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  Metropolita Kallistos: Nessun altro ortodosso ha avuto tanta influenza a livello popolare

di Xenia Luchenko e Michael Sarni

Pravmir

15 luglio 2015

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Ciò che lo interessava non erano i sistemi, ma le persone e il loro incontro. Non Dio come idea filosofica, non Dio come spiegazione in qualche modo per l'ordine che troviamo nel mondo intorno a noi. Non penso che abbia parlato molto di questo, ma della necessità di incontrare Dio personalmente nella nostra vita.

Eminenza, quest'anno ricorre il 100° anniversario dalla nascita del metropolita Anthony di Sourozh. La gente in Russia lo conosce soprattutto attraverso i suoi libri, le registrazioni delle sue prediche e discorsi, e le reminiscenze di quei russi di cui ha toccato la vita. Ma si potrebbe parlare del metropolita Anthony come qualcuno che ha contribuito in modo significativo alla predicazione del Vangelo nella Gran Bretagna del XX secolo? Fino a che punto la società britannica è stata ricettiva al suo messaggio? Ha lasciato un segno nella cultura britannica? O il suo messaggio era per lo più rivolto alla comunità russa emigrata?

Il metropolita Anthony ha avuto un impatto sia sulla comunità russa emigrata a Londra sia sul pubblico più vasto. È stato la prima figura ortodossa in Inghilterra, sia chierico sia laico, a divenire ampiamente noto al pubblico inglese nel suo complesso. Sì, c'erano stati altri ortodossi attivi nel prendere contatto con i non ortodossi. Ma il metropolita Anthony, soprattutto attraverso le sue apparizioni in televisione, è stato il primo che si è affermato come figura influente nell'immaginario del pubblico britannico in generale. Così, ha dato certamente un contributo in tal senso. Ma ha anche dato un contributo nella costruzione della parrocchia russa a Londra sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca (c'era anche una parrocchia russa appartenente alla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, Zarubezhnaja Tserkov). Quando il metropolita Anthony ha preso in carica la parrocchia patriarcale di Mosca a Londra alla fine degli anni '40, si trattava di una piccola congregazione di russi emigrati. Da questa ha costruito un'attiva comunità composta principalmente da ortodossi inglesi. Ma poi, negli ultimi anni in cui il metropolita Anthony è stato attivo, c'è stato anche un nuovo afflusso di emigrati dalla Russia. Sì, il suo impatto sul pubblico britannico in generale è venuto prima di tutto dai suoi viaggi in giro per la Gran Bretagna per parlare a diversi gruppi, poi attraverso le sue apparizioni televisive, e poi attraverso i suoi libri. E nessun altro ortodosso ha avuto tanta influenza a livello popolare. In qualche modo il suo particolare messaggio parlava al cuore della gente.

Come valuterebbe il contributo della comunità ortodossa russa, e del metropolita Anthony in particolare, verso lo sviluppo delle funzioni ortodosse in lingua inglese?

Nella parrocchia russa a Londra, il metropolita Anthony è stato il primo a usare l'inglese in maniera regolare. Certo, quando ha iniziato il suo ministero alla fine degli anni '40 tutte le funzioni tenute dai cristiani ortodossi nelle isole britanniche sarebbero state in greco o in slavonico. Occasionali liturgie in inglese erano organizzate dalla Compagnia di Sant'Albano e di San Sergio, ma queste avevano luogo al di fuori del quadro della vita parrocchiale ortodossa. Quando il metropolita Anthony ha esteso il suo lavoro al di là di Londra e ha costituito una diocesi, ancora una volta, le parrocchie all'interno della sua diocesi erano per la maggior parte di lingua inglese. Così si potrebbe dire che egli abbia avuto un ruolo pionieristico nell'uso della lingua inglese (non che in Ennismore Gardens a Londra ci siano mai state liturgie esclusivamente in inglese, come ci sono state in altre parrocchie sorte sotto la sua cura episcopale). Tuttavia, in questo egli non è solo. L'inglese è stato anche ampiamente utilizzato dalle parrocchie ortodosse che appartengono al Patriarcato di Antiochia. Hanno a Londra una parrocchia di lingua araba, ma tutte le loro altre parrocchie hanno un clero convertito e usano l'inglese. Allo stesso modo, ci sono all'interno dell'arcidiocesi greca un certo numero di parrocchie che utilizzano l'inglese, ma queste sono una minoranza. Quindi possiamo dire che il metropolita Anthony è stato un pioniere nell'uso della lingua inglese, anche se ora il suo lavoro non dipende da lui solo.

