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  Dal monastero di Jordanville a una prigione di massima sicurezza in Australia

Intervista del diacono Andrej Psarev a Ivan Jigalin

ROCOR Studies

10 dicembre 2015

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Non è un segreto per nessuno che in generale la Chiesa russa all'estero non può pagare al suo clero stipendi sufficienti. I seminaristi passano anni strategicamente importanti a ottenere una decente formazione teologica al seminario della santa Trinità di Jordanville, ma poi sono da soli e devono fare ancora più sforzi per ottenere una "vera" laurea che permetta loro di provvedere alle loro famiglie. (Questa situazione mina l'alta dignità dell'ufficio sacerdotale, e sarebbe urgente un cambiamento). Nel frattempo, il lettore Ivan Jigalin racconta i punti di forza presenti nel monastero e nel seminario di Jordanville. Ivan è nato in Australia in una famiglia russa, emigrata dalla Mongolia interna cinese nei primi anni '60.

Prima di tutto, è davvero una gran bella cosa rivederci dopo tutti questi anni.

Sì, lo è.

Io sicuramente ho ricordi molto belli del nostro periodo a Jordanville. Cosa fa adesso?

da sinistra a destra: padre Gabriel Makarov, lettore Ivan Jigalin, metropolita Vitaly, lettore Pavel Iwaszewicz, arcivescovo Pavel, ragazzo non identificato. Aprile 1986

Lavoro come ufficiale di correzione, ovvero guardia carceraria. Il nome ufficiale è "ufficiale di correzione". Lavoro in un carcere di massima sicurezza nello stato di Victoria.

E da quanto tempo lavora in questa posizione?

Ormai da più di tredici anni. Quando ho finito il seminario, nel 2001, sono andato in Russia con un paio di ex-alunni – Kostya Glazkov e Igor Dubrov – e vi sono rimasto per circa un mese o un mese e mezzo. Sono tornato in Australia e nel giro di circa tre mesi ho trovato un lavoro come guardia carceraria.

La sua formazione in seminario ha avuto qualche ruolo, per quanto può vedere, nella parte di lavoro che le hanno assegnato, o non semplicemente non lo sa?

classe del 2001 con l'arcivescovo Lavr. Il lettore Ivan Jigalin è il secondo da sinistra

Non sono pienamente consapevole se abbia avuto un ruolo o no. So che uno dei reclutatori ha detto che hanno un punto di domanda sul perché qualcuno farebbe domanda di lavoro in un carcere dopo aver attraversato tutta la formazione di seminario per prete. Mi hanno chiesto direttamente perché ho fatto domanda per la prigione; e questo era un bene. Quando ho finito il seminario, la mia esperienza passata di lavoro è stata in campo informatico, nella programmazione di computer e anche nell'edilizia e non ero molto interessato a uno di questi campi. Quindi ero alla ricerca di una direzione diversa. Ero ancora incerto. Conosco un sacco di gente che ha terminato il seminario e ha subito detto "io voglio essere sacerdote" o "sono già un prete" e ha proseguito dritto su questa linea, ma io non lo sentivo dentro di me, e così ho  quello che volevo fare. Così, ho fatto domanda per un sacco di posti di lavoro, un centinaio di posti di lavoro, solo dai giornali. Sul computer avevo un modulo pro-forma, che cambiavo in base agli annunci ai quali stavo rispondendo, e cambiavo un po' il mio curriculum per rispondere ai criteri e così via, e per quanto riguarda la guardia carceraria – a essere onesto, non ricordo nemmeno di aver fatto domanda per la prigione, me ne sono reso conto solo quando ho ricevuto una risposta da loro.

il lettore Ivan, secondo da sinistra, con gli studenti e i fratelli del monastero e del seminario della Santa Trinità provenienti dalla diocesi australiana e neozelandese della ROCOR

All'interno di un carcere ci sono diverse aree in cui si può lavorare, e a seconda dell'area, i compiti variano un po'. Ma il compito più comune è seguire il benessere dei prigionieri. E questo significa eseguire attività giornaliere di base che comprendono la contabilità, i controlli di sicurezza, monitorare la presenza di tutti, organizzare i pasti, i loro orari di lavoro e qualsiasi altra necessità legale, i bisogni sociali e così via per tutti i prigionieri. Quindi, in pratica come guardia carceraria hai da fare, non vai in giro così tanto come si vede nei film, e così via, e non vai in pattuglia con un manganello, non abbiamo alcun manganello o cose simili nel carcere. Stiamo in mezzo ai prigionieri, e tutti i nostri strumenti sono le nostre capacità di comunicazione e una radio, e così pertanto dobbiamo interagire con i prigionieri per tutto il giorno per i bisogni di base.

