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  Una risposta ortodossa a Giovanni Calvino sulle icone: le icone e l’idolatria

di Gabe Martini

da Pravoslavie.ru

6 dicembre 2014

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Le raffigurazioni religiose sono tutte idolatria? Questa è una domanda che affliggeva l'impero romano verso la fine dell'ottavo secolo, e di nuovo nel nono.

E anche se i nostri antenati patristici hanno senza dubbio considerato che questa avversione per l'iconografia era stata regolata una volta per tutte – come si celebra molto acutamente nella Domenica dell'Ortodossia all'inizio della Grande Quaresima – lo spirito aniconico ha sollevato di nuovo la sua brutta testa nella Riforma protestante.

Nel mio primo articolo su questo argomento, ho brevemente esaminato la retorica della Riforma e come questo stile retorico sia stato utilizzato per influenzare la gente comune in materia di opere d'arte spirituale: reliquie, icone, croci, manoscritti miniati del Vangelo, e così via. E mentre non tutti i riformatori hanno la stessa posizione su tale questione, coloro che adottano le nozioni neo-iconoclaste degli eretici del passato dipendono in gran parte dalle argomentazioni esposte da Giovanni Calvino.

Per Calvino, non solo la venerazione delle icone e di altre reliquie religiose era proibita, ma anche la loro stessa esistenza e la loro collocazione nelle chiese e nelle case dei fedeli cristiani. I suoi argomenti poggiano su due presupposti di base: (1) Tutte le immagini di Dio o degli dèi sono idoli, e (2) Le immagini cristiane sono quindi indistinguibili dagli idoli pagani.

Diamo un'occhiata più da vicino.

Tutte le immagini di Dio sono idoli

Come detto nel primo articolo, l'undicesimo capitolo del primo libro dell'Istituzione della religione cristiana è dove Calvino affronta direttamente il tema delle immagini religiose.

Egli inizia la sua discussione spiegando come le Scritture distinguono "il vero Dio dal falso" contrastandolo con gli "idoli" (1.11.1). Da questo punto di vista, anche le immagini o statue che vogliono rappresentare l'unico vero Dio sono idoli, perché erigono qualcosa di diverso da Dio per dirigere il culto dell'umanità:

La gloria di Dio è corrotta da un'empia menzogna ogni qualvolta gli si accosta una qualsiasi forma. Pertanto, nella legge, dopo aver rivendicato solo per sé la gloria della divinità, quando volle insegnare quale culto approva o ripudia, Dio aggiunge presto, "Non ti farai alcun idolo né immagine". Con queste parole egli trattiene la nostra caparbietà dal tentativo di rappresentarlo per mezzo di qualsiasi immagine visibile, ed enumera brevemente tutte quelle forme con cui la superstizione molto tempo fa ha cominciato a trasformare la sua verità in menzogna. (1.11.1)

E ancora:

Senza eccezione ripudia tutte le somiglianze, le immagini e gli altri segni con cui i superstiziosi hanno pensato che sarà vicino a loro. (1.11.1)

Al di là delle mere rappresentazioni stesse, Calvino chiarisce che venerare o rendere culto a questi oggetti è sia superstizioso sia proibito dalla Scrittura:

Quando vi prosternate in venerazione, rappresentandovi in un'immagine o un dio o una creatura, siete già intrappolati in qualche superstizione. Per questo motivo, il Signore ha proibito non solo la costruzione di statue costruite per rappresentare se stesso, ma anche la consacrazione di iscrizioni e pietre che avrebbero invitato l'adorazione. (1.11.9)

E ancora:

Perché si prosternano davanti a queste cose? Perché, quando stanno per pregare, si rivolgono a loro come se fossero le orecchie di Dio? In effetti, ciò che dice Agostino è vero, che nessuno che guarda così un'immagine prega o adora senza essere influenzato, pensando di essere udito da essa, o spera che tutto ciò che desidera sarà conferito su di lui. (1.11.10)

Per riassumere, Calvino sostiene che rappresentare Dio in qualsiasi modo (dargli una "forma") significa sminuire la gloria di Dio. Creando un intermediario, sostituiamo Dio e la sua gloria con una menzogna superstiziosa – un idolo o un falso dio, poiché l'idolatria, soprattutto nell'Antico Testamento, è spesso collegata con l'idea di una divinità falsa o inesistente, in contrasto con il vero Dio di Israele. Offrendo venerazione a questi idoli, i cristiani non sono diversi dagli Israeliti che rendono omaggio a un vitello d'oro, che doveva rappresentare il Signore.

