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  La teologia dell'icona come strumento ermeneutico nel dialogo tra scienza e religione

dal blog Orthodox Arts Journal (parte I e parte II)

18 ottobre 2013

di padre Steven Bigham

 
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I. Il problema

Quanti cristiani credono che i testi del Vecchio Testamento descrivano persone e azioni esattamente come erano quando gli eventi hanno avuto luogo? Secondo tali cristiani, le storie bibliche ci danno un' immagine vera e dettagliata della gente e degli eventi in esse descritti. La relazione tra le parole del testo e l'evento in sé è molto vicina. Questi cristiani leggono la storia e vedono un "film", piuttosto un documentario o un notiziario, nelle loro teste. Questo modo di leggere le storie bibliche è spesso chiamato letterale, fondamentalista, parola per parola, ecc. Oggi ha una pessima reputazione, perché coloro che credono in questo tipo di interpretazione, spesso oppongono 'i pessimi atei della scienza' ai 'credenti fedeli che lottano coraggiosamente per mantenere e difendere la loro fede'. Così, abbiamo avuto tutte le classiche battaglie tra religione e scienza. Purtroppo, l'immagine che possiamo avere nelle nostre teste di una particolare storia della Bibbia e l'immagine dello stesso evento, proposta dai moderni studiosi della Bibbia, raramente coincidono. Allora cosa dobbiamo fare?

Prima di tutto, dobbiamo capire che la questione del rapporto tra i testi biblici e gli eventi che descrivono si è sviluppata nel "regno della Sola Scriptura", vale a dire nel mondo protestante, in Germania, Inghilterra, Stati Uniti, ecc. Non vi è alcuna tradizione o Chiesa o autorità esterna che possa ufficialmente interpretare la Bibbia che parla da sé e per sé direttamente al cuore di ogni cristiano. Con la riforma, la dottrina della Sola Scriptura è stata vista come libertà di interpretazione umana. La Sola Scriptura è stata una protesta contro l'autorità pesante e oppressiva della Chiesa romana, come i riformatori la vedevano. Lo svantaggio di questa posizione è che quando la scienza moderna, l'archeologia e la critica biblica hanno cominciato a esaminare la Bibbia e la storia di Israele dal punto di vista critico, i sostenitori della Sola Scriptura spesso si sono sentiti in dovere di difendere la Bibbia e una sua interpretazione piuttosto letterale, perché le Scritture erano l'unico sostegno della loro fede. Accettare che la Bibbia non è infallibile o inerrante in tutto sembrava aprire le cateratte a un relativismo che, a lungo andare, avrebbe potuto sciogliere i fondamenti della fede cristiana. Dal punto di vista sia degli attaccanti sia dei difensori della credibilità della Bibbia, gli ultimi due secoli della battaglia tra scienza e religione sembrano essere stati un costante sforzo di ridurre la Bibbia al livello di tutti i libri umani e così indebolire la pretesa che essa sia il veicolo della rivelazione di Dio all'uomo. E le guerre continuano.

Di sicuro, altri esegeti biblici, meno fondamentalisti ma altrettanto seri quanto i sostenitori di una lettura letterale delle Scritture, hanno cercato di mantenere l'integrità della Bibbia, pur tenendo conto delle critiche scientifiche di tutti i tipi. È pur vero che molti cristiani – e anche ebrei – da ogni punto di vista ritengono che la loro fede sia sotto assedio da parte della scienza moderna e soprattutto della critica biblica. I titoli di notizie annunciano : 'Nuova scoperta in Israele', E alcune persone pensano: 'Oh, ancora una. Che cos'altro nella Bibbia non è vero?' Oppure 'gli studiosi della Bibbia mettono in dubbio una credenza tradizionale'. E alcuni si chiedono, 'E va bene, quindi che cos'altro è un mito?'

