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  Lettera del Segretario del Sinodo dei Vescovi al Presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America

Dal sito della Chiesa russa all'estero

New York, 15 gennaio 2014

 

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Dalla redazione del sito della ROCOR: Martedì 9 dicembre 2013, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, nel corso di una riunione ordinaria, ha deliberato sui risultati della precedente Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America tenuta a settembre. Durante la discussione in merito alla proposta di riorganizzare le diocesi ortodosse in Nord e Centro America, il Presidente del Sinodo dei Vescovi ha sottolineato che la Chiesa russa all'estero è sotto l'autorità canonica della sua cara e grande Madre, la Chiesa ortodossa russa, ed è obbligata a servire la propria moltitudine di gregge devoto che si trova all'estero e che desidera rimanere nel suo seno. I membri del Sinodo dei Vescovi, concordando con il parere del loro presidente, hanno notato che l'Ortodossia in America non è preparata per la riorganizzazione delle diocesi ortodosse in America. In relazione a questo, il Sinodo dei Vescovi ha incaricato il suo segretario, sua Eminenza Kyrill, arcivescovo di San Francisco e dell'America occidentale, di inviare la seguente lettera al presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici del Nord e Centro America spiegando la posizione sostenuta dalla gerarchia della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia in questa materia.

A: S. Em Rev.ma l'arcivescovo Demetrios

Presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America

Vostra eminenza!

Durante la nostra recente Quarta Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America, una "Proposta di Ristrutturazione canonica della Chiesa ortodossa negli USA" è stata presentata dal Comitato per la pianificazione territoriale canonica, presieduto da vostra Eminenza, in cui sono stati offerti quattro possibili approcci per future ristrutturazioni, tra i quali il quarto è la principale raccomandazione del comitato. Siamo grati a Dio che i legami fraterni tra noi come gerarchi del Nord e Centro America siano cresciuti a un tale livello, in questi ultimi anni di una maggiore cooperazione e di dialogo, da poter essere in grado di condividere apertamente, direttamente e in reciproca umiltà pensieri e preoccupazioni di tutti gli arcipastori delle chiese in relazione a questi concetti, e abbiamo voluto dare seguito alle discussioni plenarie e in piccoli gruppi della quarta Assemblea con una lettera che chiarisce la posizione della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia su tali questioni, che riconosciamo che il comitato continuerà a considerare nel corso del prossimo anno.

La nostra principale preoccupazione e considerazione, come eredi indegni della carica apostolica del Signore, è per la salvezza del nostro gregge, considerato non in termini di potenzialità, ma di realtà. Coloro che il Signore nella sua misericordia ci ha affidato sono diversi per età, provenienza, razza e retaggio – e, anzi, per etnia – e per ogni anima ci rallegriamo come un pastore che ritrova la pecora smarrita (Isaia 53:6; Matteo 18:12-13). Eppure non possiamo mai negare, e anzi esultiamo di cuore, per il fatto che Dio ha consegnato a questo Sinodo un incarico sacro di sorvegliare e prendersi cura, con particolare intensità, di quelli di retaggio e origine russa, che si trovano "sparpagliati" fino a tutti i confini della terra. La rivoluzione dei senza Dio attraverso il quale il ladro di anime ha cercato invano di depredare un popolo a lungo credente del proprio vero fondamento, ha creato una situazione che persiste anche ai nostri giorni, anche se per la misericordia di Dio, la tirannia dell'ateismo comunista militante è stata spezzata e sollevata dalle spalle della patria russa. Eppure in tutto il mondo, anche qui nelle terre del Nord e del Centro America di responsabilità della nostra Assemblea, i russi e i loro parenti sono stati guidati dal Signore, come da una mano invisibile, in luoghi dove le macchinazioni degli uomini non sono riuscite a privarli del libero esercizio della loro pietà e del loro amore di Dio profondamente radicato. E forse da nessuna parte i loro numeri sono stati maggiori rispetto al Nord America, dove enormi popolazioni sono arrivate su entrambe le coste e si sono fatte strada nel cuore di una nuova nazione, trovando qui la libertà e la stabilità di conservare all'estero ciò che era stato reso impossibile a casa. Così, come uomini per i quali "ogni terra straniera è una patria, e ogni patria è straniera" (Lettera a Diogneto 5:5), hanno stabilito radici in questo luogo, preservando il loro patrimonio e cultura anche quando si sono adattati e hanno fatto proprie nuove terre e culture.

