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  Principi di base dell'attitudine della Chiesa Ortodossa Russa verso le altre confessioni cristiane

Concilio giubilare dei vescovi della Chiesa Ortodossa Russa (13-16 Agosto 2000)

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Questo testo, pubblicato su Il Regno - Documenti n.5 (876) del 1 Marzo 2001, è stato rivisto in alcune espressioni a partire dalla traduzione inglese presente sul sito del Patriarcato di Mosca.

 

1. L 'unità della Chiesa e il peccato delle divisioni tra gli uomini

1.1. La Chiesa Ortodossa è la vera Chiesa di Cristo, fondata dal nostro Signore e Salvatore stesso, la Chiesa confermata e sostenuta dallo Spirito Santo, la Chiesa di cui lo stesso Salvatore ha detto «Edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18). Questa è la Chiesa una, santa, cattolica (sobornaja) e apostolica, depositaria e dispensatrice dei Santi Sacramenti in tutto il mondo, «colonna e sostegno della verità» (1Tm 3,15) Essa ha la pienezza della responsabilità di diffondere la verità del Vangelo di Cristo, e anche la pienezza dell'autorità di testimoniare «la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Gd 3)

1.2. La Chiesa di Cristo è una e unica (San Cipriano di Cartagine, De Ecclesiae unitate). Il fondamento dell'unità della Chiesa - corpo di Cristo - sta nel fatto che essa ha un solo Capo - il Signore Gesù Cristo (Ef 5,23) e che in essa agisce un solo Spirito Santo che vivifica il corpo della Chiesa e unisce tutti i suoi membri con Cristo come suo capo.

1.3. La Chiesa è l'unità «dell'uomo nuovo in Cristo». In virtù dell'incarnazione e dell'essersi fatto uomo, il Figlio di Dio «ricominciò da capo la lunga successione degli esseri umani» (Sant'Ireneo di Lione), avendo creato un nuovo popolo eletto, stirpe spirituale del secondo Adamo. L'unità della Chiesa è superiore a ogni unità umana e terrena, poiché è data da Dio come dono perfetto e divino. Le membra della Chiesa sono unite in Cristo da lui stesso, sono come i tralci della vite, radicate in lui e convocate nell'unità della vita eterna e spirituale.

1.4. L'unità della Chiesa supera le barriere e le frontiere, specialmente quelle razziali, linguistiche e sociali. È necessario che l'annuncio della salvezza sia proclamato a tutti i popoli, affinché siano ricondotti in un solo grembo e siano riuniti dalla forza della fede e dalla grazia dello Spirito Santo (Mt 28,19-20; Mc 16,15; At 1,8).

1.5. Nella Chiesa si superano l'ostilità e l'indifferenza, e l'umanità, divisa dal peccato, è unita nell'amore secondo l'immagine della coessenziale Trinità.

1.6. La Chiesa è l'unità dello Spirito nel vincolo della pace (Ef 4,3), è la pienezza e la continuità della vita di grazia e dell'esperienza spirituale. «Dov'è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio; e dov'è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia» (Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 24), Nell'unità della vita di grazia è contenuto il fondamento dell'unità e dell'immutabilità della fede della Chiesa. Sempre e immutabilmente «lo Spirito Santo insegna attraverso i santi padri e dottori. La Chiesa universale non può peccare o errare e pronunciare menzogna invece della verità: poiché lo Spirito Santo, che è sempre operante attraverso i padri e i dottori servi fedeli della Chiesa, la preserva da ogni errore» (Lettera dei patriarchi orientali).

1.7. La Chiesa ha un carattere universale: se esiste nel mondo nella forma di diverse Chiese locali, questo tuttavia non sminuisce affatto l'unità della Chiesa. «La Chiesa, illuminata dalla luce del Signore, diffonde per tutto il mondo i suoi raggi. Tuttavia quella luce, che ovunque si diffonde, resta una sola e l'unità del corpo non si può dividere. La Chiesa estende i suoi rami su tutta la terra con esuberante fecondità ed espande su vaste regioni i ruscelli che sgorgano ricchi di acqua. Uno solo però è il principio, una sola la sorgente e una sola la madre feconda e ricca di figli: nasciamo dal suo grembo» (San Cipriano di Cartagine, De Ecclesiae unitate).

1.8. L 'unità della Chiesa risiede nel legame indissolubile con il sacramento dell'eucaristia, nel quale i credenti, partecipando dell'unico corpo di Cristo, veramente e realmente si uniscono nel corpo unico e universale, nel sacramento dell'amore di Cristo, nella forza trasformante dello Spirito. «Se infatti "tutti partecipiamo dell'unico pane", allora tutti formiamo l'unico corpo (1 Cor 10,17), poiché Cristo non può essere diviso. Per questo chiamiamo la Chiesa corpo di Cristo, mentre noi siamo le singole membra, secondo l'interpretazione dell'apostolo Paolo (1 Cor 12,27)» (San Cirillo di Alessandria). 