Lo stile liturgico del metropolita Anthony combinava una conversazione molto personale con Dio con la franchezza di un leader di congregazione, pregando 'per ciascuno e per tutti'. Forse questo stile ha influenzato alcuni dei giovani sacerdoti? O si trattava di un dono unico?

Il metropolita celebrava la Liturgia con solennità. Di certo, lo faceva in Ennismore Gardens, anche se si opponeva a un uso eccessivo del cerimoniale. Mi disse una volta che lui era contro quello che definiva sfarzo ecclesiastico. Ma certamente celebrava la Divina Liturgia in modo solenne con le pratiche episcopali. Aveva anche, sì, il suo stile molto personale di celebrare. Di solito, non con il libro in mano: conosceva il servizio a memoria. Spesso i suoi occhi erano chiusi quando celebrava. Il suo modo di celebrare trasmetteva a me e a molti altri l'impressione di una potente preghiera. Sentivo che non stava semplicemente seguendo il rituale stabilito, ma che pregava dal cuore, così come celebrava. Ora, quanto abbia influenzato gli altri nel celebrare allo stesso modo, non sono sicuro. Sarebbe molto difficile da valutare. E il metropolita Anthony, nell'intonazione della sua voce, nel suo modo di muoversi, non era facile da copiare. Sarebbe stato, a mio avviso, un errore che gli altri cercassero di modellare se stessi su quello che era uno stile di celebrazione molto personale.

Grazie. Come ha incontrato il metropolita Anthony? Quale dei suoi tratti caratteristici, o temi di vostre conversazioni, o eventi, è più vivo nei suoi ricordi? Quando menzionano il suo nome, qual è la prima cosa che le viene in mente? Sente che l'ha influenzata in qualche modo?

La prima volta che ho sentito parlare il metropolita Anthony è stata, credo, alla conferenza annuale della Compagnia di Sant'Albano e di San Sergio nel 1955. Questo era prima che io diventassi ortodosso. Devo anche averlo sentito qualche volta quando visitava Oxford, cosa che faceva con una certa regolarità. Sono giunto a conoscerlo più personalmente in un secondo momento. Per un certo periodo ero solito andare da lui a confessarmi. E certamente l'ho sentito parlare in numerose occasioni e ho condiviso pasti con lui. E non direi che fossimo molto vicini. Eppure, non lo conoscevo solo da lontano, ma abbastanza da vicino. Quello che mi ricordo, sì, sono prima di tutto i suoi discorsi pubblici, ma anche la sua conversazione più personale. Il metropolita Anthony era una persona di grande intelligenza. Penso che non vi sia alcun dubbio che avesse una mente capace. Non era stato addestrato in modo sistematico nella teologia, nel senso che non era mai stato in un seminario teologico organizzato e non aveva mai studiato teologia all'università. Però, era stato addestrato a livello più personale a Parigi da Vladimir Lossky.

A quel tempo trovavo i suoi discorsi pubblici impressionanti. Il suo modo di trasmetterli era notevole. Avevo la sensazione (come l'avevano molti altri) mentre ascoltavo: qui c'è qualcosa di immensamente emozionante che ci sta dicendo. In seguito, però, trovavo spesso difficile ricordare esattamente quello che aveva detto. Egli tesseva una specie di incantesimo quando comunicava. Parlava quasi sempre senza testo scritto, senza alcuna nota. La maggior parte dei suoi scritti in realtà è costituita da trascrizioni dei suoi discorsi, che sono stati modificati in misura più o meno ampia. Non credo che si sia mai seduto a scrivere un libro. A volte, il lavoro editoriale è piuttosto piccolo, e si possono vedere caratteristiche che sarebbero state del tutto naturali in un discorso parlato, ma non sembrano tanto buone sulla carta. Il suo libro che trovo più chiaro, con un argomento preciso, un filo esplicito, è Meditazioni su un tema. Ed è interessante notare che ho appreso da parte dell'editore, Richard Mulkern, che egli stesso aveva fatto molto lavoro editoriale. Nella maggior parte degli altri libri è stato fatto molto meno lavoro. E quando si leggono i suoi discorsi sulla carta, in qualche modo l'argomento non appare così coerente. Forse era un effetto naturale del parlare senza note. Fino a che punto preparasse in anticipo quello che stava per dire, non lo so. Ma penso che spesso, mentre parlava, si muovesse da un argomento all'altro, più per connessione personale o idee, piuttosto che nel seguire un singolo argomento. Così spesso non mi ricordo esattamente quello che diceva. Eppure, trovo che nella mia opera pastorale, nella mia predicazione e nel consigli che do alle persone in confessione o in consulenze, spesso le cose che diceva il metropolita Anthony mi tornano in mente. Le illustrazioni che usava. I punti particolari che sottolineava. E trovo queste cose molto utili. Così il suo dono era forse più intuitivo che sistematico. Ma le sue intuizioni spesso erano molto perspicaci. E sono quei frammenti, per così dire, che tornano in mente da quello che aveva detto, che mi illuminano le cose in seguito.