I cristiani protestanti non sono gli unici toccati da questo problema. Alcuni studiosi biblici cattolica hanno adottato i metodi della critica moderna a tal punto che è difficile distinguere le loro conclusioni e i risultati dei loro studi da quelli dei protestanti, e anche di alcuni studiosi ebrei. I cattolici che studiano la Bibbia da questo punto di vista sono in realtà molto contenti che la loro fede cattolica abbia poca o nessuna influenza sui loro studi. Secondo questi studiosi, i loro studi scientifici sono obiettivi e liberi da preconcetti imposti da un'autorità della Chiesa. Le opinioni degli studiosi biblici cattolici, come quelli delle persone di qualsiasi organizzazione, sono diffuse in una vasta gamma. Alcuni ricercatori prestano più attenzione di altri alle direttive del magistero romano sugli studi biblici, ma per la maggior parte, dal Concilio Vaticano II, cattolici e protestanti hanno camminato mano nella mano, seguendo la stessa metodologia per gli studi biblici. Possiamo sempre chiederci quanti "cattolici ordinari" sarebbero sorpresi e scossi nella loro fede dai risultati di alcuni biblisti cattolici. Se ci sono dei fondamentalisti nella Chiesa cattolica, più o meno nascosti, i biblisti cattolici hanno una grande libertà, entro certi limiti, di seguire i propri studi.

Quanto ai cristiani ortodossi, questi sono piuttosto neofiti nel campo, e molte ragioni storiche possono spiegarlo. In generale, prendono posizioni molto più conservatrici, come ritengono i loro colleghi cattolici e protestanti. Non è un'esagerazione dire che un buon numero di ortodossi è molto allergico alla critica biblica moderna. Le conclusioni di questi studi, in particolare per quanto ritengono i russi e gli altri popoli ex-comunisti, sembrano essere troppo vicine alla propaganda atea comunista, proveniente dai feroci nemici del cristianesimo. Altri ortodossi, molto anti-occidentali nella loro prospettiva, non vogliono avere nulla a che fare con la critica biblica. Per loro, è solo un altro esempio della lunga deriva di cattolici e protestanti nell'abisso dell'incredulità. Altri ancora sono prudenti ma comunque aperti ai benefici dello studio scientifico della Bibbia, al quale sono anche desiderosi di contribuire.

Il problema della disparità tra ciò che dicono i testi dell'Antico Testamento e l'evento storico sottostante i testi descrivono si fa più acuto per i cristiani, perché gli studiosi della Bibbia hanno usato la parola mythos. Nel Nuovo Testamento, questa parola significa "falsità, storie fantastiche", ed è sempre in contrasto con alétheia, la verità. I mythoi, sia quelli ebraici, quelli gnostici o quelli pagani, sono il contrario del Vangelo, e per estensione della Bibbia in generale. La Bibbia è verità da capire, "eventi reali e storici", tra le altre cose - e i miti sono le creazioni immaginarie dei pagani. Dopo tutto, la fede contenuta nella Bibbia è soprattutto una fede ancorata nella storia, in quello che Dio ha davvero fatto per il suo popolo nella storia. Dare l'impressione di tagliare il legame con la storia non può che mettere a disagio i credenti. Quindi non è difficile capire come i credenti cristiani ed ebrei sentivano, e sentono ancora, lo shock delle conclusioni degli studi scientifici della Bibbia che mettono in discussione la base reale e storica di molti eventi scritturali. La Bibbia è mito o realtà storica? Molti studiosi biblici, di tutte le confessioni, vedono questa antinomia come una falsa polarizzazione e provano in molti modi a uscire dall'impasse, con più o meno successo. La cultura occidentale, tuttavia, è profondamente influenzata dalle mitologie greca, romana, egiziana e di altre civiltà – che contengono fantastiche storie di dei, dee ed eroi – ma nessuno crede che Zeus e compagnia siano, o siano mai stati, reali. Così, nonostante gli sforzi degli studiosi biblici di dare un significato positivo al mythos, parlare di miti nella Bibbia è sempre un tentativo rischioso e spesso richiede più tempo ed energie per spiegare ciò che la parola non significa, che non a spiegare che cosa vuol dire. E nonostante tutti gli sforzi degli studiosi della Bibbia, c'è un tacito, a volte inconscio sentimento, una risacca, un odore persistente: tutto ciò che è mito è un racconto fantastico, non connesso alla storia.

