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  Intervista di Vladimir Basenkov all'arciprete Dejan Krstić

Orthochristian.com

Parte 1 – 2 giugno 2021; Parte 2 – 3 giugno 2021

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l'arciprete Dejan Krstić con sua moglie

Padre Dejan Krstić è nato e cresciuto in Kosovo, ma è stato costretto a lasciare quella regione sofferente dopo il "riconoscimento dell'indipendenza" del territorio e le tristi vicende che ne sono seguite. Ha deciso di farsi prete in modo del tutto inaspettato, ma è sinceramente contento della sua scelta e grato a Dio per questo cammino.

Abbiamo parlato con padre Dejan della diocesi di Niš della Chiesa ortodossa serba, sacerdote della chiesa della Risurrezione di Cristo presso la dipendenza (metochio) del monastero di Hilandar a Niš, nonché insegnante part-time di slavo ecclesiastico presso il seminario teologico dei santi Cirillo e Metodio a Prizren, sulla difficile sorte del seminario di Prizren, sulla questione del Kosovo, sulle autorità spirituali, sulla predicazione in Internet, sul legame tra l'economia e l'atmosfera nella società e sullo stato spirituale di un popolo, sul servizio come principio più importante della vita di un sacerdote e sull'amore come motivazione per un pastore.

Parte 1: "Il Kosovo è la tomba in cui siamo stati sepolti per secoli e dalla quale siamo risorti ancora e ancora"

Cristo è risorto!

Veramente è risorto!

Padre Dejan, come si è convertito alla fede? Cosa ha influenzato la sua decisione di diventare sacerdote?

Sono nato e cresciuto in una tipica famiglia socialista jugoslava. Non c'erano sacerdoti o monaci nella nostra famiglia. Anche se io e mia sorella siamo stati battezzati quaranta giorni dopo la nostra nascita, e celebravamo la "Krsna Slava" [la celebrazione del giorno del santo patrono della famiglia, ndc] con i nostri cari, nessuno praticava la fede nella nostra casa, tranne in relazione a cose che hanno a che fare con costumi o folklore. Tuttavia, grazie a Dio, l'intera città di Prizren, dove sono cresciuto, era "satura" delle tradizioni della santa Ortodossia: nelle usanze popolari, nell'educazione domestica tradizionale e nell'architettura urbana. Così, in un'età in cui i giovani iniziano a porsi domande sul significato e sullo scopo della vita, la fede e le tradizioni della Chiesa ortodossa sono diventate per me un vero tesoro dopo averle scoperte. In questa tenera età i giovani di solito "vagano" nella vita in ricerca spirituale, ma mi sembra che in quel periodo la mano di Dio mi abbia guidato verso colui che sono diventato oggi. E sono grato a Dio per questo.

Sebbene ci fosse un seminario a Prizren, non mi era mai passato per la mente di andarci. Una volta, durante una funzione serale nella nostra cattedrale di san Giorgio il Vittorioso, un prete che stava incensando la chiesa e camminando accanto a me improvvisamente mi chiese in che classe fossi. Risposi che stavo finendo la terza media. Poi mi ha detto: "Perché non vai in seminario?" e continuò a incensare senza aspettare la mia risposta. Ho riflettuto a lungo e poi sono entrato in seminario, che da quel momento è diventato la principale e unica "scuola" della mia vita!

Quindi le parole di un prete dette di passaggio le hanno toccato così tanto il cuore da farle prendere una decisione cruciale nella sua vita?

Sì, assolutamente giusto!

Incredibile! padre Dejan, lei è nato a Prizren, in Kosovo. Oggi, la culla spirituale del popolo serbo è diventata il luogo del loro dolore nazionale. Ahimè, sono innumerevoli le storie tristi su quanto è accaduto dopo la proclamazione dell'indipendenza di queste terre e la conquista di fatto del Kosovo da parte dei separatisti albanesi. È chiaro che questa ferita dolorosa non è apparsa da un giorno all'altro. Perché questo scenario è diventato possibile in primo luogo? È stata la debolezza dello Stato, un errore dei politici o una punizione spirituale per la nazione serba?

