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  L’origine, la natura e il senso dell'attuale pandemia. Intervista a Jean-Claude Larchet di Orthodoxie.com

Orthodoxologie, 8 aprile 2020

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Jean-Claude Larchet, lei è uno dei primi ad aver sviluppato una riflessione teologica su malattia, sofferenza, medicina. Il suo libro "Théologie de la maladie", pubblicato nel 1991, è stato tradotto in molte lingue e, in relazione all'epidemia di Covid-19, sarà presto pubblicato in traduzione giapponese. Ha anche pubblicato una riflessione sulla sofferenza: "Dieu ne veut pas la souffrance des hommes", apparsa anch'essa in vari paesi.

Prima di tutto, qual è la sua opinione generale sull'epidemia che stiamo vivendo ora?

Non ne sono sorpreso: per millenni ci sono state circa due grandi epidemie al secolo e diverse altre epidemie minori. Tuttavia, la loro frequenza sta aumentando sempre di più e la concentrazione della popolazione nella nostra civiltà urbana, la circolazione favorita dalla globalizzazione, nonché la molteplicità e la rapidità dei moderni mezzi di trasporto le trasformano facilmente in pandemie. L'attuale epidemia era quindi prevedibile e annunciata da molti epidemiologi che non avevano dubbi sul suo arrivo, ignorando solo il momento preciso in cui si sarebbe verificata e la forma che avrebbe preso. Ciò che sorprende è la mancanza di preparazione di alcuni stati (Italia, Spagna e Francia in particolare), che invece di fornire il personale medico, le strutture ospedaliere e le attrezzature necessarie per affrontare il flagello, hanno permesso agli ospedali di deteriorarsi e hanno lasciato esternalizzare (in Cina, come tutto il resto) la produzione di medicine, mascherine, ventilatori, che oggi sono gravemente carenti.

Le malattie sono onnipresenti nella storia dell'umanità e non esiste alcun uomo che non le incontri durante la sua vita. Le epidemie sono semplicemente malattie particolarmente contagiose che si diffondono rapidamente fino a raggiungere gran parte della popolazione. La caratteristica del virus Covid-19 è che colpisce gravemente il sistema respiratorio degli anziani o di chi è indebolito da altre patologie, e che ha un alto grado di contagiosità che satura rapidamente i sistemi di terapia intensiva per il gran numero di persone colpite contemporaneamente in un breve periodo di tempo.

Le Chiese ortodosse hanno reagito in più fasi, a varie velocità e in diverse forme. Che ne pensa?

Va detto che i diversi paesi non sono stati colpiti dall'epidemia allo stesso tempo o nella stessa misura, e ogni Chiesa locale ha adattato la sua reazione all'evoluzione della malattia e alle misure adottate dagli stati. Nei paesi più colpiti, la decisione di interrompere la celebrazione delle funzioni è stata presa rapidamente, a pochi giorni di distanza. Non prevedendo immediatamente un tale blocco, alcune chiese (come la Chiesa russa) hanno adottato misure per limitare la possibile contaminazione durante i servizi liturgici o la ricezione dei sacramenti; oggi sono costrette a chiedere ai fedeli di non venire in chiesa.

Queste diverse misure hanno suscitato dibattiti e persino polemiche da parte del clero, delle comunità monastiche, dei fedeli, dei teologi, ecc.

Un primo oggetto di controversia è avvenuto con la decisione di alcune Chiese di modificare le modalità della comunione eucaristica.

A questo proposito, si devono distinguere due cose: quelle attorno alla comunione e alla stessa comunione.

Potrebbe esserci il rischio di contaminazione da parte di qualcosa che sta "attorno" alla comunione: il fatto di pulire le labbra di ogni comunicante con lo stesso panno (come è fatto in modo sistematico in alcune parrocchie della Chiesa russa), o di bere, dopo la comunione, come è pure consuetudine nella Chiesa russa, la "zapivka" (miscela di acqua e vino) nelle stesse tazze. Questo è il motivo per cui le misure adottate nel primo caso, con l'utilizzo di salviette di carta, e nel secondo caso di bicchieri usa e getta (che vengono poi bruciati entrambi) non si prestano, a mio avviso, ad alcuna obiezione.

Riguardo alla comunione in sé, diverse Chiese hanno rinunciato al modo tradizionale di offrirla ai fedeli, che è quello di introdurla in bocca con un cucchiaio liturgico. Alcune Chiese hanno raccomandato di versare il contenuto nella bocca aperta mantenendo una certa distanza da essa, altre – come la Chiesa russa – hanno proposto di disinfettare il cucchiaio con alcool tra due comunicanti, o di usare dei cucchiaini usa e getta che verranno poi bruciati. Credo che nessuna Chiesa abbia supposto che il vero corpo e sangue di Cristo, di cui tutte le preghiere prima e dopo la comunione ricordano che è dato "per la salute dell'anima e del corpo", sia di per sé un fattore di contaminazione (troviamo quest'ultima idea solo in un articolo – che è diventato virale su Internet, ecco perché lo cito – dell'archimandrita Cyril Hovorun, e che è un compendio di eresie). Ma ci sono dubbi sul cucchiaio stesso, e questo provoca un dibattito, dove alcuni considerano soprattutto il fatto che tocca la bocca dei fedeli, altri considerano soprattutto il fatto che è immerso nel corpo e nel sangue di Cristo, ed è disinfettato e protetto da loro. Questi ultimi notano che i sacerdoti che, in grandi chiese dove vi sono inevitabilmente tra i fedeli dei malati di ogni genere, consumano alla fine della Liturgia il resto dei santi doni senza contrarre alcuna malattia. Notano anche che, durante le grandi epidemie del passato, i sacerdoti hanno dato la comunione ai fedeli infetti senza essere infettati. Per quanto riguarda quest'ultimo punto, non ho informazioni affidabili da documenti storici. D'altra parte, il commento che, nel suo "Pedalion" (raccolta e commenti dei canoni della Chiesa ortodossa), san Nicodemo l'Agiorita (che visse nella seconda metà del XVIII secolo), fece del Canone 28 del sesto Concilio ecumenico, ammette che "i sacerdoti apportano qualche cambiamento ai tempi della peste" nel loro modo di amministrare la comunione ai malati", mettendo il pane consacrato in un contenitore apposito, in modo che i morenti e i malati possano prenderlo con dei cucchiai o qualcosa di simile", "il contenitore e i cucchiai sono da mettere nell'aceto e l'aceto è da versare in un sacrario, o in qualsiasi altro modo possibile, che sia sicuro e canonico".