La nostra Chiesa russa ha conosciuto la sua parte di dolori di divisione e separazione, che alla fine sono sempre i segni della nostra propria peccaminosità e debole pietà. Tuttavia, per misericordia di Dio, abbiamo anche visto come, attraverso il pentimento e la reciproca umiltà, lo Spirito Santo opera riconciliazione e unità in mezzo alla terra, prendendo ciò che il peccato umano aveva fratturato nella divisione e trasformandolo in una sacra unità che persiste nella diversità. I nostri cuori si sono rallegrati "con una grandissima gioia" ( Mt 2,10) nella festa dell'Ascensione del nostro Signore e Dio e Salvatore Gesù Cristo nel maggio del 2007, quando dopo lunghi anni di divisione, la frattura all'interno della nostra Chiesa ortodossa russa è stata guarita. Attraverso la sapienza divinamente guidata dei nostri arcipastori, in particolare sua Santità il patriarca Alessio e sua Eminenza il metropolita Lauro, entrambi di beata memoria, la nostra tanto desiderata unità è stata restaurata - non attraverso la conglomerazione di entità amministrative o la ristrutturazione di territori canonici, ma con un atto di riconciliazione che ha permesso alla Chiesa all'estero e alla Chiesa in patria di esistere fianco a fianco, in amore e lavoro reciproco, ciascuna libera e operante all'interno di tale libertà, e tuttavia legate inseparabilmente come una madre e sua figlia. E all'interno della nostra Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, questo rinnovato legame con la nostra Madre Chiesa è venuto a noi come un premio agognato, una perla di grande valore, e un legame di forza spirituale che non sarà rotto.

La nostra missione al nostro gregge in Nord e Centro America è una fonte di gioia profonda, come lo è stata per la Chiesa ortodossa russa fin dai giorni in cui i primi missionari ortodossi hanno lasciato il suolo della Santa Rus' e hanno messo piede su questa nuova terra, portando con loro la fede apostolica. Da quel momento, la Chiesa ortodossa russa ha servito i fedeli in Nord America come una madre la figlia, prestando particolare cura ai suoi figli, indipendentemente dalla loro origine. Eppure la storia dell'Ortodossia in America del Nord è stata unica, subito afflitta dai tanti problemi del ventesimo secolo, in particolare, e allo stesso tempo benedetta dalla diversità unica di popoli che rappresenta questa terra. In questa terra troviamo russi e greci, arabi e romeni, bulgari, francesi e tedeschi, italiani e inglesi, nonché popoli nativi, e troviamo, inoltre, molti gradi diversi di vita etnica. Per molti, soprattutto delle generazioni successive di emigrazione, quelle origini del passato si possono essere fuse in un'identità singolarmente americana, mentre per altri, resta un forte, costante senso di connessione alle loro origini nazionali o etniche, uniti alla loro nuova vita culturale in queste terre. Per tutte queste cose ci rallegriamo, perche questa è in un certo senso la vera unicità delle terre americane: che da molti, risulta uno ('e pluribus, unum'), non per un crollo di quelle identità diverse, ma per la loro pacifica co-esistenza e vita unita. Questa unità nella diversità è resa ancora più perfetta nella Chiesa, dove, come dice il santo Apostolo, "non c'è né ebreo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3,28). Restiamo riccamente diversi, la molteplice creazione di Dio che ordina tutte le cose; ma siamo uno al tempo stesso nella fede, nella missione, nella comunione, nella chiamata e nella sacra speranza.

Questo, crediamo fermamente, è anche il mezzo di forgiare un'unità più forte tra le Chiese ortodosse del Nord e Centro America – non con il collasso delle identità e delle strutture delle nove giurisdizioni attualmente rappresentate in questo territorio, per quanto ben intenzionata possa essere una "ristrutturazione", o per quanto attente possano essere le intenzioni verso le questioni di etnicità – ma attraverso un aumento del legame di amore reciproco che ci permette di vivere insieme nella nostra diversità, e tuttavia nell'unità più perfetta dello Spirito.