Un suggerimento che viene da lontano

Tutti riconoscono che gli ortodossi sono il popolo delle icone: queste immagini religiose, bizzarre per i cristiani occidentali, ma comunque così affascinanti. Chiunque sia interessato all'arte in generale e all'arte cristiana in particolare, deve studiare questa forma di pittura religiosa, ma alcuni possono legittimamente chiedere quale potrebbe essere il rapporto tra l'icona ortodossa e lo studio scientifico e critico della Bibbia. Lo scopo di questa presentazione è di mostrare che la nozione (la visione teologica, il concetto) dell'icona ortodossa può aiutare gli studi biblici a uscire dalla sterile contrapposizione tra 'mito o storia'. È possibile che esista una terza via.

II. Che cosa è un'icona?

1. Le icone sono ancorate nella storia.

Prima di tutto, un'icona è ovviamente una rappresentazione visuale, artistica – in pittura, mosaico, encausto, ecc – di una persona o di un evento storico. Ogni icona canonica – cioè che segue le regole e i canoni che governano la sua produzione – è ancorata nella storia. L'immagine di una forma umana suppone che al di sotto, alle spalle, al di là, dell'opera d'arte, esista una persona reale: umana, angelica o divina. Abbiamo qui la famosa formula typos-prototypos, dove il typos è l'oggetto materiale, l'opera d'arte, e il prototypos è la persona reale rappresentata: una foto di mia nonna è il typos, e mia nonna stessa è il prototypos. Una foto della Statua della Libertà, di Marianne, di John Bull, dello zio Sam, la statua di Santa Sofia a Sofia, o le quattro ragazze chiamate Estate, Autunno, Inverno e Primavera, le stagioni, non sono icone, e neanche immagini, nel senso stretto senso dell'iconologia ortodossa perché non ci sono persone reali, o ipostasi – per usare un termine tecnico – dietro l'immagine. La nozione stessa di typos-prototypos è applicabile a un evento perché l'icona di un evento presuppone la presenza di persone in azione. Dove non c'è storicità – per esempio, un "evento" mitologico o un racconto fiabesco – non c'è prototypos, quindi pm c'è nemmeno typos, sempre secondo l'iconologia ortodossa.

2. Le icone sono un'interpretazione teologica di una persona o di un evento.

Eppure, un'icona non è una rappresentazione cruda, fotografica, diretta, immediata, di una persona o di un evento (supponendo ovviamente che tale rappresentazione sia possibile). Anche una fotografia mostra una persona da un certo punto di vista. Nel nostro mondo, tutto è fatto, detto, pensato da un particolare punto di vista. L'icona è sempre un'interpretazione del significato della persona o dell'evento. I due livelli, storico e teologico, sono combinati in un'unica rappresentazione visiva.

Cristo Pantocratore

• Prendiamo l'icona del Cristo Pantocratore. Quale cristiano ortodosso, quale persona, immagina seriamente che Gesù camminasse per la Giudea con un cerchio di luce intorno alla testa e una croce inscritta nella luce con le tre lettere greche ὁ ὤν, che indossava sempre, o anche occasionalmente, una tunica rossa con un laticlavio su una spalla o su entrambe (un laticlavio era un segno di nobiltà a Roma), insieme con un mantello blu, che portava in giro in una mano un libro o un rotolo con un testo di un libro che all'epoca ancora non esisteva e che era scritto in una lingua che egli non parlava o non leggeva. Chiunque ci pensa un po' capisce che questi elementi dell'icona di Cristo non sono storici, sono parte della interpretazione teologica della persona di Gesù, che la Chiesa nel corso dei secoli ha aggiunto all'immagine di un uomo semitico con la barba, di circa 33 anni e che porta il nome di Gesù Cristo, abbreviato nelle lettere greche IΣ XΣ, un'immagine, tuttavia, che riproduce quanto più possibile i tratti fisici e storici di questo uomo. Non dimentichiamo che la Chiesa ha respinto l'immagine di Cristo come bambino, a volte come un piccolo uomo o un adolescente in stile greco-romano: giovane, 'bello', imberbe, spesso nudo. La Chiesa ha fatto questo proprio perché una tale rappresentazione non corrispondeva alla storia. Ma ancora una volta, quale cristiano ortodosso direbbe che, a causa di queste caratteristiche antistoriche, l'immagine del Cristo Pantocratore è una falsa immagine, e, come tale, dovrebbe essere eliminata? Nessuno! La conclusione quindi, è questa: è del tutto possibile avere un'immagine di una persona reale e storica che mostra elementi antistorici che proclamano il significato teologico di quella persona, e ciò senza che essa sia definita una "falsa immagine".

