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  Intervista di Tudor Petcu ad Alberto Nicelli
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Tudor Petcu: Prima di parlare del modo in cui lei ha incontrato e scoperto l’Ortodossia, mi piacerebbe che mi parlasse un po’ dell’eredità spirituale che ha ricevuto nel mondo cristiano in cui lei è nato e cresciuto.

Alberto Nicelli: Sono nato e cresciuto respirando l’aria di un freddo e formale cattolicesimo, senza guide forti o modelli di riferimento in famiglia: battesimo appena nato, prima comunione a 7 anni e poi la cresima a 12 o 13 anni (non ricordo bene). Come si fanno le vaccinazioni obbligatorie. Poi quasi più nulla, se non qualche Messa, in occasione di matrimoni e funerali.

Tenendo conto del suo percorso spirituale, potrebbe dirmi qual è stata di fatto la ragione per cui lei ha scelto la conversione all’Ortodossia? Si potrebbe dire che la Chiesa ortodossa abbia conquistato subito il suo cuore e se sì, perché?

Ho sempre sentito pressante dentro di me, fin da ragazzo, la domanda esistenziale sul senso della vita e il mistero dell’universo. Mi appassionai all’astronomia e alla matematica. All’università mi iscrissi alla facoltà di Fisica, a Pisa, dove poi ho conseguito la laurea. Ma gli studi scientifici mi spiegavano i tanti “come” della realtà, non i “perché”. Mi spiegavano cioè, come descrivere i fenomeni e le loro cause fisiche, non rispondevano alla mia domanda esistenziale.

In quegli anni universitari, bazzicando nelle librerie, scoprii le filosofie orientali: il taoismo, il buddismo e l’induismo; filosofie esperienziali, non concettuali!

Ecco il punto! Non è la mente che può scoprire la Verità, ma il “cuore”! Sostanzialmente queste filosofie mi dicevano: “Fa’ il vuoto dentro di te, abbandona i pensieri! Non sono le opere e i comportamenti che salvano, ma la Conoscenza immediata, nella pura Consapevolezza del presente!. L’Io, cioè la Coscienza stessa, è il divino in noi!”. (Ecco – pensavo – che cosa voleva dire il Cristo con “il Regno dei Cieli è dentro di voi”!)

Dai venti ai cinquant’anni, quindi, ho percorso con convinzione le vie dell’Oriente: meditazione zen, attenzione centrata sul respiro, consapevolezza delle sensazioni, osservazione della mente,abbandono dei pensieri... e in quell’esercizio di costante attenzione e presenza giungevo effettivamente a sperimentare una certa pace.

Mi rimaneva, tuttavia, un grosso dubbio, latente e non risolto: Gesù Cristo, in cui credevo e che tenevo dentro di me in altissima considerazione, a prescindere dal fatto che non mi sentissi per nulla un cattolico, poteva essere equiparato a uno dei tanti saggi, maestri e illuminati orientali? La risposta dentro di me era pur sempre NO! C’era un abisso che non riuscivo a spiegare. Forse che i saggi taoisti e i maestri zen facevano miracoli, guarivano i malati, risuscitavano i morti e risuscitavano essi stessi dopo la morte? Forse che un Buddha poteva essere equiparato a Gesù Cristo?

Cominciai allora a leggere di tutto su Gesù: sulla sua passione e morte in croce, sulla Sindone… Lessi le opere dei mistici cristiani, quelli più affini alla spiritualità orientale, che consideravo molto più profonda della religiosità occidentale: Meister Eckhart, S. Giovanni della Croce, S. Teresa d’Avila... Ma la “crisi” avvenne quando ripresi a leggere i Vangeli, che non avevo mai letto attentamente e per intero. Quello di Giovanni mi colpì profondamente! E leggendo il passo di Luca 7, 36-50, della peccatrice che piangeva ai piedi di Gesù e li asciugava con i suoi capelli, scoppiai a piangere a dirotto!

Dopo questo decisivo evento, restavo tuttavia ancora critico e insofferente nei confronti del cattolicesimo romano, ma ormai stavo ripercorrendo in lungo e in largo le vie del cristianesimo e ben presto scoprii l’Ortodossia! Rimasi meravigliato e conquistato dalla sua profonda spiritualità ascetica, dalla sua tensione alla santità, cui sono chiamati indifferentemente monaci e laici. Lessi i “Racconti del Pellegrino Russo” e subito dopo la Filocalìa. Scoprii la preghiera di Gesù: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!” e la necessità della preghiera continua. A che scopo? Per l’abbandono dei pensieri! Per purificare il cuore e la mente dalle passioni, e per acquisire lo Spirito Santo, che – come dice S. Serafim di Sarov – è il compito più importante del cristiano! Ma con l’umiltà, chiedendo l’aiuto e la misericordia di Dio! Non è il risultato di una tecnica meditativa!

Cercai in Internet e imparai a intrecciare da solo il mio primo “komboskini”, la tipica corda da preghiera ortodossa, a 33 nodi. Mi iscrissi a gruppi di ortodossi italiani su Facebook; imparai moltissimo leggendo i “post” in cui si citavano i Santi Padri della tradizione ortodossa, che allora mi erano pressoché sconosciuti, e i commenti che mi mettevano sempre più in evidenza le profonde differenze fra il cattolicesimo romano e l’Ortodossia.