Il metropolita Anthony era soprattutto un noto predicatore e missionario. Pur non essendo un teologo nel senso stretto del termine, ha fatto uso dei tesori della teologia cristiana in modo creativo, cosa che ha permesso ad alcune persone, in particolare in Russia, di parlare della 'teologia del metropolita Anthony'. Quale delle vostre opinioni teologiche sono vicine? Ci sono alcuni punti su cui lei ha un'opinione diversa?

Certamente il metropolita Anthony non era un teologo sistematico, né un teologo accademico in alcun senso del termine. Lo vedo soprattutto come un teologo della persona umana. Nella sua predicazione e nei suoi consigli personali, l'elemento che sottolineava più di tutti era l'incontro personale. Noi dobbiamo incontrare Dio personalmente. Dobbiamo relazionarci con gli altri come una persona vivente con un'altra. Credo che questo sia stato il filo conduttore del suo insegnamento. E lui avrebbe insistito sulla necessità di essere fedeli a noi stessi come persone. Ciò che lo interessava non erano i sistemi, ma le persone e il loro incontro. Non Dio come idea filosofica, non Dio come spiegazione in qualche modo per l'ordine che troviamo nel mondo intorno a noi. Non penso che abbia parlato molto di questo, ma della necessità di incontrare Dio personalmente nella nostra vita. Non era interessato ai dogmi in astratto, ma ai dogmi come espressione viva della vita personale. Non era particolarmente interessato alla storia della Chiesa. Il suo interesse era nell'opera di Cristo oggi. Quindi in tal modo lo vedo come teologo personalista. Forse fu influenzato in gioventù dall'esistenzialismo che era di moda in Francia alla metà del XX secolo. Ma se è così, questa era un'influenza che aveva assimilato e interiorizzato. Quindi sì, se vogliamo parlare di teologia del Metropolita Anthony, penso che il suo messaggio si potrebbe riassumere dicendo che non c'è nulla di più importante che le persone e il loro incontro. Egli stesso era solito parlare di come una volta, quando si sedette a leggere il Vangelo di san Marco, dopo aver iniziato uno dei primi capitoli, sentì improvvisamente che Cristo era lì davanti a lui nella stanza. E questo senso di presenza personale, così ha affermato, è continuato per tutta la sua vita. E così la presenza personale – sia su un piano verticale tra noi e Dio, sia su un piano orizzontale tra noi e l'altro – per me è stata il cuore della sua esperienza e del suo messaggio. 'Essere una persona reale' – non che io lo abbia sentito usare quella frase specifica – ma penso che sia quello che mi ha insegnato.

Anche se il metropolita Anthony era altamente rispettato da molti, ci sono opinioni molto differenti riguardo la sua opera ed eredità. A suo parere, quali potrebbero essere le cause di queste divergenze?

Sì, ha avuto difficoltà con la comunità russa presso la cattedrale di Londra verso la fine della sua vita. C'erano tensioni tra il gruppo più anziano di convertiti inglesi, gente che egli aveva ricevuto nella Chiesa dagli anni '50 in poi, e poi i nuovi russi che erano venuti in gran numero dopo la caduta del comunismo negli anni '90. Ed egli non era stato in grado di risolvere le tensioni sorte a quel tempo. Quindi, da questo punto di vista ha dovuto affrontare difficoltà, certamente verso la fine della sua vita. E si potrebbe dire che non è riuscito a risolvere le tensioni. Ciò aveva un motivo. Anche il suo successore, il vescovo Basil, non c'è riuscito. Alla fine la maggior parte dei convertiti inglesi ha lasciato Ennismore Gardens. Quando ci vado ora, vedo ben poche delle persone che conosco, ma vedo un gran numero di giovani donne russe. E il gruppo di convertiti che il vescovo Anthony aveva portato nella Chiesa, è andato nelle parrocchie sotto il Decanato che ora è nel Patriarcato ecumenico. Quindi non potrei dire che la vita del vescovo Anthony sia stata semplicemente una storia di successo. Se fosse stato più giovane e in migliori condizioni di salute, forse avrebbe potuto superare queste tensioni. Ma non c'è riuscito.