Lo spazio sacro del Kosovo e Metohija, culla della nazione serba, è paradossalmente sia il fondamento che la corona della nostra identità nazionale e spirituale. Il Kosovo è sia la culla sia la tomba del popolo serbo. La tomba dove, come un chicco di grano, i nostri nemici ci hanno seppelliti per secoli, e ancora e ancora con l'aiuto di Dio siamo risorti da questa tomba, portando frutti abbondanti. Pertanto, il problema del Kosovo è un problema doloroso per ogni serbo. Il santo Principe Lazar dovette scegliere tra il regno terreno e quello celeste. E ha fatto la sua scelta a favore di quest'ultimo.

La realtà in cui viviamo oggi in Kosovo e Metohija può indubbiamente essere chiamata "educazione divina".

Sono sicuro che nulla accade fuori della volontà di Dio, o almeno senza il suo permesso. Per scopi educativi Dio prende temporaneamente chiese e santuari da coloro che non ne sono più degni, in attesa del loro pentimento e riforma. O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni,

hanno profanato il tuo santo tempio (Ps 78:1), e ciò che leggiamo ulteriormente nel Salmo 78, è quello che è successo. Il popolo serbo ha peccato così tanto contro la Chiesa di Dio e contro i suoi santi antenati. Nella Jugoslavia comunista ci siamo allontanati da Dio più di quanto abbiamo fatto durante tutto il periodo del giogo ottomano. Ciò ha influenzato drammaticamente la vita spirituale dell'intera nazione. Per decenni il governo ateo non ha attribuito alcuna importanza ai rapporti della Chiesa sul sequestro delle proprietà della Chiesa e al terrore silenzioso ma costante e alla dura pressione sul popolo serbo in Kosovo e Metohija. I serbi stavano perdendo sempre più la speranza di sopravvivenza in questa regione e gradualmente l'hanno abbandonata. Ora siamo consapevoli che l'intero scenario è stato orchestrato...

Ha lasciato il Kosovo molto tempo fa? Ha visitato spesso Prizren da quando ti è trasferito?

Ho lasciato Prizren il 16 giugno 1999, quando dopo la firma dell'accordo di Kumanovo, le forze internazionali di mantenimento della pace hanno cominciato ad arrivare in città. Divenne subito chiaro che non avevano né il potere né la volontà di fornirci una vita pacifica. Per la propria sicurezza i serbi hanno lasciato il Kosovo; e io, insieme ad Artemije (Radosavljevic), l'allora vescovo di Raška e Prizren, sono andato al monastero di Gračanica nella parte centrale del Kosovo, dove sono rimasto fino all'ottobre 2000. Sono sempre felice di tornare a Prizren quando posso, ma, purtroppo, questo non accade spesso.

Chi tra i leader contemporanei della Chiesa ortodossa serba ha avuto la maggiore influenza su di lei? Può citare alcune figure come esempi che cerca di seguire?

Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri (1 Cor 4:15), risponderei così. Mi considero felice perché mi è capitato di vivere ai tempi di grandi padri della Chiesa ortodossa, come il patriarca Pavle, il metropolita Amfilohije (Radović), il vescovo Atanasije (Jevtić), l'archimandrita Jovan (Radosavljević)... Ognuno di loro, individualmente e collettivamente, mi ha influenzato con le proprie azioni, e continua a influenzare la formazione ortodossa, pastorale, ascetica del mio modo di pensare.

Il primo di loro, il patriarca Pavle, è stato vescovo di Prizren per più di tre decenni. Il suo aspetto modesto, la sua devozione, il suo parlare tranquillo, i suoi vestiti semplici e sempre ordinati hanno fatto una grande impressione su tutti noi. Parlava anche delle cose più ordinarie e quotidiane attraverso il prisma del Vangelo. Ogni conversazione con lui era una lezione.

Le funzioni da lui celebrate, specialmente durante la Settimana Santa, erano così meravigliose da poter essere paragonate solo a quelle in Terra Santa. Durante quelle funzioni il mio desiderio di essere sacerdote si è solo rafforzato.