Sì, ma ho pensato che ci sono persone che stanno lì per molto tempo, perché è un carcere di massima sicurezza. Così dunque ha una sorta di contatto speciale perché è una specie di, non vorrei dire una persona di famiglia, ma forse dovrei dire famiglia. Non so se è la parola corretta. È una persona da cui dipendono molto. Credo, perché è lì ogni giorno ed è il loro primo punto di riferimento, se hanno bisogno di qualcosa e così via, in tal modo è un tipo di legame speciale, per quanto mi viene in mente...

controllo di sicurezza al lavoro

Si, è giusto. Sviluppi rapporti con i prigionieri nell'ambito del carcere. In generale non condividi informazioni personali con loro. Questo è più un problema di sicurezza. Ma loro finiscono per conoscerti e quando passi dodici ore al giorno tra questi prigionieri, ovviamente, arrivano a sapere certe cose su di te: i tuoi atteggiamenti, il modo in cui ti comporti, il modo in cui si comportano loro e così via. Quindi ci si arriva a conoscere a vicenda. Le conversazioni sono più su temi generali, naturalmente in Australia alla gente piace molto lo sport, quindi le conversazioni includono sempre lo sport e le squadre locali di calcio e di cricket. Qui in Australia il cricket è lo sport più praticato; di tanto in tanto si introducono temi generali di politica. Di religione non si parla tanto spesso, ma la maggior parte scopre molto presto che io sono una persona di fede solo dalla mia condotta. Lo vedono immediatamente solo dal modo in cui mi comporto e così via, perché si può interagire in modi diversi, ma la gente vede attraverso tutte le facciate, le persone sono persone e se siete con loro dodici ore al giorno, naturalmente vedranno attraverso qualsiasi tua maschera, sono molto veloci a capirti e possono fare qualche domanda.

Vero. E il Signore ha detto "Ero in carcere e mi avete visitato, avevo fame e mi avete dato da mangiare." Quindi penso che questa sia una dimensione che manca nella nostra vita cristiana. Io non conosco davvero persone che vanno in prigione, o fanno altre attività sociali per i carcerati. Ecco perché ero molto interessato a questa conversazione, perché ho pensato che fa il meglio che può come cristiano entro le linee guida del suo lavoro. Voglio solo sapere, cosa le piace del suo lavoro, in fondo?

Beh, è una soddisfazione vivere un giorno senza incidenti. Questa è una grande cosa. Passa un giorno, ed è un giorno tranquillo, non succede nulla, così un giorno noioso è un grande giorno.

Wow!

cortile interno del carcere

Questo per cominciare, in un certo modo. So che quando ho iniziato, pensavo più a come entrare nella mia parte di lavoro. Naturalmente la preghiera è una grande parte. E così prima di iniziare ogni giorno, pensavo a una preghiera appropriata. E così me ne sono fatta una adatta a me. Non ne trovavo nessuna, in realtà, in tutta la letteratura. Ma la cosa più vicina era, per esempio, la preghiera di chi andava in guerra. E così ho cercato anche tropari di santi e il più vicino che ho trovato è stato quello del grande martire san Giorgio. L'espressione più vicina è "come liberatore dei prigionieri". Allora ho pregato san Giorgio ogni giorno, tutti i giorni, e sento che è molto appropriato. E poi, la teoria che impari leggendo un libro, è tutta teoria. Parliamo di amore, e la maggior parte di noi lo sperimenta tra coloro che ci sono più vicini e tra i nostri amici. E quando dicono che devi amare i tuoi nemici e che in ogni persona puoi vedere Cristo, questo diventa più difficile quando sei in una situazione in cui hai a che fare con stupratori, assassini e la cosiddetta feccia della società. Come fa a metterli insieme a ciò che hai letto e imparato? Che in una persona come questa c'è Cristo, un'immagine creata a somiglianza di Dio? E questo è ogni persona, in modo che inizi a guardare le cose più in profondità, e associ un significato più profondo a un'esperienza personale. Vedi le cose da un'esperienza personale. E molto lo vedi nel tuo modo quotidiano di trattare con la gente, le persone che sono in disaccordo con te, le persone che litigano con te, le persone che ho dovuto bloccare fisicamente continuando a ricordare che sono create a immagine di Dio. È affascinante quando ti fermi a pensarci, ma quando queste cose accadono molte volte nel corso di un giorno, io in realtà non ho il tempo di fermarmi a riflettere su di loro. Devo compiere il mio dovere e, occasionalmente, mentre sto facendo il mio dovere doveri, di affaccia la preghiera. Ma molte volte è molto difficile mettere insieme le due cose.