La risposta ortodossa

In risposta a queste affermazioni iniziali, cristiani ortodossi hanno molto da dire.

Le Scritture ci dicono che Gesù Cristo è l'immagine o "forma" di Dio (εἰκὼν τοῦ θεοῦ): "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura" (Col 1,15). Mentre il Padre e lo Spirito sono entrambi senza forma e invisibili (1 Tim 1,17; Eb 11:27; 1 Gv 4,20), l'ipostasi (ὑπόστασις) o la persona del Figlio è rivelata nel Dio-Uomo Gesù Cristo: "Nessuno ha mai visto Dio; il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato "(Gv 1,18).

Dio "si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14), come indica il profetico Emmanuele indica (Mt 1,23). Quando guardiamo Cristo, vediamo il Padre, e Gesù Cristo è la "controparte esatta della persona [del Padre]" (Eb 1,3). Questa parola tradotta dalla Bibbia greca come "controparte" è χαρακτὴρ, implica qualcosa di simile a un'immagine stampata in un sigillo di cera. Attraverso l'Incarnazione, Dio si è fatto conoscere a noi come una persona circoscritta, tangibile, che ha respirato, una persona che è nata, cresciuta, invecchiata, ha mangiato e bevuto, ha sofferto, è stata sepolta ed è risorta dopo tre giorni.

Così, quando Calvino e i suoi seguaci affermano che raffigurare Dio in qualche modo corrompe la sua gloria, noi dobbiamo solo mostrare Cristo, perché è nella persona di Gesù Cristo (soprattutto in lei, almeno) che vediamo il volto di Dio. Quando lodiamo, adoriamo e magnifichiamo Gesù Cristo, stiamo offrendo lode, adorazione e onore a tutta la santa Trinità: Padre, Figlio, e Spirito Santo. Allo stesso modo, quando rendiamo onore all'immagine del Figlio di Dio nelle icone, stiamo rendendo onore al prototipo – a Gesù Cristo stesso. E quando onoriamo i santi, stiamo onorando il Dio la cui luce increata brilla attraverso le loro aureole. La luce increata della luccicante foglia d'oro che riflette la luce delle nostre lampade a olio e candele, simbolo della fedeltà di Dio che risplende nelle loro vite santi e simili a Cristo (cosa che spiega, tra l'altro, perché i cristiani ortodossi prestano tanta attenzione alle vite dei santi).

Gli argomenti di Calvino su questo punto apparentemente presuppongono che l'Incarnazione non sia mai avvenuta; che la dispensazione della nuova alleanza debba ancora avvenire, e che non vi sia stato alcun Emmanuele o "Dio con noi", un Dio che possiamo sentire, vedere con i nostri occhi, e toccare (1 Giovanni 1,1). Questi tipi di argomenti sono adatti per una religione come quella islamica, ma non sono il Vangelo cristiano; il Vangelo di Dio fatto carne, che dimora in mezzo a noi per la nostra salvezza.

Manca anche da questa presentazione qualsiasi menzione dei tempi in cui Dio comandò al suo popolo di relazionarsi con lui attraverso un intermediario come il serpente di bronzo, una reliquia che guariva miracolosamente la gente dalle loro infermità (Num 21,9).

Il difetto del punto di vista di Calvino si basa non solo sulla cristologia, ma anche sull'antropologia (le due sono indissolubilmente legate). L'umanità è creata "a immagine di Dio", come nella traduzione greca della Genesi – κατ' εἰκόνα θεοῦ (Gen 1,27). E quell'immagine di Dio è Cristo. Essendo creati a immagine di Cristo, gli esseri umani sono orientati verso uno scopo teleologico di trasformazione secondo la somiglianza di Dio in lui. Questo è il nostro destino, e per questo che siamo creati: per diventare come Cristo; per diventare come Dio. Essere qualcosa di meno è di essere non pienamente umani, come Cristo è il vero e ultimo Adamo (1 Cor 15,45).

L'arte cristiana è idolatria

Il secondo principio della tesi di Calvino ruota intorno all'idea che non solo tutte le immagini religiose sono idolatre (e forse anche tutte le immagini in sé e per sé, anche se questo è meno evidente), ma anche che l'arte cristiana in particolare è idolatra. In altre parole, le immagini di Cristo, della sempre vergine Maria, degli angeli e dei santi sono tutte idoli, indipendentemente da chi o cosa rappresentano.