Ciò suppone che ai suoi tempi (e probabilmente già prima), si accettasse di dare la comunione con diversi contenitori e cucchiai e che questi venissero poi disinfettati (l'aceto ha, per il suo grado di alcol e la sua acidità, proprietà antisettiche e antifungine, che, tra parentesi, sarebbero del tutto insufficiente nei confronti del Covid-19). È su questo testo, citato anch'esso nel manuale di riferimento del grande liturgista russo del XIX secolo, S. V. Bulgakov, che la Chiesa russa basa le disposizioni che ha adottato.

Da parte mia, penso che chiunque abbia abbastanza fede per comunicarsi con fiducia con il cucchiaio non sia in pericolo e che le Chiese che hanno dato disposizioni speciali lo abbiano fatto, nella migliore delle ipotesi, per i fedeli con la fede più debole e con più dubbi. Le Chiese hanno in qualche modo seguito il precetto di san Paolo che dice: "Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli" (1 Cor 9:22). Va ricordato che la comunione non ha un effetto magico: come per tutti i sacramenti, la grazia è data in pienezza, ma l'accoglimento della grazia è proporzionale alla fede del ricevente (i Padri greci usano la parola greca "analogia" per designare questa proporzionalità) a tal punto che è persino detto da san Paolo e ricordato, nelle preghiere prima della comunione, che chi si comunica indegnamente può ammalarsi di anima e corpo (1 Cor 11:27-31), oppure può comunicarsi "a propria condanna".

In ogni caso, ogni Chiesa locale è sovrana nel prendere, per economia, tutte le disposizioni utili in ogni particolare circostanza.

Il secondo oggetto di controversia si è avuto con la chiusura delle chiese e l'interruzione dei servizi liturgici.

Va notato innanzitutto che la maggior parte degli stati non ha ordinato la chiusura delle chiese, limitando solo l'accesso a poche persone, e le visite a individui isolati; tuttavia, le misure di contenimento hanno reso impossibile viaggi e visite. Nella maggior parte delle Chiese locali, tuttavia, la celebrazione delle Liturgie continua con il sacerdote, un cantore, forse un diacono e un servitore (tranne in Grecia, dove ciò è stato proibito anche nei monasteri, il che è paradossale per quanto riguarda un paese con una forte identità ortodossa e in cui la Chiesa gode di un riconoscimento ufficiale da parte dello stato).

Alcuni estremisti hanno sviluppato teorie della cospirazione, vedendo dietro le decisioni statali la volontà di distruggere il cristianesimo da parte di certi gruppi di potere. Hanno tracciato un parallelo con il periodo di persecuzione nei primi secoli, chiamando i cristiani alla resistenza e citando i martiri come esempio. Queste posizioni sono ovviamente eccessive e il parallelo con l'era della persecuzione è abusivo. Ai cristiani non viene chiesto di rinunciare alla propria fede e di adorare un altro dio. Le chiese non sono chiuse e i limiti posti alla loro frequentazione sono provvisori. Gli stati hanno fatto il proprio dovere di proteggere la popolazione usando l'unica misura disponibile – il contenimento – per limitare il contagio, per essere in grado di curare i malati il ​​più possibile e per limitare il numero dei decessi.

Aggiungerei che una chiesa non è un luogo magico, completamente al riparo dal mondo circostante, dove non si può contrarre alcuna malattia, soprattutto se è altamente contagiosa. È vero che nei tempi antichi, durante le epidemie, avevamo un atteggiamento diverso: le persone si ammassavano in chiesa e le processioni si moltiplicavano. Quello che dimentichiamo è che le chiese si trasformavano in obitori. Pertanto, durante le grandi epidemie che si videro nell'Impero bizantino, non era raro trovare centinaia di cadaveri ammucchiati nelle chiese.

La Chiesa ha il dovere di proteggere la salute e la vita dei suoi fedeli, ma anche di proteggere chi può contaminarsi all'esterno, e di non complicare il lavoro del personale sanitario, che, se il sistema è saturo, potrebbe non essere in grado di trattare tutti, e potrebbe essere costretto a fare uno smistamento, in altre parole ad abbandonare e far morire i più fragili. Inoltre, se ci sono troppi morti allo stesso tempo, non possiamo più assicurare loro un funerale: siamo stati tutti rattristati nel vedere, in Italia, una fila di camion dell'esercito che conducevano decine di morti direttamente al crematorio, senza alcuna possibile presenza familiare o religiosa... in Cina, migliaia di cadaveri sono stati bruciati a catena, ed è solo alcune settimane più tardi che le famiglie hanno potuto raccogliere le ceneri dei loro cari defunti su bancali pieni di urne funerarie.