il lettore John (a destra) nel giorno della laurea al seminario della santa Trinità nel 2001 con suo fratello, ora ierodiacono Panteleimon

So che sarebbe difficile per me vincere la paura naturale. Mi ricordo quando abbiamo parlato l'ultima volta in Jordanville, ha detto che quando entra in una stanza, cerca sempre vedere di avere la schiena coperta. Vuole istintivamente vedere la porta. Così, la natura del lavoro che fa e ciò che viene con esso comporta la paura. Questo sarebbe un problema per me: come si fa a trattare fino in fondo con la paura? E dice che in realtà non dispone di alcuna arma. Dice di fare affidamento sulla sua capacità di conversazione, e questa è una gran cosa, ma allo stesso tempo che succede se la prendono in ostaggio? Voglio dire, è tra persone che praticamente non hanno nulla da perdere.

lavoro all'interno di un'unità

Sì, c'è sempre questa possibilità e può farti diventare ossessivo. Molte volte durante il giorno tendi ad abbassare un po' la guardia e devi costantemente ricordare a te stesso che sei in una prigione, ti trovi in questo ambiente, e che ci sono persone, come ha detto, che non hanno nulla da perdere. Tre sono le cose in cui trovo conforto, che aiutano a superare questa situazione. Ebbene, una è sicuramente la preghiera; l'altra è l'idea che il Dio mi protegge, e che io sono lì per un motivo; e l'altro è il contatto umano. Suppongo che tutti siamo interconnessi. Il contatto che hai con i prigionieri. Quindi, se ti metti, come si vede nei film, a rendere la vita difficile agli altri, se li tratti come animali, essi reagiscono come animali. Se li tratti come persone, reagiranno come persone. Questo è quello che ho trovato. Per la maggior parte, questa è la vita di ovunque, in una prigione, nella vita di tutti i giorni, nei rapporti con la gente, è la stessa cosa. Trattali come cani, reagiranno come cani. Se li tratti come persone, essi reagiscono come persone, e questo è quello che ho trovato, anche in questo ambiente. Allo stesso tempo, ho avuto modo di essere a conoscenza di ciò che è intorno a me. Spesso le cose accadono naturalmente. Ora, mentre dico che le cose accadono naturalmente, sto già pensando a vie di uscita, sto pensando a quante persone ci saranno, a quante persone bloccano la mia via d'uscita e a tutto il resto. Ora questo mi capita naturalmente, sa, è come respirare o fare una cosa naturale. Già ora, mentre cammino in una stanza, sto già pensando che qui o là c'è una porta, che là ci sono persone là, o che sta succedendo qualcosa, e anche quando sto discutendo con la gente, ho una sorta di mezza consapevolezza, sono a conoscenza di ciò che accade intorno a me. Dove sta andando quella persona? Cosa sta succedendo lì? Sono consapevole di questo, senza esserne consciamente consapevole.

Capisco. Come ha aiutato il seminario? Questa è la prima domanda. La seconda domanda è: come non l'ha preparata il seminario? Cominciamo dalla prima. Come la sua formazione a Jordanville l'aiuta quotidianamente in quello che fa?

