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  Intervista di Tudor Petcu a padre Eugenio Miosi
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Le chiederei innanzitutto di dirmi come era lei da un punto di vista spirituale prima della sua conversione all'Ortodossia. Cosa l'ha deluso nel mondo cristiano in cui lei è stato cresciuto?

Sono nato e cresciuto in una famiglia radicata nella fede cristiana cattolica, educato alla preghiera e avviato nella conoscenza dei contenuti della fede non solo da parte dei miei genitori ma anche delle zie e soprattutto dai miei nonni. Una fede equilibrata quella della mia famiglia, dove si viveva facendo tesoro del latino e di tante consuetudini care alla tradizione cattolica, e anche con una mens aperta a quanto espresso nel Concilio Vaticano II. Ma il dono maggiore che mi è stato trasmesso dalla mia famiglia è stata la scelta radicale della coerenza tra vita di fede e vissuto quotidiano, insieme alla volontà di testimoniare questa fede senza rumore, col cuore rivolto a quel Padre che vede nel segreto, che chiede di non far sapere alla sinistra ciò che fa la propria destra. In tutta onestà devo dire che ero davvero un cattolico convinto e felice di essere tale: la santa messa e l’adorazione eucaristica, il santo rosario e l'amore per il papa e per il magistero erano capisaldi della mia vita.

Negli anni del liceo ebbi un primo approccio con la liturgia dell'Oriente Cristiano, a cui i miei genitori partecipavano volentieri. Insieme a loro ebbi modo di visitare Piana degli Albanesi, Mezzojuso e la parrocchia di San Nicolò dei Greci a Palermo. La liturgia orientale mi affascinava molto, dandomi una carica spirituale davvero notevole. Ma ancora non riuscivo a collegare tutto questo ai tanti altri elementi sparsi che costituiscono il patrimonio spirituale ortodosso dei siciliani, elementi presenti nell’iconografia e nella pietà popolare, una eredità di cui ero inconsapevole possessore, come tesoro nascosto che giaceva nel mio campo, un campo che però dovevo ancora riscattare. E il tesoro lo acquistai ma solo dopo aver venduto tutto il resto. Il Cattolicesimo mi ha dato il primo annuncio di Cristo, non posso parlare di delusioni, devo anzi esserne grato. Ma nella Chiesa Ortodossa ho incontrato Cristo Risorto, l'ho visto, l'ho toccato. Ho trovato il tesoro nascosto per cui era necessario dare via tutto il resto.

Come descriverebbe il suo incontro con l'Ortodossia? Apprezzerei moltissimo se potesse dirmi quale fu la grande novità che ha scoperto nella Chiesa Ortodossa. Si potrebbe parlare anche di una sua rinascita spirituale nel mondo ortodosso?

Fu sempre in quegli anni che mia madre mi regalò un’icona che riproduceva la celebre Trinità angelica di Sant’Andrej Rublev. La luce e la vera teologia che si irradiano da questa icona sono state una pietra miliare nel mio cammino. Scoprivo a poco a poco la stessa teologia e la stessa luce nei mosaici di alcune chiese siciliane a Palermo, a Monreale e Cefalù, così come negli affreschi o nelle icone perdute nei musei della mia terra, superstiti di un passato fatto di Gloria (quella “Slava” che è glorificazione) e di Testimonianza, che fu autentica martyria nella Magna Grecia dove i cristiani ortodossi diedero la vita per la Fede.

Come le tessere d'un mosaico accostate l'una all'altra ci mostrano il volto del Cristo Pantocratore, così le varie reliquie fatte di memorie e testimonianze ortodosse mi svelavano a poco a poco il volto della Chiesa Ortodossa, la Chiesa dei miei padri.

Dopo il liceo iniziai a studiare teologia cattolica. L'approccio non fu affatto semplice. Avvertivo un'aridità fuori del normale, stridente con quella che era la mia vita di fede. La stessa definizione di teologia quale “scienza della fede”, al pari delle scienze umane e trattata di fatto come una di esse, mi appariva come una aberrazione, e tuttavia mi immersi appieno in tutto questo, desideroso di approfondire la mia fede. In quegli anni potei frequentare anche alcuni corsi di teologia orientale, e incontrai così i primi testi di teologia ortodossa. Conobbi così i teologi russi della scuola di Parigi, con le loro storie di esilio e riscoperta della fede ortodossa in terra occidentale. In particolare mi piacque molto Pavel Evdokimov, un teologo laico che si sudava il pane quotidiano lavorando come un cittadino qualunque. Ma fu certamente la lettura dei libri di Panayotis Nellas, teologo greco, e l'incontro con i Santi Padri a scavare dentro di me in profondità.