Le comunità monastiche (comprese quelle del Monte Athos) hanno preso la decisione di chiudere i portoni, di proteggere i loro visitatori e pellegrini dalla contaminazione reciproca, ma anche di proteggere i loro membri, il che consente loro di continuare a celebrare la liturgia e di adempiere a uno dei loro compiti essenziali, di cui abbiamo particolarmente bisogno in questo periodo: pregare per il mondo.

Il fatto che sia diventato impossibile per qualche tempo ricevere la comunione costituisce un grave problema per alcuni fedeli. Ancora una volta, alcuni estremisti vi vedono l'effetto riuscito di una trama anticristiana...

Non condivido queste teorie della cospirazione nella misura in cui coinvolgono uomini o organizzazioni, soprattutto perché, come ho detto, le epidemie sono ricorrenti e cicliche nella storia dell'umanità; Penso comunque che in questa epidemia e nelle sue conseguenze il diavolo sia al lavoro; le dirò il perché nel resto della nostra intervista.

Per quanto riguarda la privazione della comunione possiamo dire diverse cose. Coloro che sono abituati alla comunione ogni settimana (o più) e traggono grande forza per le loro vite dalla comunione soffrono molto di questa situazione e noi li capiamo. Come consolazione, possiamo ricordare che santa Maria l'Egiziaca, di cui commemoriamo solennemente la santa vita nella quinta domenica della Grande Quaresima, si è comunicata solo una volta nella sua vita, poco prima della sua morte, e che ai suoi tempi (questo è ricordato nella sua Vita, che leggiamo in chiesa in occasione di questa commemorazione), l'usanza era che i monaci che vivevano in comunità si ritirassero individualmente nel deserto all'inizio della Grande Quaresima, e non ritornassero al monastero se non il giovedì santo per ricevere la comunione. Possiamo anche ricordare che molti Padri che si ritirarono nel deserto si comunicavano al massimo solo una volta all'anno. Noi siamo per forza di cose soggetti alla stessa distanza dalla comunione durante questa Grande Quaresima, e così possiamo, grazie anche al confinamento nel nostro appartamento (che è diventato per molti, nel nostro mondo di movimento incessante e anche di occupazioni esterne, tanto austero quanto un deserto), condividere un po' la loro esperienza. Possiamo ottenere alcuni benefici. Innanzitutto oggi, specialmente nella diaspora, la comunione è diventata frequente (mentre qualche decennio fa, nei paesi ortodossi, era al contrario rara), tanto che esiste un rischio di farla diventare banale. Alcuni anni fa ne ho discusso con l'arcivescovo Atanasije Jevtić, che mi aveva detto che è utile astenersene periodicamente, al fine di riscoprire il significato della sua serietà, e di avvicinarsi sentendone veramente il desiderio e il bisogno. Quindi, possiamo ricordare che gli effetti della comunione non si dissipano dopo averla ricevuta. I suoi effetti sono proporzionali alla qualità della nostra ricettività, e questa ricettività riguarda non solo il nostro stato di preparazione alla comunione, ma il nostro stato nei suoi confronti dopo averla ricevuta. Per aiutarci, la Chiesa ci offre una serie di preghiere prima della comunione e dopo la comunione. Conosco diversi padri spirituali che incoraggiano i loro figli spirituali a leggere ogni giorno le preghiere dopo la comunione fino alla comunione successiva, in modo da mantenere la consapevolezza dei "doni preziosi che sono stati ricevuti" e continuare ad attualizzare la grazia che essi ci hanno dato.

Per quanto riguarda l'impossibilità di partecipare ai servizi liturgici, cosa possiamo dire?

Penso che sia possibile celebrarli a casa nelle forme fornite in assenza di un prete, leggendo in particolare i Salmi Tipici invece della Liturgia, anche se ovviamente non possono sostituirla completamente, e anche se manca l'essenziale: la celebrazione del santo sacrificio che può essere compiuta solo da un sacerdote. Molti fedeli hanno a casa i testi liturgici (in particolare il Piccolo Eucologio prevede specificamente una celebrazione domestica, in caso di assenza di un sacerdote); altrimenti la maggior parte dei testi può essere trovata su Internet. Possiamo anche sviluppare la pratica della preghiera del cuore: sul Monte Athos, piccole comunità o eremiti che vivono in "deserti" e non hanno preti, sostituiscono gli uffici con una determinata quantità di invocazioni indirizzate a Cristo, alla Madre di Dio e ai santi. Sant'Efrem di Katounakia, riferendosi a san Giovanni Crisostomo, disse: "Le persone nel mondo che non hanno la possibilità di andare in chiesa né al sabato né alla domenica possono quindi fare della loro anima un altare dicendo la preghiera".

È anche possibile, nei paesi ortodossi, seguire la Liturgia trasmessa in diretta in televisione o su Internet, come di solito viene fatto da molti anziani e malati che non possono spostarsi. Ciò non sostituisce una partecipazione reale, con una presenza fisica all'interno della comunità, ma ci si può comunque unire alla celebrazione e sperimentare il sentimento di un'identità di appartenenza e di azione comunitaria nello stesso periodo di tempo, nella comunità ecclesiale che si estende oltre il visibile e il presente (questa si chiama "la comunione dei santi").

In una recente intervista, il metropolita di Pergamo, Ioannis Zizioulas, condannando la decisione di alcune Chiese di chiudere le chiese e fermare le celebrazioni, ha affermato che quando la Liturgia non viene più celebrata, non c'è Chiesa. Che ne pensa?