Beh, è ​​interessante, probabilmente una delle cose migliori in cui mi ha preparato al lavoro in prigione è la routine quotidiana. Perché la routine quotidiana è molto simile a quella del monastero, ne ricalca l'essenza. Così la mattina qualcuno fa un giro con una campanella, suonando per svegliare tutti...

A che ora?

postazione di lavoro

Ebbene, in seminario era circa alle 5 o alle 5:30, ma in una prigione, è alle 7:45 di mattina, non con un campanello, ma con un altoparlante e un annuncio di prepararsi per la conta. Così, quando ci accingiamo a contarli, devono avvicinarsi alla finestrella nel vano della porta, noi l'apriamo e loro vi mettono la mano. Controlliamo che ci siano, che siano vivi, che abbiano passato la notte e così via. In un modo simile, qualcuno passa attraverso i corridoi del seminario svegliando tutti, e passando ad assicurarsi che si alzino. Dopo, normalmente, in seminario ci sono le preghiere del mattino o si va in chiesa o si fa insieme qualche lavoro di routine e così via. Poi si va a lavorare così come si fa in monastero. Si va in chiesa e poi al lavoro. Questa routine dura fino all'ora di pranzo e dopo il pranzo in modo simile. Il pranzo è alle 12; li contiamo ancora una volta prima che il pranzo sia servito. In monastero c'è un poco di tempo per parlarsi in occasione del pranzo e allo stesso tempo, anche qui, se devono essere fatte eventuali comunicazioni le si fanno anche qui dopo pranzo. In seminario, dopo i nostri studi e dopo pranzo abbiamo il nostro lavoro di obbedienza. Anche qui se ne vanno al loro lavoro. Poi la sera, la stessa cosa per la cena, qui si mangia alle 5 in genere, mentre nel monastero si cena un po' più tardi, alle 7. Così la struttura della routine è interessante, perché dal confrontato quella della prigione è simile quella del monastero. In un monastero, le persone hanno le loro celle e in una prigione hanno le loro celle dove tengono i loro oggetti. Anche questi oggetti hanno un ruolo importante nella vita degli individui. È la stessa cosa in monastero, le persone hanno le loro piccole cose nelle loro stanze singole, le loro celle, e anche i prigionieri hanno le loro piccole cose. Alcuni sono accaparratori, alcuni mantengono le loro cose ordinate. È così simile a livello pratico in tanti modi, così è una cosa che mi ha sicuramente aiutato, ho capito la routine. Suppongo che chiunque sia stato nell'esercito capisce una routine simile. Ma sicuramente lo capisce chiunque vive in una comunità, a contatto ravvicinato tra le persone. Si capisce che si devono fare concessioni per stare in stretta vicinanza con altre persone e quindi bisogna dare un po' di spazio in più alle persone. La gente può rimanere frustrata, e ancor più un prigioniero. Così in seminario si impara a perdonare, a lasciar correre e a non tenere rancore – sicuramente torna utile anche in carcere. Non si può tenere il broncio, non si può tenere rancore contro chiunque, indipendentemente dal fatto che ti abbiano fatto qualcosa, qualsiasi cosa. Lascia correre. È passato, lascia perdere; fai spazio per quel che verrà. E poi, naturalmente, ci sono anche tutte le altre materie che studi, tutta la teologia e così via. Sicuramente devi cercare di migliorare te stesso attraverso le tue azioni, proprio le tue, piuttosto che cercare di migliorare le altre persone. Questa è una grande cosa. Non vi è alcuna ragione che io stia nel mezzo dei prigionieri e cerchi di citare loro le Scrittura e di dire loro come si suppone e dovrebbero vivere la loro vita, e cose simili. La gente riderebbe di me. Rideranno di te sul momento, ma semplicemente guardando te e le tue azioni e il tuo modo di interagire, il modo in cui si parli senza imprecare, ascolti cosa dice la gente e così via. Questa è sicuramente una parte grande e la gente la vede. Mi piace pensare che solo il mio esempio significhi qualcosa, che i prigionieri pensino a ciò che fanno e così via: un esempio piuttosto che qualsiasi tipo specifico di educazione, parole elevate o cose simili.

