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  Lo ieromonaco Gabriel (Bunge)
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Ieromonaco Gabriel (Bunge):
La riconciliazione delle Chiese, una visione personale

La giornalista Anna Palcheva, della rivista «Neskuchny Sad», ha ottenuto un incontro con padre Gabriel Bunge

Lo ieromonaco Gabriel Bunge è nato nel 1940 a Colonia. Nel 1963 è divenuto monaco benedettino, e prete nel 1973. È dottore in filosofia e teologo. Patrologo, è specialista di Evagrio Pontico. A partire dal 1980 vive in eremitaggio in Svizzera presso lo skit della Santa Croce. Nell’agosto 2010 è entrato nella Chiesa ortodossa russa.

NS. Lei si è convertito all'Ortodossia, in età piuttosto avanzata. Non capita spesso che tali decisioni siano prese così tardi nella vita. La sua conversione è avvenuta a Mosca a fine agosto 2010. Ha sollevato grande scalpore tra i cattolici. Ci ha detto che questa decisione era maturata in lei tutta la vita. Lei è un teologo, un noto patrologo, un eremita. Ci racconti di questo sviluppo.

GB. Dalla mia nascita sono stato colpito dal dramma della divisione della cristianità: mio padre era protestante, mia madre cattolica. Sono stato battezzato nella Chiesa di Roma. A 21 anni ho deciso di prendere gli ordini, ma mio padre si è opposto. Poi ho studiato alla facoltà di filosofia e sono andato a trascorrere due mesi in Grecia con amici.

È stato allora che ho incontrato la Chiesa ortodossa. Ad Atene abbiamo cominciato a discutere con gli studenti greci della facoltà di teologia che incontravamo. Ho detto a uno di loro, in seguito divenuto un famoso teologo: "Tutto mi piace di voi, tutto è bene, tranne una cosa: vi siete separati da noi." Egli rispose: "No, ti sbagli, siete voi che vi siete separati da noi".

Questa risposta è stata un vero shock per me. Appartenevo alla Chiesa cattolica, come più di un miliardo di fedeli. Conoscevo dei protestanti. Qui ho incontrato qualcosa di completamente nuovo. Sapevo che la Chiesa greca era stata fondata dall’apostolo Paolo e non si doveva dunque dargli la colpa di essersi allontanato dalla Chiesa di Roma. Questa conversazione ha suscitato in me tutto un processo di pensiero. In definitiva sono diventato comunque un monaco. Prima in un monastero benedettino in Germania. Ben presto i fratelli notarono la mia devozione alla tradizione orientale. Il priore, non senza rammarico, perché gli ero caro, mi ha trasferito a Chevetogne, in Belgio, in un monastero benedettino di rito orientale. Ho approfondito le mie riflessioni, ho letto, ho studiato la storia della separazione delle chiese. Solo un ritorno alle nostre radici comuni è in grado di portare un riavvicinamento. La Chiesa unita è effettivamente esistita in passato e questo per oltre un millennio. In un certo senso esiste ancora perché il periodo dell’unità non è dimenticato. Speriamo di essere in grado di trovare questo terreno comune, e oggi non sono certo io il solo a pensarlo.

Il motivo che mi ha fatto decidere di diventare ortodosso a questa tarda età è triste, ed è certamente sgradevole alle orecchie dei cattolici. Sono giunto alla conclusione amara che la riconciliazione è assolutamente impossibile a livello delle strutture e delle gerarchie. Non accadrà mai perché l'Oriente e l'Occidente sono divenuti troppo distanti tra loro nel corso dei secoli. Non cerco di accusare nessuno, perché è difficile dare un nome ai colpevoli. Non si tratta di altro che di cose che hanno avuto luogo nella storia. E quando mi sono reso conto dell'impossibilità di conciliare le chiese che ho deciso che l'unica cosa che potevo fare era di convertirmi. E al mio livello personale che si deve compiere la riconciliazione.

Ho pregato molto, ho riflettuto, ho preso appunti. Non desideravo altro che compiere la volontà di Dio. Ho ripetuto incessantemente nelle mie preghiere: "Se è contro la tua volontà, dammi un segno, perché tu sei in grado di non farmelo fare"

Ci siamo incontrati una volta a Milano con il monsignor Hilarion Alfeyev. L’ho messo al corrente dei miei pensieri. Per me era come una prova sul campo, volevo conoscere la sua reazione. Mi sono detto che Dio avrebbe manifestato la sua volontà. Il risultato è venuto da solo: eccomi con voi, in Russia, e felice di esserci.

NS. Nel frattempo sui siti e la stampa cattolica si dice di lei che è un traditore.

GB. Grazie a Dio, non vado su internet e non so cosa dice la gente. Questo non mi interessa affatto. Per ingenuità ero sicuro che questo evento sarebbe passato inosservato, ma è stato piuttosto il contrario. Per 50 anni ho compiuto i miei voti, da trent'anni vivo in un eremo isolato. Il mondo intero era contro di me, quando ho voluto diventare un monaco: mio padre era un noto scienziato, l’ambiente in cui sono nato, tutti i miei amici d'infanzia e di gioventù sono stati tutti contro di me, nessuno mi ha sostenuto.