1.9. La Chiesa una, santa e universale è Chiesa apostolica. Attraverso il clero, stabilito da Dio, i doni dello Spirito Santo si trasmettono ai credenti. La successione apostolica della gerarchia dai santi apostoli è il fondamento della comunione e dell'unità della vita ricca di grazia. La disobbedienza alla legittima autorità della Chiesa è disobbedienza allo Spirito Santo, a Cristo stesso. «Seguite tutti il vescovo, come Gesù Cristo segue il Padre; seguite il collegio dei presbiteri come gli apostoli; abbiate per i diaconi il rispetto che avete per il comandamento di Dio. Nessuno compia qualche opera che riguarda la Chiesa senza il vescovo. (...) Dove appare il vescovo, là si trovi pure la comunità, come dove è Gesù Cristo, ivi è la Chiesa cattolica» (Sant'Ignazio di Antiochia, Ai cristiani di Smirne, 8). 

1.10. Solo mediante il legame con una comunità concreta si realizza per ogni membro della Chiesa la comunione con tutta la Chiesa. Interrompendo i legittimi legami con la propria Chiesa locale, il cristiano pregiudica la propria unità salvifica con tutto il corpo della Chiesa, si stacca da esso. Qualsiasi peccato in qualche misura allontana dalla Chiesa, anche se non separa da essa completamente. Nella concezione della Chiesa antica la separazione consisteva nell'esclusione dall'assemblea eucaristica. Ma la riammissione alla comunità ecclesiale di colui (o colei) che era stato scomunicato non avveniva mai attraverso la ripetizione del battesimo. La fede nel carattere permanente del battesimo si professa nel Simbolo di fede niceno-costantinopolitano: «Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati». Il 47° canone apostolico recita: «Il vescovo o il presbitero, che battezzi di nuovo uno che in verità ha già ricevuto il battesimo (...) sarà destituito».

1.11. Con questo la Chiesa ha reso testimonianza che colui che viene escluso conserva il «sigillo» dell'appartenenza al popolo di Dio. Riammettendolo la Chiesa restituisce alla vita colui che era già stato battezzato con lo Spirito e aggregato in un solo corpo. Anche quando scomunica uno dei propri membri, sul quale aveva impresso il proprio sigillo nel giorno del suo battesimo, la Chiesa spera nel suo ritorno. Essa considera la scomunica stessa come un mezzo di rinascita spirituale di colui che è stato escluso.

1.12. Nel corso dei secoli il comandamento di Cristo sull'unità è stato più volte violato. Nonostante la comunione di idee e la concordia universali volute da Dio, nel cristianesimo sono sorte eterodossie e divisioni. La Chiesa ha sempre trattato in maniera severa e intransigente coloro che esprimevano idee contrarie alla purezza della fede salvifica, come pure coloro che portavano nella Chiesa divisioni e discordie: «A che scopo vi sono tra voi contese, collera, dispute, scissioni e guerra? Non abbiamo noi un solo Dio, un solo Cristo, un solo Spirito di grazia effuso su di noi e una sola vocazione in Cristo? A che scopo strappare e lacerare le membra di Cristo e insorgere contro il proprio corpo e giungere a tal grado di demenza da dimenticare che siamo membra gli uni degli altri?» (San Clemente Romano, Lettera ai Corinzi, 46,1).

1.13. Nel corso della storia cristiana, dalla comunione con la Chiesa Ortodossa si separarono non solo singoli cristiani, ma anche intere comunità cristiane. Alcune di esse scomparvero nel corso della storia, altre invece si sono conservate lungo i secoli. Le divisioni più rilevanti che si verificarono nel primo millennio, e che si sono mantenute fino ai nostri giorni, ebbero luogo dopo il rifiuto, da parte di alcune comunità, di accettare le deliberazioni dei concili ecumenici III e IV. Tali contrasti ebbero come risultato la costituzione in forma autonoma di Chiese esistenti fino a oggi: la Chiesa Assira dell'Est e le Chiese non calcedonesi, le Chiese copta, armena, siro-giacobita, etiopica e malabarese. Nel II millennio, dopo la separazione della Chiesa di Roma avvennero divisioni interne nel cristianesimo occidentale, connesse con la Riforma, e che portarono all'incessante processo di costituzione di una moltitudine di confessioni cristiane che non erano in comunione con la sede di Roma. Sorsero pure divisioni dalla comunione con le Chiese ortodosse locali, inclusa la Chiesa russa.