Penso che il vescovo Anthony fosse al suo meglio negli incontri personali. O quando parlava a un grande gruppo. Non era un uomo da comitato. Perciò non era a suo agio in strutture organizzate, credo: come ho già detto, il suo cavallo di battaglia era l'incontro personale. Sì, nei suoi ultimi anni ha costruito diverse strutture organizzate nella diocesi di Sourozh. Molto tempo è stato speso a preparare un'elaborata costituzione per la diocesi. Ma il vescovo Anthony si sentiva abbastanza libero di ignorare tale costituzione, se lo voleva. Così la sua forza era a livello personale, e io non credo che operasse tanto bene attraverso le organizzazioni. Ora la critica principale che avrei fatto al vescovo Anthony è che permetteva alle persone di diventare enormemente dipendenti da lui. Lo idolatravano. Forse non era del tutto colpa sua il fatto che giungessero a provare una devozione tanto ardente verso di lui. Ma sentivo che qui c'era qualcosa di malsano. Era troppo personale, nel senso sbagliato, e lo vedevano quasi come un dio in terra. E permetteva alle persone, in particolare alle donne, di diventare molto strettamente dipendenti da lui. E poi improvvisamente le abbandonava. Non credo di indulgere qui in pettegolezzi maligni, ma so di un certo numero di casi in cui passava tanto tempo con persone particolari, e poi improvvisamente le tagliava fuori, non le vedeva più, non rispondeva alle loro lettere o telefonate. Ora io non so perché aveva permesso di costruire relazioni così strette e poi le aveva abbandonate. Ma se dovessi criticare il suo lavoro, vedrei qui il suo punto più debole.

Il metropolita Anthony prevedeva una Chiesa britannica locale. Ora siamo più vicini alla realizzazione di quella visione?

Non molto più vicini. Uno sviluppo importante è stata la creazione in Inghilterra di un'Assemblea episcopale ortodossa. Gruppi simili esistevano in altre parti del mondo molto tempo prima. Dal 1960 negli Stati Uniti c'è stata la Conferenza permanente dei vescovi ortodossi (SCOBA). In Francia vi erano state commissioni episcopali di vario genere, certamente dagli anni '70. Ma noi in Gran Bretagna fino a qualche anno fa non avevamo mai avuto alcuna struttura in cui i diversi vescovi delle diverse giurisdizioni si incontrassero insieme in modo formale. C'erano contatti amichevoli informali tra vescovi e tra giurisdizioni, ma non c'erano contatti organizzati. Poi durante la conferenza inter-ortodossa a Chambésy, nel 2009, è stato detto che dovevano essere istituite commissioni episcopali in tutte le parti del mondo. E per la prima volta abbiamo avuto una tale commissione in Gran Bretagna. Questo è stato un passo in avanti, certo niente di simile alla creazione di una chiesa locale. Non credo che il metropolita Anthony avesse rapporti particolarmente stretti con le altre giurisdizioni ortodosse. Quello che ha fatto è stato di sviluppare una diocesi, con la sua costituzione, di cui ho parlato, che forse potrebbe servire da modello. Ma io non credo che fosse particolarmente interessato a costruire contatti concreti con le altre giurisdizioni. In realtà non aveva rapporti molto stretti o felici con l'arcivescovo Athenagoras (Kokkinakis), con Athenagoras II, o con il suo successore nell'arcidiocesi di Thyateira, l'arcivescovo Methodios. Ma io ho tutte le ragioni per credere che l'attuale arcivescovo Gregorios di Thyateira sia sempre stato un buon amico del metropolita Anthony. Penso che andassero d'accordo molto bene. Allo stesso modo non credo che avesse particolari contatti con la Chiesa russa in esilio, la ROCOR. Infatti quando è arrivato, i rapporti erano piuttosto difficili. Ma la riconciliazione tra la ROCOR e Mosca è venuta dopo il suo tempo. Così il metropolita Anthony era soprattutto influente con il grande pubblico e nella sua diocesi, e in particolare nella comunità di Londra. Ma non credo che sia stato molto importante nel lavoro inter-ortodosso. Non che vi fosse contrario.