 

La sua posizione viene dalla sua dottrina personalista che dà il primato alla relazione e che in tal modo identifica la Liturgia con la sinassi (l'assemblea dei fedeli) più che con il sacrificio eucaristico stesso. In effetti, la Liturgia continua ad essere celebrata in tutte le Chiese (nei monasteri, ma anche in proporzioni molto piccole in molte chiese). E questo è ciò che è importante. Il valore della Liturgia non dipende dal numero di partecipanti presenti, né dal valore e dalla portata del santo sacrificio del numero di Liturgie celebrate. Quando centinaia di migliaia di chiese celebrano contemporaneamente la Liturgia, attualizzano (questo è il significato della parola "anamnesi", che designa il cuore della Liturgia) l'unico sacrificio di Cristo. Se fosse celebrata una sola Liturgia, anche solo in una delle Chiese locali, anche questo sacrificio unico sarebbe celebrato, con lo stesso scopo, perché si estende a tutto l'universo. Per quanto riguarda i fedeli, va ricordato che la Liturgia di san Basilio, che celebriamo durante queste domeniche della Grande Quaresima, prevede esplicitamente la loro possibile assenza, una preghiera che chiede a Dio di ricordare "gli assenti per giuste ragioni", che li associa in un certo modo ai fedeli presenti e alla grazia che viene loro dispensata.

Come vivere il contenimento? Apparentemente pone problemi ai nostri contemporanei...

Siamo fortunati che la quarantena imposta dallo stato coincida in parte con la "santa quarantena" della Grande Quaresima. È tradizione, per noi ortodossi, in questo periodo limitare le nostre gite, le nostre attività ricreative e i nostri consumi; è anche tradizione approfittare di questo periodo di calma e maggiore solitudine, per tornare a noi stessi, aumentare le nostre letture spirituali e pregare di più. Per tutto ciò, abbiamo l'esperienza degli anni passati; sarà solo necessario prolungare lo sforzo di alcune settimane.

Nel complesso, il contenimento è una buona opportunità per sperimentare l'esichia cara alla spiritualità ortodossa, uno stato di solitudine e soprattutto di calma interiore ed esteriore, per riposare dal movimento incessante, dal rumore e dallo stress legati alle condizioni abituali di vita, e di ri-abitare la nostra dimora interiore, quella che i Padri esicasti chiamano "il luogo del cuore".

Il contenimento permette anche alla coppia e ai figli di stare insieme più spesso del solito, e questo è vantaggioso per tutti. Certo, questo non è sempre evidente, poiché alcuni non sono abituati a vivere insieme per molto tempo, ma questa potrebbe essere l'occasione per rafforzarli positivamente.

Questo ritorno a se stessi e alla vita coniugale e familiare non dovrebbe essere dimenticato dagli altri. Le elemosine, che fanno parte delle consuete pratiche della Quaresima, possono assumere la forma di assistenza più costante e regolare alle persone che conosciamo e che soffrono di malattie, solitudine o preoccupazioni eccessive. Per questa attività, i moderni mezzi di comunicazione sono buoni...

Noto che molti dei nostri concittadini devono inventarsi attività sportive in appartamento. Durante la Quaresima, siamo abituati a fare grandi prosternazioni. Possiamo moltiplicarle (i monaci hanno la regola di farne almeno 300 al giorno, alcuni di loro ne fanno fino a 3000!). Il patriarca Pavle di Serbia, che ne ha fatte ogni giorno fino all'età di 91 anni (solo un infortunio al ginocchio ha potuto fermarlo!), diceva, fortificato dai suoi studi medici e dalla sua buona salute, che questa è la migliore ginnastica che un uomo può fare per mantenersi in forma...

Veniamo ora, se permette, a domande più teologiche. Prima di tutto, a chi o cosa possiamo paragonare l'attuale epidemia e le malattie in generale?

Un'epidemia è una malattia contagiosa che si diffonde. Possiamo dire tutto ciò che viene detto sulla malattia, tranne che le misure di massa imposte a una regione, a un paese o al mondo intero, come è il caso oggi, sollevano ulteriori domande. Non è sorprendente, nel discorso religioso, vedere il tema dell'Apocalisse, della fine del mondo, o l'idea di una punizione divina per i peccati degli uomini che riappaiono, con allusioni al diluvio (Gen 6-7), al destino di Sodoma e Gomorra (Gen 19), alla peste che decimò il campo di Davide dopo il censimento (2 Sam 24:15-25) o alle piaghe d'Egitto (Eso 7-12). S'impongono quindi chiarimenti essenziali.

Secondo la concezione ortodossa sviluppata dai Padri dalla Bibbia, il peccato ancestrale (che nella tradizione occidentale è chiamato peccato originale) ha avuto, sul piano fisico, tre effetti: passibilità (di cui la sofferenza è la forma principale), corruzione (di cui la malattia è la forma principale) e morte, che deriva da quest'ultima. Il peccato di Adamo ed Eva consisteva nel separarsi da Dio, il che provocò la perdita della grazia che assicurò loro l'impassibilità, l'incorruttibilità e l'immortalità. Adamo ed Eva, i prototipi dell'umanità, di conseguenza trasmisero ai loro discendenti la loro natura umana alterata dagli effetti deleteri del loro peccato; il disordine che colpì la natura umana colpì anche l'intera natura, perché l'uomo, separato da Dio, perse il suo status di re della creazione e privò le creature della grazia che trasmetteva loro come mediatore. Mentre all'inizio la creazione era del tutto buona, come Dio l'aveva creata (secondo quanto ci dice il capitolo 1 della Genesi), il male veniva introdotto in esso come nell'uomo, un male che non è solo morale, ma fisico, e provoca disordine che influenza l'ordine iniziale della creazione e i processi di distruzione di ciò che Dio ha stabilito. La Provvidenza di Dio ha impedito, come osserva Vladimir Losskij, che la creazione fosse completamente distrutta, ma la natura è diventata un campo di battaglia dove il bene e il male sono costantemente confrontati. Gli organismi viventi lottano costantemente per eliminare microbi, batteri o virus, o alterazioni genetiche (dovute all'invecchiamento o a fattori ambientali) che cercano di distruggerli, fino a quando, indeboliti dall'età, che indebolisce le loro difese immunitarie, vengono infine sconfitti e muoiono. I batteri o i virus possono influenzare le specie animali per millenni o essere trattenuti da esse senza influenzarle e diffondersi improvvisamente nell'uomo. Questo è ciò che è successo alle diverse specie di virus che hanno causato epidemie negli ultimi decenni.