Successivamente, attraverso l'educazione teologica, ho conosciuto l'opera letteraria di due importanti teologi del nostro Paese: il metropolita Amfilohije e il vescovo Atanasije. Ho avuto la fortuna di vivere nel monastero di Gračanica per più di un anno e di conoscere più da vicino il vescovo Atanasije (che era venuto lì dall'Erzegovina). Ora, dopo la sua morte, posso tranquillamente affermare che era un vero vulcano di amore divino, compassione e saggezza teologale.

È da diversi anni che lei insegna al seminario di Prizren. Può raccontarci un po' della vita del seminario, del suo significato per la diocesi e dei problemi che il seminario affronta regolarmente? Qual è la ragione del calo del numero dei nuovi seminaristi?

Il seminario teologico dei santi Cirillo e Metodio a Prizren è stato trasferito a Niš a causa di circostanze storiche e della volontà dei poteri forti, dopo il bombardamento della nostra patria nel 1999, quando la maggior parte dei serbi ha dovuto letteralmente fuggire dalla regione per mettersi in salvo. Il vescovo Irinej di Niš, che in seguito divenne patriarca di Serbia (ex studente, professore e rettore del seminario teologico di Prizren), prese il seminario sotto la sua cura paterna e fece del suo meglio per facilitargli la vita in quei giorni difficili. Il seminario si trovava nella dipendenza del monastero di Hilandar a Niš, in una stanza per nulla adatta agli studi. Nel 2001 sono state gettate le basi per un nuovo edificio, che è stato costruito con i fondi della Fondazione Sima Igumanov (dal nome di un famoso filantropo serbo) e commissionato nel 2005. Il seminario di Niš è uno dei più grandi della Chiesa serba, con ottime condizioni per i suoi studenti, gli insegnanti e per tutti gli altri. Purtroppo negli ultimi anni abbiamo avuto meno studenti, il che è dovuto al fatto che i nostri vescovi limitano il numero degli studenti, perché ci sono meno posti vacanti per sacerdoti e insegnanti di religione e per il calo del numero di giovani che scelgono il "sentiero stretto" della confessione del vangelo di Cristo. Il seminario è un convitto con le sue specificità, perché tra le sue mura si formano i futuri sacerdoti. Per essere sacerdote, uno deve avere un grande coraggio, ed essere disposto a mettere le necessità degli altri al di sopra delle proprie.

​l'incendio al seminario di Prizren

Grazie a Dio, il seminario teologico di Prizren ha ripreso i suoi lavori nel 2011. Come spesso sottolineiamo, i nemici del nostro popolo volevano che il seminario di Prizren scomparisse. Ecco perché è stato dato alle fiamme durante il pogrom del marzo del 2004. Ma Dio ha voluto che oggi avessimo due seminari con lo stesso nome: uno a Prizren e l'altro a Niš.

Il nostro seminario di Niš ha conservato il nome, le tradizioni e l'identità del famoso seminario di Prizren. In quegli anni della guerra e del dopoguerra non si è persa una sola vita: né insegnanti, né studenti, né personale ausiliario, né un solo anno accademico. Sono stati conservati anche la biblioteca e l'archivio della scuola.

D'altra parte, Niš è la città più grande della Serbia meridionale, nonché un centro universitario con molte istituzioni educative di alto livello, e come tale offre una serie di opportunità per l'istruzione dei giovani. La diocesi di Niš è una delle più antiche della nostra Chiesa, e merita di avere una scuola teologica sul suo territorio. I nostri professori e studenti sono attivamente coinvolti nella vita diocesana. Abbiamo un eccellente sostegno dal vescovo Arsenije (Glavčić) di Nis, che comprende l'importante ruolo dell'istituzione educativa non solo per la diocesi ma anche per l'intera Chiesa serba, poiché qui studiano anche seminaristi di altre diocesi.

Lei insegna slavonico ecclesiastico. È vero che questa lingua sta gradualmente scomparendo dalla vita liturgica della Chiesa serba – almeno nelle parrocchie – e viene sostituita con la lingua serba che la gente comprende? Qual è, secondo lei, il valore dello slavonico ecclesiastico?

