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  Sul battesimo dei bambini

di padre Lawrence Farley

Orthochristian.com, 3 agosto 2022

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La recente decisione dell'arcivescovo Elpidophoros di battezzare i figli surrogati di una coppia dichiaratamente gay in Grecia è solo l'ultima istanza di una serie di azioni che hanno cresto scompiglio tra gli ortodossi, venendo proprio sulla scia della sua decisione di consacrare vescovo un archimandrita deposto dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, e dopo la sua osservazione a favore dell'aborto alla Marcia per la vita, quando ha sostenuto che le donne hanno autonomia sul proprio corpo. Battezzare quei bambini era inteso come una dimostrazione di quanto sia "progressista" l'arcivescovo, che ha effettivamente raccolto tali elogi dalle prevedibili fonti pro-gay. È una continuazione della sua osservazione a favore dell'aborto alla Marcia per la vita, e avvalora l'accusa che la Chiesa greca in America sia semplicemente una Chiesa episcopaliana protestante in abiti bizantini. Ma qui vorrei esaminare non il comportamento e i valori dell'arcivescovo, ma la questione più fondamentale delle condizioni che devono essere adempiute prima che un bambino possa essere battezzato (spoiler: queste condizioni non sono state adempiute dalla coppia gay che ha chiesto il battesimo in Grecia).

Cominciamo osservando il legame indissolubile tra battesimo e fede. Il collegamento è antico quanto Mc 16:15-16, che dice: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a tutta la creazione. Chi ha creduto ed è stato battezzato sarà salvato". Notate che il credere è accoppiato con il battesimo come una delle sue condizioni. Ecco perché in ogni rito battesimale è richiesta al candidato una professione di fede. Cioè, al candidato vengono poste una serie di domande in una sorta di questionario liturgico, e il candidato deve rispondere in un certo modo prima che si possa procedere al battesimo.

Così leggiamo quanto segue nella Tradizione apostolica, documento che esprime la pratica liturgica di Roma all'inizio del III secolo. "Colui che battezza dirà: 'Credi in Cristo Gesù, Figlio di Dio, che nacque dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e morì, risorse il terzo giorno, vivo dai morti, e ascese al cielo, e siede alla destra del Padre, e verrà a giudicare i vivi e i morti?' E quando avrà detto: 'Credo', sarà battezzato di nuovo" (la seconda di tre immersioni).

La Chiesa prima interrogava il candidato per accertare se il candidato avesse una fede, e non una fede qualsiasi, ma la fede della Chiesa. Ecco perché le domande erano così dettagliate, perché c'erano altri gruppi rivali con altre fedi, gruppi come gli gnostici docetisti, che non credevano che Cristo fosse nato da Maria o fosse stato crocifisso. Le domande erano dettagliate in quanto servivano allo scopo di escludere i candidati che avevano tali opinioni gnostiche. È chiaro che la Chiesa primitiva non considerava alcuna "inclusività" (una parola magica moderna) come se fosse una cosa necessariamente buona o virtuosa di per sé.

Lo vediamo anche nel nostro odierno rito battesimale bizantino. Al candidato battesimale viene chiesto (per tre volte, non una di meno!) se rinuncia a Satana e a tutte le sue opere. Poi, dopo aver rinunciato tre volte a Satana, gli viene chiesto di nuovo per tre volte se ha rinunciato a Satana. Segue un'analoga serie di domande ripetute che chiedono se il candidato si unisce a Cristo e se crede in lui. Questa confessione di Cristo include la recita del Credo di Nicea da parte del candidato, seguita da un'altra triplice serie di domande che chiedono se ora si è unito a Cristo.

Qui c'è un questionario piuttosto lungo, ed è fatto come espressione dell'assoluta necessità di esprimere il rifiuto di Satana e l'accettazione di Cristo mediante la fede. Notate la necessità di rinunciare a Satana così come quella di accettare Cristo. Torneremo su questo più tardi.

Successivamente notiamo che credere in Cristo includeva un cambiamento di comportamento da parte dei candidati. A Gerusalemme alla fine del IV secolo, ad esempio, i candidati dovevano fornire la prova di un cambiamento di vita cambiata prima che si potesse procedere al battesimo. Il vescovo si sedeva in chiesa circondato dai suoi preti. "Poi, uno per uno, gli erano condotti quelli che chiedevano il battesimo, gli uomini con i loro padrini e le donne con le loro madrine. Mentre entravano uno per uno, il vescovo poneva ai loro vicini domande su di loro: 'Questa persona conduce una vita buona? È un ubriacone o un vanaglorioso?' Chiedeva di tutti i gravi vizi umani. Se le sue indagini gli mostravano che qualcuno non aveva commesso nessuno di questi misfatti, egli stesso accettava il suo nome; ma se qualcuno era colpevole gli si diceva di andarsene, e il vescovo gli diceva che doveva modificare il suo modo di vivere prima di potersi accostare al fonte" (dal diario di Egeria, cap. 45).

