvolti scioccanti. Il vescovo deve adottare le misure che ritiene necessarie perché è consacrato a tale scopo da parte della Chiesa.

Peraltro, non va dimenticato che il concilio di Mosca non è giunto a compimento. Per di più, erano sorte al suo interno, soprattutto prima dell'aggravarsi delle persecuzioni, tendenze devianti che intendevano introdurre una certa democrazia nella Chiesa. Certamente, queste deviazioni furono superate quando i tempi diventarono più difficili. Esse riemersero, tuttavia, con maggior forza, tra i cosiddetti "rinnovatori" e tra quelli che si consideravano come l'effimera "Chiesa vivente". Ma soprattutto, la ricezione di questo concilio fu sospesa durante il periodo sovietico. Questa ricezione, che dà attuazione alle decisioni di un concilio, non ha potuto iniziare che recentemente, ed è attualmente in corso nel patriarcato di Mosca. È quindi prematuro, per una minuscola comunità ecclesiale, avvalersi di tali decisioni e opporle alla sua gerarchia, perché tali decisioni non sono ancora state ricevute dalla Chiesa, in questo caso dalla Chiesa russa e, a fortiori, dalla Chiesa di Costantinopoli.

Ricordiamo, a buona ragione, che proprio la decisione più simbolica e meglio ricevuta dal concilio di Mosca è la restaurazione del Patriarcato e del posto dell'episcopato, finora soggetti alle autorità civili. Ricordiamo la testimonianza di mons. Evlogij che deplorava la lotta di alcuni membri del concilio, descritti come liberali, che si opponevano a tale provvedimento chiave di questo concilio.

Non va dimenticato che la bella unanimità che sembra attualmente regnate nell'arcivescovado è dovuta al fatto che tutti coloro che non condividevano le opinioni dei suoi attivisti sono stati semplicemente cacciati di tutte le istanze, quand'anche non scomunicati, misura del tutto inadatta, per non dire altro.

Infine, un altro problema risiede in una certa volontà di indipendenza. Monsignor Gabriel aveva affermato che l'arcivescovado "non aveva alcuna chiesa madre": parole pericolose che potrebbero portare al settarismo, perché potrebbero voler dire che l'arcivescovado è indipendente da ogni Chiesa locale tradizionale, e che è meramente "protetto" dal patriarcato di Costantinopoli.

Sembra che l'attuale arcivescovo sia, invece, molto consapevole della sua responsabilità di una diocesi che è ormai sotto la sua direzione spirituale e che intende ristabilire la sua tradizione ortodossa. È questa la missione in cui apparentemente si è impegnato il nuovo arcivescovo, e che compie con zelo, anche se a volte si desidererebbe da parte sua un atteggiamento di maggiore dolcezza verso il suo gregge disorientato.

Certo, non è facile, quando si è a lungo vissuti con certe abitudini, vedere nuovamente messe in discussione. Ma non possiamo che consigliare i membri dell'arcivescovado di riflettere sulle motivazioni più profonde della Chiesa a cui sono affidati. Per l'OLTR sarebbe stato più opportuno ritornare al patriarcato di Mosca, che senza dubbio avrebbe manifestato maggior comprensione. Certo, nella storia della Chiesa ortodossa si sono visti casi in cui una sola persona, con la forza delle sue convinzioni, ha potuto riportare all'Ortodossia interi gruppi di cristiani. Ma quante comunità sono cadute in uno scisma mentre erano convinte di difendere la verità...

Aprile 2015 - In occasione del dodicesimo anniversario dell'appello del patriarca Alessio II

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