• E un'icona di un evento? Prendiamo l'icona della Pentecoste. Secondo il Nuovo Testamento, (Atti 2, 1-13), dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, i discepoli erano molto agitati, parlavano lingue straniere, in modo tale che alcuni dei presenti li prendevano in giro loro a causa del loro comportamento frenetico: "Queste persone sono pazze". Altri dicevano che erano ubriachi, alle nove del mattino! Ma cosa vediamo nell'icona della Pentecoste? Prima di tutto, non tutti i discepoli sono rappresentati, solo dodici di loro sono seduti in semicerchio, tutti molto calmi, rilassati, e parlano tranquillamente tra di loro. Nella parte superiore del semicerchio, c'è uno spazio vuoto. Su entrambi i lati di questo spazio, vediamo un uomo: a destra, san Pietro, che possiamo identificare con il suo viso rotondo, i capelli bianchi, corti, ricci e la barba. D'altra parte, vediamo san Paolo che possiamo anche identificare dai suoi tratti classici: viso lungo, lunga barba a punta, un po' calvo. Ma perché san Paolo è nell'icona? A Pentecoste, era ancora ebreo e ferocemente anti-cristiano. E, infine, in basso, troviamo un "uomo" che indossa una corona. In realtà, non è un vero uomo, ma un'allegoria antropomorfica dell'universo, chiamato Cosmo. Perché è lì, è un'altra storia. Questo typos, però, sembra essere abbastanza diverso dall'evento prototypos descritto nel Nuovo Testamento. E infatti, nell'icona della Pentecoste, la distanza tra la narrazione storica nel libro degli Atti che descrive l'evento, il prototypos, e la rappresentazione iconografica di questo evento, il typos, è molto grande, probabilmente la più grande tra tutte le icone ortodosse. Tuttavia, nessuno dice che l'icona della Pentecoste è una falsa immagine.

L'Annunciazione di Ustjug

• L'Annunciazione, 25 marzo. La sua icona è molto vicina al racconto storico nel Nuovo Testamento: una conversazione tra due esseri, una angelica e l'altra umana. L'icona, nella sua forma più semplice, mostra solo due forme umane, in colloquio silenzioso. Di fatto, la semplicità aumenta la sua bellezza (Annunciazione di Ustjug, 1150-1200, Galleria Tretjakov, Mosca). La distanza tra il tipo e il prototipo non esiste quasi.

L'ingresso della Theotokos nel Tempio

• Abbiamo anche una icona che, come evento, non ha alcun prototipo storico, anche se le persone rappresentate sono reali, ma l'icona dell'evento è solo una rappresentazione teologica di un evento che molti hanno creduto di essere storico, ma la cui storicità è difficile da difendere. Sto parlando dell'icona del Ingresso della Madre di Dio nel Tempio, 21 novembre. Non è facile immaginare che una bambina ebrea davvero entrata nel Tempio di Gerusalemme, andando fino in fondo nel Santo dei Santi, dove ha vissuto per alcuni anni. Tuttavia, il significato teologico di questo "evento" è molto profondo e ha nutrito la vita della Chiesa per secoli.