Lo slavonico ecclesiastico è la lingua classica della nostra antichità, con la quale siamo entrati nell'arena storica. Le prime parole scritte nell'alfabeto slavo furono le parole su Dio fatto Verbo del Vangelo di Giovanni. Questo la dice lunga, e allo stesso tempo determina il corso della nostra storia.

il seminario di Niš

Inoltre, lo slavonico ecclesiastico è la lingua in cui comunichiamo con Dio, ma anche con i nostri fratelli slavi. Grazie alla conoscenza dello slavonico ecclesiastico ogni sacerdote serbo può facilmente concelebrare con russi, ucraini, bulgari, cechi, slovacchi... È difficile trasmettere la profondità di questa lingua antica e sacra perché lo slavonico ecclesiastico funge anche da fattore unificante degli slavi ortodossi e, ancora più in generale, di tutti gli slavi cristiani.

Nelle chiese parrocchiali della Chiesa serba, la lingua serba sta gradualmente iniziando a dominare nelle funzioni per ovvie ragioni. Per queste stesse ragioni, il principe moravo Rastislav chiese all'imperatore bizantino di inviargli uomini dotti che avrebbero predicato agli slavi in ​​una lingua che comprendevano. Ma noi stiamo cercando di preservare lo slavonico ecclesiastico attraverso la nostra istruzione teologica secondaria e superiore, perché in effetti i seminari e i dipartimenti teologici sono gli unici luoghi in cui questa lingua viene studiata qui.

Parte 2: "Noi sacerdoti siamo servitori di Cristo"

parrocchiani giovani che ricevono la comunione

Lei serve in una dipendenza del monastero di Hilandar?

Sì, certamente. La nostra chiesa della Risurrezione di Cristo è una comunità giovane che ha avuto inizio con l'apertura del seminario nella città di Niš. Una dipendenza del monastero di Hilandar esiste a Niš fin dai tempi antichi. Originariamente era situata di fronte alla cattedrale della città, ma fu distrutta durante i bombardamenti della città alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo la guerra il governo comunista confiscò la terra della dipendenza e vi costruì un edificio a più piani. In seguito, grazie alle cure e agli sforzi dell'abate Nikanor (Savić) di Hilandar, il monastero è riuscito a riconquistare la terra, anche se non sul sito originario, ma dove oggi si trova la dipendenza.

Nell'inverno del 1999, quando ci siamo trasferiti nel seminario di Niš, le mura della nostra futura chiesa erano già state erette. E abbiamo immediatamente provveduto a organizzarla in modo da poter celebrare le funzioni. Allo stesso tempo, il vescovo Irinej ha aperto una parrocchia dove i sacerdoti-insegnanti del nostro seminario prestano servizio fino a oggi, e i seminaristi partecipano alla vita liturgica insieme ai parrocchiani locali. I fedeli sono molto attratti dal canto bello e armonioso del nostro coro del seminario.

Tutte le funzioni quotidiane si svolgono regolarmente nella nostra chiesa durante tutto l'anno. Il lunedì, dopo la funzione serale, leggiamo l'Inno acatisto alla santissima Theotokos, dopo di che parliamo con i nostri parrocchiani di argomenti spirituali e rispondiamo alle loro domande. Dopo ogni Liturgia, organizziamo un'agape con i parrocchiani nella sala parrocchiale. Facciamo del nostro meglio per mostrare cura per i fedeli.

A proposito, ora accanto alla chiesa abbiamo anche una biblioteca parrocchiale intitolata all'anziano Nikanor di Hilandar (che ho menzionato sopra), con circa 5.000 libri. La biblioteca è accessibile a tutti i parrocchiani.

Padre Dejan, lei sta partecipando a un progetto meraviglioso, chiamato "Parole vive". Può dirci di più a riguardo?

"Parole vive" è un'iniziativa privata di un grande appassionato, l'arciprete Jovan Cvetković di Krusevac. Padre Jovan è un membro permanente del Dicastero missionario del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa serba. Mi ha invitato e io ho accettato, ho ricevuto la mia benedizione episcopale, e insieme ai sacerdoti Milorad Mirović e Predrag Popović abbiamo partecipato alla realizzazione di questo lavoro, il cui scopo era quello di predicare il più possibile la Parola di Dio ad altrettante persone che dedicano sempre più tempo su Internet e sui social media.