Lei indica la colpa dei progenitori in questo processo. I peccati dei loro discendenti, i nostri stessi peccati, hanno un ruolo in questo processo? Le preghiere che si trovano nel Grande Eucologio (libro di preghiere ufficiale della Chiesa) per i periodi di epidemia, ma anche i discorsi di alcuni vescovi, sacerdoti o monaci, mettono in discussione i peccati di tutti, vedono in ciò che succede una sorta di punizione a causa loro e invitano a fare penitenza...

Secondo la concezione ortodossa (che differisce su questo punto dalla concezione cattolica del peccato originale) la colpa stessa di Adamo ed Eva è personale e non viene trasmessa ai loro discendenti; vengono trasmessi solo i suoi effetti. Tuttavia, i loro discendenti, dalle origini ai giorni nostri, come dice san Paolo nel capitolo 5 della Lettera ai Romani, hanno peccato in modo simile a quello di Adamo, e hanno confermato il suo peccato e i suoi effetti con i propri peccati. Vi è quindi una responsabilità collettiva nei mali che colpiscono il mondo caduto, il che ci giustifica nel poter mettere in causa il peccato e chiedere penitenza. Tuttavia, ciò si applica a livello generale, per spiegare l'origine e la sussistenza di malattie e altri mali, e non a livello personale per spiegare che succede a una persona in particolare o a un gruppo di persone. Mentre alcune malattie possono essere ricondotte a difetti personali o passioni personali (per esempio, malattie legate a un eccesso di cibo o bevande alcoliche o malattie a trasmissione sessuale), altre sorgono indipendentemente dalla qualità spirituale delle persone che influenzano. I bambini malati non sono colpevoli di alcun difetto; i santi non sfuggono alla malattia e spesso hanno più malattie di altri che hanno un comportamento moralmente disordinato. A volte le epidemie falciano interi monasteri; per esempio un'epidemia di peste colpì, dopo la Pasqua ebraica 346, i monasteri della Tebaide e uccise un terzo dei "padri del deserto" che vivevano lì, tra cui san Pacomio, padre del monachesimo cenobitico, il successore che aveva designato, e quasi un centinaio di monaci in ciascuno dei grandi monasteri della regione. Durante la grande epidemia di peste del passato, gli osservatori cristiani furono costretti a notare che la malattia colpiva le persone in modo casuale per quanto riguarda la loro qualità morale o spirituale. Una domanda sulla relazione della malattia con un peccato di una persona o con un peccato dei suoi genitori è stata posta a Cristo, che ha risposto ai suoi discepoli sul cieco nato: "Né lui né i suoi genitori hanno peccato...". La malattia ha quindi una relazione originale, principale e collettiva con il peccato, ma ha solo in una minoranza di casi una relazione attuale e personale. Quindi penso che il problema del peccato e della penitenza nelle preghiere o nei sermoni possa essere affrontato, ma deve essere discreto. Le persone malate non devono essere accusate di colpa, ma devono essere supportate, confortate, curate e aiutate ad affrontare spiritualmente la loro malattia e sofferenza in modo che possano trasformarle spiritualmente a loro vantaggio. Se la penitenza ha un significato, è come un'inversione, un cambiamento di stato mentale (significato della parola greca metanoia). La malattia solleva una serie di domande da cui nessuno sfugge: perché? Perché io? Perché adesso? Per quanto tempo? Cosa diventerò? Ogni malattia costituisce un'indagine tanto più vivida e profonda in quanto non è astratta o gratuita, ma fa parte di un'esperienza ontologica. Questo interrogativo è molto spesso cruciale. Infatti la malattia mette più o meno sempre in discussione le basi, la struttura e le forme della nostra esistenza, gli equilibri acquisiti, la libera disposizione delle nostre facoltà fisiche e psichiche, i nostri valori di riferimento, la nostra relazione con gli altri e la nostra stessa vita, perché la morte incombe sempre più chiaramente del solito (questo è il caso in particolare di questa epidemia che spazza via, in modo imprevedibile e rapido, le persone, soprattutto gli anziani, ma anche i più giovani ancora privi di gravi condizioni mediche). La malattia è un'opportunità per ogni persona di sperimentare la propria fragilità ontologica, la propria dipendenza e di rivolgersi a Dio come uno che può aiutare a superarla, se non fisicamente (perché esistono, in risposta alla preghiera guarigioni miracolose), almeno spiritualmente, e ci consente di darle un senso con cui costruiamo noi stessi e senza il quale ci lasciamo andare alla distruzione.

Non è raro, tuttavia, trovare nelle preghiere del Grande Eucologio o in altre (per esempio in canoni e acatisti), nonché nei discorsi del clero che si sono moltiplicati di recente su Internet, l'idea che questa epidemia sarebbe stata inviata da Dio (o dai suoi arcangeli o angeli) per risvegliare gli uomini, per condurli a pentirsi e convertirsi, in un mondo che è diventato completamente materialista e totalmente dimentico di Dio...