Così abbiamo icone dove lo "spazio" che separa la rappresentazione artistica della persona o evento, il typos, dalle basi storiche primarie, il prototypos, varia notevolmente: passando da un evento non biblico, e magari non storico (l' ingresso della Madre di Dio nel Tempio), attraverso un'immagine in cui il tipo è molto vicino al prototipo (l'Annunciazione), a un'altra che mostra una certa distanza tra i due (il Cristo Pantocrator), infine a un'icona che mostra una distanza molto grande tra i due (la Pentecoste).

E così ora abbiamo la domanda: è possibile applicare la nozione di un'icona ai testi biblici, una nozione che comprende una distanza variabile tra il tipo e il prototipo e che consente l'aggiunta di elementi antistorici all'immagine senza "falsificare" l'immagine?

Cristo crea il sole, la luna e le stelle il quarto giorno. Dettaglio di un affresco, Monastero di Suceviţa, Romania.

III. Applicare il concetto di icona ai testi biblici

Ci fu nell'antichità una comunità, i figli di Israele, o Israele in breve, che produsse un gruppo di scritti chiamato Bibbia. Questa comunità ha prodotto i testi non solo sulla base di tradizioni orali, anche se i singoli autori ed editori hanno effettivamente scritto i documenti, ma hanno anche definito la collezione selezionando i testi in mezzo a un corpus più ampio di scritti. A questa collezione, Israele ha dato il nome Bibbia. La comunità quindi non solo ha creato la collezione, ma ha anche inventato l'idea della Bibbia, e attraverso questo libro, ha espresso la sua comprensione della propria storia e identità: chi era, da dove veniva, perché esisteva, dove stava andando. La vita di questa comunità esisteva già prima che i testi venissero alla luce e che fossero organizzati nella Bibbia. Così, la vita della comunità ha la precedenza sulla collezione, la Bibbia; la comunità vivente è la fonte degli scritti che nondimeno esprimono la visione che questa comunità ha di se stessa. Fino a questo punto, siamo nella zona che la scienza può trattare come una materia di studio. In realtà, la comunità e il libro da essa prodotto potrebbe essere un qualsiasi gruppo storico, e vi potrebbero essere applicati gli stessi metodi di ricerca. L'antico Israele e il suo libro sacro non è diverso.

Ma qual è il contenuto teologico di questa collezione? Quali sono le idee che essa esprime? In altre parole, che cosa capiva e che cosa credeva Israele riguardo a se stesso, in quanto queste idee sono espresse nella Bibbia? Questo non è il posto per uno studio completo della visione di fede dell'Antico Testamento, ma un elemento di quella visione richiede la nostra attenzione: il Dio di Israele, che è uno dei principali attori, se non l'unico iniziatore. Questo Dio si manifesta nella storia reale degli esseri umani in un modo molto diverso dai vari tipi di mitologie dove gli dèi e gli eroi giocano su un palcoscenico atemporale, al di fuori e al di là della storia. La comunità di Israele e i suoi testi sacri affermano chiaramente che l'Eterno – una delle sue designazioni – interviene nella storia di uomini e donne e reali e agisce all'interno di, e attraverso, eventi storici reali per compiere la sua volontà. Così, proclamando l'esistenza di alcuni eventi storici in cui tale e talaltra persona hanno fatto questo o quello, essendo guidati, ispirati, spinti dal Signore, la Bibbia e la fede di Israele si aprono all'indagine delle scienze critiche. Naturalmente queste non possono dire nulla sul tema di Dio stesso, o sul suo modo di agire nella storia (tali questioni sono al di fuori del regno della ricerca scientifica), ma le persone e gli eventi, che sono ritenuti storici, possono essere studiati.

Ci sono poi tre campi di ricerca che portano insieme la scienza e la religione:

1. Quello in cui c'è poca o nessuna relazione e quindi poco o nessun potenziale di conflitto: per esempio, gli scavi archeologici a Masada, gli studi della ceramica di una particolare città palestinese antica, o lo studio comparato della poesia semitica dal tredicesimo secolo a. C.