1.14. Errori ed eresie sono la conseguenza dell'autoaffermazione egoistica e dell'isolamento. Ogni divisione o scisma provoca in qualche misura la corruzione dell'integrità ecclesiale. La separazione, anche se avviene per ragioni di natura non religiosa, rappresenta una violazione della dottrina ortodossa sulla Chiesa e in ultima analisi porta a un deterioramento nella fede.

1.15. La Chiesa Ortodossa per bocca dei santi padri afferma che la salvezza si può trovare solo nella Chiesa di Cristo. Ma, nello stesso tempo, le comunità che si sono separate dalla comunione con l'Ortodossia non sono mai state considerate come del tutto private della grazia di Dio. La rottura della comunione ecclesiale porterà inevitabilmente a una lacerazione della vita di grazia, ma non sempre alla sua completa scomparsa nelle comunità che si sono separate. Proprio a questo è connessa la prassi di non ammettere nella Chiesa Ortodossa coloro che provengono da altre comunità religiose solo attraverso il sacramento del battesimo. Nonostante la rottura dell'unità, rimane una certa comunione incompleta, che serve da segno della possibilità di un ritorno all'unità nella Chiesa, all'integrità universale e alla comunione.

1.16. La posizione nella Chiesa di coloro che si sono separati da essa non si lascia circoscrivere in una definizione univoca e semplice Nel mondo cristiano diviso vi sono alcuni caratteri che lo unificano: la parola di Dio, la fede in Cristo come Dio e Salvatore che si è fatto uomo (1 Gv 1,1c 4,2,9), e la devozione sincera.

1.17. L'esistenza di diversi riti di ammissione (attraverso il battesimo, attraverso la cresima e attraverso la confessione) dimostra che la Chiesa Ortodossa si rapporta alle altre confessioni cristiane in maniera differenziata. Un criterio è quale grado di integrità della fede e della struttura della Chiesa e delle norme della vita religiosa cristiana sia preservato in una particolare confessione. Ma fissando diversi riti, la Chiesa Ortodossa non emette un giudizio sulla misura dell'integrità o sulla corruzione della vita religiosa nelle confessioni non ortodosse, ritenendo che questo faccia parte del mistero della provvidenza e del giudizio di Dio.

1.18. La Chiesa Ortodossa è la vera Chiesa, nella quale si conservano integralmente e senza corruzioni la Santa Tradizione e la pienezza della grazia salvifica di Dio. Essa ha custodito nell'integrità e nella purezza la santa eredità degli apostoli e dei santi padri. Essa è consapevole della conformità della propria dottrina, della struttura liturgica e della pratica religiosa all'annuncio degli apostoli e alla tradizione della Chiesa antica.

1.19. L'Ortodossia non è un attributo nazionale o culturale della Chiesa d'Oriente. L 'Ortodossia è una qualità interna della Chiesa; è la preservazione della verità dottrinale, dell'ordinamento liturgico e gerarchico e dei principi della vita religiosa che si trova costantemente e ininterrottamente nella Chiesa dai tempi apostolici. Non si può cedere alla tentazione di idealizzare il passato o di ignorare i tragici errori o i fallimenti che hanno avuto luogo nella storia della Chiesa. Un esempio di autocritica spirituale lo offrono prima di tutti i grandi padri della Chiesa. La storia della Chiesa nei secoli IV-VII conosce parecchi casi di caduta nell'eresia di una parte considerevole del popolo cristiano. Ma la storia rivela anche che la Chiesa ha combattuto con fermezza l'eresia, e ha talvolta conosciuto l'esperienza del risanamento di chi era caduto, l'esperienza del pentimento e del ritorno in seno alla Chiesa. Proprio la tragica esperienza dell'emergere di idee errate in seno alla Chiesa stessa e le lotte che ne sono seguite durante il periodo dei concili ecumenici hanno abituato i figli della Chiesa Ortodossa alla vigilanza. La Chiesa Ortodossa, rendendo umilmente testimonianza al fatto di custodire la verità, nello stesso tempo ricorda tutte le tentazioni che sono sorte nella storia.

1.20. In seguito alla violazione del comandamento dell'unità, che ha provocato la tragedia storica dello scisma, i cristiani separati, invece di essere un esempio di unità nell'amore secondo il modello della santissima Trinità, sono diventati una fonte di scandalo. La divisione dei cristiani è una ferita aperta e sanguinante nel corpo di Cristo. La tragedia delle divisioni è diventata una distorsione grave e macroscopica dell'universalismo cristiano, un ostacolo che ha impedito e impedisce di testimoniare pienamente Cristo al mondo. Infatti l'efficacia di questa testimonianza della Chiesa di Cristo dipende in gran parte dalla manifestazione, nella vita e nella prassi delle comunità cristiane, delle verità che annuncia.