Come ho appena detto, sono d'accordo che questa prova (come qualsiasi prova nella vita) sia un'opportunità per interrogarsi, essere consapevoli e ritornare a Dio e a una vita più spirituale.

Ne ho parlato per quanto riguarda le persone. Ma è ovvio – e ci sono molti articoli sulla stampa per notarlo – che questa epidemia mette anche in discussione le basi, l'organizzazione e lo stile di vita materialista e consumistico delle nostre società moderne, i falsi sentimenti di sicurezza che derivano dai progressi della scienza e della tecnologia; mostra anche le illusioni del transumanesimo, perché come dicono attualmente gli specialisti, i nuovi virus non cesseranno di apparire e le epidemie non solo rimarranno, ma si moltiplicheranno in futuro, spesso lasciando gli umani indifesi (pensi che non è stato ancora trovato alcun vaccino o cura per i raffreddori comuni, che colpiscono gran parte della popolazione ogni anno e sono causati da un virus della famiglia dei coronavirus).

Ma con tutto il rispetto che ho per le preghiere o per i chierici, a cui allude, sono scioccato dal loro modo di concepire Dio e la sua azione verso gli uomini. Siamo vicini a un modo di vedere che era comune nell'Antico Testamento ma che il Nuovo Testamento ha cambiato. Nell'Antico Testamento c'era l'idea che i giusti fossero ricchi perché erano ricompensati da Dio, mentre i peccatori erano giustamente puniti con tutti i tipi di mali. Il Nuovo Testamento pone fine a questa "logica", e il suo modo di vedere è prefigurato da Giobbe. I discorsi dei chierici a cui allude assomigliano a quelli degli amici di Giobbe, che corrispondono a questo sillogismo: "Hai tutti i tipi di sventure, quindi Dio ti ha punito, e se ti ha punito è perché sei un peccatore". Giobbe rifiuta l'idea che Dio avrebbe potuto punirlo. Il Nuovo Testamento ci rivela un Dio d'amore, un Dio compassionevole e misericordioso, che mira a salvare gli uomini per amore, non per mezzo di punizioni. L'idea che Dio abbia diffuso questo virus nel mondo o che l'abbia fatto diffondere dai suoi angeli o arcangeli (come leggiamo in alcuni testi) mi sembra quasi blasfema, anche quando mi riferisco a una pedagogia divina che userebbe il male in vista del bene, e quindi farebbe stranamente del male un bene. Dio è per noi un Padre, noi siamo i suoi figli. Quale padre tra noi avrebbe avuto l'idea di iniettare un virus nei suoi figli per un presunto scopo educativo? Al contrario, quale padre non soffre nel vedere i suoi figli ammalarsi, soffrire e rischiare di morire?

Alcuni teologi attribuiscono le cause della malattia, della sofferenza e della morte a Dio, perché temono che, come i manichei, se non li attribuiamo a Dio, possiamo considerare che esiste accanto a Dio, principio del bene, un principio del male che compete con esso e che quindi limita l'onnipotenza che è uno dei suoi attributi essenziali. Ma se tutto viene da Dio, dobbiamo anche ammettere che egli sia la causa non solo delle epidemie, ma anche di guerre, genocidi, campi di concentramento e che ha portato lui al potere Hitler, Stalin o Pol-Pot per renderli strumenti della sua cosiddetta giustizia e per educare i popoli...

In effetti, secondo i Padri, i mali hanno una sola fonte, il peccato, a sua volta causato da un cattivo uso che l'uomo ha fatto del suo libero arbitrio. Sono anche un effetto dell'azione del diavolo e dei demoni (angeli caduti per aver fatto anch'essi un cattivo uso del loro libero arbitrio), il cui potere, in seguito al peccato del primo uomo, potrebbe stabilirsi nel mondo: quando l'uomo ha smesso di essere "il re della creazione", Satana ha potuto diventare "il principe di questo mondo".

In ciò che sta accadendo ora, è l'azione del diavolo che deve essere sottolineata, e non quella di Dio, e in secondo luogo anche la colpa di colui che, in Cina, consumando o toccando un animale portatore del virus (è stato così anche in tutte le precedenti epidemie), ha trasmesso l'effetto della sua colpa a tutta l'umanità così come Adamo ha trasmesso a tutta l'umanità l'effetto del suo peccato.

Quello che ha appena detto solleva diverse questioni. Prima di tutto alcuni sostengono che Dio abbia creato tutti i microbi, tutti i virus e che la morte stessa sia inclusa nella creazione sin dall'inizio, e che, come dice Genesi, tutto ciò che Dio ha creato è buono.

È davvero un'idea che troviamo in alcuni moderni teologi cattolici (per esempio Teilhard de Chardin e il suo discepolo Gustave Martelet), e che è stata ripresa da alcuni teologi ortodossi (per esempio Ioannis Zizioulas, metropolita di Pergamo, e più recentemente l'archimandrita Cyril Hovorun). Costoro hanno una concezione naturalistica, che è parzialmente modellata su quella della scienza moderna. La nostra fede ortodossa è diversa: i Padri sono unanimi nell'affermare che Dio non ha creato la morte e che essa è una conseguenza del peccato, nonché della malattia e della sofferenza, che non appartenevano alla condizione paradisiaca originale, e che saranno inoltre abolite nella condizione paradisiaca futura, nel regno dei cieli.

La questione del sapere se la malattia, la sofferenza e la morte siano dei mali richiede una doppia risposta.