Qui vediamo ciò che era espresso nelle domande battesimali, vale a dire che la fede in Cristo implica necessariamente il rifiuto di Satana, e che il rifiuto di Satana si esprime in una vita di rettitudine, in conformità con l'insegnamento di Cristo e della Sua Chiesa. La Chiesa quindi richiede non solo il consenso intellettuale a certi dogmi, ma l'impegno per una vita morale come definita dal suo insegnamento. Se manca questa componente morale, non si può procedere al battesimo; il candidato deve "andare via" e "modificare il suo modo di vivere prima di potersi accostare al fonte".

Successivamente notiamo che non si deroga da queste condizioni nel caso dei neonati. Invece, si presuppone che quelli che allevano i bambini lo facciano in modo tale che i bambini stessi arrivino ad attenersi alla fede e a vivere la vita che tale fede richiede. Ecco perché la Chiesa accoglie le parole dei padrini come un sostituto accettabile del bambino che risponde lui stesso alle domande. Per citare ancora una volta la Tradizione apostolica: "Facciano così tutti quelli che possono parlare per se stessi. Quanto a quelli che non possono parlare per se stessi, i loro genitori o qualcuno della loro famiglia parleranno per loro". Perché i genitori o qualcuno della famiglia sono indicati come interlocutori sostitutivi? — Perché queste sono le persone che alleveranno un bambino affinché abbia la fede e la rettitudine richieste.

Infine, possiamo unire i punti. Se per il battesimo è necessaria un'accettazione sincera e fervente della fede e della moralità della Chiesa, e se quelli che portano i bambini al battesimo promettono di allevare i bambini in quella fede e moralità, allora solo quelli che hanno quella fede e quella moralità possono portare tali bambini al battesimo. Se un genitore non condivide la fede della Chiesa o se rifiuta la moralità della Chiesa, allora quel genitore non è in grado di portare il figlio al battesimo. È così semplice. Nessuno è "titolato" al battesimo; il candidato deve adempiere determinate condizioni.

Si possono aggiungere alcune osservazioni ulteriori. Il grido spesso sentito di "Lasciate che i bambini vengano a me" (da Mc 10:14) è del tutto irrilevante per tale questione, non solo perché i bambini nel testo di Marco non erano condotti al battesimo, ma anche perché le loro madri evidentemente avevano una fede fervente. Le parole non possono essere disgiunte dal loro contesto e usate come randello morale per rovesciare la disciplina battesimale della Chiesa, coerente fin dall'inizio, che poneva le esigenze dei candidati in termini di fede e di conformità alla sua prassi morale. A meno che i genitori che ora portano i figli al battesimo non abbiano lo stesso fervore di fede e di morale delle madri che portano i loro figli a Gesù, questo testo non ha alcuna rilevanza per la discussione.

Non si tratta, come si dice a volte, di "incolpare i figli per l'incredulità dei genitori", ma semplicemente di riconoscere che i genitori non sono competenti a portare i figli al battesimo. Battezzare questi bambini non condurrebbe i bambini a diventare cristiani devoti, ma piuttosto cristiani apostati, poiché i bambini non sarebbero educati per essere cristiani veri, ma semplicemente nominali. I sacramenti non sono espedienti magici, motivo per cui la fede è sempre richiesta a chi viene al fonte. E probabilmente è meglio essere un pagano onesto che un cristiano apostata, perché un pagano può sempre pentirsi e diventare un vero cristiano, mentre un cristiano puramente nominale potrebbe immaginare di essere un vero cristiano quando in realtà non lo è.

Quando tutto è stato detto e fatto, quindi, il vero problema è questo: cosa è richiesto a chi viene al battesimo? Cosa costituisce la fede cristiana? La risposta: la fede cristiana consiste nel rinunciare a tutto ciò che si ha in totale obbedienza d'amore a Gesù (cfr Lc 14:33). Il semplice assenso intellettuale a certe proposizioni incarnate nel Credo non è vera fede, e non è sufficiente per salvare. Ecco perché la Chiesa pone tutte quelle domande da questionario liturgico prima del battesimo.

Confondere il consenso intellettuale e la rispettabilità esteriore con la verità, la fede e la rettitudine morale è disastroso, poiché dà un falso senso di sicurezza spirituale. Le chiese di stato (come quelle in Inghilterra e in Grecia) di solito battezzano ogni bambino portato al fonte partendo dal presupposto che i genitori abbiano la vera fede. La falsità del presupposto è provata dal numero di persone che effettivamente frequentano la Chiesa ogni domenica. Ancora più importante, questo falso presupposto è pericoloso, perché incoraggia le persone a immaginarsi cristiane, quando in realtà non lo sono. Non basta che offrano un cenno intellettuale ai dogmi della Chiesa; hanno bisogno di pentirsi e donare la loro intera vita a Cristo. Altrimenti hanno il nome di cristiano, ma non la realtà della salvezza. Battezzando indiscriminatamente, la Chiesa distorce e diluisce inconsapevolmente il Vangelo, senza insistere perché si adempiano le vere condizioni necessarie per il battesimo.

Il recente battesimo dei figli surrogati di una coppia dichiaratamente omosessuale da parte dell'arcivescovo Elpidophoros è un esempio spettacolare di questa distorsione e diluizione. Non basta essere una celebrità greca o un amico di lunga data dell'arcivescovo. Prima di poter portare un bambino al battesimo, bisogna pentirsi e vivere secondo il Vangelo.

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