2. Quello in cui, ancora una volta, c'è poco o nessun potenziale di conflitto perché l'affermazione di alcune verità contenute nella Bibbia non può essere indagata dalle scienze empiriche: per esempio, "Dio parlò a Mosè", "Dio ha richiamato indietro i figli d'Israele a Gerusalemme dopo l'esilio in Babilonia" e "Ascolta, Israele, il tuo Dio è uno".

3. Quello in cui la Bibbia afferma che Dio ha agito in determinate circostanze storiche per realizzare determinati risultati in linea con la sua volontà : per esempio, "Sodoma e Gomorra furono distrutte da fuoco e zolfo piovuti su di loro" (Gn 19:24), "...e una grande inondazione coprì la terra e tutte le montagne... e l'arca si posò sul monte Ararat" (Gn 6:17), e "le mura di Gerico crollarono" (Gs 10 : 13). In questa terza categoria, la scienza e l'archeologia possono indagare, e già hanno indagato, i luoghi di questi eventi, in alcuni casi, "per provare che la Bibbia è vera". Come sappiamo, soprattutto con le mura di Gerico e l'arca di Noè che si posa sul monte Ararat, la ricerca non ha sempre confermato la storia biblica.

Abbiamo quindi in questa terza categoria il problema del rapporto tra i testi biblici che descrivono un evento storico dato per scontato e la storia come questa può essere stabilita dalle scienze. I potenziali conflitti tra il testo e la "storia scientifica " possono far dubitare a qualcuno la "verità" delle Scritture. Ed è qui che vorremmo applicare la nozione di icona. Se consideriamo le narrazioni bibliche come icone – sia come immagini statiche di un evento sia come un film d'animazione di una serie di eventi – abbiamo non solo la narrazione di ciò che è accaduto un giorno in un posto particolare, ma anche una interpretazione teologica di tale evento. Non dimentichiamo che questo è in realtà la definizione di un aspetto di un'icona: una rappresentazione artistica di una persona o di un evento interpretato visivamente alla luce di una visione di fede. Perché non possiamo dire la stessa cosa per le narrazioni bibliche? In questo caso, persone ed eventi sono interpretati alla luce della fede d'Israele: Dio ha scelto i figli d'Israele per una vocazione speciale tra tutte le nazioni della terra, quella di essere un veicolo per una rivelazione circa l'origine, il 'perché', e il destino ultimo del mondo e dell'umanità. Come abbiamo già visto, un aspetto di quella visione di fede si trova nell'affermazione che Dio ha dato questa rivelazione al suo popolo in e attraverso la vera storia di alcuni eventi e persone. E questo popolo, Israele, ha dapprima raccontato e trasmesso il messaggio oralmente, poi lo ha scritto, lo ha riveduto, lo ha canonizzato nella Bibbia, e, infine, lo ha interpretato all'interno della continuità della propria vita. Ma per decenni, se non per secoli, le scienze empiriche ci hanno mostrato che le nostre concezioni del mondo e della storia, come si trovano nella Bibbia, non corrispondono esattamente alla realtà: per esempio, la terra non è il centro del cosmo. È stato uno shock per cristiani ed ebrei a realizzare non solo la propria incomprensione cosmologica, ma anche il fatto che la stessa visione cosmologica erronea è la visione della Bibbia. La Bibbia contiene un errore, o almeno non è conforme alla realtà. Con il tempo, però, abbiamo imparato che la verità contenuta nella Bibbia, quella che Dio vuole che impariamo, non è strettamente di ordine cosmologico, ma si trova piuttosto nella visione di fede dell’"evento storico", per così dire, della creazione. Abbiamo anche tali rappresentazioni della creazione nelle antiche miniature bibliche, nelle vecchie Bibbie illustrate. Abbiamo visto che nel corso dei secoli la distanza tra la storia della creazione e le illustrazioni e l’'evento reale' della creazione è cresciuta, ma abbiamo anche imparato che si può convivere con tale distanza. La verità che Dio vuole rivelarci non è nei dettagli del 'come' della creazione, ma piuttosto nella visione della fede alla luce della quale la storia è stata composta. Noi diciamo, "In principio..."; la scienza dice " il Big Bang. " La storia di Adamo ed Eva è dello stesso tipo. Come noi, i popoli del Libro – cioè ebrei e cristiani, forse anche i musulmani – almeno una buona parte di noi si è adeguata alla distanza tra il racconto biblico della creazione e ciò che le scienze possono insegnarci sull’"evento", così noi, un buon numero in ogni caso, ci siamo abituati alla distanza tra il racconto biblico della creazione dei primi esseri umani, così come nelle antiche illustrazioni bibliche, e ciò che la scienza ci può insegnare sulla storia dell'umanità, di solito raccontato in termini di evoluzione. Tutti sono d'accordo che da qualche parte, qualche volta, apparvero per la prima volta creature che possiamo dire uguali a noi, uno o più uomini, e così pure donne. C'è stato, dunque, un 'evento storico' dietro la narrazione biblica, ma ancora una volta la verità che Dio vuole che impariamo non è nei dettagli del 'come' della comparsa del genere umano, ma piuttosto nella visione della fede alla luce di cui l'autore biblico ha composto la storia. Quanto a tutti i capitoli dalla cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden fino ad Abramo, inclusi Noè e il diluvio, abbiamo una serie di storie, diciamo anche di leggende, sulle cui basi storiche si sa molto poco. Ma queste storie sono parte dell'icona animata della protostoria o preistoria, e la loro importanza si trova quasi esclusivamente nel punto di vista, alla luce della visione di fede, dal quale sono raccontate. La distanza tra le narrazioni e il substrato storico (se ve n'è uno) è molto grande.