 

2. Aspirazione alla ricostituzione dell'unità 

2.1. Scopo essenziale delle relazioni della Chiesa Ortodossa con le altre confessioni cristiane è la ricostituzione dell'unità dei cristiani, unità voluta da Dio (Gv 17,21) e che rientra nel suo disegno; essa appartiene all'essenza stessa del cristianesimo. Questo obiettivo è di primaria importanza per la Chiesa Ortodossa a tutti i livelli della sua vita.

2.2. L'indifferenza per questo obiettivo o la sua negazione sono un peccato contro il comandamento di Dio che vuole l'unità. Secondo le parole di san Basilio Magno: «L'unica preoccupazione conveniente a coloro che servono genuinamente e veramente il Signore sia questa: ridurre, cioè, all'unità le Chiese che sono disgregate le une dalle altre in molte parti e in molti modi» (Lettere, 114).

2.3. Tuttavia, riconoscendo la necessità di ricostituire la nostra unità cristiana infranta, la Chiesa Ortodossa afferma che una comunione autentica è possibile solo in seno alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Tutti gli altri «modelli» di comunione sono inaccettabili.

2.4. La Chiesa Ortodossa non può assumere la tesi che, nonostante le divisioni storiche, la comunione fondamentale e profonda dei cristiani non sarebbe stata violata, e che la Chiesa dovrebbe comprendersi come coincidente con tutto «il mondo cristiano», che la comunione dei cristiani esisterebbe al di sopra delle barriere confessionali e che la separazione delle Chiese appartiene esclusivamente alla condizione di imperfezione dei rapporti umani. Secondo questa concezione, la Chiesa rimane una sola, ma questa unità non è sufficientemente manifestata in forme visibili. In tale modello di unità il compito dei cristiani si comprende non come la ricostituzione dell'unità perduta, ma come il manifestarsi dell'unità esistente in maniera irrinunciabile. In questo modello si ripete la dottrina, nata nella Riforma, della «Chiesa invisibile».

2.5. Assolutamente inaccettabile e legata alla concezione summenzionata è la cosiddetta «teoria dei rami», che afferma la bontà e addirittura la provvidenzialità dell'esistenza del cristianesimo nella condizione di «rami separati».

2.6. Per l'Ortodossia è inaccettabile l'affermazione che le divisioni tra i cristiani sono un'inevitabile imperfezione della storia cristiana, che esse sussistono solamente nella situazione storica contingente e possono essere risanate o superate con l'aiuto di accordi di compromesso interconfessionali.

2.7. La Chiesa Ortodossa non può accettare «l'uguaglianza delle confessioni religiose». Coloro che si sono staccati dalla Chiesa non possono essere riuniti a essa in quella condizione in cui si trovano attualmente; i principi dogmatici divergenti devono essere superati, e non semplicemente aggirati. Questo significa che il cammino verso l'unità è il cammino del pentimento, della trasformazione e del rinnovamento.

2.8. È inaccettabile l'idea che tutte le divisioni siano fondamentalmente dei tragici malintesi, che le divergenze sembrino inconciliabili solo per una carenza dell'amore reciproco, per la riluttanza a capire che al di là di tutta la diversità e la difformità c'è una sufficiente unità e concordia «nella sostanza». Le divisioni non possono essere attribuite alle passioni degli uomini, all'egoismo o ancor più a circostanze culturali, sociali o politiche. Altrettanto inaccettabile è l'affermazione che la Chiesa Ortodossa si distingue dalle altre comunità cristiane, con le quali essa non è in comunione, per questioni di carattere marginale. Non si possono attribuire tutte le divisioni e le divergenze a diversi fattori non teologici.

2.9. La Chiesa Ortodossa respinge anche la tesi secondo la quale l'unità del mondo cristiano si può ricostituire solo attraverso la via del comune servizio cristiano al mondo. L 'unità dei cristiani non può essere ricostituita attraverso il consenso sulle questioni mondane, nel qual caso i cristiani si ritroverebbero uniti su questioni marginali, conservando tutte le loro divergenze sulle questioni fondamentali.

2.10. È inaccettabile introdurre il relativismo nell'ambito della fede, limitare l'unità nella fede a un ristretto ambito di verità necessarie, per ammettere al di là di questi limiti la «libertà del dubbio». È inaccettabile la propensione stessa alla tolleranza della divergenza di idee in materia di fede. Ma con questo non si può confondere l'unità della fede con le forme della sua espressione.