Così, le parole di Cristo: ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti (Lc 12:3), si sta adempiendo. Nei nostri programmi sul sito web predichiamo la Parola di Dio, parliamo delle feste e dei santi della Chiesa, dei problemi della nostra società attraverso la lente del Vangelo, rispondiamo alle domande dei credenti, preghiamo con le persone per i loro bisogni e invitiamo interessanti ospiti per conversare. Ma la nostra intenzione non è quella di essere "chierici online" – Dio non voglia! Non vogliamo diventare "guru ortodossi". Vogliamo solo che le persone capiscano che non saranno mai sole, la Chiesa non le lascerà mai senza parole gentili, consolazione e preghiera.

Il nostro progetto e il contatto con le persone online sono stati di particolare valore quando eravamo tutti in quarantena a causa della pandemia.

Oltre ai temi spirituali su cui stiamo lavorando, nel progetto "Parole vive" abbiamo anche svolto diverse azioni umanitarie specifiche per raccogliere fondi per aiutare un giovane la cui casa era bruciata. Aiutiamo anche a raccogliere fondi per il trattamento dei bambini all'estero.

Quasi ogni giorno riceviamo lettere e messaggi in cui le persone ci ringraziano e ci raccontano quanto questo progetto sia importante per loro e quale effetto positivo ha sulla loro vita. È una grande gioia per noi e una motivazione per continuare a lavorare per la gloria di Dio e per il bene del nostro prossimo.

Certo, la pandemia ci ha mostrato il ruolo che la fede gioca oggi nella vita dei diversi popoli. Quali conclusioni ha tratto personalmente sullo stato spirituale della nazione, sulla base degli esempi dei tuoi contatti negli ultimi anni? Possiamo dire che c'è una crisi spirituale, un allontanamento dalla Chiesa; o al contrario c'è un'elevazione spirituale?

Dirò che la crisi spirituale è direttamente collegata alla crisi economica. Sì, è così! Negli ultimi decenni, soprattutto fino alla fine del ventesimo secolo, la Serbia ha vissuto molte avversità, come guerre, sanzioni, povertà e rivolgimenti politici interni... Nella loro lotta per la sopravvivenza le persone molto spesso dimenticano "l'unica cosa che conta". Gli anni del regime comunista hanno lasciato il segno, in particolare nelle generazioni più anziane. Ma grazie a Dio, sempre più giovani si uniscono alla vita della Chiesa non solo formalmente ed esteriormente, ma sinceramente, alla ricerca della propria identità spirituale, del senso e dello scopo della vita, che non trovano altrove. Il nemico della nostra salvezza cerca di introdurre tentazioni e creare ostacoli tra clero e credenti. Ma, secondo i sondaggi di opinione pubblica, la Chiesa, insieme all'esercito serbo, rimane una delle istituzioni più rispettate della nostra nazione. La voce della Chiesa è ascoltata!

Lei ha detto che la crisi spirituale è legata alle questioni economiche del Paese e vorrei chiederle come il ritmo della vita e l'atmosfera nella società influiscano sulla vita spirituale dei credenti. La Serbia è solitamente descritta come un paese pacifico con un ritmo di vita lento e una gente molto amichevole.

In effetti, Dio ha generosamente dotato il nostro Paese dei suoi doni. Abbiamo un clima meraviglioso, una natura meravigliosa, sorgenti curative, montagne, pianure fertili, vigneti, fiumi e laghi... La nostra gente, che è stata educata ai principi del Vangelo per molte generazioni, è nota per la sua ospitalità, sincerità e semplicità in conversazione con i vicini. Le influenze che ci arrivano dall'Occidente minacciano indubbiamente di distruggere questa armonia spirituale nella nostra nazione, ma finora abbiamo resistito allo spirito del consumismo e dell'individualismo, di cui l'Europa sta già soffrendo seriamente. Più aderiamo all'Ortodossia, più ci avviciniamo a noi stessi, alle nostre radici e alla nostra vera identità.

Forse è l'abbandono delle proprie radici e della propria identità che porta a quella che viene chiamata la "perdita della fede". Ha una ricetta per questo triste fenomeno?

