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  A proposito di canonizzazioni affrettate e “politiche”: il caso di madre Maria (Skobtsova)
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La canonizzazione dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II a Roma ha fatto sorgere numerose – anche se non molto reclamizzate – critiche all'interno del mondo cattolico romano. Le obiezioni si rivolgono più che altro all'eccessiva fretta dei procedimenti, soprattutto per quanto riguarda papa Giovanni Paolo II, e ai retroscena "politici" delle canonizzazioni. Molti saranno sorpresi di sapere che anche nella Chiesa ortodossa, proprio dieci anni fa, nel maggio 2004, si è avuto un caso analogo di canonizzazione affrettata (e non immune da sospetti di spinte politiche, per quanto ben più limitate), quando cinque membri dell'emigrazione russa in Francia, la più importante dei quali è senza dubbio madre Maria (Skobtsova, nella foto) sono stati annoverati tra i santi nell’Esarcato russo di Costantinopoli.

La canonizzazione del 2004 riguardava un gruppo di cinque persone, di cui tre (l'arciprete Dimitrij Klepinin, il professore ebreo neo-battezzato Il'ja Fondaminskij e il figlio di madre Maria, Jurij Skobtsov) strettamente collegati a madre Maria nella vita e nella tragica morte in prigionia. L'ultimo del gruppo, padre Alexis Medvedkov, il parroco della chiesa di Ugine in Savoia, era in un certo senso estraneo, ma fu incluso nella canonizzazione presumibilmente in quanto unico candidato agli altari al momento in cui era stato caldeggiato il caso di madre Maria e del suo gruppo.

In questa sede non crediamo utile dilungarci su madre Maria. Esistono siti a lei dedicati, e abbondante letteratura, anche in italiano. Notiamo come la figura di madre Maria sia estremamente popolare nel mondo cattolico, dove la sovrabbondanza di “regole” religiose diverse e talvolta conflittuali fa passare sotto silenzio le sue aperte violazioni del normale comportamento monastico.

Ci si è soffermati poco sulla santità di vita di madre Maria (a essere spietatamente sinceri, in questo campo c'è poco da dire), e quei tratti che potevano essere più dissonanti rispetto a una vita santa sono stati razionalizzati come aspetti di spiritualità altamente "personale". Eppure, è proprio la santità di vita che è la più importante caratteristica (assieme alla morte da martire) per proporre un cristiano o una cristiana alla venerazione tra i santi.

Una delle virtù cristiane è la prudenza, e su questa sono stati sollevati seri dubbi nel caso di madre Maria (curiosamente, anche nel caso dei papi appena canonizzati, diverse obiezioni attengono alla loro scarsa pratica della prudenza, di fronte alle secolarizzazioni della Chiesa). Questo si può vedere non solo nell'apostolato parigino in cui madre Maria mise da parte molte delle normali cautele della vita monastica, ma nel caso stesso del suo soccorso agli ebrei di Parigi sotto la persecuzione nazista. Ci sono seri motivi per credere che sia stata proprio la sventatezza del comportamento di madre Maria (tra cui parole dette a un telefono che sapeva essere sotto controllo) a far arrestare e deportare tutto il suo gruppo, compreso il suo stesso figlio. Deporre la propria vita per amore dei fratelli è nobile ed evangelico, mettere a repentaglio la vita dei propri cari lo è molto di meno.

Anche sulla morte da martire di madre Maria ci sono serie obiezioni. La ragione per cui le vittime dei campi di sterminio sono degne di onore e di rispetto, ma non necessariamente di un riconoscimento di santità nella Chiesa ortodossa, è che non si può stabilire né un'uccisione per odio alla fede cristiana ortodossa né un'offerta di salvare la vita in cambio del rinnegamento della fede. È sicuramente toccante il racconto fatto da una testimone oculare a Ravensbrück, che madre Maria si offrì di prendere il posto di un'altra donna condannata alle camere a gas. Questo gesto le ha ben meritato il titolo di giusta tra le nazioni a Yad Vashem, e certamente le avrebbe meritato ogni onorificenza e medaglia al merito da parte di autorità statali e religiose, ma non necessariamente una canonizzazione.

Se è vero che il decreto di canonizzazione è stato fatto dal Patriarcato ecumenico, è altrettanto vero che l'effettiva venerazione dei santi canonizzati nel 2004 è limitata alle chiese dell'Esarcato russo di Costantinopoli, e nemmeno a tutte: ci sono state chiese della giurisdizione di Rue Daru che hanno ignorato apertamente la canonizzazione, rifiutando di esporre le icone dei nuovi santi alla venerazione e di tenere funzioni in loro onore.

Non si riesce a evitare l'impressione che un gruppo dell'emigrazione parigina degli anni '90 abbia mosso cielo e terra per la canonizzazione di madre Maria, più che altro per desiderio di averla come modello per le proprie posizioni spesso divergenti dall'Ortodossia tradizionale. La fretta stessa con cui questa procedura è stata spinta può essere un indice di un ambiente che negli anni '90 si sentiva minacciato della perdita della propria identità specifica (quand'anche non della propria estinzione: non è un caso che i due principali promotori, padre Sergei Hackel ed Elisabeth Behr-Sigel, siano morti entrambi nell'anno successivo alla canonizzazione).

Ma se la fretta dei promotori di una canonizzazione è giustificabile e fino a un certo punto doverosa, molto meno lo è quella delle autorità ecclesiali che devono alla fine ratificarla, e qui la fretta è davvero cattiva consigliera. Non ci sono stati rapporti di miracoli, non esistono (per ovvie ragioni) reliquie di madre Maria e dei suoi compagni di "martirio", non sono state fatte indagini della sua vita e dei suoi scritti, non sono state ascoltate obiezioni, non era stato composto un officio, non esisteva alcuna forma di venerazione popolare. L'eccezione nel gruppo dei nuovi santi è costituita da padre Alessio di Ugine, ma anche nel suo caso l'unico aspetto favorevole alla canonizzazione era il suo corpo rimasto incorrotto. Se la canonizzazione di padre Alessio è sembrata prematura, quella degli altri quattro è sembrata totalmente politica. Siamo agli antipodi della vera venerazione popolare ortodossa, che può avere i suoi promotori anche di alto rango – pensiamo al ruolo del metropolita Serafim (Chichagov) e dello stesso imperatore Nicola II nella canonizzazione di san Serafino di Sarov – ma mai in assenza di un genuino riconoscimento popolare. Si comprende la reticenza di alcuni degli stessi ambienti dell'Esarcato, in cui era stato mantenuto un certo livello di memoria storica di madre Maria, a questo tipo di canonizzazione.

Forse la più prudente valutazione verrà dall'osservazione dei frutti di questa canonizzazione, con la prudenza suggerita da Gamaliele in Atti 5,39: "Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli". Se, nonostante tutto quanto hanno fatto gli stessi autori della canonizzazione per far screditare queste figure a un più attento esame, Dio vorrà comunque rivelarle come strumenti della sua grazia, allora se ne vedranno i frutti. Se d'altra parte questi santi cadranno nel dimenticatoio ortodosso (così com'è avvenuto allo stesso padre spirituale di madre Maria, padre Sergej Bulgakov), allora i cristiani ortodossi di domani avranno imparato una lezione in più su come non canonizzare i santi.

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