Vero. Così dunque è difficile prevedere, di nuovo, ciò desideri che il seminario ti fornisca, che tipo di materie desideri che siano insegnate al seminario, che ti potrebbero aiutare nel tuo ministero e in ciò che farai in seguito.

al lavoro

Questo è duro. Sicuramente molto duro, ma comunque tutte le basi, che il seminario ti offre, tutte le basi del cristianesimo; i comandamenti, il Nuovo Testamento, le vite dei santi. Da quelle basi attingi qualcosa tutto il tempo. So che tra gli evangelici americani, c'è uno slogan, 'Cosa farebbe Gesù?' Va bene non credo tanto in tali slogan, ma uso gli esempi che posso trarre dalle persone con cui ho interagito in seminario, dai santi di cui leggiamo le vite. E poi, naturalmente, il primo esempio è il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Quindi questo è il primo esempio, ovviamente. Ma ci sono tutte queste aree diverse a cui attingere, piuttosto che da una qualsiasi materia specifica. Si vuole menzionare qualcosa? Direi che probabilmente l'auto-difesa sarebbe un buon compromesso.

Mi può dire di qualcuno la cui vita è cambiata e che l'ha fatta molto felice. Mi può dare qualche esempio di una sorta di trasformazione, se possibile, o qualcosa di simile; qulcosa che quando ha visto è stato molto sollevato, che l'ha fatta sentire molto felice di quello che fa perché ha visto che è stato in grado di aiutare qualcuno, e così via. Ci sono stati dei casi simili di cui può parlare?

lavoro al banco

Questo è difficile, perché purtroppo la gente con cui hai a che fare dirà una cosa e ne farà un'altra. Ma le loro azioni dimostrano che lungo la strada o avranno una ricaduta oppure no. Se stavano solo mentendo, gli unici che posso giudicare sono quelli che non ritornano di nuovo in prigione. Tra la popolazione carceraria, ci è stato detto durante la formazione, qualcosa come il 70% tornerà in prigione dopo il loro rilascio. Questo è un numero molto elevato di recidivi. E la percentuale non copre quelli che muoiono poco dopo essere usciti dalla prigione, e quelli che scompaiono e dei quali non si sa più nulla. C'è qualcosa come il 10% che ritorna a vivere una vita apparentemente normale e quelli sono il successo, quelli che non tornano in prigione e vanno a vivere una vita normale. Sono quelli con i quali non hai più nulla a che fare. Quindi, da un certo punto, come ufficiale di correzione non vedi alcun successo nel tuo lavoro, in realtà, perché il vero successo sono quelli che non vedi più un'altra volta, e in quel piccolo 10%, mi piace pensare che abbiano successo e sono felice per loro. So di alcuni che da dieci anni non sono tornati. Sono persone con cui ho personalmente interagito nel sistema. Per quanto riguarda le storie di successo, questo è tutto quello che posso dire. Non so di eventuali situazioni personali, posso solo generalizzare.

Beh, ci sono state cose che mi hanno fatto pensare a tutte le tragedie che avvengono in prigione. Ho lavorato per un po' alla gestione dei permessi per usire dalla prigione e per rientrare. E naturalmente, ci sono le famiglie. Per la maggior parte si tratta di mogli e figli. E i bambini sono molto difficili perché li ho visti arrivare come neonati e poi crescere e diventare più piccoli e cominciare a parlare e così via, ed è triste perché arrivano saendo tutta la procedura, all'arrivo stanno già mostrando l'interno delle loro tasche, stanno alzando i loro piedi. Conoscono l'intera procedura, così diventa quasi normale. Le prigioni per loro diventano normali, e vai a parlare di rompere il ciclo; purtroppo, molti prigionieri hanno zii, cugini e così via. Tutta la famiglia nasce e cresce nell'elemento criminale. Purtroppo, li guardi e ti spezzail cuore che questi ragazzi non abbiano avuto molte possibilità. Per la maggior parte, lavorare in carcere ti fa indurire. Ma c'è stato un caso in cui una madre e una figlia hanno fatto visite costanti e sono state molto gentili. Non ho mai avuto un problema con loro. Le conoscevo abbastanza bene. Venivano in visita tre volte alla settimana. La figlia aveva circa sedici anni, la madre circa trentacinque. Abbiamo saputo che un giorno hanno avuto entrambe un'overdose di droga. Sono morte entrambe nella stessa notte. Non erano insieme, erano in ambienti separati, ma sono morte entrambe nella la stessa notte, la madre e la figlia. Sapevo che queste persone entrano ed escono e ho dovuto andare con uno dei supervisori a dire al prigioniero che entrambe erano morte. Questa è una delle cose davvero difficili con cui ho avuto a che fare sul posto di lavoro. È qualcosa a cui non ho mai fatto l'abitudine e a cui spero di non abituarmi mai: vedere bambini piccoli e vedere loro familiari e vedere che cosa succede. Ci si rende conto allora che si può fare di tutto fisicamente e dare tutto il supporto e così via; ma alla fine tutto è nelle mani di Dio. E così la cosa più grande che possiamo fare è la stessa con qualsiasi lavoro. E questa cosa è la preghiera, ancor più in una prigione. La cosa più importante è la preghiera di tutti i giorni per tutti i lavoratori, per tutti i visitatori e per tutti i carcerati. Conosco in generale tutte le persone in carcere, e vedendo le cose che accadono, capisco perché accadono. So che questa è la chiesa, la chiesa ha tratto da queste esperienze e le conosce, e le ha incluse nella regola di preghiera. E questo è molto interessante per me.