2.11. La divisione del mondo cristiano è una divisione nell'esperienza stessa della fede e non solo nelle formule dottrinali. Deve essere raggiunto un pieno e autentico accordo nell'esperienza stessa della fede, e non solo nella sua espressione formale. L'unità dottrinale formale non esaurisce l'unità della Chiesa, anche se questa è una delle sue condizioni necessarie.

2.12. L'unità della Chiesa è prima di tutto unità e comunione nei sacramenti. Ma una comunione autentica nei sacramenti non ha niente a che fare con la pratica della cosiddetta «intercomunione». L'unità può essere attuata solo in un'identica esperienza e vita di grazia, nella fede della Chiesa, nella pienezza della vita sacramentale nello Spirito Santo.

2.13. La ricostituzione dell'unità dei cristiani nella fede e nell'amore può venire solo da Dio, come un dono del Signore onnipotente. La sorgente dell'unità è in Dio, e per questo i soli sforzi umani per la sua ricostituzione saranno vani, poiché «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 127 ,1). Solo il Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha comandato l'unità, è colui che può darci le forze per la sua attuazione, poiché Egli è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Compito dei cristiani ortodossi, dunque, è quello di cooperare con Dio all'opera della salvezza in Cristo.

 

3. La testimonianza ortodossa di fronte al mondo non ortodosso

3.1. La Chiesa Ortodossa è la depositaria della tradizione e dei doni di grazia della Chiesa antica, e per questo ritiene che il suo compito principale nei confronti delle confessioni non ortodosse sia la costante e infaticabile testimonianza, che conduce alla rivelazione e all'accoglimento della verità, espressa in questa tradizione. Come si dice nella deliberazione della III Conferenza panortodossa preconciliare (1986): «La Chiesa Ortodossa, nella profonda convinzione e nell'autocoscienza ecclesiale di essere portatrice e testimone della fede e della tradizione della Chiesa una santa cattolica e apostolica, crede fermamente di occupare un posto centrale nel cammino verso l'unità dei cristiani nel mondo contemporaneo (...) Missione e dovere della Chiesa Ortodossa è insegnare in tutta la sua pienezza la verità contenuta nella sacra Scrittura e nella sacra tradizione, che conferisce alla Chiesa il suo carattere universale. Questa responsabilità della Chiesa Ortodossa, come pure la sua missione ecumenica riguardo all'unità della Chiesa, sono state espresse dai concili ecumenici, i quali hanno sottolineato in particolare il legame indissolubile esistente fra la giusta fede e la comunione nei sacramenti. La Chiesa Ortodossa ha sempre cercato di richiamare le diverse Chiese e confessioni cristiane a una ricerca comune della perduta unità dei cristiani, affinché tutti possano giungere alla comunione della fede...».

L'impegno della testimonianza ortodossa è affidato a ciascun membro della Chiesa. I cristiani ortodossi devono prendere coscienza con chiarezza che la fede da loro custodita e professata ha un carattere universale, ecumenico. La Chiesa non solo è chiamata a istruire i suoi figli, ma anche a rendere testimonianza della verità di fronte a coloro che l'hanno abbandonata. «Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?» (Rm 10,14). Il dovere dei cristiani ortodossi è quello di testimoniare quella verità che è stata una volta per sempre affidata alla Chiesa, poiché, secondo l'espressione dell'apostolo Paolo, «siamo infatti collaboratori di Dio» (l Cor 3,9).

 

4. Dialogo con i cristiani non ortodossi

4.1. La Chiesa Ortodossa Russa ha un dialogo teologico aperto con i cristiani non ortodossi da più di due secoli. Per questo dialogo è peculiare la combinazione del rigore dogmatico con l'amore fraterno. Questo principio venne formulato nella Risposta alla lettera del Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico (1903) relativamente al metodo del dialogo teologico con gli anglicani e con i vecchiocattolici. Riguardo alle confessioni non ortodosse «ci devono essere la disponibilità fraterna ad aiutarle con chiarimenti, la consueta attenzione alle loro migliori aspirazioni, tutta la possibile indulgenza per il naturale imbarazzo a causa della secolare divisione, ma nello stesso tempo una risoluta professione della verità della nostra Chiesa universale come unica depositaria dell'eredità di Cristo e custode dell'unica arca salvifica della grazia di Dio (...) Il nostro compito rispetto a esse deve essere, senza porre loro inutili ostacoli all'unione con un 'intolleranza e una diffidenza inopportune, (...) quello di rivelare loro la nostra fede e la convinzione incrollabile che soltanto la nostra Chiesa Ortodossa d'Oriente, che ha custodito senza corruzione il pegno integro di Cristo, è al tempo presente la Chiesa universale, e, proprio per questo, di mostrare loro che cosa esse devono considerare e che cosa decidere, se veramente credono nel carattere salvifico della permanenza nella Chiesa e se sinceramente desiderano essere unite a essa».