Intorno al secondo anno venni a sapere di un gruppo di monaci che dal Monte Athos si erano recati in Calabria per ricostruire un antico monastero ortodosso. Questa notizia mi entusiasmò, e dentro di me nacque il desiderio di conoscere questi uomini che arrivavano da luoghi lontani e così santi, per restituire alla nostra terra quella Verità gridata dalle pietre di venerabili ruderi: questa era e torna ad essere terra Ortodossa!

Poco tempo dopo seppi di due monaci di rito orientale che si erano ritirati in un povero eremo di Palazzo Adriano, e che successivamente si erano convertiti alla Fede Ortodossa. Poi di altri due eremiti che venivano dal mondo francescano e vivevano in povertà e preghiera sui monti delle Madonie. Incontrai per caso uno di questi eremiti francescani per ben due volte, una figura davvero carismatica, le sue parole iniziarono a squarciare il velo che copriva la mia vista spirituale. Fu il primo a dirmi che “la teologia è la vita con Dio e non i trattati su Dio”.

Decisi di approfondire. Lessi la Vita di Sant'Antonio il grande scritta da sant'Atanasio e i Detti dei Padri del deserto, e poi le vite di altri santi monaci e monache, sia cattolici che ortodossi. In seguito visitai anche qualche illustre abbazia benedettina. Fu una delusione. Mi colpì molto come con il passare dei secoli il monachesimo in occidente fosse stato svuotato della sua essenza, tanto da essere oggi profondamente svalutato nel mondo cattolico. Mi colpì molto anche l'apprendere come molti santi ancora oggi venerati in Sicilia fossero stati monaci, e monaci ortodossi!

Pian piano dopo queste letture e testimonianze maturava in me un desiderio più intimo di silenzio, un bisogno di mistica solitudine. Il sacerdote con cui mi confessavo visto il mio interesse, mi fece leggere un libro che raccoglieva interviste a uomini e donne contemporanei che nel cattolicesimo avevano scelto la vita eremitica. Mi entusiasmò sapere che questa scelta di vita non fosse solo un ricordo del passato, e che i pochi eremiti di cui sapevo non erano i soli. Una di queste interviste era di un monaco che si era ritirato in solitudine nella grande valle eremitica di Pantalica. Un altro, un benedettino, viveva in Svizzera, lo avrei incontrato di persona anni dopo a Milano, sia io che lui entrambi già nella comunione della Fede dei Padri.

Ringraziai il confessore per questa lettura, e gli manifestai il desiderio di vivere così anch'io. Per tutta risposta si mise a ridere dicendomi che con tutte le necessità di questo mondo non dovevo buttare la mia vita per ritirarmi in una grotta con una capretta (l'iconografia del santo Calogero raffigurato insieme alla cerva è molto cara ai siciliani, anche ai più progressisti!). Mi spiacque molto questa risposta, che tuttavia non poté fermare la mia ricerca spirituale.

Un anno dopo riuscii a contattare i monaci aghioriti che vivevano in Calabria e grazie a loro il Signore mi diede la vera illuminazione. A Bivongi per la prima volta incontravo la Chiesa Ortodossa viva, in una comunità di monaci che testimoniava una continuità di fede e di vissuto senza fratture tra i secoli o i millenni, tra presente e passato, una Chiesa fedele nel trasmettere ciò che dal Maestro ha ricevuto senza rinnegare o idolatrare il passato, né stigmatizzare il futuro, e dove “Oggi comincia la nostra salvezza”. Questa è stata certamente la novità rispetto ad un Cattolicesimo che si autodefinisce oggi Conciliare, ieri era Tridentino, e domani... vorrei tornasse e restasse patristico! Così è iniziata la mia rinascita, dico iniziata, perché l'uomo vecchio muore un po' alla volta, e anche l'uomo nuovo nella sua nascita necessita dei necessari tempi di gestazione.

Qual è per lei il più importante significato della liturgia ortodossa? Può anche spiegarmi come intende lei la solennità della liturgia ortodossa dalla quale sono colpiti tanti occidentali che si sono convertiti all'Ortodossia?