Ci troviamo in forte accordo con una moltitudine di sentimenti espressi da sua Grazia il vescovo Daniil della Diocesi bulgara negli Stati Uniti e in Canada, nella sua lettera presentata al comitato di vostra Eminenza e distribuita durante la recente Assemblea. In particolare, noi affermiamo le dichiarazioni di sua Grazia sui paradigmi che esistono all'interno dei sacri canoni della Chiesa ( che sono la mano benedetta che ci guida nel determinare ogni corso d'azione ecclesiale) per i mezzi accettabili di organizzare l'unità della Chiesa in una regione che per vari motivi non può seguire il paradigma altrimenti standard di una struttura puramente locale. Questi includono, per esempio, il 39° canone del sesto Concilio Ecumenico, che ha consentito una provincia ecclesiastica indipendente della Chiesa di Cipro entro il territorio di un'altra Chiesa locale (dimostrando che i canoni consentono, in caso di necessità pastorale, una dipartita dalla normale localizzazione di supervisione episcopale, anche nel territorio di Chiese stabilite), così come il 2° canone del secondo Concilio Ecumenico, che recita: "le chiese di Dio che si trovano in territori appartenenti a nazioni barbare (cioè dove non c'è una Chiesa ortodossa locale stabilita) devono essere amministrate in conformità con la prassi dei Padri", che, secondo le antiche spiegazioni dei canoni, significa l'invio di vescovi da eparchie stabilite per prendersi cura di loro (dimostrando così che la situazione di Chiese sorelle che hanno reciprocamente cura dei loro greggi nella diaspora e, quindi, "la fornitura di ciò che manca a un sinodo locale" è ciò che i canoni stessi considerano non un'aberrazione, ma l'antica pratica dei Padri). Affermiamo, allo stesso modo, altre pratiche esistenti all'interno delle Chiese locali dei nostri giorni, come la fondazione di monasteri o comunità stavropigiali, che allo stesso modo si dimostrano mezzi accettabili per cui il principio storicamente normativo di organizzazione locale con un singolo vescovo ordinario in un singolo territorio fisico ha avuto una deroga da parte dei santi Padri, dei Concili e dei gerarchi del passato, in modi che si addicono alle esigenze pastorali di una regione. Per essere chiari, non possiamo ritenere e non riteniamo che questi contesti del passato siano "non canonici", e nemmeno consideriamo che l'attuale situazione di molteplici Chiese sorelle che si occupano delle diverse esigenze del gregge nella situazione culturale unica del Nord America sia, di per sé, una violazione dell'ordine canonico.

Consideriamo che l'esortazione di quelli riuniti a Chambesy sia importante, e che dobbiamo tendere verso un migliore ordine canonico all'interno dei nostri ministeri in queste terre. Anche se non possiamo accettare che la comunità ortodossa in Nord e Centro America richieda o sia sotto mandato canonico di ristrutturare la propria organizzazione in un modo che recida i legami attivi con le sue varie Chiese madri (e di fatto noi considereremmo tale ristrutturazione una questione di grave pericolo spirituale per le anime di tutto il nostro gregge in queste terre, che sia etnicamente di retaggio russo oppure no, perché noi consideriamo che questi legami abbiano un valore spirituale essenziale per fornire un sicuro fondamento spirituale per la vita di tutti gli ortodossi in America del Nord), nondimeno affermiamo la necessità di adoperarci per una maggiore cooperazione tra tutti i nostri ordinamenti, in modo che il legame d'amore cresca tra noi e la nostra diversità si mostri sempre più nella vera unità dello Spirito Santo. In questa luce, ci rendiamo conto che ci sono situazioni di vera e propria anomalia canonica che un ente come la nostra Assemblea dovrebbe considerare correttamente, di fronte a contesti in cui la variazione non è il frutto di necessità, ma di molteplicità umana o si lassismo verso i sacri canoni. Queste sono le anomalie che dispiacciono allo Spirito Santo, e che devono essere corrette (quali le questioni importanti per quanto riguarda le pratiche divergenti sulla conduzione dei matrimoni interreligiosi; le pratiche di accoglienza nella Chiesa; approcci divergenti al digiuno; questioni riguardanti la confessione e la preparazione alla santa comunione, l'escardinazione e la ricezione del clero, ecc.) Qui vi è la necessità di una maggiore cooperazione e dialogo tra tutti i gerarchi del Nord America, in umile obbedienza alla tradizione della Chiesa, in modo che i fedeli giungano facilmente a vedere quell'unità più vera, che esiste nella diversità, e che supera le carenze attraverso l'obbedienza e l'amore. Riaffermiamo il nostro impegno ai lavori dell'Assemblea dei Vescovi per tali attività, e per l'aumento di lavoro comune che può avvenire attraverso i suoi lavori, in cui prenderemo parte attiva finché il Signore ce ne darà la forza.

Alla luce di tutto quanto è stato detto, sia qui che nelle discussioni della nostra recente Quarta Assemblea, concludiamo con una citazione delle parole del Vescovo Daniil. Sua Grazia ha scritto:

"Siamo fermamente convinti che un piano, che è interamente nello spirito dell'ecclesiologia ortodossa, della tradizione canonica e della prassi della Chiesa ortodossa, e che conserva i diritti delle Chiese sorelle di amministrare il proprio greggi nella diaspora, è fattibile e applicabile, e questa in effetti è la nostra comprensione della decisione delle Chiese sorelle della quarta Conferenza pre-conciliare pan-ortodossa a Chambesy".

Anche questo rappresenta il nostro punto di vista come gerarchi riuniti del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, e chiediamo all'unico Signore, venerato nella Trinità, di concedere alla nostra Assemblea comune la grazia di rafforzare l'unità della nostra testimoniare in queste terre su questo modello.

Con amore fraterno e rispetto in Cristo,

+ Kyrill,

Arcivescovo di San Francisco e America Occidentale,

Segretario del Sinodo dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia

3 gennaio 2014

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