4.2. Una peculiarità tipica dei dialoghi condotti dalla Chiesa ortodossa russa con altre confessioni cristiane è il loro carattere teologico. Il compito di un dialogo teologico è spiegare ai credenti delle altre confessioni l'autocoscienza ecclesiologica della Chiesa Ortodossa, i fondamenti della sua dottrina, del suo ordinamento canonico e della sua tradizione spirituale, fugare le perplessità e gli stereotipi esistenti.

4.3. Rappresentanti della Chiesa Ortodossa Russa conducono dialoghi con i credenti delle altre confessioni sulla base della fedeltà alla Tradizione apostolica, ai santi padri della Chiesa Ortodossa e alla dottrina dei Concili ecumenici e locali. Con questo si escludono tutti i compromessi dogmatici e gli accomodamenti nella fede. Nessun documento o materiale dei dialoghi e dei colloqui teologici ha vigore vincolante per le Chiese ortodosse fino a che non avranno ricevuto una definitiva ratifica da parte di tutta la Chiesa Ortodossa.

4.4. Dal punto di vista degli ortodossi, per le altre confessioni il cammino della riunificazione passa attraverso il risanamento e là trasformazione della consapevolezza dogmatica. Su questa via devono essere nuovamente ripensati i temi che sono stati discussi all'epoca dei concili ecumenici. Importante nel dialogo con confessioni non ortodosse è lo studio dell'eredità spirituale e teologica dei santi padri -interpreti della fede della Chiesa.

4.5. La testimonianza non può essere un monologo: essa presuppone degli interlocutori, presuppone una comunicazione. Il dialogo sottintende due parti, un'apertura reciproca alla comunicazione, la disponibilità a comprendere, sottintende non solo una «bocca aperta», ma anche «un cuore tutto aperto» (2 Cor 6,11). Proprio per questo una delle attenzioni più importanti nel dialogo della teologia ortodossa con le altre confessioni deve essere il problema del linguaggio teologico, della comprensione e dell'interpretazione.

4.6. Assai consolante e stimolante è il fatto che la riflessione teologica non ortodossa, così com'è espressa dai suoi rappresentanti migliori, abbia dimostrato un sincero e profondo interesse per lo studio dell'eredità patristica e della dottrina e dell'ordinamento della Chiesa antica. Nello stesso tempo bisogna riconoscere che nei rapporti tra la teologia ortodossa e quella non ortodossa rimangono molti problemi irrisolti e molte divergenze. Anzi, persino l'affinità formale in molti aspetti della fede non significa un'effettiva comunione, poiché gli stessi elementi dottrinali vengono interpretati in maniera diversa nelle diverse tradizioni teologiche.

4.7. Il dialogo con le confessioni non ortodosse ha fatto rinascere la convinzione che l'unica verità universale e l'unica norma universale possono essere espresse e incarnate in forme diverse nei diversi contesti culturali e linguistici. Nello svolgersi del dialogo è necessario saper distinguere l'originalità del contesto specifico dall'effettiva deviazione dall'integrità universale. Deve essere studiata la questione dei limiti della molteplicità nell'unica tradizione universale.

4.8. Conviene raccomandare la creazione, nell'ambito dei dialoghi teologici, di centri di ricerca, di gruppi e di programmi comuni. È importante che si tengano con regolarità conferenze teologiche, seminari e convegni scientifici comuni, che vi siano scambi di visite e di pubblicazioni e informazione reciproca, così come lo sviluppo di programmi editoriali comuni. Grande importanza ha anche lo scambio di specialisti, di docenti e di teologi.

4.9. È particolarmente utile l'invio di teologi della Chiesa Ortodossa Russa nei maggiori centri di studi teologici delle altre confessioni. È pure indispensabile invitare teologi non ortodossi in centri di studi religiosi e in istituti scolastici ecclesiastici della Chiesa Ortodossa Russa per studiare la teologia ortodossa. Nei programmi delle scuole ecclesiastiche della Chiesa Ortodossa Russa una maggior attenzione dovrà essere riservata all'esame del cammino e dei risultati dei dialoghi teologici, ma anche allo studio delle confessioni non ortodosse.

4.10. Oltre a temi propriamente teologici il dialogo deve svolgersi anche secondo un vasto spettro di problemi relativi al rapporto tra Chiesa e mondo. Un importante aspetto dello sviluppo dei rapporti con le altre Chiese è il lavoro congiunto nel campo del servizio sociale. Laddove questo non si pone in contraddizione con la dottrina e con la pratica religiosa, conviene sviluppare programmi comuni di educazione religiosa e di catechesi.