Presto scoprii che non lontano da dove abitavo, a Ivrea, c’era un chiesa ortodossa romena. Fin dalla prima volta che vi entrai, rimasi profondamente affascinato dalla Santa Liturgia, dalla bellezza del rito, dall’intensità spirituale e dalla sacralità atemporale che si percepiva. Alla fine della celebrazione mi  presentai al sacerdote, padre Dumitru, e gli spiegai che era prima volta che entravo in una chiesa ortodossa. Mi accolse con affetto e attenzione, mi dedicò molto tempo e mi fece dono di un libro sull’Ortodossia, di una icona (un dittico con la Madre di Dio e Gesù Cristo), di un “komboskini” (“metanierul”, in rumeno), di un sacchetto di incenso e un piccolo fornello di metallo, che stava in una mano: “così puoi metterci l’incenso e accenderlo, per pregare davanti all’icona”, mi disse. Mi congedai abbracciandolo e uscii dalla chiesa con una sensazione di pace e di gioia che durò a lungo.

Dopo un paio di anni di frequentazione della chiesa, senza poter fare la comunione al corpo e al sangue di Gesù Cristo, espressi a padre Dumitru il desiderio di essere battezzato con triplice immersione. Fui battezzato nel 2016, il 1° ottobre, il giorno in cui si celebra la festa della Protezione della Madre di Dio. Padre Dumitru invitò a officiare con lui anche padre Ambrogio, igumeno della parrocchia ortodossa di S. Massimo di Torino (del patriarcato di Mosca). Ero talmente emozionato che nel recitare a memoria il Credo (ci tenevo a recitarlo a memoria) andai in confusione e mi bloccai senza riuscire a riprendermi, nonostante i sommessi suggerimenti di Padre Ambrogio! Black out! Dovetti continuare leggendo!

Come nome “ortodosso” scelsi il nome Modesto, che già mi apparteneva (come terzo nome registrato all’anagrafe, dopo Alberto e Angelo), ma prima non mi era mai piaciuto: l’ho scelto simbolicamente proprio per questo motivo, oltre al fatto che è un nome di origine latina, che richiama all’umiltà, e appartenne a molti santi martiri.

Le ho fatto domande sul suo percorso di conversione all’Ortodossia, ma ora le chiedo di parlarmi del suo percorso spirituale da quando dei è diventato Ortodosso. Lei ha dovuto rinunciare all’uomo che era per diventare un uomo nuovo nella Chiesa ortodossa?

Sì, certo, da quando sono un membro della Chiesa ortodossa, e quindi del Corpo di Cristo, sono cambiati i miei pensieri, le mie priorità e quindi anche i miei comportamenti.

Vista la sua conversione all’Ortodossia, come descriverebbe di fatto la conversione stessa? Dall’altra parte, si può dire dal suo punto di vista che una conversione sarebbe necessaria anche per le persone che sono nate nella Chiesa ortodossa?

La mia conversione non l’ho decisa io. Mi è capitata come una folgorazione. Non avrei potuto decidere o agire diversamente.

Ricevere il battesimo ortodosso, che questo avvenga fin dalla nascita o più tardi, è importante, ma non basta. Per essere ortodossi nel cuore e nell’anima, cioè cristiani, bisogna convertirsi ogni momento, per tutta la vita.

Ho sempre sentito dire che l’Ortodossia esiste solo in Cristo e attraverso Cristo, ma quali sarebbero i suoi argomenti per affermare che la Chiesa ortodossa è davvero la Chiesa di Gesù Cristo?

La Chiesa ortodossa è la Chiesa di Gesù Cristo, una e indivisa, perché così è stato fin dai tempi degli Apostoli, senza interruzione e senza deviazioni, come testimoniato e tramandato da tutti i santi Padri Teofori fino ai giorni nostri. L’Ortodossia è il cristianesimo, e il cristianesimo è l’Ortodossia. Tutte le altre chiese o congregazioni di ispirazione cristiana sono rami che si sono separati direttamente dal tronco dell’Ortodossia, come la Chiesa di Roma, con lo scisma del 1054, o sono spuntate molto più tardi, come rami secondari, da rami che già non appartenevano più al tronco. A ben vedere sono tutte deviazioni, riduzioni, o addirittura deformazioni del Cristianesimo, in cui non può scorrere la linfa vitale che proviene dalle radici. Basti pensare all’Eucaristia: solo la Chiesa ortodossa l’ha mantenuta come volle Gesù Cristo e con la centralità salvifica che le volle attribuire Gesù Cristo.

Se volessi conoscere meglio il patrimonio ortodosso d’Italia, quali sarebbero i principali aspetti che lei mi presenterebbe?

L’Italia è stata ortodossa per più di mille anni. E’ naturale che ci sia ancora un patrimonio spirituale, culturale e artistico che si può riscoprire per ricordarci di quando eravamo ortodossi. I santi nati e vissuti sul suolo italico, come S. Giustino, martire e filosofo, S. Ambrogio, vescovo di Milano, S. Massimo, vescovo di Torino, S. Leone Magno, papa di Roma, per citare solo i primi che mi vengono in mente, nei loro scritti e sermoni parlano tutti, all’unisono, con lo spirito e la lingua dell’Ortodossia. La ricchezza teologica e la pregnanza spirituale della Liturgia ortodossa si può ritrovare nell’antico rito latino. I preziosi mosaici di Ravenna, Venezia, Palermo, Cefalù e Monreale, pure espressioni dell’arte bizantina, sono ancora lì, a ricordarci lo splendore spirituale e materiale dell’Ortodossia!

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