L’unica eccezione è stato il mio direttore spirituale, un anziano, abate di un monastero. Spesso non si aspetta l'approvazione unanime quando si prendono decisioni molto importanti.

Non avrei mai immaginato diventando ortodosso reazioni così virulente. Non ho nulla, ho già detto, contro i cattolici. Credo semplicemente nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Cristo farà la sua unità alla Chiesa, cosa che non possiamo fare da noi stessi. Quello che è successo con me è una sorta di premonizione di ciò che accadrà, anche in un altro mondo.

NS. Trenta anni fa ha lasciato il monastero per adare a vivere come eremita nelle Alpi svizzere. Come vede il suo futuro?

GB. Ho visto molti posti in Russia, dove sarei rimasto con piacere. Penso al monastero di Valaam. I monaci mi hanno accolto come un fratello. Ho trascorso una giornata con eremiti compiendo una realizzazione spirituale. Sentivo di aver trovato ciò che ho cercato per tutta la mia vita. Ma sono tornato nel mio eremo in Svizzera.

NS. Se decidesse di cambiare luogo, che ne sarebbe dei suoi figli spirituali? Chi si prenderebbe cura di loro?

GB. Non ho gregge nel vero senso della parola. Ricevo molti visitatori nel mio eremo, vengono a confessarsi o a parlare con me. Non mi assumo nei loro confronti una responsabilità pastorale. Solo raramente mi allontano dall’eremo.

NS. Tuttavia, la sua decisione sarà percepita come qualcosa di molto grave da parte di quelli che vengono a trovarla?

GB. Sì, senza dubbio. Ma non ho mai fatto segreto delle mie convinzioni. Almeno la metà di queste persone diranno: "Questo è quello che ci aspettavamo da tempo". Due vescovi ortodossi che conoscevo da tempo mi hanno incontrato di recente in Russia e mi hanno detto: "È sempre stato uno dei nostri. Ora possiamo comunicare allo stesso calice". Ed è proprio questo ciò a cui aspiravo. In tutti i miei libri ho tradotto e commentato testi che risalgono al primo millennio, vale a dire prima la separazione delle chiese. Benedetto XVI conosce bene l'ortodossia e vi fa spesso riferimento. Purtroppo egli predica spesso nel deserto. In uno dei suoi discorsi risalenti agli anni Settanta il futuro papa aveva detto che se le chiese si unissero Roma non avrebbe diritto di pretendere più di quanto abbia fatto nel primo millennio. Ciò sarebbe stato sufficiente per mantenere l'unità. Un ortodosso, per esempio io stesso, dovrebbe rispondere: "Perfetto, torniamo allora allo stato del primo millennio". Ma io non credo che questo sia oggi possibile. La Chiesa cattolica esiste in tutto il mondo, non è la stessa in America, in Africa e in Europa. Diverse tendenze, a volte contraddittorie e incomunicabili tra loro esistono nel seno della Chiesa. Mentre alcuni accetterebbero questo ritorno al primo millennio, altri lo rifiuterebbero.

NS. Lei stesso dice che gli ortodossi sono molto più guardinghi che contrari nei loro rapporti con i cattolici.

GB. Quando nel 1961 andai in Grecia i miei professori dell'Università di Bonn mi avevano avvertito di non entrare in contatto con gli ortodossi: "Sono scismatici, non avere alcun contatto con loro". Feci del mio meglio per non compromettermi. Ma voi sapete che nessun ortodosso inciterà un cattolico a fare la comunione con lui. Un anziano ortodosso venne da me al termine di una liturgia, mi tenevo al fondo della chiesa, e mi mise in mano un pezzo di antidoro.

Oggi vediamo cattolici guidati da parrocchie ortodosse. È il Vaticano II che ha cambiato tutto. La Chiesa cattolica ha proclamato allora una politica di apertura verso il mondo intero, non solo nei confronti dell'ortodossia. I cattolici si mostrano molto amichevoli con noi. A Lugano, la mia città, la comunità ortodossa viene a celebrare la Pasqua nella cattedrale cattolica perché la sua parrocchia non può contenere tutti i fedeli. In quasi ogni casa cattolica in Svizzera o in Francia possono vedere icone. Tutti ascoltano canti religiosi ortodossi.

La chiave è che il Vaticano II è stato seguito da un periodo di secolarizzazione della società. Si potrebbe parlare di una "protestantizzazionre" del cattolicesimo. È precisamente questo spirito protestante che spaventa gli ortodossi. È proprio questa tendenza in seno alla Chiesa di Roma che sta causando il cambiamento di posizione nei confronti degli ortodossi. Sono stato testimone di questo cambiamento di atteggiamento. Ma io non sono poi così vecchio. Le relazioni tra le due Chiese sono spesso cambiate nel tempo. Ci sono stati periodi di "coesistenza pacifica", seguiti da periodi di attivismo proselitistico da parte dei cattolici. Gli ortodossi rispondono con un atteggiamento difensivo. È una sorta di movimento a pendolo.

È solo dall’alto che ci verrà la risposta.

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