A livello fisico, prima di tutto, sono indubbiamente mali, perché sono, come ho detto prima, disordini, disturbi introdotti nel buon funzionamento degli organismi viventi creati da Dio. Anche da un punto di vista naturalistico, per un essere vivente sono la salute e la vita che corrispondono allo stato normale, mentre la malattia, l'infermità e la morte costituiscono uno stato anormale. La malattia, come ho detto sopra, è una forma di corruzione, è un processo di deterioramento, di distruzione, d'annientamento, e la sofferenza è un elemento che accompagna questo processo e che testimonia che qualcosa nel nostro corpo "non sta andando bene". La natura veramente diabolica delle malattie appare molto chiaramente in alcune di esse: per esempio le malattie auto-immuni, dove gli organi usano le risorse dell'organismo per autodistruggersi (è una specie di suicidio); il cancro, che da un'alterazione genetica, produce tumori assurdi (che non svolgono alcun ruolo sensato nell'organismo) che non hanno altro scopo se non quello della propria crescita a spese degli altri organi che essi vampirizzano e distruggono gradualmente, usando, contro le terapie attuate contro di loro, tutte le risorse che gli esseri viventi hanno accumulato, per milioni di anni, per svilupparsi e proteggersi; l'attuale virus che, come altri della stessa famiglia, si infiltra nelle cellule dei polmoni e secondariamente in altri organi vitali, li invade (come un nemico invade un paese), li colonizza e ne impedisce il funzionamento o lo disturba gravemente, al punto da provocare la morte.

Sul piano spirituale, la malattia, la sofferenza e la morte rimangono dei mali per la loro origine primaria (il peccato), ma possono essere gestiti e vissuti spiritualmente in modo costruttivo, e diventare in questo dei beni, ma solo dei beni spirituali. In occasione della malattia e della sofferenza, dove, con l'avvicinarsi della morte, l'uomo, ho già detto, può rivolgersi a Dio, avvicinarsi a lui e sviluppare varie virtù (cioè delle disposizioni permanenti, in altre parole degli stati, che lo assimilano a Dio e lo uniscono a lui). San Gregorio di Nazianzo afferma che attraverso la malattia molti uomini sono divenuti dei santi.

Se Cristo è morto per noi, è per vincere la morte e per permetterci, alla fine dei tempi, di risorgere come ha fatto egli stesso. Ma la sua passione e la sua agonia sulla croce hanno anche un altro significato, che non si sottolinea abbastanza: nella sofferenza e nella morte, ha abolito il potere della sofferenza e della morte; ci ha donato, se ci uniamo a lui e riceviamo così la grazia che ha acquisito per noi, di non temere più la sofferenza e di migliorarci spiritualmente attraverso di essa, e di non temere più la morte, ma di mettere la nostra speranza nella vita eterna, in modo che possiamo dire con san Paolo nel capitolo 15 della prima Lettera ai Corinzi: "O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo pungiglione?"

Un'altra questione è stata posta prima dalle sue parole: perché Dio, se è buono e onnipotente, non abolisce la malattia e la sofferenza in questo mondo, e perché esse sopravvivono mentre Cristo le ha vinte per tutta l'umanità che ha assunto nella sua persona?

Questa è una forte obiezione da parte degli atei e spesso solleva dubbi tra i credenti.

La risposta dei Padri è che Dio ha creato l'uomo libero e rispetta il libero arbitrio dell'uomo anche nelle sue conseguenze. Poiché il peccato si perpetua nel mondo, le sue conseguenze continuano a influenzare la natura umana e l'intero cosmo.

Cristo ha rimosso la necessità del peccato, ha posto fine alla tirannia del diavolo, ha reso innocua la morte, ma non ha rimosso il peccato, l'azione dei demoni, la morte fisica o in generale le conseguenze del peccato, in modo da non forzare e negare le volontà libere che lo causano. Sul piano fisico, il mondo caduto rimane soggetto alla sua stessa logica. Questo è anche il motivo per cui la malattia influenza in modo diverso gli uni e gli altri, e questo è particolarmente evidente durante un'epidemia: secondo la propria costituzione fisica individuale, colpisce gli uni e risparmia gli altri, colpisce gli uni leggermente, gli altri gravemente, ne uccide alcuni e ne lascia vivi altri, uccide degli adolescenti e risparmia degli anziani.

È solo alla fine dei tempi che tutte le cose saranno ripristinate e che appariranno "un nuovo cielo e una nuova terra", dove l'ordine e l'armonia della natura distrutti dal peccato saranno ripristinati nella natura elevata a un modo di esistenza superiore, in cui i beni acquisiti da Cristo nella sua opera redentrice e deificante della nostra natura saranno pienamente comunicati a tutti coloro che si saranno uniti a lui.

L'uomo che vive in Cristo nella Chiesa, dove si trova la pienezza della grazia, riceve gli "acconti dello Spirito", conosce spiritualmente le primizie dei beni a venire. Su questo piano spirituale, il peccato, il diavolo, la morte e la corruzione non hanno più potere su di lui, non possono influenzarlo; è spiritualmente libero nei loro confronti. Ma l'incorruttibilità e l'immortalità, se gli sono assicurati, diventeranno reali per il suo corpo solo dopo la risurrezione e il giudizio, così come la deificazione di tutto il suo essere non troverà il suo pieno compimento fino a questo momento finale (cfr 1 Cor 15: 28).

Nel frattempo, il cristianesimo si mostra ansioso di alleviare la sofferenza degli uomini e di curare le malattie, e ha sempre incoraggiato i mezzi messi in atto per questo...