Così, pensa che i seminaristi potrebbero imparare molto solo visitando carceri. Ora stiamo pensando di istituire un programma di magistero teologico, che richieda ai nostri seminaristi o agli studenti universitari che si iscrivono direttamente a questo programma, di trascorrere del tempo in ospedali e carceri. Così questo probabilmente sarà molto utile, una parte molto utile della loro formazione...

Sicuramente, entrare in questi diversi ambienti aiuta tanto. Come ho detto, ti costringe a guardare veramente le cose più a fondo e fuori dal tuo ambiente normale, comodo sul divano, a guardare la TV. A quello siamo abituati. Questa è una situazione confortevole come tutto ciò che accade intorno a noi, anche le situazioni più gravi a parte forse alcuni problemi di salute all'interno della famiglia, ma le cose per la maggior parte sono abbastanza confortevoli. Mnetre quando si va in ambienti, come dice, quali ospedali o prigioni e così via, che stanno al di fuori dalla loro zona di comfort, questo potrebbe davvero aprire gli occhi di molte persone e cominciare a far loro pensare alle cose in un modo più ampio. Includerei i paesi del terzo mondo: le persone che li hanno visti e visitati hanno provato la stessa cosa. Questo sarebbe di grande utilità. Ma di fatto non sono molti, non c'è molto ministero in Australia. Abbiamo un paio di preti. C'è uno in particolare, un prete aborigeno che ci ha visitati e ha un ruolo come anziano aborigeno, ma è pure un sacerdote. Fa visite nelle prigioni e le vede come una grande parte del suo ministero.

Giusto, giusto. E tra gli ortodossi, ci sono sacerdoti che vede, che vengono regolarmente a visitare il vostro carcere?

C'è un prete greco che viene regolarmente e che visita alcune delle prigioni della zona in modo tale che è diventato praticamente il suo lavoro a tempo pieno, fa parte della diocesi greca, ho parlato con lui. Non c'è un gran numero di prigionieri, e lui visita principalmente i greci ortodossi in carcere; non è un gran numero. Ho visto arrivare alcuni preti ortodossi russi, ma i numeri sono molto piccoli e quando sono stati in carcere, il prete veniva in modo specifico per una persona, non per un qualsiasi gruppo. Così veniva a colloquio personale con una persona.

Va bene, ho capito, ma, in fondo, i rapporti tra i prigionieri, da quello che ho capito in America, sono abbastanza brutali e violenti. C'è 'lo stesso rapporto violento tra le persone nel suo reparto, oppure riescono più o meno a comportarsi bene senza ricorrere alla violenza e alla brutalità tra di loro?