Un'ultima domanda, molto lunga. La cattedrale russa della Dormizione della Madre di Dio a Londra in anni recenti è diventata prevalentemente una parrocchia della diaspora russa. La dipartita del metropolita Anthony vi ha svolto un ruolo, e così lo ha svolto il forte aumento del numero di russi che vivono in Gran Bretagna. Ma che dire dello stato attuale dell'Ortodossia nel Regno Unito? Ci sono molte parrocchie di lingua inglese? Possiamo dire che ci sono alcune tradizioni peculiari di Ortodossia britannica? I figli delle persone che si sono unite alla Chiesa ortodossa rimangono ortodossi quando crescono? Ci sono molti fedeli ortodossi di seconda e terza generazione? C'è un interesse verso l'Ortodossia tra gli inglesi, e, in caso affermativo, che tipo di interesse – una ricerca accademica nell'eredità teologica e culturale della Chiesa ortodossa, o la ricerca di un cristianesimo oltre il protestantesimo?

Questa non è tanto una domanda, quanto tutta una serie di domande. Prima di tutto, lo sviluppo della cattedrale ortodossa russa della Dormizione a Londra in una parrocchia in prevalenza di diaspora russa, era una tendenza che era già iniziata prima che il metropolita Anthony morisse. Tuttavia, si è sviluppata molto più da allora. Non credo che il metropolita Anthony abbia affrontato in particolare il problema di come lavorare in modo specifico con la nuova emigrazione dei russi. Ma aveva cominciato a farlo prima di morire. Per quanto riguarda la situazione dell'Ortodossia di lingua inglese, vi è stato senza dubbio un enorme sviluppo negli ultimi cinquanta anni. Per esempio, io sono stato ordinato diacono nel 1965, e sacerdote nel 1966. A quel tempo in tutta l'Ortodossia in Gran Bretagna c'era, credo, solo un altro sacerdote ortodosso inglese, padre Kyril Taylor nella Chiesa di Mosca con il vescovo Anthony. E c'era un diacono inglese ortodosso nella Chiesa ortodossa polacca, padre Cyril Browne. Non ricordo se ci fosse un altro convertito inglese nel clero di quel tempo. Certamente non ce n'erano nell'Arcidiocesi greca di Thyateira. Oggi su circa 200 membri del clero ortodosso di tutte le varie giurisdizioni nelle Isole britanniche, almeno un terzo è costituito da convertiti inglesi. Forse, da 70 a 80. Quindi c'è stata un'indubbia crescita di una presenza ortodossa inglese. E questi membri inglesi del clero ortodosso non si trovano solo nella diocesi di Sourozh del metropolita Anthony, o in quello che oggi è il decanato sotto Costantinopoli. Si trovano in particolare tra gli antiocheni, alcuni nella Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, e un numero piuttosto elevato nella diocesi di Thyateira del Patriarcato ecumenico. Così a livello del clero c'è stata senza dubbio una crescita.

Nei 50 anni che ho servito nella Chiesa, vi è stato anche un grande aumento dell'uso della lingua inglese. Ma non in modo uniforme. Direi che nell'arcidiocesi greca c'è ancora bisogno di molto di più inglese di quanto sia in uso al momento. Infatti i giovani nelle grandi parrocchie greco-cipriote non capiscono il greco. E così rapidamente perdono interesse per la Chiesa, perché in molte parrocchie greche al centro di Londra e altrove non è usato altro che il greco. Se i giovani non capiscono, dicono: bene, questo è per i vecchi, ma a noi non dice nulla. E si allontanano. Quindi sì, c'è progresso, viene utilizzato molto più inglese, ma non credo che si stia facendo abbastanza. È interessante che fino a poco tempo fa in tutte le parrocchie ortodosse di Londra, e ce ne dovrebbero essere più di 40, da nessuna parte si celebrava la Liturgia esclusivamente in inglese. Sì, molto inglese è usato in Ennismore Gardens, ma insieme allo slavonico. E altrove si usava un po' di inglese. Fuori Londra, sì, c'erano parrocchie ortodosse puramente inglesi. Ora c'è una parrocchia del genere anche a Londra, nella chiesa anglicana di St. Botolph utilizzata dagli antiocheni. Ma è un fatto curioso che a Londra siamo rimasti indietro nell'uso della lingua inglese. Se si dovesse andare a Parigi, si troverebbe un certo numero di parrocchie che utilizzano il francese, non solo in prevalenza, ma esclusivamente. Così qui ci siamo mossi piuttosto lentamente. Ma al di fuori di Londra, sì, ci sono molte parrocchie di lingua inglese, per la maggior parte piuttosto piccole. Le grandi parrocchie greche sono ancora fortemente nazionali greche. Così le cose cambiano, ma cambiano solo gradualmente.