Per esempio, parlando del salmista e della sua avversione agli idoli pagani, Calvino afferma:

[Davide] conclude in generale che niente è meno lodevole del fatto che gli dei siano modellati a partire da una qualsiasi materia morta. [Ps 135,15; cf. Ps 115,4] (1.11.4)

Ciò implica che i tentativi di creare una forma (eidos) di Dio sono vietati, almeno come la vede Calvino. Il problema è che, nel contesto di Davide, gli idoli sono forme o immagini di divinità false o inesistenti. Sono pure immagini di demoni, come insegnato altrove. L'Antico Testamento, in particolare, non è estraneo quando si tratta di associare idoli (eidolon) con divinità pagane (es Gen. 31.19,34ss; Es 20,4; Num 33,52; Dt 5,8; 1 Sam 31,9; 1 Cr 10,9; 2 Cr 14,5; 23,17; 24,18; 33,22; 34,7; Ps 115,4; 135,15; Is 10,11; 30,22; 48,5 (עֹצֶב); Os 4,17; 8,4; 13,2; 14,9; Mal 1,7; Zc 13:.. 2), mentre in gran parte della letteratura greca classica , un ειδωλον è una semplice copia, raramente vista come una divinità in se e per sé. (Ανδριας e εικων sono più frequentemente utilizzati in riferimento alle immagini o statue di esseri umani).

Guardando a questo da un altro punto di vista, i tentativi di rappresentare la divinità o la stessa natura divina sono scandalosi, e devono essere evitati (Atti 17,29).

Per esempio, nelle opere scritte di san Giovanni di Damasco – il padre dell'iconologia ortodossa – troviamo:

Se tentiamo di fare un immagine del Dio invisibile, questo sarebbe davvero un peccato. È impossibile ritrarre uno che è senza corpo: invisibile, incircoscritto, e senza forma...

Se qualcuno osasse fare un'immagine del Dio immateriale, incorporeo, invisibile, senza forma, e incolore, noi lo respingeremmo come una menzogna...

Io non dipingo l'immagine del Dio immortale, ma dipingo l'immagine di Dio che si è fatto visibile nella carne, perché se non è possibile fare una rappresentazione di uno spirito, quanto più è impossibile rappresentare il Dio che dà vita allo spirito?

Proseguendo lungo le linee delle immagini come "superstizioni", Calvino afferma:

Ora dobbiamo tenere a mente che la Scrittura descrive ripetutamente le superstizioni in questi termini: sono "opere di mani d'uomo", che mancano dell'autorità di Dio [Is 2,8; 31,7; 37,19; Os 14,3; Mic 5,13]; questo è per stabilire il fatto che tutti i culti che gli uomini inventano da se stessi sono detestabili. (1.11.4)

Anche in questo caso, il contesto è l'idolatria pagana e l'adorazione di divinità false (inesistenti). Nel contesto cristiano e soprattutto in quello cristiano ortodosso, le icone sono rigorosamente formate anagogicamente secondo il Vangelo. Esse raffigurano verità eterne e realtà trascendenti, rivelando il significato più profondo del mondo intorno a noi ai nostri sensi storpi.

Più avanti, Calvino tocca l'idea che la venerazione o l'onore dato alle immagini, anche alle immagini cristiane – diminuisce la gloria dovuta a Dio solo. Questa, sostiene, è in realtà una forma di idolatria:

Gli uomini sono così stupidi che pongono Dio ovunque lo modellano; e quindi non possono che adorare i loro modelli. E non vi è alcuna differenza se adorano semplicemente un idolo, o Dio nell'idolo. È sempre l'idolatria quando onori divini vengono conferiti a un idolo, con qualsiasi pretesto questo sia fatto. E perché non piace a Dio di essere adorato in modo superstizioso, ciò che è conferito all'idolo si allontana da lui. (1.11.9)

Qui, Calvino nega la distinzione cristiana tra venerazione e adorazione, forse il più famoso punto spiegato al Concilio di Nicea (787 d.C.). Detto brevemente, venerazione e onore possono essere offerti a uomini onorevoli (ad esempio, i re e i le famiglie reali, insieme con il clero), agli angeli, e anche alle reliquie o alla Croce, mentre l'adorazione (λατρεία) è data a Dio solo.