Come già accennato la liturgia è stato uno dei primi gradini di questa scala spirituale che mi ha gradualmente portato alla Retta Fede e dunque alla Retta Glorificazione: Pravoslavie!

La differenza tra le liturgie celebrate dai greco-cattolici a cui avevo assistito e le celebrazioni dei cristiani ortodossi al monastero di Bivongi e poi in Grecia, erano molto forti sul piano spirituale, cioè della grazia. I primi spesso insistono sul ritualismo, perché il rito è tutto ciò che giustifica il loro stesso essere, accentuando una artificiosa teatralità. Inoltre non può esservi vera liturgia senza la retta glorificazione, i riti ortodossi senza l'Ortodossia sono un’aberrazione. Ma di questa aberrazione non si può incolpare i greco-cattolici che spesso sono solo vittime più o meno inconsapevoli. D'altra parte il pericolo di scadere nella teatralità e nello spettacolo non è poi così lontano nemmeno da certi ambienti ortodossi, laddove si sacrifica la pietà in favore di una estetica fine a se stessa.

La liturgia ortodossa è l'irrompere dell’eternità nel tempo, il cielo che scende sulla terra perché questa si trasfiguri in cielo, una pregustazione del paradiso. La solennità non è semplicemente ritualistica, non è data dai magnifici cori o dagli ori splendenti, la solennità della nostra liturgia è epicletica e sostanziale, perché Cristo è in mezzo a noi!

Se nel cattolicesimo la liturgia è stata purtroppo ridotta a un tentativo antropo-sociologico di rivolgersi a Dio da parte dell'uomo, attraverso riti antropocentrici; nella Liturgia della Chiesa Ortodossa è Dio il protagonista, e l'uomo è invitato da Dio a entrare nella vita divina. Per questo diffido di quei chierici, anche tra gli ortodossi, che nelle celebrazioni cercano di far emergere se stessi anzichè lasciare che Dio si manifesti.

Ho vissuto la liturgia per tanti anni come fedele laico, da poco tempo la vivo come sacerdote. Sia prima che dopo ho avvertito questa dimensione epicletica in tutte le nostre celebrazioni, e in modo particolare nella Divina Liturgia, dove l'epiclesi è su noi cristiani e, insieme a noi, sui santi Doni, per cambiarci tutti insieme nel Corpo e Sangue di Cristo.

Vista la sua conversione all'Ortodossia, potrebbe dire che lei ora è anche un testimone della fede ortodossa, della retta fede in Italia?

Oggi quando servo la Divina Liturgia avverto tutta la mia indegnità e inadeguatezza, e soprattutto so che non sono io a celebrare ma Cristo stesso celebra e si rende presente come Sacerdote ed Offerta. In questo senso sì, oserei dire che nella Liturgia Eucaristica che irradia la liturgia della vita io sono solo un testimone della Retta Glorificazione, e con essa e in essa glorifico Dio rendendo questa testimonianza. È il mistero della Risurrezione come vissuto dall'apostolo Tommaso che toccò il costato del Signore, così anche noi, entriamo nel Corpo di Cristo e diventiamo testimoni del Risorto. In questo senso sono anch'io testimone come lo è ogni cristiano che può così gridare/glorificare: Cristo è risorto! Perché il Risorto lo abbiamo incontrato, lo abbiamo visto, lo abbiamo toccato, gustiamo ogni giorno la sua bontà.

Se qualcuno le chiedesse di spiegare perché le redenzione si trova nella Chiesa Ortodossa, quali sarebbero i suoi argomenti? Nella sua prospettiva perché la verità si trova nella Chiesa Ortodossa più di quanto si possa immaginare?

Possiamo avere redenzione solo in Cristo. La vita in Cristo è ciò che ha dato gioia e luce a tutta la mia esistenza, illuminando anche i momenti più bui e tristi del passato, infondendomi la speranza per il futuro. Tutto questo non è solo esclusivo dono per me, perché il Signore vuole che tutti siano salvati, e vuole che ci salviamo insieme. Nella Chiesa Ortodossa l’affidare noi stessi gli uni gli altri e tutta la nostra vita a Cristo Dio, insieme all'amarci gli uni gli altri per poter insieme confessare l'amore Trinitario, è l'essenza di tutta la fede e di tutta la vita di un ortodosso. Qui ho incontrato Cristo, mia salvezza. Per questo dico: qui è la Redenzione e qui è la Verità! Non è teoria, ma un semplice ed evangelico “venite e vedete”.

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