È un buon punto chiedere cosa succede ai figli dei convertiti – se rimangono nella Chiesa. Non ne ho avuto abbastanza esperienza per formarmi un giudizio generale. La mia impressione è che la cosa sia molto variabile. Ed è difficile dare una sola ragione per cui in alcuni casi i figli restano, e in altri casi no. Anche tra il clero ortodosso dei convertiti inglesi a volte i figli sono rimasti con il padre prete, in altri casi – no. Così non sembra esserci un singolo modello. E di certo non posso pensare a qualsiasi soluzione magica per mantenere i giovani nella Chiesa. Se qui abbiamo un problema, ovviamente lo hanno pure tutti gli altri cristiani. E non possiamo dire come ortodossi che siamo esenti dalle difficoltà che devono affrontare gli altri.

C'è un interesse per l'Ortodossia tra popolo britannico. Sicuramente c'è un'influenza crescente. Ma ci sono anche moltissimi, per i quali l'Ortodossia è strana e straniera. Dovremo percorrere un lungo cammino prima di essere considerati una delle comunità cristiane fermamente stabilite in questo paese. Quando la gente pensa al cristianesimo in Gran Bretagna, molto spesso non pensa agli ortodossi. Sì, c'è un interesse scientifico verso l'Ortodossia. Ma non c'è dubbio che per molti inglesi la scoperta dell'Ortodossia è qualcosa che cambia la vita. Che cos'è che attrae la gente alla Chiesa ortodossa? Anche in questo caso, sarà difficile dare una sola risposta. A volte l'influenza arriverà attraverso il contatto personale. Da parte mia posso citare tre cose che mi hanno attirato alla Chiesa ortodossa. Il primo è stato la bellezza teologica dei servizi ortodossi e soprattutto della Divina Liturgia. Dico bellezza teologica perché non era solo estetica, per quanto io ami la musica della Chiesa russa. Ma i miei primi contatti con l'Ortodossia sono stati attraverso il culto della Chiesa; ed è stato quello che mi ha attirato. Quindi la scoperta della Divina Liturgia in tutta la sua profondità e la bellezza teologica spirituale è stata la prima cosa che mi ha attratto. Ma d'altro canto sono stato anche attratto all'Ortodossia dalla tradizione della preghiera interiore, e in particolare dall'uso della preghiera di Gesù, che ha svolto un ruolo centrale nella mia vita personale. E il terzo elemento dell'Ortodossia che mi ha influenzato è stato il senso della tradizione vivente, il senso che vi è una continuità ininterrotta tra l'Ortodossia di oggi e del passato. In Occidente, varie interruzioni sono venuto con lo sviluppo del papato, scolastica nel medioevo, la riforma, l'illuminismo... Incontrando l'Ortodossia ho sentito: ecco la Chiesa che ancora rimane patristica, che non ha conosciuto la scolastica o il medioevo nel senso occidentale; che è stata solo marginalmente interessata dalle controversie della Riforma. Ora è influenzata dall'illuminismo e dal secolarismo, sì, certamente. Ma mi sentivo nell'Ortodossia: ecco una Chiesa in viva continuità con la Chiesa degli apostoli, dei martiri. Sono rimasto molto colpito dalle storie delle persecuzioni in Russia negli anni '20 e '30, e la fedeltà del popolo ortodosso sotto la persecuzione in Russia. Sì, la Chiesa degli apostoli, dei martiri, dei primi Padri, dei Concili Ecumenici. Eppure, mi sentivo nell'Ortodossia: questo non è qualcosa di archeologico, o semplicemente il risultato di una ricerca accademica, ma si tratta di un patrimonio vivente, che tutto il popolo di Dio condivide. Quindi queste tre cose mi hanno richiamato all'Ortodossia: la Divina Liturgia, la preghiera interiore e un senso di continuità della tradizione vivente. Non posso parlare per gli altri.

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