4.11. Una particolarità dei dialoghi teologici bilaterali, a differenza dei rapporti multilaterali e della partecipazione a organizzazioni intercristiane, è il fatto che questi dialoghi sono attuati dalla Chiesa Ortodossa Russa secondo quel grado e quella forma che la Chiesa ritiene in quel dato momento più convenienti. La misura e il criterio in questo caso sono i successi del dialogo stesso, la volontà dei partners nel dialogo di tener conto della posizione della Chiesa Ortodossa Russa nel più ampio spettro (non solo in ambito teologico) dei problemi ecclesiali e sociali.

 

5. Dialoghi multilaterali e partecipazione all'attività delle organizzazioni intercristiane

5.1. La Chiesa Ortodossa Russa mantiene dialoghi con i credenti delle confessioni non ortodosse non solo su una base bilaterale, ma anche su una base multilaterale, partecipando alle delegazioni panortodosse e al lavoro delle organizzazioni intercristiane.

5.2. Circa l'appartenenza a diverse organizzazioni cristiane essa si attiene ai seguenti criteri: la Chiesa Ortodossa Russa non può partecipare a organizzazioni cristiane internazionali, regionali o nazionali nelle quali: a) lo statuto, il regolamento o la procedura prevedano il rifiuto della dottrina o delle tradizioni della Chiesa Ortodossa; b) la Chiesa Ortodossa non abbia la possibilità di rendere testimonianza a se stessa in quanto Chiesa una, santa, cattolica e apostolica; c) il processo decisionale non tenga conto dell'autocoscienza ecclesiologica della Chiesa Ortodossa; d) il regolamento e la procedura prevedano l'obbligatorietà «del giudizio maggioritario».

5.3. Il grado e le forme della partecipazione della Chiesa Ortodossa Russa a organizzazioni cristiane internazionali devono tener conto della loro dinamica interna, dell'ordine del giorno, delle priorità e del carattere di queste organizzazioni nel loro insieme.

5.4. L 'entità e la misura della partecipazione della Chiesa Ortodossa Russa a organizzazioni cristiane internazionali sono determinate dalle autorità della Chiesa in base al criterio dell'utilità per la Chiesa stessa.

5.5. Sottolineando la priorità del dialogo teologico e dell'esame dei principi della fede, dell'organizzazione ecclesiastica e della vita spirituale, la Chiesa Ortodossa Russa, come le altre Chiese ortodosse locali, ritiene possibile e utile prendere parte al lavoro di diverse organizzazioni internazionali nel campo del servizio al mondo - della diaconia, del servizio sociale, della costruzione della pace. La Chiesa Ortodossa Russa collabora con diverse confessioni e organizzazioni cristiane internazionali nell'opera della comune testimonianza di fronte alla società laica.

5.6. La Chiesa Ortodossa Russa sostiene i rapporti di collaborazione come l'adesione o la cooperazione con diverse organizzazioni cristiane internazionali così come con consigli nazionali e regionali di Chiese e con organizzazioni cristiane specializzate nel campo della diaconia, dell'attività rivolta ai giovani o della costruzione della pace.

 

6. Rapporti della Chiesa Ortodossa Russa con i cristiani non ortodossi presenti nel suo territorio

6.1. I rapporti della Chiesa Ortodossa Russa con le comunità cristiane non ortodosse nei paesi della CSI e del Baltico devono essere attuati nello spirito della collaborazione fraterna della Chiesa Ortodossa con le altre confessIoni tradizionali al fine di coordinare l'attività sociale, di difendere i valori morali cristiani, di promuovere la concordia sociale e di porre fine al proselitismo nel territorio canonico della Chiesa Ortodossa Russa.

6.2. La Chiesa Ortodossa Russa afferma che la missione delle confessioni tradizionali è possibile solo alla condizione che essa si attui senza proselitismo e che non comporti la «sottrazione» di credenti, in particolare ricorrendo all'uso di benefici materiali. Le comunità cristiane dei paesi della CSI e del Baltico sono chiamate ad unire i propri sforzi nell'ambito della riconciliazione e della rinascita morale della società, a levare la propria voce in difesa della vita e della dignità umana.

6.3. La Chiesa Ortodossa opera una netta distinzione tra le professioni di fede delle altre confessioni, che riconoscono la fede nella Santa Trinità e nella divinoumanità di Gesù Cristo, e le sette che negano i dogmi cristiani fondamentali. Mentre riconosce ai cristiani delle altre confessioni il diritto di testimoniare e di curare l'educazione religiosa di quelle parti della popolazione che per tradizione appartengono a esse, la Chiesa Ortodossa si dichiara contraria a qualsiasi attività missionaria distruttiva da parte delle sette.