La maggior parte dei prigionieri è passata al vaglio all'arrivo per quanto riguarda la storia passata, il di crimine. Sonoo assegnati a certi reparti o a certe prigioni all'inizio e poi ad altre parti del carcere. Dipende se è una pensa da scontare in comune o in isolamento, e dipende anche dal tipo di reato. Alcuni tipi di reato comportano una vita isolata, soprattutto i reati contro i bambini o di natura sessuale. Sono segregati dagli altri perché anche i detenuti detestano quei tipo di reato. E così non resisterebbero in mezzo agli altri. Per la maggior parte, sono ragionevolmente civili. Hanno la loro piccola gerarchia. Hanno i loro piccoli gruppi e, se ci sono conflitti, questo a volte fa nascere problemi. Da quello che ho osservato, la situazione non è neanche lontanamente così brutta come quella che si vede in TV o quella che si vede nelle prigioni americane. Ho visto alcuni filmati sulle le prigioni più dure e così via. Non è sicuramente a un tale livello qui in Australia. Ci potrebbero essere uno o due individui da trattare in quel modo. Ma la maggior parte non sembra essere su quella scala.

L'ultima domanda che vorrei farle, è che cosa desidera per i seminaristi di oggi a Jordanville, dove stiamo passando attraverso ogni sorta di trasformazioni; tutto l'insegnamento è ora in inglese e abbiamo ragazzi che arrivano freschi da scuola o da un'istruzione in famiglia. C'è un gap generazionale e culturale, ma comunque Jordanville è in larga misura la stessa di quando è venuto qui, dove vedrebbe molte cose a lei care e familiari, ma allo stesso tempo si vede che nulla rimane fermo. Cosa direbbe ai seminaristi di oggi a Jordanville? Quali sarebbero i suoi desideri e suggerimenti, può condividerli con noi?

Va bene, so che questo può sembrare buffo da parte mia, ma continuo a pensare che l'obbedienza (послушание), nel senso del "dovere" dell'obbedienza, è una grande parte. Non te ne rendi conto fino a quando non lasci l'ambiente monastico e, anche se pensi di sapere tutto, di sapere come fare le cose al meglio, forse c'è qualcun altro che lo fa. Forse al momento puoi mettere in discussione tutte queste cose; ma c'è un motivo per cui ciò sta accadendo. E così l'obbedienza è una grande parte che poi aiuterà, credo, tanto nei tuoi sforzi dopo il seminario, se diventerai sacerdote o se non lo sarai e farai ancora parte della vita parrocchiale. Ma per capire questo, bisogna viverlo. Devi vivere una vita per capire che cosa significa l'obbedienza, ancora una volta, in un ambiente monastico. Se la incontri al seminario e finisci capire che cosa significa, penso che sia una grande parte.

Spiego il motivo per cui è importante per le persone, in particolare le persone che non frequentano la chiesa o non hanno una buona comprensione di ciò che significa l'obbedienza, in particolare l'obbedienza monastica. Ovviamente, non si tratta, quando si dice "obbedienza", e come qualcuno pensa, di un genitore che dice a un bambino di andare a fare qualcosa e il bambino deve obbedire e fare tutto ciò che viene detto. L'obbedienza, in particolare l'obbedienza monastica, è qualcosa su un livello spirituale più elevato, e significa rinunciare al proprio volere e in tal modo, liberarti dalla superbia. Se tutto quello che fai non è la tua volontà, la tua vita non diventa io, io, io... È affidata a qualcun altro e, infine, a Dio per cui si fa ogni cosa, e si può applicare tale modello ovunque. Allora anche a livello di chiesa non si fa un progetto perché "io ho detto così." Lo si fa perché è un bene per la comunità, è un bene per il tempio di Dio, è un bene per la volontà di Dio. Quindi tutto non si trasforma in un gioco dell'ego. Diventa qualcosa di spirituale, perché te ne sei chiamato fuori. Ecco perché trovo la parte dell'obbedienza così importante. Quando le persone entrano nel clero, anche se sono responsabili della loro parrocchia e la dirigono, c'è sempre il pericolo di cadere nell'orgoglio dell'io, io, io. "Io l'ho detto, voi fate così" diventa allora obbedienza. [Invece di dire] "Sono qui a compiere la volontà del vescovo", avrete la vostra obbedienza; e così poi tutto non girerà attorno a voi. Si tratta della Chiesa e di compiere la volontà della Chiesa, ecco perché. Va bene, spero che sia utile per tutti.

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