Quando arriviamo alla storia di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, abbiamo l'impressione di entrare in un'altra categoria: quella dei fatti reali e storici. Il quadro della storia, il palcoscenico sul quale gli attori recitano, sembra riflettere il periodo storico in cui la recita ha effettivamente avuto luogo. Non si può provare – e con quali metodi, comunque? – che Abramo e gli altri patriarchi e padri, così come i dettagli delle storie, siano reali e storici, e nemmeno il contrario, ed è abbastanza possibile che ci sia una certa distanza tra le basi storiche e il testo biblico, qualunque questa distanza possa essere, ma nulla ci impedisce di accettare le storie come icone – basi storiche più interpretazione – che Dio ci ha dato come elementi della sua rivelazione. Dopo tutto, le ipotesi che gli studiosi hanno offerto circa la storicità dei racconti biblici sono legione, e sono cambiate con i tempi e con le scuole. Non dimentichiamo che fino al XIX secolo il "consenso accademico" diceva che l'Iliade e l'Odissea non erano altro che favole, leggende, belle storie di finzione, miti senza fondamenti storici. Poi arrivò un uomo di nome Heinrich Schliemann, e tutto è cambiato. Dal momento che siamo persone del nostro tempo, vogliamo essere aperti a tutto ciò che la scienza propone come scoperta, anche nel campo degli studi biblici, ma siamo anche cristiani, e nel mio caso un cristiano ortodosso, il quale, pur avendo un orecchio aperto alla scienza, vuole avere l'altro orecchio aperto alla Parola di Dio che tutti i cristiani confessano come contenuta nella Bibbia. Così nella Bibbia abbiamo la storia reale e l'interpretazione teologica di quella storia secondo la visione della fede di una comunità di credenti, Israele. Entrambe sono contenute nella Bibbia, e per capire meglio questo libro nella sua totalità, proponiamo la nozione di icona, quella lucente gemma del tesoro del cristianesimo ortodosso, come strumento di interpretazione. Con questa nozione, la scelta tra "la Bibbia come assolutamente storica e libera da ogni errore" e "la Bibbia come mito che ha scarse o nulle basi storiche" è vista come una falsa opposizione. Esiste una terza posizione : la Bibbia non è né letteralmente storica, né un mito, ma un'icona.

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