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  Incontro con il “prete punk” di Mosca: l’igumeno Sergej Rybko

di Alexander Marquardt, ABC News, 16 ottobre 2009

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Un martedì sera, una sala di registrazione scura alla periferia di Mosca ospita il suo "Rock Festival" settimanale. Davvero non è niente di più di una notte open-mic (a microfono aperto) perché le bande hard rock locali mostrino il loro talento, una cosa che alcuni gruppi potrebbero sfruttare un po’ di più come addestramento.

Adolescenti e poco più che ventenni girano per la sala, una manciata di persone sta di fronte al palco, il resto è sparso in tutta la stanza dal soffitto basso, seduti ai tavoli o in piedi in gruppi. Jeans di pelle e cinture borchiate sono di rigore.

Alle 8:30, la porta della sala si apre ed entra un uomo che sembra decisamente fuori contesto. Calvo e barbuto, cammina con l'andatura di un uomo di grande taglia e con la fiducia di chi ha familiarità con l'ambiente attorno a lui.

Una rapida occhiata identifica immediatamente l’uomo con una tonaca nera e una larga croce dorata al collo come un prete ortodosso russo.

Padre Sergei Rybko si fa strada attraverso il centro della stanza e si fionda su una sedia a sei metri alla destra del palco. Per uno che è così chiaramente fuori dal suo elemento, non ottiene molti sguardi da hipsters e headbangers. Lo hanno visto qui prima d'ora.

Appena la banda alternativa degli OffiGella ha finito il suo pezzo, il quarantanovenne padre Rybko si alza e si dirige verso il palco. Aspetta dietro le quinte mentre il suo assistente dai capelli lunghi, Jurij, lo presenta come ex hippy e partecipante regolare ai rock festival. Il pubblico di 30 ragazzi di fronte al palco applaude Rybko quando prende il microfono e fa il segno della pace.

Fa un intervento breve, ben consapevole che la folla non sopporterebbe un lungo discorso religioso. Questa notte sono qui insieme, perché in un certo senso, dice loro, sono un club di cuori solitari, come la "Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band". Qui, insieme, i loro cuori sono uniti, ma, in seguito, saranno soli.

"Non è necessario stare soli", dice. "Se vi rivolgete a Dio, non sarete mai soli."

Un altro segno di pace, un leggero inchino, e la folla esulta mentre Rybko esce di scena. Arriva una band heavy metal, con un "cantante" dal ruggito che potrebbe frantumare le finestre.

Un giovane va un dritto verso Rybko mentre viene giù dal palco. "Volevo dirgli un grande grazie per essere venuto e per il suo sostegno", dice in seguito il giovane. "Avevo alcune domande e non sapevo con chi parlarne, così ho chiesto a lui e mi ha spiegato tutto."

Rybko si trattiene per qualche istante, guardando una forma di mosh pit prima di fare la sua uscita. Esce prima che Gella, la prima cantante degli "OffiGella", abbia la possibilità di parlare con lui. Una bella ragazza dai capelli rossi, è incinta e i suoi compagni l’hanno invitata a chiedergli se va bene continuare a cantare a questi spettacoli.

La sua missione è un impegno della chiesa, richiesto dal patriarca (a capo della Chiesa ortodossa), per raggiungere i giovani della sottocultura rock.

Nonostante l’incarico dall'alto, tuttavia, Rybko è realistico sulla misura di successo che può avere. "Almeno non mi hanno tirato nulla addosso", dice quando gli chiediamo un’auto-valutazione della serata. "Il mio lavoro è quello di seminare, sta a Dio coltivare."

"Se quello che dico cambia qualcuno, se lo rende più puro, più vicino a Dio, allora la serata è un successo," dice.

Non è un caso che il patriarca lo abbia scelto per questo lavoro. Rybko ha del credito con questo gruppo perché sanno che prima di girare con una tonaca, si era ribellato contro il comunismo sovietico negli anni ’70, avviando una band e guidando un piccolo gruppo di anarchici prima di diventare un hippy vagabondo. "Sono stato un rocker e lo sarò sempre", dice. "Per il giovane medio dietro la cortina di ferro, il rock rappresentava l'unica verità che si poteva ascoltare."

Il suo primo lavoro nella chiesa è stato a 19 anni come campanaro, quando mescolava i rintocchi tradizionali con le canzoni dei Pink Floyd e dei Led Zeppelin. Alle vecchie signore nella congregazione piaceva molto, dice. Il lavoro in chiesa gli era confacente e, a 28 anni, è stato ordinato sacerdote.

Due giorni dopo l'apparizione presso la sala, Rybko sta di fronte a un pubblico completamente diverso alla funzione mattutina nella chiesa di san Sergio di Radonezh nei sobborghi di Mosca.

È una casa piena, la congregazione è più anziana, per lo più donne con sciarpe che coprono il capo. Seguono Rybko nella preghiera e ricevono la comunione prima che la funzione culmini con la tradizionale processione dell'icona intorno alla chiesa.

"Queste persone hanno già scoperto Cristo, e il mondo ortodosso è l'essenza della loro vita", dice accanto alle porte della chiesa. "Nei club, parlo con persone che sono molto lontane da Dio, da Cristo, dalla religione ortodossa.

"Se apro la Bibbia [nei club] e inizio a parlare come un prete, scappano tutti. Quindi devo usare la loro lingua, ma fare in modo che capiscano che sta parlando a loro un prete, e che il cristianesimo risolverà i loro problemi", aggiunge.

Quando i fedeli se ne vanno, si dirige verso la parte posteriore della chiesa in un piccolo edificio dove ha creato quello che lui chiama il suo rock club.

È proprio il tipo di stanza piccola e buia con un odore strano che un ribelle di 16 anni avrebbe creato nel garage dei suoi genitori. Ci sono intorno strumenti e amplificatori, lampeggiano luci multicolori flash e sui muri ci sono graffiti fatti con vernice spray.

Ma, poi, ti accorgi che c’è arte religiosa e una grande croce sul soffitto.

“È molto insolito", spiega Dmitrij Rock (è il suo nome d'arte), il chitarrista con capelli lunghi e due piercing al labbro inferiore. "Quando sono arrivato qui, non potevo credere che un prete avesse sistemato il locale. Poi ci siamo abituati."

I musicisti sono liberi di venire qui e provare; meglio passare il tempo qui che sulla strada, dice Rybko.

Il rock non è religioso e l'obiettivo palese di Rybko non è quello di trasformare le persone in fedeli assidui della chiesa. Ma così come ha fatto Rybko quando era più giovane, ora hanno iniziato a dare una mano in chiesa.

Nonostante il suo vivace passato, Rybko ammette che, in questi giorni, si sente più a suo agio a predicare in chiesa che a passare tempo ai concerti e nei club.

"Trent'anni fa [quella] sarebbe stata la mia casa", dice.

"[Ora] mi sento più a casa in chiesa, che è più vicina a me. Ma è mio dovere andare [nei club]. Se non lo faccio io, chi lo farà?"

VIDEO (ABC News)

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