La perdita della fede è la morte spirituale. La fede rende la vita significativa. Grazie alla fede, le persone hanno fatto grandi cose in passato. Come possiamo proteggerci dal perdere la fede? Affidiamoci costantemente alla Provvidenza di Dio. Le persone di solito perdono la fede in Dio durante le tentazioni, le difficoltà e le perdite della vita. E Dio permette che la nostra fede sia messa alla prova perché crede in noi. Dio crede nell'uomo! Non permetterà mai più sofferenza di quella che possiamo sopportare. Se Dio ci permette di essere tentati, ci darà la forza per resistere.

E credo sinceramente che la Chiesa ortodossa sia l'arca della salvezza, il tesoro dei doni di grazia che sono necessari per la nostra unione con Dio. Se non lo pensassi, non farei parte della Chiesa. Quando ho bisogno di convincere qualcuno che la Chiesa ortodossa è l'unica via di salvezza, dico semplicemente: "Se non fosse così, perderei tempo vivendo in qualcosa che non può darmi la comunione con Dio? Tutti vogliono il meglio per se stessi, giusto?"

Un punto di vista interessante... Se parliamo della Chiesa serba, secondo lei, quali sono gli eventi più importanti della sua vita negli ultimi anni?

Gli eventi più importanti... Forse sono l'800° anniversario dell'autocefalia della Chiesa ortodossa serba nel 2019, il centenario della restaurazione del Patriarcato di Peć (cioè di Serbia) nel 2020, e la celebrazione del millennario dell'Arcidiocesi di Ohrid nel 2018. In questo anno giubilare, con il sincero aiuto dei nostri fratelli russi, è stata completata la costruzione della chiesa memoriale di san Sava a Belgrado. Il nostro seminario di Prizren celebra quest'anno il suo 150esimo anniversario. Anniversari così significativi, insieme al fatto che un nuovo patriarca, sua Santità Porfirije, è stato elevato al trono di san Sava, ispirano la speranza che il nostro grande e glorioso passato sia una buona e solida base per il nostro prospero futuro come popolo di Dio.

Qual è la lezione principale che ha imparato negli anni del suo ministero sacerdotale?

Come hai detto lei, è il mio ministero. Noi sacerdoti siamo servi di Cristo, venuti non per essere serviti, ma per servire e per dare la nostra vita in riscatto per molti (cfr Mt 20:28). Il santo giusto Giovanni di Kronstadt, un notevole sacerdote della Chiesa russa, ha scritto: "Io sono un sacerdote. E dunque? Non c'è niente da dire: non appartengo a me stesso, ma agli altri".

Padre, se dei pellegrini dovessero trovarsi nella sua zona, quali santuari dovrebbero assolutamente visitare?

La terra serba è piena di grandi santuari. Tuttavia, ogni pellegrino dovrebbe visitare il giardino della santissima Theotokos in terra serba, il monastero della Protezione della Madre di Dio a Đunis nella diocesi di Niš. Qui una volta la purissima Vergine apparve a una pia fanciulla. C'è anche una sorgente di acqua curativa a testimonianza della presenza della santissima Theotokos in questo luogo. Per i russi, c'è anche il monastero di san Romano di Đunis, dove è sepolto il cuore del colonnello Nikolaj Raevskij (il prototipo del conte Vronskij dal romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj), così come la Chiesa russa della Santa Trinità, costruita sul luogo della morte di Raevskij. A Niš non si può semplicemente trascurare Ćele Kula (la "Torre dei teschi"), l'unico monumento locale alla lotta serba per la libertà e l'indipendenza dal giogo ottomano.

Grazie per questa bellissima intervista! In conclusione, le porrò la nostra domanda tradizionale: quali parole della Sacra Scrittura la ispirano e la sostengono nei momenti difficili della vita?

Ciò che mi motiva e mi dà forza nei momenti difficili del mio lavoro personale, pastorale ed educativo sono le parole del Salvatore rivolte all'apostolo Pietro: Mi ami...? Pasci i miei agnelli (Gv 21:15). Traggo forza da queste parole. E negli anni ho anche capito che il motivo principale del mio ministero dovrebbe essere l'amore. E l'amore dà senso a tutto. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine (1 Cor 13:4-8).

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