L'amore del prossimo è con l'amore di Dio la principale virtù sostenuta dal cristianesimo. L'amore per il prossimo implica compassione, volontà di aiutarlo in ogni cosa, consolarlo, sostenerlo, alleviarlo dalle sue sofferenze e curare le sue malattie, mantenendolo in buona salute. I miracoli compiuti da Cristo e dagli Apostoli ne danno l'esempio. Questo è il motivo per cui il cristianesimo, fin dall'inizio, ha riconosciuto i meriti della medicina, non ha esitato a integrare le medicine "profane" praticate nella società in cui è nato e si è sviluppato, e ha promosso persino la creazione di ospedali. Per secoli, in Oriente e in Occidente, e fino a tempi relativamente recenti, le infermiere erano monache (in Germania, continuano a chiamare le infermiere "Schwester", sorelle!). Nell'attuale epidemia, tutti i ricercatori, i medici, gli infermieri, i paramedici, ma anche tutti gli agenti tecnici e il personale addetto alla manutenzione mostrano dedizione e spirito di sacrificio, arrivando al punto di mettere a repentaglio la loro salute e le loro vite, pienamente in linea con i valori cristiani. Tutte le chiese li benedicono e dobbiamo fortemente sostenerli con le nostre preghiere.

Poiché ha detto che in qualche modo la natura caduta segue la sua stessa logica, le nostre preghiere possono avere un effetto su questa epidemia, per rallentarla o porvi fine?

Il nostro dovere è di pregare Dio di porre fine a questa epidemia. Ma perché ciò accada sarebbe necessario che tutti gli uomini si rivolgessero a lui e glielo chiedessero. Altrimenti, per rispetto della loro libera scelta, non imporrà la sua onnipotenza a coloro che non vogliono riconoscerlo e chiedere il suo aiuto. Questo è il motivo per cui l'azione divina non si è manifestata per fermare le grandi epidemie del passato. Dio, d'altra parte, ha risposto alla richiesta di piccoli gruppi uniti e ha fermato miracolosamente le epidemie localizzate. Allo stesso modo, le violazioni della logica del mondo caduto sono sempre state fatte a favore di persone particolari attraverso l'intervento di Dio, della Madre di Dio o dei santi. Ma per definizione i miracoli sono eccezioni all'ordine comune e normale. Cristo stesso non ha operato guarigioni collettive, ma sempre guarigioni individuali, e sempre, deve essere enfatizzato, in relazione a un obiettivo spirituale e una concomitante azione spirituale (il perdono dei peccati) legata alla vita e al destino di una persona. Questo mi dà l'opportunità di ricordare che proprio come la malattia può essere, spiritualmente, trasformata in nostro profitto, così la salute preservata o recuperata è inutile se non ne facciamo un buon uso spirituale. Una delle domande che ci viene posta dall'attuale epidemia è questa: cosa abbiamo fatto finora della nostra salute e cosa ne faremo se sopravvivremo?

Per quanto riguarda le guarigioni miracolose compiute da Cristo, vediamo che a volte sono state concesse su richiesta delle persone da lui guarite, a volte su richiesta dei loro cari. Questo ci ricorda che è importante pregare per noi stessi, al fine di ottenere protezione e guarigione, ma anche per i nostri cari, e più in generale per tutti gli uomini, così come tutti i santi pregano per il mondo intero perché nella propria persona si sentono uniti a tutti.

Preghiere di ogni genere sono fiorite nei siti ortodossi nelle ultime settimane. Quali preghiere raccomanda in particolare?

Ogni preghiera è buona perché ci avvicina a Dio e al prossimo. Possiamo rivolgerci a Cristo, alla Madre di Dio e a tutti i santi, perché, come ha detto san Paissio l'Athonita durante uno dei miei incontri con lui, ogni santo può curare ogni malattia e i santi non sono gelosi l'uno dell'altro.

Margrado tutto, resto un po' scettico su alcune forme di pietà che rasentano la superstizione, ma che sono inevitabili in tali circostanze: per esempio, recentemente è riemersa dall'oblio una santa di nome Corona; senza dubbio vedremo presto aggiungersi san Virus (vescovo di Vienna nel IV secolo).

Da parte mia, amo moltissimo e utilizzo più volte al giorno la preghiera composta dal patriarca Daniel di Romania, che è breve, semplice e completa. Ho leggermente modificato il testo:

"Signore, nostro Dio, che sei ricco di misericordia e che con diligente saggezza guidi la nostra vita, ascolta la nostra preghiera, ricevi il nostro pentimento per i nostri peccati, poni fine a questa epidemia.

Tu che sei il medico delle nostre anime e dei nostri corpi, accorda la salute a quelli che sono affetti da malattie, risollevandoli rapidamente dal loro letto di dolore, in modo che possano glorificare te, misericordioso Salvatore.

Proteggi coloro che sono in buona salute da tutte le malattie.

Preserva noi, tuoi servitori indegni, così come i nostri genitori e i nostri cari.

Benedici, rafforza e custodisci, Signore, per la tua grazia, tutti quelli che, con amore per gli uomini e spirito di sacrificio, si prendono cura dei malati nelle loro case o negli ospedali.

Porta via ogni malattia e sofferenza dal tuo popolo e insegnaci ad apprezzare la vita e la salute come doni che provengono da te.

Concedi a noi, Signore, la tua pace e ricolma i nostri cuori di una fede irremovibile nella tua protezione, di speranza nel tuo aiuto e di amore per te e per il prossimo.

È da te infatti l'aver misericordia di noi e darci salvezza, o Dio nostro, e a te innalziamo la gloria, al Padre, e al Figlio e al santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

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