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  Ai confini della realtà

di Gail Michalopulos

Monomakhos, 22 maggio 2020

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Riesco a vedere Rod Serling che sta in piedi nel nartece e dice: "Immaginate di svegliarvi una domenica mattina e di trovare i vostri vescovi che, invece di dire le loro preghiere mattutine, stanno pensando furtivamente alle cose che devono essere igienizzate per la vostra protezione. Tutto ciò che vedono nelle loro menti è coperto di germi. Ma non sono le 'cose' che vedono nella loro testa che devono essere purificate..."

Si apre la prima scena con fedeli timidi che tornano nelle loro parrocchie, e si trovano davanti a un un mare di mascherine, guanti, disinfettanti, fazzoletti, plexiglass e superfici dure e lucide. La sala parrocchiale è isolata con un nastro e il guardaroba è vuoto. Ai fedeli chiedono di firmare un foglio di registrazione in modo che possano essere 'tracciati' nel caso in cui si presenti qualcun altro che è contagioso. Mappe ben disegnate dei posti a sedere e in piedi determinano dove dovrà stare ciascuno, tenendosi accanto i propri figli e le proprie cose. Chi lascia un bambino a casa o ha bisogno di includere un cugino in visita, manda in frenesia i sacrestani, che devono riprogettare in fretta lo spazio per accogliere i cambiamenti. Vedete un coro di due persone, ma sentite una voce di una sola, perché il direttore del coro indossa una maschera e non canta. Numerosi membri del personale girano intorno alla parrocchia con maschere e guanti e bloccano gli ingressi, distribuendo salviette sterili e spruzzando disinfettante su ogni superficie che viene toccata. All'esterno, gli interessati a entrare in chiesa vengono respinti perché le loro informazioni non possono essere verificate.

Passiamo alla seconda scena: un vescovo solitario con un sorriso sghembo sta nel mezzo di una parrocchia vuota con la sua mitra inclinata, mentre Rod Serling conclude: "Un vescovo soddisfatto di sé, che è riuscito a ripulire tutto ciò che minaccia la sua parrocchia. Amici miei, siete appena entrati Ai confini della realtà".

Il gel igienizzante per le mani, le mascherine e tutte le pratiche igieniche conosciute dall'uomo non possono tenere a bada la morte. Dio non ci ha dato padronanza sulla morte. Sulla conservazione della vita, sì. Sulla prevenzione della morte, no.

Esiste una differenza, che è uno dei motivi per cui i suicidi sono così incredibilmente difficili da fermare. Non è solo l'enorme vuoto che lasciano dietro di sé; è la pretesa di anticipare Dio che è orribile. Dio decide il tempo fissato e tutto fino a quel momento, anche il dolore e la sofferenza, è per la nostra edificazione. Noi facciamo fallire i piani di Dio quando interveniamo.

Ed è per questo che ciò che stiamo vedendo ora è così difficile da affrontare. Al posto della vita, i nostri leader spirituali hanno deciso di mettere al centro della scena la prevenzione della morte. La morte non ha un posto nella vita della Chiesa perché la morte non è affatto la fine. È semplicemente un indicatore di viaggio. La vita, così come definita dalla Chiesa, non finisce.

Ciò che i nostri leader sembrano fare è un suicidio spirituale. È quasi come se non credessero che l'eucaristia sia la potente medicina che è. Credono che comunicarvi possa farvi star male se la ricevete quando il vostro cuore non è al posto giusto? È questo che è successo a molti dei nostri vescovi? Hanno ricevuto l'eucaristia troppe volte con cuore incredulo? Perché c'è qualcosa di molto, molto sbagliato in loro.

Questa è una cosa dura da dire e io tremo a dirla, ma sembra che non credano più nelle sue proprietà vivificanti. Non possono credere che sia veramente il corpo e il sangue di Cristo se sentono il bisogno di disinfettarla o sottoporre la sa somministrazione a misure sanitarie. L'eucaristia non è cambiata. Sono cambiati loro.

Quando mia figlia era piccola pensava davvero che se avesse chiuso gli occhi nessuno avrebbe vederla. Aveva senso nel suo piccolo cervello che se non poteva vederte te, tu non potevi vedere lei.

Forse è questo che pensano i vescovi. Che quando indossano le loro mitre, nascondono la loro mancanza di fede, quando è vero il contrario: potrebbero anche dare fuoco alle mitre, perché tanto non possiamo vedere nient'altro. Credere, o addirittura dire ad alta voce, che il "nostro problema" con le chiusure delle chiese e l'implementazione di queste pratiche eccessive di sanificazione (come sbarazzarsi di tutti gli "oggetti morbidi" che non possono essere disinfettati, come tappeti, asciugamani e persino bibbie) sia un problema di diritti umani, è completamente folle.

Perché dovrebbero equiparare la nostra reazione al loro bizzarro comportamento nei confronti dell'eucaristia a una questione di diritti civili? Fidatevi di me, non è per questo che non dormiamo la notte. (Beh, mio marito non dorme per queste cose, ma questa è un'altra storia). Quelle battaglie possono essere vinte e saranno vinte nei nostri tribunali. Sono le domande che ci tengono svegli di notte. Come riconquistare il cuore dei nostri vescovi? Perché hanno deposto la loro spada spirituale per prenderne una secolare per combattere un virus? Siamo arrivati ​​al punto in cui si identificano così fortemente con le nostre autorità civili che la Chiesa, e tutto ciò che rappresenta, è diventata una nemica? 

Stanno permettendo al maligno di ricoprire ciascuna delle loro teste con una cappa così nera e densa che nessuna luce vi può penetrare. Stiamo assistendo a niente di meno che a un'esecuzione spirituale. Ecco perché restiamo a bocca aperta dallo stupore. Siamo inorriditi. Non abbiamo mai visto niente del genere prima d'ora.

Forse hanno sempre avuto quelle cappe scure sotto le loro mitre. Forse è per questo che siamo stati avvisati di stare attenti ai falsi profeti che vengono da noi in abiti da pecora. Dio ha permesso che questo virus si verificasse in modo da poter vedere chi sono veramente i nostri vescovi? Non tutti, certo, ma molti?

E cosa dovremmo fare esattamente adesso? Tornare in chiesa come se nulla fosse successo?

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