Anche se fu esposta più pienamente al settimo Concilio ecumenico, questa distinzione è completamente biblica. Le Scritture forniscono numerosi esempi in cui si venera una persona o un oggetto, e senza che ciò sia per sbaglio tacciato di idolatria (o di un culto dovuto a Dio solo): Lia con i suoi figli, insieme a Rachele e Giuseppe (Genesi 33,7); Assalonne davanti al re (2 Sam / 2 Re 25,23); una donna davanti a un uomo (1 Sam / 1 Re 25,23); una donna davanti a un profeta (2/4 Re 4,37); e anche i preti davanti all'arca dell'alleanza, che era adornata di statue di cherubini (Ps 98/99,5)!

E devo aggiungere, sembra una negazione sia della ragione umana sia dell'esperienza rivendicare che l'onore reso alle reliquie o alle immagini non passa ai loro prototipi. Quando gli americani salutano la loro bandiera, non stanno onorando il tessuto e l'inchiostro. Quando una moglie sola bacia una foto di suo marito, mentre lui è fuori per lavoro, non sta onorando un pezzo di carta (o lo schermo di un telefono cellulare). Quando un bambino si tiene stretto un regalo del nonno recentemente scomparso, sta onorando il donatore, non il dono stesso. La venerazione è intorno a noi, e nessuno la scambia per un culto degli idoli.

Calvino rimprovera nuovamente la distinzione tra venerazione e adorazione:

L'onore che offrono alle loro immagini, asseriscono che si tratta di servizio agli idoli, negando che si tratti di idolatria. Essi parlano così quando insegnano che l'onore che chiamano dulia può essere dato a statue e immagini, senza far torto a Dio. Pertanto essi ritengono stessi innocenti se sono solo servi degli idoli, e non loro adoratori. (1.11.11)

Questo risale al significato di entrambi i termini idoli e idolatria. Che cos'è un idolo? Che cos'è l'idolatria? Calvino sembra incapace di fare una semplice distinzione tra una statua di una falsa divinità e quella di Cristo e dei suoi amici. Questo mi sembra sia ostinato sia assurdo. C'è un abisso tra il culto (sia esso venerazione o adorazione) dato agli idoli e l'onore dato a Cristo, alla sua santa Madre, agli angeli e ai santi.

L'oggetto della nostra devozione non è né il legno e la vernice né le legioni di Satana – è Cristo, e coloro che hanno testimoniato Cristo in tutta umiltà e sacrificio di sé per la vita del mondo. E non è diverso dall'onorare i santi dell’antichità nell'undicesimo capitolo di Ebrei, la "grande nube di testimoni" che incoraggia i fedeli, mentre ci sforziamo di finire la gara che è davanti a noi (Eb 12,1).

Infine, Calvino deride i cristiani ortodossi specificamente per il loro uso (primaria) dell'iconografia bidimensionale:

Ma dobbiamo notare che una "somiglianza" è vietata non meno di una "immagine scolpita". Così si confuta lo sciocco scrupolo dei cristiani greci. Essi ritengono di essersi assolti splendidamente se non fanno sculture di Dio, mentre indulgono arbitrariamente nelle immagini più di qualsiasi altra nazione. Ma il Signore proibisce non solo che gli sia eretta una somiglianza da un creatore di statue, ma che ne sia modellata una da qualsiasi artigiano, perché così è rappresentato falsamente e con un insulto alla sua maestà. (1.11.4)

Lo sfondo qui è un gioco di parole che è un po' perso nelle nostre lingue. Gli idoli del secondo comandamento sono "immagini scolpite" (Eb: פֶּ֫סֶל, dalla radice פסל, nel senso di "spaccare con l'ascia" o "tagliare"), che implica immagini tridimensionali. Poiché la maggior parte dell'iconografia ortodossa (almeno durante il suo periodo) era a due dimensioni, Calvino mira a dimostrare che 'noi greci' non siamo liberi dalle sue condanne dell'idolatria.

Ma ancora una volta, l'obiezione ortodossa a questo fondamentalismo artistico è nella sua negazione dell'Incarnazione. Se Dio ha potuto diventare veramente uomo – e l'uomo è stato l'immagine stessa di Dio – allora le vere raffigurazioni di altre immagini di Dio non sono solo possibili, ma anche accettabili. Senza creazione di immagini, non c'è salvezza. Dio ha plasmato la propria immagine per la nostra salvezza.

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