 

7. Compiti interni connessi con il dialogo con il mondo non ortodosso

7.1. Nel momento stesso in cui respingono le idee errate dal punto di vista della dottrina ortodossa, gli ortodossi sono chiamati ad accogliere con amore cristiano coloro che le professano. Nei loro rapporti con i cristiani non ortodossi, gli ortodossi dovrebbero testimoniare la santità dell'Ortodossia e l'unità della Chiesa. Nel testimoniare la verità, gli ortodossi devono essere degni della propria testimonianza. Sono inammissibili le offese all'indirizzo dei non ortodossi.

7.2. È necessaria un'informazione corretta e qualificata dell'opinione pubblica della Chiesa circa il cammino, i compiti e le prospettive dei contatti e del dialogo della Chiesa Ortodossa Russa con le confessioni non ortodosse.

7.3. La Chiesa disapprova coloro che, ricorrendo a un'informazione scorretta, deliberatamente travisano gli obiettivi della testimonianza della Chiesa Ortodossa al mondo non ortodosso e coscientemente diffamano le supreme autorità della Chiesa, accusandole di «tradire l'Ortodossia». Per costoro che spargono i semi dell'istigazione tra i semplici credenti è opportuno applicare le sanzioni previste dal diritto canonico. A questo riguardo è opportuno attenersi alle deliberazioni dell'Assemblea panortodossa di Salonicco (1998): «I delegati hanno condannato all'unanimità i gruppi scismatici, come pure determinati gruppi estremisti all'interno delle Chiese ortodosse locali, che sfruttano il tema dell'ecumenismo per criticare l'autorità ecclesiastica e minarne l'autorità, cercando in questo modo di fomentare dissidi e scismi nella Chiesa. A sostegno della loro ingiusta critica sfruttano falsi materiali e la disinformazione.

I delegati hanno altresì sottolineato che la partecipazione ortodossa al movimento ecumenico è sempre stata fondata e si fonda tuttora sulla tradizione ortodossa, sulle decisioni dei santi sinodi delle Chiese ortodosse locali e sugli incontri panortodossi (... ).

I delegati sono concordi nel considerare necessaria la partecipazione alle varie forme di attività intercristiane. Noi non abbiamo il diritto di rinunciare alla missione che nostro Signore Gesù Cristo ci ha affidato, la missione di testimoniare la verità di fronte al mondo non ortodosso. Non dobbiamo interrompere i rapporti con le altre confessioni cristiane che sono disposte a collaborare con noi (...) Dopo 100 anni che gli ortodossi partecipano al movimento ecumenico e 50 al Consiglio Ecumenico delle Chiese, non si è visto un progresso significativo nelle discussioni teologiche multilaterali fra cristiani. Al contrario il distacco fra ortodossi e protestanti si fa sempre più ampio, nella misura in cui in determinate denominazioni protestanti quelle tendenze si rafforzano.

Durante la pluridecennale partecipazione ortodossa al movimento ecumenico, nessun rappresentante ufficiale di qualsivoglia Chiesa locale ha mai tradito l'Ortodossia. Al contrario, questi rappresentanti si sono sempre conservati totalmente fedeli e obbedienti alle proprie autorità ecclesiastiche; hanno operato in pieno accordo con le regole canoniche, con la dottrina dei Concili ecumenici e dei padri della Chiesa, e con la santa Tradizione della Chiesa Ortodossa».

Il pericolo per la Chiesa è rappresentato anche da coloro che partecipano a incontri intercristiani parlando a nome della Chiesa Ortodossa Russa senza il beneplacito dell'autorità ecclesiastica, e anche da coloro che incrinano l'integrità dell'Ortodossia, partecipando alla comunione sacramentale canonicamente inammissibile con i cristiani non ortodossi.

 

Conclusione

Il millennio che si è appena concluso è stato segnato dalla tragedia delle divisioni, dell'inimicizia e del distacco, ma nel xx secolo i cristiani separati hanno manifestato l'aspirazione a ricostituire l'unità nella Chiesa di Cristo. La Chiesa Ortodossa Russa ha risposto con la disponibilità a condurre un dialogo di verità e di amore con i cristiani non ortodossi, un dialogo ispirato dall'invito di Cristo e dalla missione, affidataci da Dio, dell'unità dei cristiani. Anche oggi, alle soglie del terzo millennio dalla Natività nella carne del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, la Chiesa Ortodossa ancora una volta con amore e insistenza esorta tutti coloro per i quali il nome benedetto di Gesù Cristo è superiore a ogni altro nome dato agli uomini sotto il cielo (At 4,12), a un'auspicata unità nella Chiesa: «La nostra bocca vi ha parlato francamente (...) e il nostro cuore si è tutto aperto per voi» (2 Cor 6,11).

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